di Ennio Fiocco
Il palcoscenico dell'immaginario e il fuoco.
Recentemente mi sono imbattuto in un film muto realizzato nel 1915 dal titolo “Il Fuoco”. Propongo ai lettori questo mio lavoro per ringraziare la grande diva Pina Menichelli, nonché il regista Pastrone e l'attore messinese Febo Mari.
Pina Menichelli (1890 + 1984) divenne una delle più celebri star femminili dell'era del cinema muto degli anni dieci. La sua carriera è stata breve in quanto si ritirò dalla scena a soli 34 anni, nel 1924, producendo decine e decine di film. La femme fatale è stata una sorta di sex symbol. Solo nel 1989 si venne a scoprire (in un articolo apparso nella Gazzetta del Sud) che era nata nel comune di Castroreale. Nata Giuseppa Iolanda Menichelli, proveniva da un background teatrale e i suoi genitori, Cesare e Francesca, erano attori teatrali itineranti, parte di una dinastia di interpreti che includeva Nicola Menichelli, un comico di fine settecento. Anche due sorelle e un fratello sono diventati attori. Si recò in Argentina, unendosi ad una compagnia teatrale per girare il Paese sudamericano e, mentre viveva a Buenos Aires conobbe e sposò Libero Pica, un giornalista italiano che viveva lì.
Dopo la separazione, nel 1913 ritornò in Italia dove l'industria cinematografica era ancora agli esordi ed intraprese l'inizio della sua altissima carriera che la contraddistinguerà a livello mondiale. Attirata dal regista Giovanni Pastrone, che vide in lei il potenziale per diventare una star, salì alla fama. Il cinema italiano degli anni Dieci è stato attraversato da meteore luminose, splendide ed effimere. Il divismo italiano a cavallo della Grande Guerra è fulgido quanto caduco: nascita e morte di una pioggia d’astri in una manciata d’anni. Dal punto di vista della progettazione dell’immagine filmica cui partecipano attivamente, le dive italiane definiscono alcuni canoni che si affermeranno nello star system hollywoodiano degli anni Venti (forte tipizzazione, centralità narrativa, influenze sulla moda e sul costume). Alla produzione degli anni Dieci manca un’efficace costruzione mediatica della figura pubblica della diva: la stampa a larga diffusione, medium prioritario dell’epoca, in Italia non intende sostenere una produzione come quella cinematografica non ancora legittimata a livello culturale e tantomeno si cura di blandire queste donne sospette di amoralità.
Le attrici cinematografiche più famose dettavano moda, esercitavano la loro influenza sui comportamenti giovanili. Le dive sono sovente, sullo schermo, delle adultere, affrontano l’uomo ingaggiando serrati corpo a corpo, sfidano il maschio con il loro fascino irresistibile e dettano legge in materia d’amore: così si propongono al pubblico femminile come modello di un’emancipazione che investe soprattutto la sfera dei comportamenti privati mentre gli uomini restano soggiogati dalla loro seduzione disinibita. Vi è da dire che Eleonora Duse è il perno su cui ruota il divismo cinematografico italiano degli anni Dieci: la sua figura è, infatti, il crocevia delle tensioni artistiche che animano le attrici italiane. Pina Menichelli è la donna fatale del cinema italiano. Il modello consolidato nel teatro italiano con il ruolo della seconda donna trova in lei, giovane scritturata della compagnia di Emma Gramatica, un’interprete ideale: l’immagine divistica è quella di una donna soggiogante, tenebrosa, rapace, peccatrice, vendicatrice, ferina (nella vita aveva abbandonato il primo marito in Argentina per tornare a fare l’attrice).
La sua configurazione divistica è particolarmente interessante perché appare imprigionata nel tipo ideato per lei dal regista Pastrone, in qualità di proto producer e di regista, alla Itala Film: ancora negli anni Venti l’immagine di Pina Menichelli verrà identificata con l’archetipo dannunziano de Il fuoco e Tigre reale. Questa immagine peccaminosa di donna non può far altro che cadere sotto la scure della censura che in Italia perseguita le sue pellicole. Gli uomini restano folgorati dalla sua sensualità, mentre le donne la imitano riproponendone l’inedita aggressività erotica. Negli anni dieci del Novecento vediamo una creazione di un genere particolare chiamato diva-film, un genere nuovo di film caratterizzato dalle grandi attrici italiane e dal loro divismo. Il diva-film è caratterizzato anche dai primi piani. Un primo piano nel film, o “close-up” nel sistema americano, è un’inquadratura che accosta e circonda la faccia di un attore o un’attrice. I primi piani sono impiegati per mostrare dei dettagli, per esempio le emozioni di un’attrice protagonista. I primi piani sono spesso utilizzati dal regista per mettere in evidenza il personaggio principale (o i personaggi principali).
Ancora più interessante il fatto che si possa sempre dire il livello di popolarità e importanza di qualsiasi attore dalla quantità e dalla durata dei primi piani, un elemento che diventerà uno stereotipo del genere. Nel film “Fuoco”, sicuramente uno dei suoi principali successi della Menichelli, racconta la storia di un giovane pittore che in riva ad un lago incontra una poetessa. Tra i due nasce un amore, il pittore lascia la casa della madre per andare a vivere con l’amata in un vecchio castello. La donna diventa l’ispiratrice del pittore che raggiunge l’acme del successo attraverso i ritratti dell’amata. La poetessa, improvvisamente, abbandona l'uomo per ritornare dal marito. In preda alla disperazione il pittore non rinuncia a cercarla fino a quando un giorno per caso l’incontra con il marito.
La donna fa finta di non riconoscerlo e il pittore impazzisce. Dopo essere stato pubblicamente disconosciuto dalla donna che ama il pittore perderà la ragione. Nella cella in cui vive ormai rinchiuso, ha tracciato su tutti i muro la sagoma del gufo, animale simbolo della donna che lo ha rovinato. Con una grande attenzione alla composizione dell'immagine, il regista Pastrone da un lato ha elaborato una scenografia decorativa e insieme funzionale alla costruzione della tensione narrativa, e dall'altro ha valorizzato la diva Pina Menichelli, ora donna-gufo, ora donna-serpente, disegnando una figura di femme fatale, di dark lady che conquista e distrugge la propria preda, delineando una logica della messa in scena pienamente consapevole non solo delle esigenze di organizzazione del set e dello sviluppo narrativo, ma anche della necessità di strutturare in una forma visivo-dinamica la scala dei piani e il movimento degli attori, la durata delle inquadrature e il montaggio. Il regista, quindi, è stato alquanto accorto fotografando dal basso l'attrice e così ottenendo effetti nuovissimi. Tanto che la Menichelli è ammessa, dopo la sua interpretazione, nell'olimpo delle dive.
La censura tentò di proibire la proiezione della pellicola. Il bravissimo attore del film è Febo Mari (nato a Messina nel 1881; nome d’arte di Alfredo Giovanni Leopoldo Rodriguez, pioniere della recitazione cinematografica, teatrale, nonché sceneggiatore e regista siciliano). Sicuramente le donne fatali degli anni dieci sono state ispirate dai personaggi della letteratura italiana, da figure mitiche, e molto probabilmente anche da donne aristocratiche. Però i film e le dive degli anni dieci erano i primi a mettere la figura della donna fatale sul grande schermo e i primi a mostrarla alle masse. Hanno portato, finalmente, un'immagine femminile vivace e potente, per la prima volta nella storia. Il film “Il Fuoco” mi ricorda i vulcani delle Eolie, la passione e i desideri umani con le fragilità, il palcoscenico del nostro immaginario e la Sicilia di Castroreale dove è nata la grande Diva.
Un ringraziamento va al Sindaco del paese natale di Pina Menichelli, dott. Giuseppe Mandanici, che mi ha fornito il certificato di nascita dell'attrice.
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