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di Ennio Fiocco

Sulle tracce degli Eoliani nell'America centrale del 1500

Con la Monarchia spagnola e soprattutto con la regina Isabella di Castiglia, ebbe inizio la conquista del Nuovo Mondo delle Americhe. L'impegno era quello di evangelizzare gli indios come giustificazione, ma in realtà altro era lo scopo, e cioè quello economico.

Gli indigeni, quindi, sarebbero stati i c.d. vassalli della Corona e accettando la religione cattolica avrebbero corrisposto un tributo annuale come simbolo della sottomissione. I primi scopritori furono generalmente inclini all'avventura e in massima parte provenienti da famiglie povere.

Marinai, artigiani, contadini e hidalgos (quest'ultimo dallo termine spagnolo “figlio di qualche cosa, cioè di possidenti”). L'espressione “ir a valer mas en las Indias” significava letteralmente “andare nelle Indie per diventare più importante”, ossia divenire in signore, in “don”, fondatore di una comunità cittadina ed essere padroni di una casa grande e cioè in sintesi “arricchirsi”.

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Dal 12 ottobre del 1492 (anno di scoperta dell'America) i conquistatori spagnoli si spostarono dalla Bahamas alle Grandi Antille (Hispaniola, Cuba, Porto Rico e Giamaica) e successivamente alle Piccole Antille e poi verso il 1519 in altre regioni, mentre l'immigrazione europea aumentava fino alla conquista di otros Mexicos, tanto che l'esplorazione si diresse verso l'interno e in altre regioni con sottomissioni ed eccidi di interi popoli locali di cultura millenaria, tra cui gli Aztechi e i Maya.

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Città del Messico fu conquistata nel 1521 e in sette anni i “conquistadores” occuparono la parte centrale e il meridione del Messico (il Nicaragua, lo Yutican, il Chiapas, il Salvador e il Guatemala). Addirittura dal 1539 - 1540 il desiderio di altre conquiste spinse gli spagnoli verso nord a capo di Francisco Vazquez de Coronado, preceduto da un viaggio esplorativo del frate italiano Marco da Nizza.

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La colonizzazione delle Indie americane ha rappresentato la logica conclusione dei processi di scoperta e di conquista. Uomini e famiglie emigrarono in quegli anni in America per cercare fortuna cercando di migliorare la propria condizione economica o per esempio, per sfuggire alla giustizia del sovrano o a quella dell'Inquisizione.

Nei primi novanta anni gli emigranti europei, si stima dalla visione dell'archivio di Siviglia, furono circa 250.000 (di cui il 95% provenienti dai territori della Corona di Castiglia; il 2% dai regni di Aragona e di Navarra e il 3% dalle province non spagnole).

Di questi ultimi non spagnoli, furono circa 7.500 individui e tanti di loro svolsero dei compiti significativi sia nella navigazione che nel commercio. Gli italiani di quel periodo furono circa 2.500, pari a circa all'1% del totale e godevano di una considerevole influenza economica e politica, dimostrata anche dalla capacità di procurare licenze e Cartas de naturaleza ai propri conterranei.

Gli immigrati italiani in Andalusia (specialmente genovesi) ebbero un ruolo importante in quanto erano organizzati in comunità e possedevano cospicue somme di denaro, per diverse spedizioni.

Vi è da dire che i primi missionari che giunsero nella Nuova Spagna sono stati i frati Minori di San Francesco per l'evangelizzazione, che diedero vita alla “conquista spirituale”. Per quanto concerne i siciliani questi ultimi ebbero un ruolo non secondario nella conquista. Non bisogna dimenticare Giovanni Siciliano, figlio di Francesco e Paola Garbin, il quale ebbe anche compiti militari.

Risulterebbe anche come conquistador Francesco da Messina (o da Lentini ) e Francesco Rosso, il quale spagnolizzò il proprio cognome in Roxo, come tanti altri italiani. Da una ricerca si rileva che anche altri sei siciliani presero parte alle fasi del primo periodo della conquista (come da un elenco), tra cui l'artigliere Arnega, amico di Giovanni Siciliano, con il quale partecipò alla conquista del Messico; il contramestre Pietro, José Sicilia, Augustino di Sicilia e Tommaso Siciliano.

Tra i sei siciliani risulta pure indicato “il mercante Nicola da Lipari”, di cui non si conosce altro. Nella seconda fase della colonizzazione di altri territori vi sono stati pure i siciliani Jeronimo Bacarel e Sebastiano Castro. Infine, nel 1544-1546 il siciliano Antonio da Lipari, della frazione di Gonzalo Pizzarro, si oppose con altri tredici italiani all'autorità del vicerè Blasco Nunez de Vela e, dopo la pesante sconfitta subita, venne condannato con i suoi compagni all'esilio.

Anche a seguito del conquistatore Pedro de Valdivia risultano trentasei italiani che parteciparono alla conquista e all'esplorazione del Perù, verso il 1540. La presenza degli uomini di mare italiani sarà indispensabile in base alla loro conoscenze delle tecniche di navigazione.

Tra gli italiani che seguirono poi con le propri imbarcazioni, la parallela spedizione via terra del Valdivia, e si distinsero nelle lotte contro gli indiani araucani, vi erano tre siciliani: Pietro Stefano, soldato e marinaio, il mozzo Giovanni da Zubrano e l'amigero Vincenzo da Lipari. Tutto ciò si rileva in base agli scarni documenti.

Esiste, pertanto, una relazione tra l'Italia e anche tra Lipari e il Messico spagnolo del 1500, fondato dagli arrivi di emigranti che si sono distinti per il loro merito nella conquista del Nuovo Mondo. Ci accomuna il legame con il Messico anche a livello culturale, religioso e, soprattutto sociale.

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