di Ennio Fiocco
Edmondo De Amicis (1846 + 1908) può essere definito come il poeta della fratellanza e della bontà. Dopo la carriera militare in Accademia a Modena viene attratto dalla scrittura, tanto da dirigere un giornale e pubblica “La vita Militare” che ebbe successo. Nel 1870, nel ruolo di corrispondente de “La Nazione”, partecipa alla spedizione di Roma entrando a Porta Pia. Il suo capolavoro è “Cuore”, che verrà tradotto in diverse lingue, nonostante l'ostracismo dell'ala cattolica per l'assenza di contenuti religiosi.
La sua vita personale, nell'ultimo decennio, sarà molto travagliata per la morte della madre, dal fallimento del suo matrimonio e dal suicidio del figlio, legato proprio alle condizioni di invivibilità createsi in famiglia per le furibonde liti di coppia. Soggiornò in Sicilia per ben due volte: durante il servizio militare da giovane ufficiale di fanteria e dopo quarant'anni nel mese di novembre del 1906, prima del grande terremoto che travolse Messina. Compose “Ricordi di un viaggio in Sicilia”, che presento ai lettori, sempre con riferimento ad alcune parti. Il racconto dello inizia, appunto, dalla città Peloritana dove il reggimento di De Amicis aveva la guarnigione, per poi proseguire in altre località dell'isola. “Non avevo più visto la Sicilia da quarant’anni, niente di meno: dall’anno di grazia 1865, nel quale avevo fatto la mia prima guarnigione, come si dice in linguaggio militare, nella città di Messina, di dove ero partito col mio reggimento nell’aprile del 1866 per la guerra contro l’Austria.
E fu appunto Messina la prima città che rividi venendo da Roma: con quale commozione, possono immaginare tutti coloro che hanno rivisto dopo circa un mezzo secolo una regione della patria, a cui erano legati dai più cari ricordi della prima giovinezza. Quali mutamenti in questi quarant’anni! Basta dire che nel 1865 non c’era ancora in tutta l’isola un chilometro di strada ferrata in servizio. Si stava costruendo quella da Messina a Catania, e ricordo bene le grida di meraviglia con cui le contadine messinesi, dai colli circostanti alla città, salutavano le prime macchine a vapore messe in esperimento sulla linea, lungo la riva del mare. Ora, venendo dal continente, si attraversa lo stretto senza discendere dai vagoni ferroviari, che sono trasportati da una riva all’altra sopra un piroscafo. Le piccole città e i villaggi della costa calabrese si sono ingranditi per modo che formano quasi una sola enorme macchia biancastra...Messina s’è innalzata su per i graziosi colli conici che le sorgono da tergo, ed ha allungato le sue grandi ali bianche lungo il mare fino a perdita d’occhi.
La mia antica piazza d’armi è scomparsa sotto un nuovo quartiere elegante e ridente; le antiche vie, che già erano ariose e linde, si sono arricchite di botteghe splendide; le piazze si sono ornate di palme; la luce elettrica brilla da ogni parte...Eppure all’apparenza non corrisponde la realtà. La bella Messina...è piuttosto in decadenza che in via d’incremento... Non ero mai andato per terra da Messina a Palermo; feci questo viaggio in una giornata bellissima; ne fui abbagliato e incantato... è per bellezza di paesaggio e per ricchezza di vegetazione una delle più ammirabili regioni d’Europa. È una successione di golfi e di seni dalle curve graziosissime, dominati da alti promontori dirupati, che si specchiano nel più meraviglioso azzurro marino che abbia mai sorriso al sole. Si percorre il primo tratto, lungo il mare, in vista delle diciassette isole dell’Arcipelago Eolio, che par che sorgano l’una dopo l’altra dalle acque, con le loro belle forme vulcaniche, ardite e leggere, tinte di colori soavi, di un’apparenza quasi vaporosa.
E le pianure verdi, solcate da innumerevoli corsi d’acqua, succedono alle pianure verdi, i boschi ai boschi, i vigneti ai vigneti, e vaghe città biancheggianti sulle alture, e monti scoscesi coronati di chiese aeree e di castelli spagnuoli e normanni e d’avanzi di colonie greche e romane. E fuggono accanto al treno i boschetti d’aranci, le siepi di fichi d’India...i gruppi di palme...accarezzate e mosse da un’aria imbalsamata che vi desta nel sangue e nell’anima un sentimento delizioso della vita. E quante grandi immagini del passato vi sorgono dinanzi da ogni parte! Su quel ridente azzurro del golfo di Spadafora... su quell’altre acque luminose, fra il Capo Orlando e la foce della Zappulla, fu sconfitta l’armata di Federico dalle armate riunite di Catalogna e d’Angiò...
A grandi lampi vi passa dinanzi tutta la storia dell’isola fatale, intorno a cui gravitò per secoli la vita storica e sociale di tre continenti...poiché se l’Italia peninsulare, come fu detto con felicissima immagine, è un braccio teso dall’Europa nella direzione dell’Africa, la Sicilia è pur sempre la mano di quel braccio...”. La nostra Sicilia con le sue isole sono straordinarie e il De Amicis ne coglie l'essenza.
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