di Ennio Fiocco
Il capitano Pedro Medrano da Lipari e il riscatto del frate.
Nel corso del Seicento il Parlamento Siciliano deliberò un finanziamento straordinario al fine di accrescere il numero delle galere a difesa dell'isola e delle vie del mare, che tuttavia non potè essere attuato a causa di una profonda crisi finanziaria. Gli armatori siciliani armarono le proprie navi sviluppando l'attività corsara, organizzata con l'appoggio comunque della monarchia e con il rilascio di patenti del mare. Dall'articolo “Rinnegati e schiavi nella Sicilia del XVII” - a firma del Rogia - l'autore ci parla di “Storie di migrazioni ed invasioni... violenze...storie d'uomini, le loro fatiche” che sono state estratte presso i fondi dell'Archivio di Stato di Palermo. Cercherò di far conoscere ai lettori alcuni episodi.
“Era il 30 maggio del 1625 quando Martin Vuagnes Ramires, capitano d'armi di Milazzo, comunicava...che tre speronare milazzesi avevano intercettato una barca carica d'olio, appena predata da galere bisertine...riuscendo a catturare i cinque turchi e un rinnegato che vi erano a bordo. I prigionieri...furono...sottoposti ad un serrato interrogatorio in seguito al quale constatavano che la collaborazione era l'unica strada per evitare sgradite punizioni, come i rigori della frusta o peggio ancora l'invio al remo sulle galere. Due di essi, un musulmano ed il rinnegato, decisero di svuotare il sacco fornendo tutta una serie di informazioni che, una volta verificatene la veridicità, sarebbero state utili...il musulmano Mustafà di Tunisi dichiarò di appartenere ad uno degli equipaggi delle sette galere e dei sette caicchi barbareschi salpati nove giorni prima da Porto Farina”.
Il predetto Mustafà “indicò proprio sulle coste siciliane uno degli obiettivi primari della spedizione corsara” in quanto “la Sicilia al momento si trova quasi priva di difese...Fornì utili indicazioni sulle dotazioni e caratteristiche tecniche delle galere e degli equipaggi...tutte, infine, erano provviste di un drappello di centotrenta soldati...”. Il prigioniero, entra poi nei particolari sugli spostamenti riferendosi ad Alicudi. In particolare, “arrivate in prossimità dell'isola di “Arcudi”, i rais decisero, istigati da un rinnegato trapanese, di assalire Tusa, piccolo centro dei Nebrodi...ingannati dall'oscurità, avevano optato per uno sbarco notturno...sbagliarono spiaggia finendo a Caronia dove vennero in contatto con due cristiani che stavano pescando su una barca. Lo scontro, costato la vita ad un turco, mentre gli altri barbareschi si ritirarono malconci e feriti, fruttò comunque la cattura di una “fragata carrica di oglio” ormeggiata nelle vicinanze. I corsari, appena abbandonati quei luoghi, decisero di comune accordo d'inviare la preda in Barberia.
Di conseguenza vi fecero salire i sei marinai che, per loro sfortuna, incapparono nelle barche siciliane da cui “furo presi essi scavj”. Il rinnegato, di origine greca, affermava che il 6 giugno del 1625 “Coletta Calderaro, Epifanio Carrozza e Giacomo Maria Bonica, in qualità di giurati di Lipari, testimoniavano che quella mattina le sette galere erano comparse al largo di Vulcano dove furono accolte dalle cannonate sparategli contro da Pedro Medrano, capitano delle forze militari presenti nell'arcipelago. Improvvisamente, una di quelle galere si avvicinò a riva inalberando la “bandiera bianca di pace” costringendo il Medrano, salito a bordo di alcune barche isolane, a venire a parlamento con i corsari, accompagnandosi solo con dui vecchi prattichi (cioè esperti di cose marinare e edotti, presumibilmente nel Sabir, lingua franca del Mediterraneo del tempo)...Venne così a saper che i turchi il 29 maggio, presso il braccio di mare antistante Panarea e Stromboli, avevano predato una nave liparese proveniente da Napoli.
A bordo di quel naviglio si trova un frate francescano, “zoccolante” osservante la regola dei Minori, diretto nel convento di Lipari, il quale pregò i rais di cercare di prendere contatto con gli isolani in modo da favorirne il pronto riscatto. Le sue preghiere furono ben accolte da quei “mercanti d'uomini”...Al Medrano...non restò altro che darsi da fare per raccogliere i fondi necessari a soddisfare le esose pretese avanzate dai corsari che per addivenire alla liberazione degli sventurati liparesi, chiesero l'esorbitante somma di tremila scudi.
Purtroppo, la situazione degli isolani non era delle migliori, tanto che poté raccogliere solo 1300 scudi, 840 dei quali provenienti dalla collana d'oro che lo stesso ufficiale spagnolo portava al collo e che non esitò a prestare...Tuttavia, quella cifra bastava per la liberazione di soli quattro schiavi” tanto che il Medrano provvide con un inviato in cerca dell'ulteriore somma e alla fine vi riuscì per la liberazione inviando “una barca a prendere i...prescelti...”. Ammalianti appaiono questi resoconti di vita che ci fanno scoprire personaggi ed uomini sconosciuti nel periodo del c.d. riscatto degli schiavi bianchi.
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