Cari Amici lontani e vicini, Buon Natale dal Notiziario delle Eolie e un caro saluto a tutti Voi dal Sole sempre libero delle Eolie e come sempre buon Notiziario a tutti...


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di Massimo Ristuccia

Solennemente festeggiata a Canneto la ricorrenza del 1° Maggio da un vecchio numero del Notiziario delle isole Eolie
In collaborazione tra il Parroco di Canneto, Rev. DIVOLA e la sezione della O.N.AR.M.O. della Pontificia Opera di Assistenza, retta da Monsignore Profilio col Prof. Ragusi, la festa del lavoro ha assunto carattere di particolare rilievo. Alla manifestazione hanno partecipato tutti i lavoratori, quelli della pomice, i portuali e quelli della campagna.

Sin dalle prime ore della mattina la piazzetta antistante la Chiesa di S. Cristoforo era animata, per la attesa di S.E. il Vescovo di Lipari e delle Autorità. Alle ore 8,30 con il Tempio gremitissimo, S. E. il vescovo ha iniziato a celebrare la S. Messa, alla quale hanno assistito il Sindaco di Lipari...

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La Festa del lavoro - o dei lavoratori - ha una lunga tradizione: il primo "Primo Maggio" nasce infatti a Parigi il 20 luglio del 1889.

L’idea venne lanciata durante il congresso della Seconda Internazionale, in quei giorni era riunito nella capitale francese. Durante i lavori venne indetta una grande manifestazione per chiedere alle autorità pubbliche di ridurre la giornata lavorativa a otto ore.
PERCHÉ IL 1° MAGGIO. La scelta della data non era casuale: si optò per il 1° maggio perché tre anni prima, nel 1886, una manifestazione operaia a Chicago era stata repressa nel sangue. A metà del 1800, infatti, i lavoratori non avevano diritti: lavoravano anche 16 ore al giorno, in pessime condizioni, e spesso morivano sul luogo di lavoro.

Il 1° maggio 1886 fu indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti per ridurre la giornata lavorativa a 8 ore. La protesta durò 3 giorni e culminò, il 4 maggio, col massacro di Haymarket: una vera e propria battaglia in cui morirono 11 persone.

Altra foto con il Poster per il 1° maggio parigino del 1898.

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LA NOTA 

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di Silvana Clesceri

Memoriale di Portella della Ginestra. 1 Maggio Portella della Ginestra 1947 Piana degli Albanesi (PA). Il 1 maggio, nel giorno dell' anniversario della strage, Consuete Corteo e Concerto di musica dal vivo.

Portella della Ginestra (Purtelja e Jinestrës in albanese) è una località montana di Piana degli Albanesi, situata a 3 km circa dall'abitato, in provincia di Palermo, prende il nome dai fiori selvatici che sbocciano rigogliosi in primavera ed è nota per essere stata teatro il 1º maggio 1947 della prima strage dell'Italia repubblicana dove morirono undici persone e dove ne furono ferite una trentina.

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Sul luogo della tragedia ora sorge un Memoriale (Përmendorja), opera dell'artista Ettore de Conciliis, costituito da numerose iscrizioni incise su pietre locali di grandi dimensioni, poste attorno al "Sasso di Barbato", dal nome del socialista italo-albanese di Piana degli Albanesi Nicola Barbato, fra i principali fondatori dei Fasci dei Lavoratori. Il Primo Maggio del 1947 una folla di circa duemila contadini, composta da uomini, donne, bambini e anziani si riunì a Portella della Ginestra per celebrare la Festa del Lavoro. Su di loro si scaricò il fuoco del bandito Salvatore Giuliano e dei suoi “picciotti”. Caddero sotto le raffiche della mitragliatrice undici persone e più di cinquanta furono i feriti.

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Giuseppe Rizzo Tarauletti, fu docente di latino e greco al Liceo Maurolico e in seguito alla Facoltà di Lettere dell’Università di Messina nei corsi del Pascoli. Fortemente legato alle Eolie dimostra il suo amore per le isole con questi volumi di poesie. Con delibera n.105 del 12/11/1968 il Consiglio comunale di Lipari approvò ad unanimità la proposta di intitolare la Biblioteca Comunale all’illustre concittadino. Con delibera n.105 del 12/11/1968 il Consiglio comunale di Lipari approvò ad unanimità la proposta di intitolare la Biblioteca Comunale all’illustre concittadino prof. Giuseppe Rizzo Tarauletti. La prefazione presente nel primo volume:

A chi, movendo per nave da Messina, si allontani un poco dalla punta del Faro, nell'ora del Tramonto, si presentano subito, sopra un mare, che ha tutti i colori della Sera, le divine Ombre delle Isole Eolie: Ombre grandi, dalle linee così belle, come di madri, palpitanti di amore, dall' ansia d'una vita diversa dall' umana, ed Ombre piccole, come di una prole molteplice, timida e mansueta, accanto alle grandi. Avvicinarsi ad esse vuol dire entrare nella landa della Bellezza, dove si è soggetti ad una specie d'incanto divino, che dà allo spirito un sentimento del tutto nuovo della Natura. I due leggendari pellegrini dell'antichità, Ulisse ed Enea, le hanno conosciute ed hanno dato ad esse il primo titolo di gloria; così Liparo ed Eolo, dai quali hanno preso il nome. Non tocca a me guidare i nuovi pellegrini, i così detti turisti di oggi, per tante loro vie segrete e quiete, in mezzo ad esse; tocca a coloro che ne hanno scritto con la dovuta competenza storica; cosa che io non ho potuto fare, perchè non ho potuto servire alla Ragione ed alla Scienza, ma alla passione di Amore, che mette il cuore in sussulto, come il Mare, che circonda le Isole belle.

Infatti queste Isole hanno mantenuto sempre accesa la mia fantasia; hanno veduto il mio Pensiero fermarsi sempre su di esse; hanno mantenuto il mio cuore in istato di passione per i mille ricordi di parte della vita passata là nella malinconia delle mie sventure; hanno alimentato il sentimento della Nostalgia da trent' anni a questa parte. Eppure io non vi sono nato! Mi lega ad esse il sangue di mio padre solo.  Così, spinto dal Ricordo, dal Sogno, dalla Nostalgia, tre divine fonti della Poesia, ho cantato queste Isolette, tutte, come creature umane, nel periodo dell' Amore, lungo tutta la mia vita, con una passione sempre crescente. Poichè io non posso pensare a quelle loro linee, quali di Naiadi languide, in mezzo alle onde, a quel Mare che le circonda, formandovi mille angoli segreti e quieti, alle loro rocce, dai più vari colori; a li scogli, da quelli piccoli come le Formiche ai faraglioni, dalla mole gigantesca, senza commuovermi come una Sibilla sul suo tripode d'oro, e cinguettare come un passero tra i rami della quercia natìa, se non cantare magistral- mente come un usignolo, per mancanza d'un'energia superiore, dono negato da Dio ai più.

Se ho semplicemente cinguettato, o cantato come un usignolo, il giudizio tocca ai critici, che sono per fortuna sempre severi. Ad ogni modo, io lancio questa piccola raccolta di canti scelti tra i numerosi, consacrati alle Isolette, ch' io chiamo mie, credendo di fare cosa utile a coloro che si avvicinano ad esse, e con la speranza che i palpiti d'un cuore, travagliato come il mio, dall'amore per la Bellezza, si ripetano, sensibilmente nel cuore dei pellegrini, spinti ad un viaggio, in verità, non faticoso, con le comodità d'oggi. Io vorrei che esse fossero visitate tutte da tutti, e non una volta sola, ma più volte, come una fonte perenne d'acqua pura, come quella d'Ippocrene, per coloro che hanno sete di bellezza.

Esse danno qualche cosa di nuovo in fondo al cuore, che vale più di qualunque ricchezza; qualche cosa di duraturo, poichè certe impressioni non si spengono per tutta la vita. Io credo d'avere offerto un modesto tributo d'amore alle Isolette mie. Sarà poco; non fa niente. D'altra parte, io non cerco compenso. Se mi tocca qualche cosa, ch'essa sia devoluta a beneficio degli orfanelli del luogo. Io chiedo all' Isolette mie solo un po' di terra ed un cipressetto, perchè salvino, un giorno non lontano, il Cuore mio, che ha palpitato tanto per esse e che pur spera che non vada perduta almeno qualcuna delle parole sue.

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