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di Ennio Fiocco

Cloe e la sua bambola di terracotta.

Il nome Cloe deriva dal greco “Chloe” che vuol dire “piantina nascente, germoglio, erba tenera” ed esattamente indica una bimba appena nata. La dea greca della natura e delle coltivazioni, Demetra, era solita essere chiamata Chloe. Oggi, con questo mio articolo ho scelto il nome di cui sopra accoppiandolo ad una bambola di terracotta del V secolo a. C. custodita a Lipari, per come dirò appresso. Va detto che nella Magna Grecia la vita delle donne era rigidamente determinata dalla classe sociale a cui appartenevano.

Se erano donne destinate a ricoprire il ruolo di mogli venivano promesse in spose quando erano ancora bambine, a sei o sette anni, e verso i quattordici o quindici anni iniziavano la loro vita procreativa per la perpetuazione della famiglia. In un’opera di Senofonte, un personaggio, Iscomaco, dice della sua giovane sposa: “Non aveva ancora quindici anni quando è venuta nella mia casa; fino ad allora era vissuta sotto stretta sorveglianza, doveva vedere meno cose possibili, udirne il meno possibile e fare meno domande possibili”.

Afferma Demostene che l’uomo ateniese poteva avere tre donne: la moglie “gyné” per la procreazione dei figli legittimi; la concubina “pallaké” per la cura del corpo e per avere rapporti sessuali stabili; e infine la compagna “étéra” , cioè una donna colta che conosceva la musica, il canto, la danza e che accompagnava l’uomo nei luoghi di società (banchetti) dove non era consentito recarsi né con le moglie né con le concubine.Il V secolo a.C. è da molti ritenuto un secolo straordinario della storia dell'umanità in quanto vissero a cavallo di questo periodo molti tra i maggiori pensatori della storia.

In questo vivo contesto rileva pure l'esistenza di bambole in uso nella popolazione.
Pure nella Grecia antica e nella Magna Grecia, in alcune tombe risalenti al V secolo a. C., sono stati rinvenuti pupazzetti in terracotta, qualcuno dei quali rozzamente articolati. Veniva, pertanto, attribuita 
grande importanza ai giochi dei fanciulli e quindi ai giocattoli, riconoscendo il loro valore educativo ed anche religioso.Le bambole di allora erano una sorta di Barbie ante litteram e, come le loro più moderne eredi, avevano un corredo di vesti confezionate con stoffe ricchissime, di collane, orecchini e braccialetti. La bambola, per una bambina, è un’amica fedele che l’accompagna durante la crescita. La pettina, la veste, la nutre come una vera e propria figlia o come amica del cuore dalla quale non si separa mai.

È nelle tombe, infatti, che si trovano la maggior parte di queste bambole e diventano compagne fedeli anche nell’ultimo viaggio  dalla vita alla morte. Proprio nell’isola di Lipari, è stata rinvenuta, custodita nella tomba di una bambina vissuta nel V secolo a.C., una piccola bambola di creta, oggi custodita nel Museo Eoliano di Lipari ad opera dell'archeologa francese Madeleine Cavalier, protagonista delle principali ricerche condotte nell’arcipelago eoliano dal 1950 al 2000 congiuntamente al famoso Bernabò Brea.

La bambola presenta un busto ben modellato, una testa di piccole dimensioni molto curata con sui capelli, sempre di creta, un copricapo cilindrico ampliato superiormente, le gambe e le braccia, praticamente informi, sono attaccate al corpo a mezzo di perni. I suoi vestiti, oggi ovviamente scomparsi, presumibilmente, dovevano coprire gambe e braccia per copiare l’abbigliamento di una giovane ragazza pronta per essere sposata. Il prezioso reperto liparoto, un tempo dipinto, conserva il colore azzurro del copricapo, il nero dei capelli e il rosso delle labbra. Il manufatto, anche se non perfetto, era corredato nel luogo del rinvenimento da vasellame in miniatura i cui recipienti erano similari a quelli che venivano usati nelle abitazioni dell’epoca.

Mi permetto ricordare una frase del grande Platone: “L'uomo è fatto per essere un giocattolo, strumento di Dio, e questa è veramente la sua parte migliore. Egli deve, dunque, seguendo questa natura e giocando i giochi più belli, vivere la sua vita, pensando proprio l'inverso di ciò che oggi si pensa”.

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