di Alfredo Adornato
13 Febbraio 264 – 13 Febbraio 2010! 1750 anni sono trascorsi dal giorno in cui il Sacro Corpo del nostro glorioso Protettore S. Bartolomeo, per divina volontà, approdava miracolosamente ai nostri lidi, nella vicina spiaggia di Portinente. Stiamo, perciò, doverosamente adempiendo il rito di ringraziamento al Signore, ricordando e contemplando, ancora una volta, il fascio di grazie che hanno sostanziato, in questi secoli, il tessuto di fedeltà e testimonianza della nostra Chiesa liparese, pur nelle difficoltà di vicende storiche e di evoluzione culturale, le più svariate e complesse, Sboccia, perciò, spontaneo dai nostri cuori un corale inno di lode e di gratitudine all'adorabilissima Trinità col canto vibrante del TE DEUM, per il dono preziosissimo concesso a questa nostra dilettissima comunità eoliana.
Proprio la storia di questa nostra Chiesa particolare non può disgiungersi dalla presenza di S. Bartolomeo: basterà pensare ai vari periodi storici, dai romani ai vandali, ai bizantini, ai secoli della dominazione araba, all'epoca normanna, all'imperatore tedesco, al succedersi di predominii francese e spagnolo, ai rapporti di unione e di separazione con l'Italia continentale e con la stessa Sicilia.
Se questo ricordo storico ci fa fare memoria del passato, è pure, e soprattutto, perché sappiamo che il futuro è nelle radici: oggi come ieri. Più di ieri. Non c'è futuro senza memoria. Tenda la nostra Comunità eoliana ad edificarsi sempre più come comunità cristiana. Noi siamo la nostra storia. Conoscere la propria storia significa conoscere se stessi. La conoscenza della nostra storia ci aiuta a comprendere meglio anche la cultura in cui siamo inseriti; e la cultura eoliana ha radici cristiane, o meglio, è cresciuta insieme al cristianesimo.
In questa nostra Città, con le sue memorie, tra le rovine silenziose, che richiamano insistentemente la caducità dell'uomo e delle sue vicende, e particolarmente in questa piazza, dove sorgeva la prima sede vescovile al tempo del Vescovo S. Agatone; in questa piazza, che echeggiò della salmodia dei primi monaci quivi residenti nel sacro monastero ; in questa piazza, che rievoca uno dei momenti più tristi delle nostra storia, per la resa stipulata con Ariadeno Barbarossa, continua a librarsi il ricordo di qualcosa che non passa, perché segnata di eternità. In questa "Civitas", più volte tormentata ma non affranta, non può affievolirsi il ricordo e la venerazione di una fede che, a volte sembra quasi sfidare le regole della credibilità storica, dalle quali noi siamo oggi avvezzi a lasciarci condurre, mediante la devozione al Protettore San Bartolomeo, la cui figura pare stagliarsi, vigorosa e imponente, come uno di quei picchi rocciosi che si slanciano verso il cielo, quasi incuranti della terra che loro dà sostegno e che sembrano volere abbandonare per inebriarsi di solitudine, di sole, di tempeste e che continua ad essere per tutti noi una insegna,, una voce, un rifugio!