di Ennio Fiocco
Leandro Alberti, il frate domenicano da conoscere
Il poliedrico intellettuale del Cinquecento, fra Leandro Alberti (Bologna 1479 + 1552), dopo essere entrato nell'Ordine Domenicano nel 1493, e dopo aver compiuto gli studi filosofici e teologici, pubblicò diverse opere e dei trattati. La sua fama si fonda sulla sua “Descrizione d'Italia” (Bologna, 1550), opera in cui si trovano numerose e interessanti osservazioni topografiche e archeologiche. Nel libro lo scrittore geografo bolognese ha coagulato la sua conoscenza teorica ed empirica della nostra Italia impregnata con le sue esperienze personali di un viaggio durato due anni che si è spinto fino alla Sicilia.
Nell'opera “La Descrittio” l'Alberti, non pensa ad una identità politica, ma ha esteso alla penisola un esempio di prototipo di un contenitore di un'unica cultura, tanto che i suoi scritti sono stati sicuramente il punto di riferimento di tanti intellettuali europei di epoche successive per l'interesse al nostro Paese, alla storia, all'arte e alla geografia. Mi permetto far conoscere ai lettori con questa mia pubblicazione la parte relativa alle Isole Eolie, che così trascrivo: “ISOLE LIPARE. Havendo ispedita la descrittione della felice Isola di Sicilia, hora habbiamo da descrivere l'Isole a quella circonstanti...Sono sette queste Isole Liparee...Nove ne descrive Tolomeo così, Volcano, Hicesia, Strongile, Didime, Lipara, Evonimo, Phenicode, Ericode, et Ustica. Per dare principio alla descrittione di queste Isole, cominciaremo da STROMBOLI...Ella è tutta piena di fuoco, sì come l'altre Eolie, ma però di minor fiamma, et di maggior chiarezza di lume. Credevano gli antichi, che quivi fusse l'habitatione di Eolo...
Dicono gli habitatori, come anche riferisce Solino, qualmente eglino conoscono per il fiume, che di quindi esce, il vento, che fra tre giorni deve spirare, et perciò si dice, fussero gli venti ad Eolo soggetti. Si trahe di questa Isola assai solfo... Navigando più oltre incontrasi nelle PANARE, che sono due Isole..cioè Gemelle, dalla forma che tengono, et sono di Lipara minore, come poi diremo. Alquanto più oltre scorgesi LIPARA, parimente così nominata dalli moderni... trasse questo nome da Liparo figliuolo di Ausono... Ha ameno territorio questa Isola, et producevole di saporite frutta, et gira dieci miglia intorno. Ritrovansi anche in essa le minere dell'Allume, per le quali traggono gli habitatori grande emolumento. Veggonsi anchor quivi le scaturigini dell'acque calde, dalle quali escono ardenti fiamme...
La fu per forza pigliata da Coradino, detto Barbarossa, Capitano della armata di Solimano Re di Turchi nel mille cinquecento quaranta quattro, et abbruciata et menati prigioni tutti gli huomini, et gli altri ammazzati. Seguita poi VOLCANO... Ella è tutta questa Isola sassosa, deserta et piena di fuoco, et da tre lati, da tre gran foci getta fuoco con infocate pietre, dalla maggior delle quali escono Lamine d'ardente fuoco, per cotal maniera, che per essa sono per maggior parte otturate dette foci. Penso occorrere tal cosa per la crassa materia, da cui sono nutrite dette fiamme, le quali di continovo aggiungendo materia all'antidette foci, così le otturano. Per lunga osservatione si tiene, che quivi sì come in Etna siano con citate dette fiamme dalli spiriti et venti, li quali cessando, ancor manca la forza delle fiamme. Et ciò non pare cosa senza fondamento, conciosia che i venti dalle essalationi marine traendo origine, et essendo generate et nutrite, per cotal maniera, che l'acceso fuoco dall'idonea materia et proportionato accidente, non lascia mirar quelli, che quivi vogliono guardare, in quel modo, che sono....
Anche per insino ad hoggi gran fiamma la notte uscire di questa Isola si vede, et il giorno gran fumo, come anche dice Plinio, et io ho veduto. Si vede poi SALINE.... Più oltre navigando incontrasi nell'Isola di PHELICURE da Strabone, Plinio, Mela, et Solino nominata Phenicusa, et da Tolomeo Phaenicodes. Poi seguita passando da miglia venti, ALICUR, da Strabone, Solino, Mela, Ericusa detta, et anche da Plinio benchè il testo corrotto dica Eriphusa, come di sopra dimostrammo; ma da Tolomeo è nominata Ericodes...Fu così addimandata questa Isola sì come Phelicura, come scrive Strabone, et Plinio, da gli arbusti et cespugli, che in essa sono. Il perché furono lasciate per pascoli de gli armenti delle circonstanti Isole...”.
La “Descrizione dell'Italia” dell'Alberti è stata presa come riferimento nei successivi “Grand Tour” dove anche la Sicilia e le Eolie sono percorse dai viaggiatori stranieri che tra Settecento e Ottocento cercavano tra templi e rovine l’Arcadia perduta. Scrittori, poeti, artisti, o semplicemente rampolli aristocratici, che hanno lasciato descrizioni, incisioni, schizzi, pitture costruendo un immaginario straordinario che ci hanno tramandato perché “è in Sicilia che si trova la chiave di tutto”.
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