di Salvatore Iacono*
Curiosity scopre un’antica oasi su Marte. Dal 6 agosto del 2012, il rover Curiosity – una specie di fuori strada dalle dimensioni di una MINI Cooper (vedi foto) – ha percorso circa 21 chilometri sul suolo di Marte. Con la sua dotazione di strumenti scientifici, è il laboratorio mobile più tecnologicamente avanzato fin ora costruito per l’esplorazione del suolo marziano e il cui scopo è quello di determinare l’evoluzione geologica e climatica di Marte e scoprire se in passato è stato abitato da micro organismi. Oltre alla strumentazione scientifica, Curiosity è dotato di 17 fotocamere con le quali ci invia sia dei panorami di Marte in diversi momenti del giorno marziano, sia dei dettagli delle rocce su cui si sta muovendo e che consentono ai geologi, insieme alle analisi chimico-fisiche eseguite, di ricostruire il passato geologico del pianeta.
In questo momento Curiosity sta esplorando il fondo del cratere Gale, largo 150 chilometri (vedi foto). La foto copre un campo visivo di circa 130 gradi della parete interna del cratere ed è stata acquisita in un periodo in cui le condizioni erano ottimali, con poca polvere e poca foschia nell’atmosfera. Dai dettagli della morfologia, che includono calanchi e canali, i geologi hanno potuto dedurre i processi che hanno modellato il cratere e la tipologia di detriti depositati sul fondo.
L’attenzione degli scienziati è stata catturata in particolar modo da una formazione rocciosa e dalla sabbia che la circonda. (vedi figura). La rete di crepe che si vede sulla lastra di roccia e l’analisi chimica dei sali che vi sono depositati fa supporre che potrebbe essersi formata dall’essiccazione di uno strato di fango più di 3 miliardi di anni fa. Questo significa che il fondo del cratere era punteggiato da stagni di acqua poco salata proveniente dalle pendici dei monti circostanti. Inoltre, l’analisi dei depositi fa supporre, con un certo grado di confidenza, che nel cratere si sono alternati periodi di piena e periodi di siccità a causa delle fluttuazioni climatiche in cui l’ambiente marziano passava da un periodo umido ad uno freddo e desertico.
Le prossime indagini di Curiosity potranno fornire ulteriori dettagli e conferme sull’esistenza di questa antica oasi marziana.
*Specialista in Microelettronica e Componenti Elettronici per Applicazioni Spaziali Ingegnere Nucleare
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L'ANNUNCIO. Carissimi amici siamo lieti di comunicarvi io e "mia cognata Antea" che venerdì 18 Ottobre c.m. alle ore 18.00 in via Prof. Carnevale ex Sail Post faremo l'inaugurazione del '' L'isola in Fiore". Vi aspettiamo per festeggiare insieme l'apertura del nostro negozio di fiori, piante ed affini... Comunichiamo inoltre che da sabato 19 saremo a vostra disposizione per qualsiasi vostra richiesta floreale...
Gianluca Zanca&Antea
Dedicato ai mie compaesani liparesi che, come diceva Lazzaro Spallanzani, “sono vogliosissimi di sapere”.
Un evento misterioso nell’Universo. Il satellite NuSTAR (acronimo che sta per Nuclear Spectroscopic Telescope Array) è un telescopio che orbita intorno alla Terra a poco più di 600 km di altezza. Lanciato il 13 giugno del 2012, ha il compito di esplorare l’Universo non nel campo della luce visibile ma in quello dei raggi X ad alta energia. Questo gli permette di osservare fenomeni invisibili ai nostri occhi come le fasi finali della vita di una stella (stelle collassate), i buchi neri che circondano la regione centrale della nostra galassia (la Via Lattea) o quelli che si trovano nelle galassie dello spazio profondo. Ultimamente le osservazioni di NuSTAR si sono focalizzate nella mappatura delle supernove. Una “supernova” è l’esplosione di una stella massiccia, una stella che ha una massa di circa 10 volte quella del Sole.
Ad un certo punto della sua vita, per effetto delle reazioni nucleari che avvengono nel suo nucleo, in un intervallo di tempo che va da qualche settimana a qualche mese, la stella emette tanta energia quanto è previsto che ne emetta il Sole durante tutta la sua esistenza, e, per circa 15 secondi, raggiunge una temperatura di 100 miliardi di gradi kelvin. Nell’esplosione la stella espelle gran parte del materiale di cui è costituita e raggiunge una luminosità pari a quella di una galassia formata da miliardi di stelle. Per poter vedere queste sorgenti di raggi X, i segnali vengono elaborati da sistemi elettronici che li convertono in luce visibile al nostro occhio, assegnando arbitrariamente un colore ad un dato valore delle energia del raggio.
Uno degli oggetti sotto osservazione da parte di NuSTAR è la galassia “Fuochi d’Artificio”, distante da noi 22 milioni di anni luce e così chiamata perché nel secolo scorso sono esplose nei suoi bracci a spirale otto supernove.
L’obiettivo principale di NuSTAR era quello di studiare la supernova che compare in alto a destra come una macchia blu-verde.
La chiazza verde che si vede vicino al centro della galassia non era visibile nella prima osservazione ma si manifestò come una brillantissima ed intensa emissione di raggi X nella seconda osservazione effettuata 10 giorni dopo.
L’osservatorio a raggi X “Chandra” della NASA (anch’esso orbitante intorno alla Terra) ha osservato, in seguito, che questa fonte ultra luminosa di raggi X era scomparsa altrettanto rapidamente di come era apparsa. Si tratta sicuramente di un evento estremamente violento, ma poiché all’emissione di raggi X non è associata luce visibile, non si tratta sicuramente di una supernova. Si è ipotizzato che possa trattarsi di un buco nero che ha divorato una stella che si trovava nelle sue vicinanze; ma un tale evento dura più di 10 giorni.
L’altra ipotesi è che possa trattarsi di una stella di neutroni – stella di elevatissima densità pari a 100 milioni di tonnellate per centimetro cubo ma che non è ancora divenuta un buco nero – la quale attrae materia da un’altra stella che le orbita attorno e questa materia cadendo sulla stella di neutroni a velocità elevatissima (prossima a quella della luce) emette raggi X.
Ma sono solo ipotesi, e questo fenomeno rimane tuttora un mistero.
Voglio sottolineare che tutto ciò che stiamo osservando in questo momento è accaduto 22 milioni di anni fa.
Un grande mistero. C’è un grande mistero che attraversa la storia dell’umanità a partire dai filosofi greci fino al giorno d’oggi, e che ancora non ha trovato soluzione, anzi si è sempre più infittito. “Com’è possibile” – si chiedeva Einstein – “che la matematica, un prodotto della mente umana che è indipendente dall’esperienza, si accordi in maniera tanto eccellente agli oggetti della realtà fisica?” Il premio Nobel per la Fisica Eugene Wigner, in un suo articolo intitolato “L’irragionevole efficacia della matematica nelle Scienze Naturali”, così scriveva: “Il miracolo dell’idoneità del linguaggio della matematica alla formulazione delle leggi della fisica è un dono meraviglioso che non comprendiamo né meritiamo. Dovremmo esserne grati e sperare che rimarrà valido nella ricerca futura e che si estenderà, nel bene e nel male, per il nostro piacere e forse anche per il nostro sconcerto, a vaste branche del sapere”. Il movimento dei pianeti e delle stelle, il colore dei fiori, le nuvole, un tramonto mozzafiato, l’intima struttura degli atomi e quindi tutto ciò che ci circonda, persino la stessa struttura dello spazio e del tempo, riusciamo a descriverli in maniera estremamente precisa mediante un numero limitato di equazioni matematiche. Ma l’aspetto più sorprendente è che teorie matematiche astratte e puramente teoriche si sono rivelate, a distanza di decenni o addirittura di secoli, idonee a dare la spiegazione a complicati fenomeni e processi che avvengono nella realtà dell’Universo. Com’è possibile tutto ciò?