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di Peppino MIrabito

1978 - 25 marzo - 2025
47^ Anniversario della Morte
di Isabella Conti Eller Vainicher:
L'amata Preside che tanto si è prodigata per la Scuola a Lipari.
L'Istituto d'Istruzione Superiore presente in Città è sorto, grazie al suo illuminato interessamento.
Si auspica che i lavori iniziati nell'edificio scolastico (di pertinenza un tempo della Provincia, oggi della Città metropolitana di Messina), che tante generazioni di eoliani ha visto alunni, possano al più presto riprendere così da in breve restituire alle nostre Isole un Plesso rinnovato, degno di chi ne porta il Nome ed oggi, corredato con i molteplici indirizzi formativi, grazie all'opera posta in essere dalla dirigente Tommasa Basile, competitivo nell'affrontare le nuove sfide del nostro tempo.
Voglio ricordarla con questa meravigliosa commemorazione

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di Mons. Alfredo Adornato

«È la commemorazione di una nostra Maestra, tra le migliore che abbiamo conosciuto e soprattutto tra le più sagge e le più giuste. Nel rievocare quel 25 marzo del 1978, quando mi informarono che il cuore della Preside Isabella Conti aveva ceduto a nuovo e fatale collasso, mi riaffiorano alla memoria le parole conclusive del "Fedone", il dialogo di Platone sull'immortalità dell'anima. È stato detto: "I grandi non invecchiano mai, non diventano mai personaggi del passato". Al contrario: sono sempre gli uomini e le donne di domani, i testimoni del mondo futuro.
Non vi sembri esagerato: tre superlativi compongono questo epitaffio ideale: la migliore, la più saggia, la più giusta nel suo tempo.

Un superlativo: nulla da cui più fieramente rifuggissero il suo eloquio e la sua azione, così nemici dell'enfasi. Si tratta, certo, di superlativi "relativi", non assoluti. Quello che sto esprimendo è un giudizio soggettivo, limitato alla mia personale esperienza, e che, non ne dubito, fa inorridire la Preside Conti, nell'invisibile dimensione dell'eternità, per la sua innata timidezza.
Ha vissuto la sua esistenza nel periodo "sacrale" della secolarizzazione, quello delle ideologie che assumono i tratti della vecchia religione: il liberalismo ottocentesco, il positivismo scientista, il socialismo, il nazismo, il fascismo, l'edonismo. E l'ultimo della sua vita è stato il periodo in cui per la maggior parte degli italiani, patria, speranza, verità, erano oggetti misteriosi che, nell'ipotesi migliore suscitavano indifferenza, nell'ipotesi peggiore, ostilità.

Dal 1933 le Eolie divennero la sua patria di adozione e le amò come una figlia devota ama la propria madre. E solo qui, dopo le continue peregrinazioni in città molto più importanti per i suoi impegni professionali, la nobiltà del suo animo, ovvia conseguenza della nobiltà del suo Casato, trova campo adatto per impiegare instancabilmente i rari doni della sua natura, di forza morale, di intelligenza, di volontà e, perché no?, di furbizia di donna realista e pragmatica, che sapeva quel che voleva e che sapeva come ottenerlo.
Qualunque cosa avesse fatto, sarebbe stata comunque la prima. Proprio per questo la riuscita prodigiosa della sua vita, quel successo -pur in mezzo alle continue tribolazioni-, che la accompagnò nei suoi prestigiosi ruoli di donna, di sposa, di madre, di insegnante, di preside, di precursore, di antesignana, si dilatò vistosamente fino ai nostri giorni per la realizzazione delle opere che oggi sono il vanto della nostra comunità: la Scuola media, l'Istituto Tecnico per Ragionieri e per Geometri, l'Antiquarium (culla dell'attuale prezioso Museo Archeologico), la "Pro Loco" (origine dell'odierna Azienda di Soggiorno e Turismo), la Scuola di Artigianato...

Opere, tanto più preziose, perché risultato di "vittorie" pagate a caro prezzo, sia per le inadeguate condizioni civili, socio - politiche e ambientali del tempo (era il periodo tragico del dopoguerra), e sia per le "limitate" mentalità delle persone che avrebbero potuto e dovuto sostenerla.
Ora isolata, ora disprezzata e perseguitata, ora potente consigliera del Governatore inglese Yeo, sempre, comunque, tenace e determinata. Siccome lottava per la "verità vera" nulla o nessuno poteva riuscire a fermarla. Sorte, quella della Preside Conti, terribilmente impegnativa e, per questo, Ella è odiata e amata, esaltata e vituperata, invocata e scacciata. Ha conosciuto ogni destino, tranne quello dell'indifferenza, rispondendo con franchezza e coraggio. I suoi antagonisti non stettero inoperosi, ma tentarono in ogni modo di farla tacere, di farla desistere.

Ebbe sempre un confronto leale e aperto con gli "avversari" e, al contempo, braccia e cuore spalancati verso le persone "bisognose". Non fu trascinata nel vortice nebuloso del teorico, dell'ingegnoso, dell'astratto, del sorprendente, ad ogni costo. Ma, carica di responsabilità e di esperienza della società concreta, conoscitrice delle difficoltà della reale amministrazione degli uomini e delle cose, si confrontò ogni giorno con il mondo com'è, e agì in nome di un mondo nuovo, come dovrebbe essere, e come in effetti sarebbe stato secondo le mutevoli circostanze dei tempi. È davvero un ronzante alveare la sua scuola, la sua casa, e ognuno che Le era vicino era costretto a rimboccarsi le maniche per venire in soccorso della realtà sofferente del presente con la prospettiva di un futuro certamente più felice.

Lo stesso P. Lentini, il Gesuita predicatore del novenario di Lourdes, era stato ingaggiato perché in quei giorni proponesse agli studenti le novità dei ritrovati mezzi di comunicazione. Si attorniò di collaboratori capaci e leale consapevoli che il lievito di un piccolo gruppo motivato, fedele, è in grado di animare la pasta della massa umana, il cui destino non è guidare ma essere guidati. Comprese che ci sono uomini che provano fierezza, ardore, gioia se chiamati anche nelle difficoltà più estreme a lottare controcorrente. Ed erano attirati da questa giovane avventuriera, per la quale la collaborazione, non era certo routine, ma impegno allo spasimo, rischio, fatica. Basti ricordare per tutti il non mai compianto abbastanza, Rag. Mario D'Ambra. Adesso vediamo bene quale sia stata l'efficacia, l'amorevolezza, l'umanità del suo sistema operativo. Non se ne può perdere il ricordo: l'intitolazione della strada prospiciente l'Istituto Tecnico e la Scuola media, da Lei voluti anche nell'edificazione materiale, serve ad indicarci la via giusta, quella che non passa mai di moda, e che aiuta davvero l'uomo concreto senza danneggiarlo, a dispetto delle sole buone intenzioni.

In effetti, il suo nome, scolpito al capolinea di questa strada ci rinnova ogni momento il ricordo del suo cammino, mostrando quanto possa essere positivo e attuale il suo esempio. Con il suo pensiero e le sue realizzazioni ha aiutato tutti noi, e aiuterà tanti altri, presumibilmente nel futuro, a vederci un po più chiaro nel mondo, nella storia, nella vita. Aggiungiamo così, in modo perituro, il nostro riconoscimento a quelli che, sua vita natural durante, Ella ricevette dal colonnello inglese Yeo, dal Comitato di Liberazione Nazionale, dai sindaci del tempo, avvocato Francesco Casaceli e avvocato Francesco Palamara, dal Vescovo Mons. Bernardino Salvatore Re, dal prof. Luigi Bernabò Brea, dall'Ente Nazionale Sordomuti, dal Presidente della Repubblica con la medaglia d'argento di benemerenza e, infine, con la medaglia d'oro alla memoria, con la opportunissima dedicazione a suo nome di questo Istituto.

È questo oggi, un ulteriore atto di riconoscenza a Lei che, Maestra e Guida, di straordinario talento organizzativo, profuso per la nostra Lipari, intelligenza, lavoro, fedeltà, dedizione senza limiti. Ma lasciatemi aggiungere un particolare ricordo riguardante la sua fede. Si propose una vita di lavoro accanto agli ultimi, nel desiderio di riforme umanitarie e sociali; e (avendo fatto la sua parte quanto a impegno anche politico) si industriava a far ricoverare in un apposito istituto di Assisi un povero ragazzo sordo e cieco, nella prospettiva di eventuale educazione e formazione. La stessa encomiabile dedizione aveva profuso in soccorso ai terremotati del Belice; nella promozione di riscossa perché i mafiosi non invadessero Filicudi e perché le Suore di Carità, che tanto bene avevano operato nella nostra comunità, non lasciassero Lipari.

Particolarmente negli ultimi giorni della sua vita, mentre alcune volte l'assistevo nella sofferenza della sua malattia, ho sperimentato che la Preside Conti in effetti, non era una cristiana tanto per dire; e neppure una cattolica per semplice tradizione: era una credente consapevole ed esplicita, a viso aperto. E della sua fede ha fatto il criterio decisivo per comprendere il senso della vicenda umana.

Non è estraneo alla nostra attuale celebrazione l'avvertimento del Vangelo: "E io vi dico che qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei vostri fratelli, l'avete fatto a me".
La fede ci dice che Ella, ora, è in quella luce che vaglia infallibilmente gli uomini, i loro pensieri, i loro progetti, le loro verità e i loro errori.
Noi, ancora pellegrini, abbiamo solo il dovere di seguire con coraggio e coerenza la indubbia testimonianza che la Preside Conti ci ha lasciato in eredità».

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