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di Ennio Fiocco

Ferdinando da Lipari e la battaglia contro i garibaldini.

Ferdinando La Rosa era nato a Lipari il 13 gennaio del 1806 ed apparteneva ad una famiglia agiata. Il padre si chiamava Giuseppe e la madre Anna Scafidi. Aveva fatto carriera militare nel sesto Battaglione Cacciatori Reali dell’Armata Napoletana del Regno delle Due Sicilie. Da una pubblicazione del 1997 di un suo discendente (dott. Ciro La Rosa nell'articolo «Una soria da riscrivere»), Ferdinando sin da piccolo si trovò in ambiente militare tanto da seguire le orme del padre che era “Aiutante” nella Compagnia di Dotazione dell’Armata di Mare di Lipari.

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Si arruolò volontario nel Reggimento “Regina Fanteria” il 21 gennaio 1824 diventando Alfiere (sottotenente) beneficiando dell’acquisto del grado e successivamente il 26 agosto 1826 entrò a far parte del “1° Reggimento Siciliano”.

Venne nominato tenente e fece parte dei Battaglioni dei Cacciatori che erano considerati l'elite della Fanteria di Linea. Fece così carriera nell'esercito del Regno delle Due Sicilie e nel 1858 fu nominato Maggiore Comandante del 6° Battaglione Cacciatori tanto che da quel “momento in poi seguirà le sorti dell’Armata Napoletana restando coinvolto nelle operazioni militari dell’avanzata garibaldina fino all’estremo sacrificio.

Tra il 19 e il 21 settembre 1860, si scontrarono a Caiazzo (Caserta) le armate garibaldine e parte dell’Esercito del Regno delle Due Sicilie, ritiratosi, dopo l’abbandono di Napoli (6 settembre), lungo la linea del Volturno. A fronteggiarsi furono anche due uomini, Giovan Battista Cattabeni (al comando delle camice rosse) e il Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa (in testa alle forze delle Due Sicilie). Indubbiamente, Caiazzo rappresentava un elemento strategico che avrebbe potuto decidere chi avesse vinto o perso nel corso della ormai imminente battaglia finale che si sarebbe combattuta tra i due schieramenti.

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Proprio il giorno di San Gennaro il 19 settembre 1860 fu sventato il tentativo dei garibaldini di occupare la città in quanto il colonnello La Rosa con diverse centinaia di uomini respinse le camice rosse anche con l'avallo della popolazione che prese d’assalto le abitazioni dei “notabili”. Allarmato dalla forte resistenza della popolazione, venne inviata al Generale Turr la richiesta di rinforzi, tanto che Garibaldi stesso non esitò ad inviare il reggimento con ben 1119 uomini. Pure il La Rosa aveva richiesto di rinforzi e il Generale Colonna gli inviò aiuti con il 4° Cacciatori, uno squadrone di Dragoni e diversi pezzi di Artiglieria.

A combattere in prima fila ci fu anche il fratello del Re, S.A.R. Alfonso di Borbone, Conte di Caserta che, nonostante la giovanissima età, si distinse nelle ore successive contribuendo alla vittoria finale. Durante la cruenta battaglia Ferdinando La Rosa fu ferito gravemente mentre guidava una carica di sganciamento presso l’ex convento dei Cappuccini. Condotto a Capua morì per le ferite riportate presso l’Ospedale Militare e venne sepolto nella chiesa di Santa Caterina della medesima città.

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Il grande eoliano ricevette solenni funerali, adeguati al grado e alla statura dell’uomo che aveva infranto il mito di Garibaldi. Come emerso dalla rivista “Terra di Lavoro - Bollettino on line dell'Archivio di Stato di Caserta - aprile 2015” il La Rosa “attaccò i Garibaldini fuori dall'abitato, incitando i suoi soldati a entrare in città. L'assalto fu operato da tre parti...Giunto ai piedi del poggio, trovò una pertinace resistenza opposta dai garibaldini del Cattabene e la lotta divenne efferata. Durante l'azione, il tenente colonnello La Rosa cadde mortalmente ferito”. Dalla nota a piè di pagina del prefato articolo risulta che “Don Ferdinando La Rosa...nato a Lipari, morì il 24 settembre 1860, ore sette, nell'Ospedale Militare di Capua, la denuncia della morte fu presentata da Francesco Papa di anni 30, del 6° cacciatori...”.

Il giorno “21 fu fatale per i Garibaldini...Si diede avvio al massiccio assedio della città e l'assalto, che si operò alle porte di Caiazzo, fu terribile; la disputa per la ripresa della città durò tre ore...”. La battaglia si concluse con una netta vittoria dei Borbonici, si contarono 1.100 tra morti e feriti e 700 prigionieri Garibaldini, mentre per i Napoletani si ebbero 300 morti. Per lo stesso Garibaldi “l’operazione di Caiazzo fu più di un’imprudenza, fu una mancanza di tatto militare da parte di chi la comandava” e ciò in favore delle truppe napoletane.

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Con la vittoria di Caiazzo si infrangeva il mito di Garibaldi di eterno vincitore, anche se successivamente riuscì nel sui intento unificatorio. Ricordiamo il colonnello Ferdinando La Rosa e tutti coloro che si sono immolati al tempo dei Borboni. Completo la mia ricerca con una frase del parigino Henry B. Monnier che così afferma: “Un soldato deve essere pronto a morire per la sua patria. Anche a costo della vita.”

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