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di Carlo D'Arrigo*

La Sagra del pane e del vino

Ho partecipato alla Festa del Pane e del Vino che ogni anno si svolge a Pianoconte di Lipari. Angelino Biviano, Presidente dell’Associazione Terme di San Calogero, e innamorato di Pianoconte, anche quest’anno ha fatto della Festa del Pane e del Vino un grande evento di incontro, di conoscenze e di aggregazione.

E’ stata una Festa popolare che ha fatto conoscere i grani locali, le uve e le piccole-grandi attività che insistono in un fazzoletto di terra conosciuto in tutta la provincia di Messina. L’insieme delle tradizioni, delle usanze e delle consuetudini legate ad una Sagra costituiscono un patrimonio culturale, spirituale e soprattutto un patrimonio umano prezioso che affonda le radici in tempi antichissimi.

Per molte feste, il significato è mutato nel tempo e la primordiale natura di credenza pagana, religiosità popolare e cultura contadina, si è evoluta arrivando alle forme odierne ricche di musica e di sorrisi. L’alternarsi delle Sagre mantiene la scansione antica dettata dal susseguirsi di stagioni e di attività produttive, dai calendari culturali o dai momenti che segnano riti di passaggio per l’esistenza umana.

Le feste e le cerimonie, che irrompono il quotidiano, sono accompagnate da comportamenti con prevalente funzione comunicativa traducendosi in significati umani, riti, simboli e credenze magico-religiose. L’organizzatore, Angelino Biviano, raccoglie tutti i sentimenti richiamati, religiosi, storici, culturali e imprenditoriali.

Un’ottima organizzazione dall’importante aspetto umano-associativo che, sicuramente, sarà riproposta nel prossimo anno. In maniera sempre più attraente.

*Già docente di Fisica Acustica – UnivERSITà di Messina

NOTIZIARIOEOLIE.IT

28 LUGLIO 2015

LE INTERVISTE DE "IL NOTIZIARIO". Eolie, controlli a tappeto sui locali che organizzano "concertini musicali" serali. E arrivano le prime multe. Parla Carlo D'Arrigo. Il commento

13 febbraio 2023

Speciale salute del Notiziario. L’intervista del prof. Carlo D’Arrigo al dr. Lorenzo Mondello. Il fisico e il virologo con Gennaro Leone

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20 novembre 2023

Lipari, il Rotary promuove la riscoperta dai grani antichi alle Isole Eolie. Nuova speranza per il territorio...

Lipari, Diego il "fuoriclasse" della "Service Natoli"...

Lipari Service, presente dal 1989 a Lipari, fornisce servizi nautici e di terra. Supporto prezioso per ogni esigenza legata alla nautica. Via Francesco Crispi, 98055 Lipari Telefono090 988 6156

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Rispunta l’antisemitismo

Spuntano le stelle di Davide disegnate su edifici pubblici e privati, ricomincia la caccia all’Ebreo alimentata dall’odio e da un livore che affonda radici nella follia di personaggi che credevamo dimenticati per sempre. Ogni tempo ha il suo antisemitismo, un rancore mai sopito e spesso messo in opera da chi non sa, da chi imita chi gli dice di odiare. Come chi imbraccia un fucile e va a sparare solo perché gli hanno insegnato a uccidere. Nell’ultimo secolo sembra sia facile deviare da quell’imprinting di tipica “umanità” che ogni essere umano dovrebbe avere sin dalla nascita. Ma al contrario di tanti animali, come il cane e la maggior parte degli animali, l’uomo è pronto all’astio e al disprezzo.

Segnato dall’antigiudaismo cristiano in passato, cospiratorio nei momenti di crisi, efferato nella sua forma pseudo-scientifica nel periodo del nazionalsocialismo e del fascismo. Non abbiamo ancora fatto i conti con la nostra storia che l’odio verso gli Ebrei riaffiora. Dall’attacco del 7 ottobre a Israele assistiamo a una recrudescenza della caccia all’ebreo in Palestina e a Gaza ma questa vergogna non è solo legata al riaccendersi del conflitto in medio oriente. Perché l’antisemitismo da noi è sempre stato osservabile in superficie, non solo sottotraccia, si nutre di un linguaggio ben preciso, di uno scambio di ideologie folli.

Allora, al tempo della Shoah, il cui termine di derivazione greca indica che “tutto brucia o la distruzione di tutto”, Adolf Hitler era riuscito a costruire, a plasmare, assassini convincendoli che il Popolo Ebraico fosse loro nemico. Deviando da quella che poteva essere il corretto vivere civile Hitler preferiva costruire armi distruttrici di massa e campi di sterminio.

Campi per sterminare uomini, esseri senzienti come lui, uomini che possedevano le sensazioni come il dolore, il piacere, la fame, la sete, la tristezza e la gioia. E allora cosa succede nell’animo di chi ama far del male al suo simile, a chi ama uccidere? E’ una deviazione mentale che modifica l’essere in un “estraneo” alla società civile. Quando nel 1938 Mussolini decise di emulare la follia Hitleriana avviando anche in Italia la distruzione degli Ebrei, si diede inizio alla pubblicazione quindicinale di una rivista il cui titolo, oggi, fa accapponare la pelle “La difesa della razza”, dove giornalisti e pseudo scienziati deviati gareggiavano per esternare rabbia contro il popolo ebraico. Una frase ricorrente sulla rivista era “le Razze esistono”.

Nel numero 21-1940 della rivista si scrive “…bisogna rendersi conto che nessun carattere dello scheletro dell’Ebreo è specifico del giudaico…questo è dunque un incrocio, un meticcio”. E invece, come sappiamo oggi, è impossibile identificare un individuo sulla base di qualsivoglia marcatore genetico e dunque categorizzare l'umanità in razze. Ma il mondo si rimescola in maniera informe e il disprezzo per il proprio simile e il non sapere continuano a far da padrone.

La folle psicologia della guerra

Le testimonianze archeologiche indicano che la guerra fa parte della vita umana da tempo immemorabile. Come l’individuo paranoico diviene omicida, così un popolo paranoico, e spinto all’odio, può iniziare una guerra che considera necessaria per la propria autodifesa. Quello che all’inizio può sembrare un sospetto ingiustificato aiuta a creare proprio quella catastrofe che si vorrebbe evitare, conducendo così alla tragedia della guerra. La paura di ciò che può accadere è la prima causa di una guerra.

La guerra libera aggressività, normalmente inconscia, e la pazzia che ne consegue non si attenua finché i Paesi in conflitto non sono totalmente sfiniti. Dalla nascita dell’organizzazione in Stati, almeno 5.000 anni fa, i conflitti militari hanno coinvolto gran parte del globo. L'avvento della polvere da sparo e i progressi tecnologici hanno portato alla cosiddetta guerra moderna. Fino alla seconda Guerra mondiale, era prassi far precedere le ostilità da una dichiarazione di guerra e, generalmente, il conflitto iniziava da un evento specifico, il cosiddetto “Casus belli”.

Oggi assistiamo all’imbarbarimento, all’attacco a sorpresa, alla violenza immediata su cose e persone. In questi tempi di follia omicida assistiamo a un Vladimir Putin che massacra la popolazione civile dell’Ucraina ma anche, con sommo disprezzo per il proprio popolo, manda a morire giovani reclute e soldati non addestrati; prescindendo, ovviamente, da responsabilità già accertate della controparte di Zelensky e interessanti lo status della Crimea e del Donbass. Riflettere sulle cause delle guerre dovrebbe essere un dovere morale per chiunque. Il lascito di Putin all’Umanità sarà una striscia di sangue e di odio tra i popoli.

Morti, bambini orfani e città distrutte. E poi l’offensiva contro Israele del movimento politico-militare Hamas, un’organizzazione terroristica a largo spettro per l’Unione Europea, Stati Uniti, Cina e Canada. Il suo nome significa “Movimento della Resistenza Islamica”. Il movimento islamista, che si ispira ai Fratelli Musulmani, che intende distruggere Israele, nei territori e nella popolazione, rivendicare il dominio su Gaza e creare uno Stato islamico in Palestina. Ma se potesse rivendicherebbe il mondo intero. Forse corriamo veramente verso un “Mondo al Contrario”.

La psicologia militare nelle sue varie dimensioni e le considerazioni di grande spessore che provengono dalla psicologia del profondo, in primis da Sigmund Freud e da Carl Gustav Jung (cui rimando, perché altrimenti sarei fuori tema) aiutano a capire l’incomprensibile, ma non la follia. Perché la follia è sempre incomprensibile, sia a livello familiare sia a livello planetario.

La pesca divisiva dello spot Esselunga

Se i nostri politici avesse altro da fare non penserebbero agli spot pubblicitari. Ma, purtroppo, il loro interesse è su argomenti futili e, tra critici ed entusiasti, la pseudo-politica si divide sullo spot dei Supermercati Esselunga. E questo in giorni in cui il Consiglio dei Ministri presenta la manovra di bilancio, un argomento delicato che interessa tutti, da destra a sinistra.

Ma l'attenzione si sposta su una bambina che, al supermercato, chiede alla mamma di comprare una pesca. La bimba mette poi il frutto nello zainetto e lo fa riapparire in auto, con il papà: i genitori sono infatti separati, o comunque in un momento di crisi, e il tentativo sembra essere quello di portare pace.

"Te la manda la mamma", è infatti ciò che sussurra la piccola al papà che guarda la moglie alla finestra di casa. Uno spot che non vuole e non può modificare il dibattito politico, ma il clamore è tanto. Un clamore frutto della sinistra, o dei sinistroidi, che vede la famiglia tradizionale con il fumo negli occhi.

La risonanza nell’opinione pubblica è tale da stimolare il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a dire la sua: "Leggo che questo spot avrebbe generato polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante". Lo spot è un messaggio di Amore e Famiglia e merita solo apprezzamenti, ma le reazioni dell'opposizione sollevano dubbi sul significato attribuito allo stesso. La famiglia è superata, fa parte del vecchio stile di vita e oggi tutto è moderno. Anche i sessi! Si, perché in un mondo fluido non c’è più papà e mamma, semmai ci sono due esseri che chiameremo genitore 1 e genitore 2.

Del resto in un mondo digitale e di intelligenza artificiale tutto ha un numero, anzi un bit. E il primo attacco avviene dal socio-comunismo (posso dire così?) che brama a “comunizzare” la società, assegnando allo stato la formazione dei giovani. Ma i sinistri si affannano a distruggere, iniziando dagli affetti e dai sentimenti secondo i dettami del “politicamente corretto”. E naturalmente, per raggiungere questo fine, pensano anche a silurare la fascia media che, al contrario, si fa finta di voler proteggere.

Tanto, il sussidio di stato farà sopravvivere tutti! Nella miseria. Tutto è fluido, e quindi saltano gli affetti e i legami familiari. “Anatema” contro chi vuole ancora Dio Patria e Famiglia, questi vanno messi al rogo. E’ stantio, è antico, è vecchio e poi non è “digitale”. Che significa non lo so, ma i sinistri non lo sanno nemmeno.

"Un'ultima nota, lo spot della Esselunga è stupendo".

 

 

Il Centro Nazionale Ricerche compie un secolo

Il ventesimo secolo è legato allo sviluppo scientifico e tecnologico. Elettronica e informatica hanno fatto da padrone cambiando il mondo dell’indottrinamento e della conoscenza. E’ il 1923 quando il matematico Vito Volterra viene nominato presidente del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il CNR è voluto da Benito Mussolini che desidera costituire un’associazione che si interfacci con le corrispondenti istituzioni già presenti in altri Paesi.

Il CNR era articolato in vari comitati, che spaziavano dall’astronomia alla chimica alla matematica e all’elettronica delle telecomunicazioni. Ma dopo qualche anno Vito Volterra si rifiuta di firmare il giuramento al regime fascista e Mussolini con piglio furioso, come era solito fare in questi casi, lo destituisce immediatamente e nomina Guglielmo Marconi presidente del CNR.

Da subito, nel 1923, Il Consiglio Nazionale delle Ricerche è istituito come ente morale e aderisce al Consiglio Internazionale di Ricerche che ha sede a Bruxelles. In un secolo il CNR è stato rinnovato e potenziato nella sua organizzazione. Oggi la sua missione è promuovere e diffondere attività di ricerca nei principali settori della conoscenza e studiare la loro applicazione per lo sviluppo scientifico, tecnologico e sociale del Paese creando legami fra il mondo della ricerca e quello della produzione.

Conta quasi 10.000 dipendenti strutturati fra ricercatori e tecnici. Chiaramente il legame privilegiato è col mondo universitario, pur conservando la sua autonomia operativa. Negli anni ‘80 chi scrive ha avuto il privilegio di essere consulente del CNR, presso una sezione di Messina dell’Istituzione, per l’allora nascente fantastico mondo delle energie alternative.

 

E’ settembre, W la scuola

Settembre, inizia la Scuola e siamo tutti abituati a seguire forme e date organizzative del mondo scolastico “moderno”, ma tutto questo si può datare dal 1923, cento anni fa, con la riforma del Ministro Giovanni Gentile. Il 1923 era il secondo anno dell’Era fascista e Mussolini, nominando il Filosofo Giovanni Gentile Ministro dell’Istruzione, volle dare un nuovo assetto all’istruzione. All’epoca l’Italia contava oltre il 50% di cittadini che “non sapevano leggere e scrivere”, erano analfabeti e non riuscivano a inserirsi nella società civile.

L'intero assetto legislativo mirava ad una profonda opera di alfabetizzazione popolare con la realizzazione di un nuovo modello di scuola elementare. La Scuola “Gentile” mirava, pertanto, a dare dignità al ruolo del maestro-educatore, assegnandogli l’alta funzione educatrice con l’importante e delicato compito di istruire e forgiare le menti delle nuove generazioni. Tale modello di Scuola rimase pressoché tale fino al 1962 quando il governo della Democrazia Cristiana, presieduto da Amintore Fanfani, attuò una serie di riforme, fra cui l'istituzione della Scuola media unificata. Con questi cambiamenti si assegnava alla Scuola la misura umana, sociale e cristiana arrivata fino ad oggi. La Scuola di oggi non ha derogato ai suoi compiti istituzionali ed ereditati dal Filosofo Gentile, è invece la società civile che ha degradato il mondo scolastico. Oltre che degradare sé stessa.

E ciò perché la famiglia ha sfaldato il corso educatore che si era sempre dato; la cosiddetta Società globalizzata e la mancanza di obiettivi precisi ha reso incerta la popolazione discente che non riconosce più l’autorità del Docente e, persino, dell’intera Istituzione. Ciò che è accaduto non è quindi una perdita di importanza della Scuola ma una mancata valenza educativa della famiglia. Chiaramente non si tratta di essere di sinistra o di destra (che in questo caso sarebbe totalmente fuori luogo) ma far sì che mamma e papà riprendano la coscienza educatrice verso i figli e il rispetto verso la classe insegnante. Questa, infatti, è stata più volte offesa e aggredita al solo scopo di difendere figli che, il più delle volte, sono colpevoli di gratuiti attacchi offensivi. La giornata scolastica non finisce alle 13 con il suono della campanella, ma continua con il sorriso della mamma e con il calore familiare.

E non serve che i genitori sappiano le nozioncine che l’insegnante novella in classe, perché il compito della famiglia è ben più vasto, rappresentando l’esempio comportamentale che bisogna tenere nella vita. Una nota che può sembrare fuori tema ma che, al contrario, dice quanto sia importante la scuola. Tutti abbiamo sentito, o ne siamo stati coinvolti, dell’azione governativa del reddito di cittadinanza. L’interruzione di questa elargizione ha messo in crisi tanti percettori che hanno gridato contro un Governo “affamante”. Prescindendo dall’aspetto socio-politico, ciò che è emerso da uno screening dei percettori del reddito è che, molti di questi, non conoscevano alcuna disciplina lavorativa. Non erano, cioè, in grado di svolgere alcun lavoro. Ciò ci ricorda che il primo insegnamento per una professione o un mestiere nasce proprio nella Scuola.

 

Ideologia, presunzione e crisi di intelligenza

Oggi tutti sanno tutto o, almeno, credono di sapere tutto. Ad esempio, al Governo e all’Opposizione, tutti presumono di sapere, in altri termini sono tutti “presuntuosi”. Si spazia dal Partito cosiddetto Democratico, ai 5 Stelle, alla Sinistra che non esiste e senza tralasciare la cosiddetta Destra. Si fa opposizione per ideologia, anche se si è (o si era in precedenza) d’accordo sulle proposte opposte. La sinistra voleva tassare le banche, ma oggi che la proposta viene dalla destra gli vanno contro. La sinistra ha sempre voluto gli sbarchi, ma ora che la destra fa sbarcare tutti (o quasi) la sinistra li critica. Non è più un fatto politico, ma “crisi di intelligenza”. Ma cosa accade nel nostro cervello? Purtroppo una volta presa una posizione, tornare sui nostri passi è quasi impossibile.

All’opposto, tener conto dei vari punti di vista significa tollerare un maggior margine di incertezza ed è dispendioso per la nostra mente. Peter Wason, psicologo inglese, ha chiamato “pregiudizio di conferma” la tendenza a favorire le informazioni che convalidano le proprie idee, ignorando quelle anti-ideologiche. Così fa un politico di Governo, così fa un governatore locale, un sindaco o chiunque altro prenda una posizione ideologica. In pratica si è portati a scegliere solo le informazioni che fanno comodo in quel momento. Si pensi a un medico che cerca sintomi e parametri che confermano la sua ipotesi diagnostica, ignorando quelli che potrebbero invalidarla.

Ad esempio, abbiamo creduto nell’impossibilità di curare il Covid perché “l’ideologia” dell’allora Governo di sinistra, in cui tanti credevano, ha continuamente novellato che mancavano le giuste terapie, che invece c’erano. E la “massa” si è lasciata morire. Karl Marx utilizza il termine ideologia nel significato letterale derivato dalla parola tedesca Ideenkleid, “vestito d’idee”, per cui ideologica è ogni concezione che voglia rivestire di idee e principi, spesso astratti, la concreta realtà dei fatti. Lo vediamo nei governanti, di destra o sinistra, nei governatori locali e persino negli amici che incontriamo sotto l’ombrellone. Una presunzione generalizzata.

Basti osservare i “giovinotti” che bloccano le strade per una errata “ideologia” sul clima. Non hanno idea del complesso meccanismo climatico ma vanno avanti per “sentito dire” e per bugie dei potenti. Nel 19° secolo, grazie a nuove scoperte e invenzioni, prima l’elettricità, credevamo di poter risolvere tutto. E’ il caso di citare due espressioni di Einstein. “Il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità, il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”. Ma l’espressione che fa più al nostro caso è questa: “La misura dell'intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”. Einstein sapeva cambiare idea, quando necessario. Altrimenti che Uomo di Scienza era? I nostri governati invece no. A Roma o in periferia litigano, mostrando ben poche soluzioni. Chissà perché!

 

Gli incendi delle auto elettriche

E’ da sfatare il fatto che un’auto prenda fuoco spontaneamente, di solito c’è sempre un motivo. Nelle auto a benzina il “fuoco” può innescarsi per una perdita di carburante che cade su una parte surriscaldata ma, il più delle volte, è dovuto da un degrado della parte elettrica. Soprattutto in caso di impatto, l’incendio parte dal surriscaldamento di un cavo elettrico o della batteria. L’energia immagazzinata nelle comuni batterie al piombo, da sempre presenti nelle automobili sin dal loro esordio a fine 1800, è più che sufficiente ad innescare un incendio in caso di cortocircuito.

Va specificato che l’espressione “cortocircuito”, sovente abusata e genericamente attribuita a qualunque disfunzione elettrica, è una situazione specifica e unica. Il cortocircuito è la connessione (casuale) fra i due poli in cui è presente una differenza di potenziale come i due poli della batteria a 12 v. Il cavo che, casualmente va a connettersi ai poli, si riscalda diviene incandescente e innesca qualunque parte incendiabile che tocca o che si trova prossima a esso, come plastiche o vapori di benzina o olii. Per fortuna queste situazioni sono rare e avvengono, soprattutto, in caso di incidenti. Gli incendi delle batterie al lito utilizzate nei veicoli elettrici, e tanto discusse in questi tempi, sono rari, soprattutto durante il loro regolare funzionamento. La batteria, vista come generatore di corrente, è simile alla batteria al piombo, ma il rischio è maggiore per la maggiore potenza.

Durante il trasporto, e lo stoccaggio, le batterie possono subire deformazioni, che possono a loro volta portare a un avvicinamento dei poli negativo e positivo. Se i poli arrivano a toccarsi, può esserci una fuga termica, che a contatto con l’aria (ossigeno) può generare un incendio. Le batterie agli ioni di litio presentano rischi maggiori delle batterie al piombo discusse a causa della loro densità energetica e possono prendere fuoco spontaneamente o divenire instabili ed esplodere in presenza di calore per lo sviluppo di gas al loro interno. Secondo alcuni ricercatori, le batterie agli ioni di litio possono andare incontro a una fuga termica o a un rilascio incontrollato di calore quando vengono danneggiate da un punto di vista elettrico (ad esempio sovraccarica), meccanico (foratura, frantumazione) o termico (se vengono portate a una temperatura eccessiva).

Se questo avviene, possono innescare incendi anche nelle fasi di raccolta e stoccaggio. Proprio ciò ha stimolato il Corpo dei Vigili del Fuoco a realizzare uno studio, in collaborazione con ENEA (Energia Nucleare Energia Alternativa), che affronta le problematiche di gestione in sicurezza delle batterie al litio, lungo tutto il ciclo di vita. Ma quando una batteria al litio può prendere fuoco? Le batterie agli ioni di litio sono progettate per garantire un elevato livello di sicurezza, ma soltanto quando vengono usate in modo corretto e all’interno di uno specifico range di temperature. I fattori che le possono rendere pericolose e causare incendi sono un surriscaldamento dovuto alla temperatura esterna, l’esposizione diretta alla radiazione solare o una carica eccessiva e prolungata, o la perforazione dovuta a un urto. E tutto ciò ben difficilmente avviene durante il loro normale ciclo di funzionamento.

 

L’autocombustione non esiste

L’autocombustione, espressione con cui definiamo ogni incendio improvviso, è vera solo nell'1% dei casi. Questa percentuale, peraltro bassissima, può riscontrarsi solo nel periodo estivo in presenza di caldo e soleggiamento eccezionale. In linea di massima, si ha autocombustione quando si verifica la combustione di un certo combustibile senza l'applicazione di sorgenti esterne che diano avvio alla combustione. Perché un incendio si possa sviluppare sono necessari tre elementi: il “combustibile”, come erba secca, foglie o legno, il “comburente” e cioè l’ossigeno, e il “calore” indispensabile per portare il combustibile alla temperatura di accensione. In generale, l’autocombustione si ha quando una sostanza si ossida (brucia) ad una velocità tale che la generazione di calore supera la sua dissipazione, con un accumulo di energia termica tale da provocare l’accensione.

Al contrario si può avere una accensione diretta quando una fiamma, una scintilla o un altro materiale incandescente entra a contatto con un combustibile, sempre in presenza di ossigeno. La “fiamma” può essere un fiammifero un mozzicone di sigaretta, una saldatrice o un dispositivo elettrico. E in questo caso siamo in presenza di un incendio doloso. Gli incendi, che rappresentano una piaga nel periodo estivo, spuntano spesso come funghi senza dare alcuna indicazione della loro genesi, e allora si fa genericamente la diagnosi di autocombustione. Le situazioni più favorevoli alla nascita e propagazione di incendi sono quelle che si manifestano dove c’è vegetazione secca, con elevate temperature e in aree ventose. Un incendio, anche di piccole proporzioni, sviluppa temperature altissime al suo interno, in grado di distruggere ogni forma vegetale presente in zona. Dopo un incendio il terreno è nudo, senza un adeguato contributo vegetale che lo supporti. Con l’arrivo delle piogge autunnali o invernali il quadro si complica. Le precipitazioni impattando su terreni spogli e privi di assorbimento, causano dissesto idro-geologico.

Proprio come è avvenuto a Stromboli a causa dell’incendio creatosi nel maggio 2022 a seguito della disattenzione di una troupe cinematografica. Ma, ripeto, l’autocombustione non esiste. Ci sono gli incendi determinati da piccoli interessi criminali, da soggetti che bruciano per favorire i pascoli convinti che dopo l’erba cresca più alta e saporita. E poi ci sono gli incendi collegati a grossi interessi della criminalità economica come per il traffico dei rifiuti. E poi c’è il famoso incendio per un cortocircuito, spesso così definito un incendio doloso. In effetti un qualunque dispositivo elettrico può creare un aumento termico tale da innescare la combustione.

Non si tratta di un vero corto-circuito, perché il tal caso interverrebbe immediatamente il dispositivo di limitazione di massima corrente, sempre presente negli impianti. Ciò che invece avviene, a seguito di un evento elettrico, è il surriscaldamento di un motore, come quello di un frigorifero, o lo scintillio di una spina non perfettamente installata o deteriorata. E allora, avvistando un incendio non parliamo di autocombustione o di fatalità ma cerchiamo il “piromane”. Senza dimenticare di avvertire immediatamente i sempre efficienti Vigili del Fuoco, corpo di soccorso pubblico per mezzo del quale il Ministero dell'interno da aiuto ai cittadini nei momenti più difficili.

La finestra di Overton

E’ ormai frequente nei dibattiti politici televisivi, i talk show, assistere ad accuse reciproche fra le parti “inventate” di sana pianta. L’accusa più evidente, ripetuta come un tormentone, è quella che riconosce una posizione fascista al governo in carica, ovviamente da parte dell’opposizione. Quando, invece, il fascismo è platealmente dimenticato e detestato. Ma un motivo di “litigio” e di incomprensione bisogna pur trovarlo. Vero o non vero, purché si combatta il “nemico”. E non dimentichiamo il ripetere ossessivo, durante la pandemia, della necessità del vaccino e negare ogni forma di terapia. Quando, proprio adesso, ci accorgiamo che bastava un antinfiammatorio all’insorgere della malattia per evitare il peggio. Ma chi stava allora al governo è andato avanti a senso unico e non ha ascoltato tutti gli specialisti di virologia e, in specie, chi aveva già curato migliaia e migliaia di persone.

E gli esempi possono continuare, ma non servono. Proprio qualche sera fa una tv privata ha incentrato la trasmissione serale sul saluto pseudofascista fatto da un reparto militare durante la parata del due giugno che, secondo i giornalisti Michela Murgia e Roberto Saviano, avrebbe rievocato una forma di saluto fascista. Ma pur essendo il tutto smentito da più parti, i giornalisti citati e i loro seguaci, hanno continuato ad accusare i militari ripetendo, in maniera ossessiva, l’accusa. Tanto da impegnare più trasmissioni televisive. E allora dove sta la mia osservazione? E’ semplice: ripeti e ripeti all’inverosimile un’idea, vera o non vera, e alla fine la gente dovrà pur crederci! Joseph Overton, un sociologo americano vissuto fra il 1960 e il 2003, ha spiegato i meccanismi di persuasione e di manipolazione delle masse, e come si possa trasformare un’idea da completamente inaccettabile per la società a pacificamente accettata dall’opinione pubblica, purché rientri all’interno di una “Finestra” di parametri ben studiati. In fondo è lo schema tipico delle dittature.

Ci si chiede infatti, spesso a posteriori, come interi popoli, non solo e non sempre a seguito di pressioni violente, abbiano potuto a un certo punto trovarsi a pensare tutti nello stesso identico modo e a condividere supinamente stili di vita prima nemmeno immaginabili, per ritrovarsi infine rinchiusi in una “caverna di prigionia”, come nella fiaba del Pifferaio Magico di Hamelin. Eppure è successo e succede. Anzi nell’era di internet e dell’intelligenza artificiale - che ai tempi di Overton era appena agli albori - si sono spalancati nuovi orizzonti, dove paiono materializzarsi scenari degni dei romanzi distopici di George Orwell e Robert Benson, dominati da invisibili Grandi Fratelli e Padroni del mondo. E allora cosa possiamo fare nell’immediato? Non credere a tutto supinamente e porre il dubbio su ogni input informativo, da qualunque parte provenga.

Stromboli, 1° giornata del Campo Scuola...

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Stromboli - Si è svolta la 1° giornata del Campo Scuola " Anch'io sono la Protezione Civile 2023", organizzata dal V.I.S. Su richiesta del Pres. F. Imperiali, abbiamo contribuito alla formazione dei giovani, sull'utilizzo norme e importanza del DRONE in situazioni d'emergenza, localizzazione di aree a rischio, ispezioni e fotogrammetria.

Nello scenario meraviglioso che solo il Vulcano Stromboli può offrire, i ragazzi curiosi ed entusiasti, hanno avuto la possibilità di pilotare il nostro drone, sempre in sicurezza e costantemente seguiti dal nostri volontari abilitati. Una giornata formativa rivolta alle nuove generazioni che ci riempie di soddisfazioni.

Are - Associazione Radioamatori Eoliani

 

Elly Schlein, la miliardaria al servizio degli ultimi!?

Nel 1939 Gilberto Mazzi cantava “Se potessi avere mille lire al mese” e, più tardi, gli avrebbero fatto eco Adriano Celentano e Renato Pozzetto in “Lui è peggio di me", film degli anni Ottanta dove, però, i Due desiderano sei miliardi al mese. Il film era una parodia ai super ricchi. La ricchezza stimola sempre sentimenti contrastanti, e rimane un meraviglioso motore della nostra immaginazione. Lo sapeva bene anche il signor Bonaventura, celeberrimo personaggio del Corriere dei Piccoli, settimanale illustrato dei tempi andati che, dopo una lunga serie di disgrazie, si trovava sempre in mano una super-banconota da un milione. Poi fu la volta degli Squallor, un complesso musicale nato nel 1971 e attivo fino al 1994 che, in una loro canzone demenziale e di protesta, cantavano che in piazza “c’era un Corteo di Miliardari non autorizzato. Ed ecco che queste poche considerazioni mi richiamano la Miliardaria, Segretaria del potente Partito PD. La Schlein infatti, dopo eletta (prima non ne aveva fatto cenno), ha detto che il Rinnovato PD aiuterà gli Ultimi (la U è maiuscola perché gli Ultimi se lo meritano) e i Poveri.

Perbacco, un partito di sinistra che si ricorda dei Poveri! E lo fa con una super-miliardaria. Fantastico. E fin oggi dov’erano? Si dice che la voce sia lo specchio dell’anima, è un’importante mezzo di comunicazione e di espressione. La voce trasmette gioia, tristezza, paura, disprezzo, tenerezza, indipendentemente dal significato delle parole. E poi c’è l’eloquio e il gesticolare delle mani. Per esempio possiamo tenere un ritmo concitato se incrementiamo la velocità dell’eloquio, oppure possiamo tenere un ritmo calmante per tranquillizzare il nostro interlocutore. Che cosa c'entra poi la voce con il gesto? Secondo il parere di Gillian Forester, esperta inglese di comunicazione, le mani e la bocca sono collegati. “Le parti del cervello che controllano mani e bocca sono sovrapposte mentre si comunica “, gesticolare aiuta ad organizzare i pensieri. Se una voce squillante rispecchia una forte personalità, quella lenta e grave è tipica delle persone competenti e affidabili mentre la parlantina veloce e acuta è propria dei soggetti più “insicuri”.

E la Schlein come parla? Non capisco di politica, il mio lavoro professionale era l’Udito e la Voce. Era proprio opportuno avere una Segretaria super-miliardaria, cittadina statunitense naturalizzata svizzera a capo del Partito dei “Poveri” Lavoratori? La presentatrice della La7, Concita De Gregorio, l’ha definita una stella cometa che è dei poveri. Ma forse perché la Schlein scapperà via, tornando nel suo alveo naturale dei ricchi.

 

Tutti in strada per il Carnevale

Il Carnevale è una festa legata al mondo Cattolico e Cristiano, ma le sue origini vanno cercate in epoche remote, quando la religione dominante era quella pagana. La ricorrenza infatti trae origini dai Saturnali della Roma antica o dalle Feste dionisiache del periodo classico greco. Durante queste festività era lecito lasciarsi andare, liberarsi da obblighi e impegni, per dedicarsi allo scherzo e al gioco. Inoltre mascherarsi rendeva irriconoscibili il ricco e il povero accorciando così, almeno per un giorno, le differenze sociali. Terminate le feste, il rigore e l'ordine tornavano a dettare legge. Il proverbio associato al carnevale, derivato dall'antico detto latino “semel in anno licet insanire” (una volta l'anno è lecito impazzire) dice tutto. La parola carnevale deriva dal latino “carnem levare” ovvero "eliminare la carne" poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (il martedì grasso) prima del periodo di astinenza e digiuno dettato dalla Quaresima durante la quale non era concesso mangiare carne.

Nella festa più colorata dell'anno, i carri di Carnevale sono una consuetudine. Più o meno grandi, a tema o di fantasia o legati all'attualità, sono l'espressione di una tradizione che si ripete periodicamente, sia nelle città dove il Carnevale è famoso sia nei piccoli centri. Soprattutto in questi ultimi diventa un modo di fare aggregazione abbattendo le rivalità tra frazioni o interi paesi. Un aspetto piacevole è la satira quando prende di mira il forte di turno per farlo sentire ridicolo o quando presenta i deboli ancora più sfigati di quanto non lo siano veramente. Un po' come il Personaggio Fantozziano che fa ridere di suo perché si sente piccolo in un mondo di forti. Ma volendo scavare nella verità, in questo caso si intravede un po' di cattiveria gratuita mascherata da scherzo per via della festa in atto. Da piccolo non mi piaceva tanto, anzi vedevo il Carnevale come una festa caotica.

Naturalmente a mio modesto parere, forse da misantropo e secchione, senza minimamente offendere chi si diverte con esso. E poi quelle odiose bombolette spray che rimangono vuote per strada, e ancora coriandoli e stelle filanti che mettono a dura prova chi deve poi pulire. Unico aspetto che vedo positivo del Carnevale è che fa da speranzosa porta di ingresso della primavera, con la Quaresima e poi la Pasqua. Ed è quest’ultima una festa tranquilla che mi porta felicità e ottimismo. Ma a questo punto non posso che augurare a tutti, grandi e piccini, buon divertimento, senza tener conto delle fregnacce che ho esternato e lasciando che musica e luci inondano le strade di tutte le Isole Eolie.

 

Addio a Burt Bacharach

E’ morto Burt Bacharach, compositore, pianista e produttore discografico. Le sue composizioni hanno fatto la storia della musica e anche del cinema grazie a numerose colonne sonore. Nato a Kansas City il 12 maggio 1928 è morto a Los Angeles l’otto febbraio di quest’anno, ha avuto una vita densa di successi musicali e, sicuramente, più di uno di questi è stato ascoltato da ciascuno di noi. Ma pochi fra i giovani lo ricordano, sebbene la sua musica non sia mai andata fuori moda. Bacharach ha goduto del successo di più generazioni di fan, anche grazie alla rinascita della musica “lounge” negli anni Novanta.

Una musica di facile ascolto che unisce il pop al jazz e alla musica di ambiente, capace di creare quella fantastica atmosfera adatta alla conversazione. Le sue collaborazioni sono state infinite, da Sheryl Crow a Elvis Costello a Lennon-McCartney a Cindy Lauper a Aretha Franklin. Si pensi ancora che artisti come Elvis Presley, i Beatles e Frank Sinatra hanno creato cover dei suoi brani.

Vinse otto volte il premio Grammy (un’onorificienza americana) e vari Oscar, ponendosi sempre dalla parte della musica più bella, orecchiabile e mai fracassona. Anzi, vorrei dire, amorevole. Bacharach era sia un innovatore che un fautore del ritorno al passato, la sua carriera è andata avanti in parallelo all'era rock. È cresciuto con il jazz e la musica classica ed era poco avvezzo al rock quando cominciò a comporre, negli anni '50. La sua sensibilità infatti sembrava più allineata a Bob Dylan a John Lennon e altri compositori del panorama musicale, ma i grandi nomi del rock apprezzavano la profondità della sua musica, solo apparentemente antiquata.

Chi non ricorda I'll Never Fall in Love Again o What's New, Pussycat ? non ricordate i motivi? Cercateli su youtube e avrete la bella sorpresa di ricordare. Adesso Riposa Burt Bacharach, dopo 94 anni ben vissuti Te lo meriti.

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