di Ennio Fiocco
La "Draunara" come formula magica nella tempesta marina.
Con il film "L'Avventura" Monica Vitti ebbe una Nomination come migliore attrice e Lea Massari da non protagonista. Una scena venne girata nel lontano 1959 sull'isolotto di Lisca Bianca dal regista Antonioni che in una sua intervista al Corriere della Sera del 31 maggio 1976, così rivive alcuni momenti forti: “Potrei cominciare dalla tromba d’aria, che quando la vidi arrivare ... gridai all’operatore di portare la macchina da presa, subito, e girare. Ma Monica Vitti aveva paura e allora uno dei pescatori che lavoravano per noi le disse che lui sapeva tagliare la tromba, suo padre gli aveva confidato le parole magiche in chiesa durante una notte di Natale anni prima, difatti le pronunciò e la tromba svanì. E io mi arrabbiai perché quella tromba era esattamente ciò che mi serviva per dare il mistero all’isola...".
Si racconta che i capitani ovvero i patruni dei velieri fossero i più bravi e “sperti” nell’eseguire l’antico rito marinaresco del taglio della tromba marina (detta draunara o dragunera), che improvvisamente appariva sul mare, rappresentando un concreto pericolo mortale per i fragili legni dell’epoca. Si credeva, infatti, che fosse opera malvagia del demonio e quindi poteva essere esorcizzata con un rito ancestrale di parole e di gesti ai confini tra la magia bianca e quella nera.
Questo rito era assai antico nel mondo marinaresco, tanto che venne praticato anche da Cristoforo Colombo nel suo ultimo viaggio nelle Americhe. Quando da una imbarcazione veniva avvistata l’avvicinarsi di una tromba marina, il capitano (se invece si trattava di una barca, il marinaio più anziano), rigorosamente a capo scoperto, si metteva di fronte al fenomeno, impugnando con la mano sinistra un coltello e con la destra libera o impugnante con quest’ultima un crocifisso o una spada in verticale, recitando ad alta voce il “Padrenostro Verde”, una specie di preghiera capovolta infarcita di orribili bestemmie, che serviva ad ingannare il diavolo, a ingraziarselo e a tenerlo buono per alcuni istanti.
E, guardando sempre fisso la coda della tromba marina, con la sinistra armata di coltello fendeva, verso quella direzione, l’aria in orizzontale per tre volte (il numero della potenza della Trinità) e con la destra segnava nell’aria un triplice segno di croce. Nel contempo doveva recitare le parole dello scongiuro (ripetuto anch’esso tre volte). Se il rito era stato ben fatto e le parole dette giuste la coda della tromba marina era stata tagliata e si sollevava lentamente dal mare al cielo fino a sparire del tutto, lasciando solo un leggero alito di vento. A quel punto il capitano recitava il “Padrenostro Cristiano” per ringraziare Dio per il grave pericolo scampato e ad estrema beffa e insulto per il demone maligno. Indubbiamente anche i marinai panteschi erano in Sicilia tra i più “sperti” in questo rito, uguagliati soltanto da quelli delle isole Eolie.
Infatti, il segreto risiedeva nell’utilizzare, per tagliare la coda della Dragunera, un coltellino di pura ossidiana nera, ritenuto lo strumento magico per eccellenza per una buona e perfetta riuscita. I Panteschi si servivano dell’ossidiana di Salto La Vecchia (non a caso luogo dalle coordinate magiche), mentre gli Eoliani dell’ossidiana dell’isola di Lipari. Le altre marinerie, quali la palermitana, la trapanese e la mazarese, per ovviare alla mancanza dell’ossidiana si servivano di un coltello dal manico rigorosamente nero. La formula dello scongiuro veniva trasmessa e tramandarla oralmente soltanto nella notte del Santo Natale.
Solo in questa notte l’adepto, imparandola a memoria, aveva la facoltà di renderla efficace. L'anziano che la trasmetteva poteva recitarla una sola volta e chi non riusciva a memorizzarla e a recitarla in quella medesima notte doveva aspettare e riprovare il Natale dell’anno prossimo. Sempre quella stessa notte di Natale i marinai più anziani, per scaramanzia e fede immergevano con devozione le mani nell’acquasantiera, affidandosi allo Spirito Santo per non avere “morte per acqua” ovvero di non morire in un naufragio della propria imbarcazione.
Presento ai lettori una veduta litografata di una tempesta di trombe marine, osservata al largo della costa di Stromboli nel 1827, custodita presso il Rijksmuseum di Amsterdam. La veduta è stata litografata presso l'atelier di Godefroy Englemann a Parigi, su disegno di L. Mazzara. Impressionante è il disegno che mostra diverse trombe marine che interessano la stessa area in cui si trovano le navi. E' raro vedere così tante trombe marine (sette contemporaneamente) nella stessa area. Il titolo descrive come l'imbarcazione che osservò questo evento nel lontano 1827 tentò di sparare sulla tromba marina più vicina ad essa, seguendo la convinzione dell'epoca che sparare una raffica di cannone da bordata contro una tromba marina avrebbe potuto dissipare il fenomeno.
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