di Ennio Fiocco
Ruy Gonzalez de Clavijo nel viaggio per Samarcanda
Il nobile Ruy Gonzalez de Clavijo (nato a Madrid sul finire del XIV e morto nel 1412) è stato un viaggiatore ed un ambasciatore alla corte di Tamerlano, che ha fondato in Asia Centrale l'impero Timuride. Venne scelto dal re Enrico III di Castiglia per il compito istituzionale partendo da Cadice il 22 maggio 1403. Percorse le Baleari, l'Italia e l'Egeo giunse a Costantinopoli; si diresse poi sulle coste meridionali del Mar Nero, e per Trebisonda, Erzerūm, Tabrīz, Teherān, e Meshhed si portò a Buchara, dove fu ricevuto con onore da Tamerlano. Ritornò a Tabrīz e per la Turchia giunse a Pera, dove una nave genovese lo condusse in patria il marzo 1406 e come ricompensa fu nominato ciambellano di corte.
Il suo racconto di viaggio (per mare e per terra di circa 20 mila chilometri), edito per la prima volta a Siviglia nel 1582, seguito da ristampe nei secoli successivi, merita di essere attenzionato in quanto contiene descrizioni attente della comunità visitate e di personaggi, sebbene a volte può essere impreciso. Il lettore rimarrà sorpreso dall’intensità dei traffici commerciali, dalle carovane di centinaia di cammelli sulla via della Seta che collegavano l’Occidente alla Cina, fino ad arrivare al “grande signore Timur Beg”, il Tamerlano. Conquistatore spietato e creatore di un immenso impero nell’Asia centrale e contestualmente grande mecenate, promotore di studi storici e filosofici, generoso e ricco di curiosità intellettuale. Propongo ai lettori la parte del viaggio delle isole Eolie.
“Nell'ora dei vespri, videro due masse di fumo cadere dal cielo e raggiungere il mare, e l'acqua si sollevava con violenza e con un gran frastuono, e oscurava il cielo, coprendolo di nubi...se quelle masse avessero raggiunto la caracca, sicuramente l'avrebbero affondata. La domenica, all'alba, passavano tra due isole disabitate, brulle e senza alberi, chiamate Arcu e Firucu; e poco più avanti a man sinistra se ne vide un altro con un alto colle, che si chiama Stromboli; e ha una bocca dalla quale esce fumo e fuoco; e di notte uscirono grandi fiamme con un gran rumore. Videro ancora un'altra isola a man destra, chiamata Lipari, la quale è abitata e soggetta al re Lanzalago. In quest'isola è conservato il velo della beata Sant'Agueda {Sant'Agata}: e l'isola bruciava, ma, per le preghiere della beata Sant'Agueda, cessò di bruciare, insieme alle altre isole vicine; e quando le altre isole bruciano, tolgono questo velo, e subito il fuoco cessa.
Lunedì passarono fra certe isole disabitate chiamate Salinas, Strangolin e Bolcani {Salina, Stromboli e Vulcano}, e da esse usciva un gran fumo con molto rumore; e lo stesso giorno passarono due isole deserte chiamate Paranea e Panarin. Martedì 17 luglio la nave si trovò in bonaccia tra queste due isole; e nella notte si levò un forte vento che durò fino al mattino. Mercoledì a mezzogiorno le vele della caracca si spaccarono e si corse sotto i pali scoperti, essendo in grave pericolo.
La tempesta durò fino a mercoledì notte, e le isole di Strangol e Bolcante {Stromboli e Vulcano} mandarono grandi quantità di fuoco e fumo; e durante la tempesta il capitano fece cantare le litanie, e tutti domandarono misericordia a Dio.
Concluse le preghiere, e la tempesta ancora infuriante, una luce viva apparve sulla testa d'albero della caracca, e un'altra luce si vide sul bompresso, che è quella parte della nave davanti al castello di prua; e un altro sul bracciolo del pennone, che è sopra la poppa; e tutti quelli che erano a bordo della caracca videro queste luci, perché furono chiamati a vederle, e rimasero qualche tempo per vedere se sarebbero scomparse; ma non cessavano di brillare durante la tempesta; e subito tutti quelli che erano a bordo si addormentarono, tranne il capitano e alcuni marinai, che avevano il compito di vigilare. Il capitano e due marinai, che erano svegli, udirono delle voci di uomini nell'aria, e il capitano chiese ai marinai se sentivano quel rumore; hanno risposto di sì; e per tutto questo tempo la tempesta non si placò. Poco dopo videro di nuovo quelle luci, tornarono nei luoghi dov'erano stati prima; così svegliarono il resto dell'equipaggio, che vide anche lui le luci, e il capitano raccontò loro le voci che aveva udito.
Queste luci rimasero per tutto il tempo necessario a dire una messa, e subito il temporale cessò. Il giorno appresso furono presso le dette isole, ed in vista della Sicilia, con bel tempo e buon vento. Ma continuarono tra queste isole fino al giovedì successivo, a causa della bonaccia che regnava”. Alquanto interessante questo resoconto di viaggio del 1403 tramandatoci da Ruy Gonzalez de Clavijo nel viaggio per Samarcanda, dove descrive le isole Eolie dove “ è conservato il velo della beata Sant'Agueda”. Di particolare rilievo sono le litanie e le preghiere da parte di tutto l'equipaggio, seguiti dalla messa che condurrà alla cessazione del pericolo.
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