di Ennio Fiocco
Juan Francisco Pacheco Téllez-Girón, IV Duca di Uceda (Madrid 1649 +Vienna nel 1718) è stato il Vicerè di Sicilia durante il regno di Re Carlo II. Rivestì anche la carica di Ambasciatore a Roma e durante la guerra di successione si schierò con gli austriaci in sostegno dell'arciduca Carlo, alla cui corte rimase fino alla sua morte. Nel 1687, quando il duca si insediò, il Regno di Sicilia era appena uscito da una lunga guerra con due aspetti, uno di carattere antispagnolo e l'altro di rivalità di interessi tra diversi gruppi urbani. In particolare, la guerra si concluse con una sconfitta consistente per la città di Messina, che significò la fine della sua autonomia politica.
Uceda fu viceré per nove anni, durante i quali espresse il suo interesse per i lavori pubblici e per il miglioramento degli aspetti difensivi del porto di Palermo e di alcune altre città vicine dell'isola. Questo lungo soggiorno, inoltre, gli diede l'opportunità di conoscere la situazione dei territori spagnoli nella penisola italiana e anche di osservare dall'esterno le difficoltà di governo in territori così lontani dalla Corte di Madrid, e la debolezza della Monarchia spagnola dalla fine del XVII secolo. Senza alcun dubbio è stata rilevante la sua attività politica e diplomatica e non meno interessante ed originale quella di bibliofilo nella Spagna barocca.
Non va sottaciuto che numerosi manoscritti vennero all'epoca sequestrati anche dal Duomo di Messina, che costituirono nel 1836 i primi fondi della Biblioteca Nazionale di Spagna, dove sono attualmente custoditi.
Mi sono imbattuto, in una mia recente ricerca, in una lettera a firma del Duca di Uceda diretta al Re di Spagna, tratta dall'“Archivo General de Simancas, Secretaría de Estado, Negociación de Sicilia, legajo 3507 (1693-94)” e la presento ai lettori in quanto ricca di particolari.
“Signore... molte imbarcazioni di Pirati hanno procurato di fare ostilità in questa Isola giungendo quasi a impedire interamente il piccolo commercio dei suoi nativi, e ancora a fare preda di Gente, e di alcune Feluche in vista di questa Città, e nella sua Giurisdizione, ritirandosi immediatamente con quelle in altre Isole vicine disabitate. In questi ultimi giorni si erano aggiunti quattro Brigantini e una Goletta di Turchi che con grande insolenza correvano la costa.
Arrivò all’isola di Lipari la notizia dell’ostilità, che avevano subito alcuni poveri pescatori paesani, e che i nemici avevano preso la Fonda con le loro imbarcazioni nell’Isola di Alicudi, per non avergli consentito il tempo di ritornare ai loro porti attraverso la Costa di Napoli e la Spiaggia Romana, come avevano intenzione. Confermò la notizia la Guardia che avevo nella stessa Isola dove stavano i Pirati facendo fuochi continuati, [essendo] senza modi di dare a intendere da lì a Lipari, che ci fossero Corsari. E così il Giorno 4 del presente mese i Liparesi armarono una Goletta, un Brigantino, undici Feluche, e cinque Speronare, e con grande valore si misero alla ricerca del nemico, diedero l'assalto all’improvviso due ore prima dell’alba, e dopo una buona resistenza, di avere quattro Turchi morti, e molti Cristiani feriti per quanto leggermente, i liparesi si impossessarono di tutto, senza che potesse scappare un turco, catturarono 135 di questi, e si riuscì a liberare 23 cristiani che tenevano prigionieri, e fra quelli a due religiosi... Al povero uomo che faceva la Guardia nell’Isola, ho notizia che quegli infedeli lo uccisero e bruciarono il giorno prima del successo, e che per una tanto buona incombenza stavano con qualche disattenzione, mancando lo strumento che li manifestava.
Si dice che tra quelli ci siano alcuni Rinnegati, dei quali tuttavia non ho sufficiente certezza. Il Tribunale del Patrimonio ha dato gli ordini opportuni con l’assistenza del Consultore, per quello che concerne di fare la Quarantena, ed avendo più di seicento persone coinvolte in questo impaccio, per farla gli si è segnalata a richiesta degli stessi l’Isola di Vulcano, [che] è disabitata, ed hanno la comodità di Legna e Acqua, e secondo quanto ho saputo le Squadre di V.M. hanno fatto anticamente la quarantena negli stessi paraggi.
Di ciò mi è parso dare conto a V.M., e di che attendendo al gran servizio che in questa occasione (e in altre) hanno fatto i Liparesi impedendo questa invasione che teneva spaventato il commercio del Regno, ho dato ordine al Tribunale del Real Patrimonio perché si faccia agli Interessati quanta equità fosse possibile esentandoli dagli interessi ed estorsioni, al fine di dare coraggio agli altri per intraprendere simili servizi in beneficio del Regno e di V.M. la cui Cattolica Real Persona guardi Dio come la cristianità ha bisogno. Palermo 15 di ottobre 1693. Il Duca di Uzeda, Conte di Montalbano”. La cattura dei 135 pirati con la liberazione dei cristiani ci riporta ad un passato ricco di tragicità e la loro storia ci continua ad emozionare.
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