Cari Amici lontani e vicini, Buon Natale dal Notiziario delle Eolie e un caro saluto a tutti Voi dal Sole sempre libero delle Eolie e come sempre buon Notiziario a tutti...


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ziinodi Alfio Ziino

Ho letto l'interrogazione svolta dai consiglieri Giusi Lorizio e Gesuele Fonti e relativa alle difficoltà nell'approvvigionamento idrico in Lipari, nelle frazioni in particolare. Ben fatta, compiuta, puntuale. Staremo a vedere.
Come che sia, si continuerà comunque nel gioco al ribasso, quello dei miserabili per intendersi, quello che verrà spacciato per gran successo da un Sindaco o Vice che sia. Visto? l'acqua è puntuale, ogni settimana, un giorno la settimana, per dodici ore!.

Ma va...............L'acqua è un bene essenziale, una società civile, europea, prevede un consumo giornaliero di quattrocento litri pro capite (negli U.S.A. di più). Una famiglia di cinque persone, al netto di eventuali pratiche irrigue, ha diritto ad un consumo di due tonnellate nelle 24 ore.
L'acqua dovrebbe, deve, essere un bene sempre disponibile. Cosa significa la distribuiamo una volta la settimana?. Razionare l'acqua è la dimostrazione della pluridecennale insipienza di amministratori, funzionari e tecnici municipali, questi ultimi credo ancor più insipienti dei primi. Sono, siete, semplicemente degli incapaci. La asserita mancanza di denaro è una bufala, l'averlo buttato per strada in rivoli vari è il vero.

Le beghe interne al dissalatore limitano la distribuzione? il turno di notte, in detto impianto, non viene svolto sicchè un eventuale guasto viene rilevato soltanto il giorno dopo? deve vigilare la Regione? il Comune?
Sindaco, l'acqua è anche un presidio sanitario indispensabile e Lei è la Autorità Sanitaria Locale. Indossi la fascia tricolore e vada ad aprire i rubinetti. Non Le si chiede mica di lavare e disinfettare cassonetti o pulir fogne, cosa che comunque qualcuno deve pur fare e non fa. Si renda Utile!.

I COMMENTI

di Salvatore Leone

L'Acqua dell'avvocato

Caro Alfio,

qualche tempo fa, avevo scritto anch'io sul Notiziario sulla carenza idrica alle Eolie. Una caratteristica eoliana, che come le buone tradizioni si tramanda da padre in figlio. E" stato sempre così. L' estate legata alla preziosità dell'acqua, indipendentemente da quella imbottigliata fino al collo. Il problema è aumentato con l'edificazione a tavoletta. Le opere di urbanizzazione non rispettano i tempi con l'edificabilità. L'acqua non tira o non scorre come il mercato edilizio. Per pochi é un business. Forse perché Lipari ha un bel primato nonostante i divieti dell'Arpa dal 2011 . Esiste alle Eolie la prima casa ultimata con allaccio idrico, ma priva di fognature. Adesso, al Comune sono in attesa dello scioglimento del quesito posto dall'Ufficio Idrico a quello Legale. Chissà, se prima della risposta legale non arriveranno i CC , per indagare su allacci e legacci, su acqua chiara e acqua scura. Si cerca di passare sempre la palla. Qualche volta anche inutilmente, per riparare agli errori o al passaggio sbagliato.

di Stafano La Greca

Caro direttore,

"Miguel so sempre mi".
Ho letto a mente serena e non da persona interessata, sul Notiziario delle Eolie, l'articolo dell'avv. Alfio Ziino seguito dall'intervento del mio avv. Salvatore Leone. Mi corre l'obbligo di riferire l'intuito che ha avuto il mio avvocato nello scovare professionalmente e immediatamente che il fabbricato citato, non poteva essere allacciato alla rete idrica comunale. Infatti, hanno pensato di raggirare l'ostacolo con un atto notorio falso. Adesso invece di correre ai ripari, hanno pensato di passare la palla all'Ufficio Legale. Altri aggiornamenti in seguito. In quanto mi sembra che anche l'Asp gioca bene a palla. Bisognerà capire chi fornisce tutte queste palle di spalle.
Guarda caso, l'Ufficio Urbanistica era a conoscenza che l'immobile non era allacciato alla rete idrica. Quello che è strano è che il mio avvocato l'ho aveva segnalato immediatamente al Comune di Lipari. E non era una pallonata!

Con i migliori saluti.

di Francesco Malfitano

Caro Alfio, mi fa piacere trovarti così bene. Pare che a tutti stia bene tutto. Non trovando un bene così essenziale come l'acqua nelle dinamiche quotidiane di ognuno, persino di coloro i quali sono meno avvezzi alla pulizia quotidiana (beati loro! Dicono i medici che nella vita avranno meno problemi di allergie!!), a me pare assurdo che nessuno si lamenti. Per molto meno della carenza di acqua assistiamo spesso inermi a proteste assai accese nelle nostre città ma non solo. Ciò detto, confermo la puntualità della razione di acqua una volta a settimana, il venerdì "mattina" quassù a Quattropani, dove risiedo quest'anno: con la conseguenza di un peregrinare tendenzialmente di mercoledì/giovedì a Lipari per docce varie per poi rientrare il venerdì a pranzo.... Una specie di gioco con i miei tre bambini. Una razione di acqua, ripeto, ACQUA, UNA VOLTA A SETTIMANA!!! Queste isole sono abitate da 6/7000 anni, mi correggeranno gli storici, e mi chiedo come caspita abbiano fatto senza i moderni sistemi idrici nei periodi di siccità. Mistero. Ci ho pensato su. Forse ho trovato la reale motivazione. Probabilmente è il senso civico dell'Amministrazione che con questa trovata ci educa ad una maggiore attenzione e razionalizzazione dell'acqua, bene ormai sempre più caro non soltanto nelle nostre splendide isole ma anche in ogni angolo del pianeta, e che dunque va sempre più preservato. Immagino sia questo il reale motivo di tale "progettualità" a Lipari: una maggior consapevolezza dell'utilizzo dell'acqua, ormai chiamata "oro blu" per quanto stia diventando merce rara. Ecco, si, sarà questo il motivo di tale carenza, fidati!! Non saranno inutili, saranno meravigliosamente avanti. Ad maiora semper!

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Avant-Garde Cafè Gelateria, Granite, Cocktails bar
Via Vittorio Emanuele 135, Lipari.

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EGREGIO DIRETTORE,

LA LETTURA DELLE DETERMINE DI PAGAMENTO EMESSE DAL COMUNE DI LIPARI HA UNA COSTANTE: EURO QUEL CHE SIA ALL' AVVOCATO QUEL CHE SIA PER PRESTAZIONI IN FAVORE DELL'ENTE.
SONO AVVOCATO E FREQUENTO ASSIDUAMENTE LE NOSTRANE AULE DI GIUSTIZIA E MI FA SPECIE VERIFICARE CHE IL
COLLEGA QUEL CHE SIA, DIFENSORE DEL COMUNE DI LIPARI, AL CONTEMPO DIFENDA ALTRI CONTRO IL MEDESIMO COMUNE. LO RITENGO IMMORALE OLTRE CHE CONTRARIO ALLA DEONTOLOGIA PROFESSIONALE (DEONTOLOGIA CHE
NON E' UN BEL DIRE, MA DIRITTO POSITIVO).
HO SCRITTO DI QUESTO ANCHE IN PASSATO, MA SENZA ESITO ALCUNO. COLLEGHI CONTINUANO A BRUCARE SENZA RITEGNO SU PIU' CAMPI, ED IL COMUNE FORAGGIA SENZA PUDORE CAPRE E CAPRETTE VARIE.
IL COMUNE DI PACE CEL MELA, E QUELLO DI SAN FILIPPO DEL MELA, HANNO RECENTEMENTE PUBBLICATO DEI BANDI PER LA FORMAZIONE DI UN ALBO DI AVVOCATI DI FIDUCIA DELL'ENTE. BENE, ENTRAMBI I COMUNI RICHIEDONO CHE L' EVENTUALE ASPIRANTE NON ABBIA, E NON ABBIA IN FUTURO, A MANTENERE IL PIEDE IN DUE SCARPE. O SEI AVVOCATO DEL COMUNE O SEI AVVOCATO CONTRO IL COMUNE. E'COSA OVVIA, MA I DUE COMUNI LO SPECIFICANO STANTE IL MALCOSTUME IMPERANTE IN MATERIA.
IL COMUNE DI LIPARI FARA' MAI QUALCOSA DEL GENERE? NE DUBITO, ANZI, AL DI LA' DEI SOLITI NOTI QUEL CHE SIA, MI ASPETTO DI VEDER NOMINATI A BREVE CONIUGE, GENITORE, SOCIO DI STUDIO E QUANT'ALTRO, TUTTI IN ATTESA DEL POSTO A TAVOLA OFFERTO PER IL PRANZO DAL COMUNE DI LIPARI E, PER LA CENA, DAL FAMULARO O DAL BIVIANO O DAL PUGLISI DI TURNO.
NON SOTTOLINEO CHE IL COMUNE DI LIPARI HA ANCHE UN PROPRIO UFFICIO LEGALE, CURATO DA VOLENTEROSA E CAPACE COLLEGA.
*AVVOCATO 

---WASP. Acronimo che sta per White Anglo-Saxon Protestant. Wasp significa anche vespa, sicchè il termine viene usato in entrambi i sensi e, riferito agli umani, di solito in senso dispregiativo. La classe dirigente USA, terzo paese al mondo per popolazione e quarto per superficie, politicamente ed economicamente, è WASP anche se, nell'ultimo ventennio, l'universo WASP ha perso lo strapotere di cui godeva. Ma, contrariamente a quanto comunemente si crede, negli USA, paese di 325 milioni di abitanti, non sono gli anglosassoni l'etnia più numerosa. Lo è quella di discendenza tedesca con 50 milioni, seguita da inglesi ed irlandesi con 36 milioni ciascuna, da italiani con 18 milioni, da francesi con con 12 milioni, da polacchi con 10 milioni, da olandesi norvegesi e svedesi con 5 milioni per ognuna, da russi con 3 milioni. I neri sono 45 milioni. Il resto è composto da ispanici, per lo più centro e sud americani, da asiatici di provenienza varia, da nativi.

Il Presidente Trump appartiene, è, Wasp, ma lo è "sui generis" talchè l'apparato tradizionale del Partito Repubblicano, il Great Old Party, ha tentato di contrastarne in ogni modo la candidatura. Gli statunitensi che lo hanno eletto sono stati individuati sostanzialmente nella gente comune, operai ed agricoltori sopratutto, bianchi ma non solo, la "pancia" degli USA. Non lo ha votato
la grande industria, la finanza, la carta stampata, laTV, la così  detta intellighenzia del paese. E Trump ha dato il più sonoro degli schiaffi al gelo della finanza ed allo spietato pragmatismo mega industriale. Ha fatto strame della  autoreferenzialità della grande stampa e dei media, dominions entrambi della pseudo superiorità etica ed intelletuale dei dem..

Già. Superiorità che porta a tollerare, ad accogliere, a promuovere tutto e tutti, sgretolando sul piano etico, alias la comune morale,  le  fondamenta della società USA che ancora oggi è sostanzilmente e diffusamente WASP ma solo nella P, avendo
dei Protestanti il rigore che è loro proprio a diferrenza di cattolici e sinistri in genere.Negli USA le contravvenzioni al Codice della Strada entrano a far parte del fascicolo individuale, nei "precedenti" per così dire. Il mentire è peccato capitale, lo spergiuro è essere abietto, l'evasore fiscale ed il pubblico dipendente infedele son grandi criminali. E la pena, nel sistema giudiziario, non è ipocritamente volta alla riabilitazione del condannato, ma alla sua punizione giusta il Vecchio Testamento.
A fronte della  scristianizzazione della Europa Occidentale (chi avesse letto l'illuminante articolo di Panebianco sul Corriere della Sera di alcuni giorni addietro saprebbe bene di cosa parlo), scristianizzazione imputabile alla sinistra così detta illuminata (ma non al comunismo: rettitudine, rigore, senso della cosa pubblica, confini decisi al faccio quel che mi pare son propri del comunismo "serio"), gli USA appaiono ancora oggi paladini della civiltà cristiana, civiltà non religione, avendo a socio, solo all' apparenza paradossalmente, la Russia di Putin.

Trump e Putin sono entrambi invisi al marcio delle società,quella italiana in primis, costituito da tutti quei dem o sinistri che dir si voglia che della sregolatezza han fatto e  fanno la propria bandiera, di pali e paletti non intendon sentire, del  popolo nulla sanno posto che il popolo non distribuisce premi letterari o simili, non finanzia cinematografari dall'aria (e  sostanza) di scappati di casa,
Al contrario di Banche e Banchieri, grandi apparecchiatori di Banchetti rigorosamente dem, stile  Monte Paschi.  E quando il popolo "vince", come in USA, allora è populismo,è attentato alla democrazia, è manifestazione di incultura. Ma che bravi i dem..... ..
E già, se vincesse il popolo?

I COMMENTI

di Gianni Iacolino

Per nostra fortuna ci sono stati loro a difesa dei valori cristiani e della cultura dell'occidente. Sia lodato il buon Adolfo che salvó la Germania dall'avidità dei diabolici ebrei. E che dire di Benito? Oltre che a salvarci dagli ebrei, ci offrì un posto al sole, impedendo che tanti sporchi neri venissero a contagiarci . Fummo noi gli immigrati in Africa, portando civiltà cristiana al suono del moschetto. Alla fine ci regalò un'Italia sempre più florida, civile e sopratutto immune da contaminazioni.
E cosí Franco in Spagna, i colonnelli in Grecia, Pinochet in Cile e Videla in Argentina. Timidamente ci ha provato anche Berluska a salvare la famiglia italiana e sopratutto cristiana, grazie anche ai valori evangelici cui si ispiravano Bossi & Calderoli; ma oggi ecco che si affaccia all'orizzonte il mitico Trump che su questi principi sembra essere intransigente. Alla luce di un così fulgido passato, possiamo fare sonni tranquilli.

di Alfio Ziino

Rispondo a Gianni Iacolino, pesona  da me,  e quel che più conta non soltanto da me, stimata. Aggiungo. Nei miei confronti ben più che affettuosa.
Ritengo che il mio scritto sia stato travisato, ma ovviamente è possibile che vi sia stato letto un qualcosa che mi sfugge, ma in ogni caso al di là  del mio pensiero.
Hitler ed i vari duci e ducetti ciitati son di certo stati  campioni mondial di stragismo, di tortura, di privazione delle più elementari libertà individuali. MA han vinto i campionati di SERIE B. Quelli di SERIE A, al pari di coppe nazionali, europee e transnazionali sono appannaggio del COMUNISMO. I dieci milioni di morti accreditati ad Hitler e simili è poca cosa ripetto a quelli accreditabili ai comunisti di ogni latitudine. Mao, a Shangai,per quattro giorni di fila fece gettare, vivi, negli altiforni tutti gli abitanti della città  Altro che i forni ove arrivavano cadaveri..I Khmer rossi, nella piccola Cambogia, uccisero  tre milioni di uomini. I repubblichini spagnoli non furono da meno e furono essi ad avviare lo stragismo Coreani,Vietnamiti, Russi fecero alla grande la loro parte..E così via.
Credo che non vedrò mai, accanto al giusto ricordo della Shoa, una annuale commemorazione "mondiale" delle vittime del comunismo.

di Gianni Iacolino

Ho cercato di mantenermi entro I limiti del tema di cui si dibatteva: Trump garante dei valori cristiani. A tal proposito ho citato quella lista di garanti che ,inventandosi nemici e falsi obiettivi, hanno distrutto nazioni e genti. Altri paranoici assassini non sono stati da meno, tradendo popoli e lavoratori , tradendo I principi del comunismo,assetati di sangue e di potete, confermando che l'uomo forte ha sempre lasciato scie di sangue e di dolore. Mia intenzione era quella di sottolineare quest'aspetto e mi riferivo precisamente a coloro che si ergevano a paladini dell'occidente cristiano. Ringrazio l'avv. Ziino per le parole di stima che ricambio.

---Urbe e orbo. L'intervento

La tragedia di Rigopiano mi porta ancora una volta, a considerare
sconsolatamente quante Italia vi sono. le immagini di quegli uomini, nella notte, sotto la tormenta, armati di sci e di pale, affannarsi per raggiungere il luogo del disastro, mi ha
commosso. Alcuni diranno "e' il loro lavoro". Non credo.

Solo la caparbietà', la determinazione al di là' del dovere,
spingono gli uomini a far cose che mai la maggior parte farebbe. E quegli stessi uomini, duri si direbbe, tirando fuori i primi bambini, non si son lasciati andare a manifestazioni di giubilo. Il più' e' stata una veloce carezza ad uno dei piccoli, e poi via a continuare a scavare.

Rammenta il corteo di poliziotti seguito all' arresto di Riina? Un tifo da stadio, l' esultanza di un centravanti che avesse realizzato uno spettacolare goal. Che vergogna! Arrestare un qualcuno che latita da trenta anni non è' un trionfo, ma la conclusione di una sconfitta.
State zitti!

E poi, tornando a Rigopiano, le solite Cassandre, sempre le solite pur nel cambiar dei nomi. Li' non si doveva costruire! L ' ambiente va rispettato! Il cemento ci distruggerà'! Ma perché' mai? La costruzione dell'edificio era autorizzata ed a memoria degli abitanti della zona non era quello territorio di valanghe. Ma tant'è', bisogna pur giustificare la propria esistenza.

E poi ancora i soliti roboanti comunicati che riferiscono all'urbe e all'orbo (non è' un errore) di apertura di indagini per omicidio e disastro colposo. Procuratore, non ce ne frega un accidenti. Faccia il suo lavoro, non il poliziotto palermitano.
E poi ancora, ancora. Anche a Rigopiano ho sentito quell'urlare "ci hanno lasciato soli", urlo che rarissimamente ho sentito da Bologna in su', ma abitualmente nel resto di Italia. In quella Italia di piagnoni che assume spettare sempre ad altri far qualcosa anche quando non vi è' nulla da fare o che quegli "altri" stan gia'
facendo in silenzio e con fatica.

Tutt'altro argomento.
Mi chiedo se la sorella di quel Cucchi, il " tossico di m....", ha posto nel tentare di disintossicare, di far curare, il fratello, la medesima caparbietà" messa in atto nel cercare di far riconoscere colpevoli della morte del tossico i Carabinieri che il tossico avevano arrestato. Carabinieri gia ' prosciolti, ma che un Paladino Procuratore ha nuovamente sottoposto a...E chissà', magari la sorella ambisce ad un risarcimento da parte dello Stato. In soldi, si intende.

L'INTERVENTO

di Maurizio Pagliaro

Egr.  Avv. Ziino, non capisco perché ha usato il termine tossico. Per risparmiare inchiostro, sillabe o tempo. Data la professione da Lei svolta, vorrei vederLa e sentirLa arringare  in tribunale: signor giudice il tossico mio assistito etc. etc.. Di *Quel Cucchi* che Lei definisce in modo spregiativo, legittimamente si chiede la verità. Se un Paladino Procuratore riapre il caso, usa le carte e non un passe-partout,( si parla di intercettazione non di contraccezione del giorno dopo),  le stesse carte che hanno autorizzato la costruzione dell'hotel di Rigopiano. Asso di mazze e asso di bastoni sono la stessa carta. Incomprensibile il Suo commento rabbioso sulla sorella del povero Cucchi. Se Lei aspira ad essere il " Bossi " del Sud.... Auguri.

---Tra Presidente e Ministro degli Esteri non saprei dire chi voglia far più' mostra di muscoli che non ha. Le minacce all'Egitto si sprecano, si ritira Ambasciatore, si annunziano sanzioni sul turismo e sugli accordi bilaterali. E se cosi' avesse ad essere, avremo un ulteriore danno alla nostra economia al pari di quello patito per le sanzioni alla Russia che scioccamente i nostri
Governanti hanno avallato. Perché' tutto ciò'? Per il giovane signor Regeni, torturato ed ucciso appunto in Egitto.

Ma per i due fucilieri di Marina, da anni ostaggi del Governo indiano, non
ho sentito strillare ne' il Presidente ne' il Ministro degli Esteri. Nessuna minaccia di interruzione dei rapporti diplomatici, nessuna ventilata sanzione, nessuna esibizione di muscoli. Perché' mai? Perché
l' India e' una potenza economica con grosse partecipazioni nel nostro Paese cui sono direttamente interessati i soliti noti nostrani.
L' Egitto no, ha nulla di tutto ciò'.

E dire che i due fucilieri di Marina si trovavano dove si trovavano, ed a fare quel che han fatto, su mandato del Governo italiano ed al sevizio dello Stato. Il signor Regeni no. Pressoché' trentenne ancora studente universitario, così ' lo indicarono le prime notizie, dall' aria di uno scappato di casa stando al suo girovagare per l'universo mondo, ha come suol dirsi orinato fuori dall'orinale facendo la atroce fine che fatto. Chiunque sia sano di mente, in Cina, in Vietnam, in Nord Corea o nel comunistissimo stato indiano del Kerala (teatro della vicenda dei nostri fucilieri fai Marina), di certo non si dedica alla frequentazione assidua degli oppositori dei locali governi, inviando per di più' relazioni a quotidiani nostrani di certo non teneri con i dirigenti egiziani. Il signor Regeni ha meritato la fine che ha fatto? Certo che no.

Ma mi fa specie che per fanciulle davvero scappate di casa per asserite cause umanitarie (ma perché' non "umanizzano" nelle nostre periferie?) si paghino a delinquenti comuni o terroristi fior di nostri soldi, per uno sprovveduto che avrebbe voluto cambiare il mondo li' ove non era compito suo stare si preannunzino sanzioni che di danno ne creeranno solo ai nostri imprenditori, mentre per dipendenti dello Stato che detto Stato hanno orgogliosamente servito si demandi il tutto ad avvocati e carte bollate.

L'INTERVENTO.

di Salvatore Leone

Che meraviglia la privacy d’Egitto. Cade a fagiolo per non farci sapere nulla sul povero e martoriato Regeni, L’Italia conosce la verità virtuale senza il bisogno di una conferma araba e “sfingiata”e non c’é bisogno che ce lo confermino. Il percorso politico é maestro e faraone di menzogne più importanti delle piramidi. Intanto il popolo italiano é sempre più stanco e confuso. Si parla sempre di trasparenza, di privacy e d’ intercettazioni. Ma tutto si trasforma in un gioco a carte coperte anche quando bisogna mostrarle. La privacy contrasta con la trasparenza. Tutto é una trappola mascherata. Non esiste alcuna vera trasparenza, anzi se si chiede e si cerca trasparenza si finisce di essere accusati di stalking. E poi, questa privacy del cavolo o similare... Se effettivamente si deve tutelare la privacy, i processi  penali e civili  bisognerebbe celebrarli a porte chiuse.<nessuno dovrebbe conoscere i fatti. Ed intanto arrivano messaggi ai signori P.M. per non mettere il naso in questioni “politichesi con tentacoli renzistici incorporati”. Non bisogna intercettare l’attuale governo perché deve lavorare assiduamente col telefono. Silenzio, nessuno deve sapere. Se i magistrati non lo hanno ancora compreso, allora ci sarà la legge sul divieto delle intercettazioni. Bisogna che non ci sia più differenza d’ascolto intercettato fra Italia ed Egitto e magari mettiamoci anche l’India che dimostra giornalmente di fregarsene dei processi celeri. Più innocenza  più allungamento dei tempi processuali. Fra il Po, il Nilo e il Gange scorrono fiumi di parole che nessuno deve ascoltare e pescare con la mitica intercettazione a strascico grazie alla rete telefonica.

 

Lode

Onoro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Amo la Madonna, la amo perchè donna, non l'altra metà del cielo, ma la metà bella del cielo. Quando ti ama. E so che mi ama.

Chiunque abbia una coscienza civile non può, in questi giorni, non ritenersi in lutto per la strage compiuta a Parigi. Ed in questi medesimi giorni siamo stati ossessivamente oggetto di una affermazione: la Francia è la patria fondante dei diritti universali di qualsiasi essere umano avendo, con la rivoluzione del 1789, affermato i principi di libertà, fraternità ed uguaglianza per ciascun uomo o donna o bambino.
Ho per la Francia la medesima considerazione che nutro per qualsiasi paese così detto civile, fatta ovviamente salva l' identità propria di ciascuno di essi. Ma uno scippo è uno scippo, chiunque abbia a compierlo.
Soltanto 1750 anni prima della rivoluziione francese i principi di libertà, fraternità ed uguaglianza furono affermati e dichiarati al mondo intero da Gesù Cristo e non valendosi delle stragi compiute dai rivoluzionari di Francia; soltanto con la predicazione ed
il sacrificio della propria, non altrui, vita.
Ma per ragioni ignote esclusivamente agli incolti, l'affermazione di tali valori è attribuita proprio alla Francia che, di essa, ritiene avere il copyright. E non è una caso che sia stata soltanto la Francia, nel percorso di revisione della carta europea, ad opporsi a
che in questa venisse inserito il principio delle origini cristiane del nostro continentale mondo. La propria asserita grandezza ne
avrebbe subito un colpo non da poco.
La Francia è uno Stato laico, come è giusto che ogni Stato sia. Ma pratica un laicismo esasperato e violento, vietando, per dirne una, ad uno studente, o ad un pubblico funzionario, di indossare visibilmente una collana o un bracciale con la Croce. E questa non è libertà.
Quanto a violenza, poi, i francesi son secondi a pochi. Le stragi commesse al tempo della tanto conclamata rivoluzione ebbero, quale unico risultato pratico, Napoleone e l'impero francese con le ulteriori grandi stragi a questo imputabili. Quando I resistenti spagnoli catturavano un dragone francese, lo affidavano alle loro donne affinchè gli venisse inflitta la più dolorosa delle possibili
morti. E ciò per ripagare quel che i francesi praticavano metodicamente in danno degli spagnoli. La guerra di Indocina e quella
di Algeria non furono meno barbare: la tortura era prassi, il napalm sui villaggi merce quotidiana o quasi.
Se dovessi rappresentare la "grandeur" della Francia, quale da questa viene osannata, lo farei con l'immagine della portaerei nucleare Charles De Gaulle. Tricolori e marsigliese al suo varo, ancora tricolori e marsigliese alla partenza per il suo viaggio inaugurale. Bello, grandioso. Peccato che, al largo delle coste atlantiche del Marocco l'orgoglio di Francia si perse la sua unica elica.
Concludo con una riflessione sul così detto multiculturalismo. Per quanti sforzi abbia fatto non mi è riuscito di trovar nulla che ad un cristiano possa, in termini di principi o di valori, essere insegnato da alcuno. Fermo restando che un esempio "contrario" non mi arrecherebbe certo offesa.

L'INTERVENTO.

di Michele Sequenzia

Caro Direttore,
siamo tutti esposti a continui orribili, sanguinari attacchi di gruppi di settari pseudo- religiosi " islamisti"..in nome e per conto di un certo loro Dio Unico...sotto le spoglie di una loro Divinità Assoluta che ci punisce e ci scanna... .
Siamo inermi di fronte ai fanatici Difensori Armati di un Credo che usa coltelli, scimitarre, mitragliatrici e bombe ..che falciano le nostre vite...tagliano le nostre gole..lapidano, impiccano, torturano.
Sono in casa nostra. Vivono tra di noi.
Siamo precipitati in una guerra senza quartiere, un immenso campo di battaglia . che tu sia Cristiano o no...... Come possiamo reagire?
Non bastano le preghiere , le punizioni, e nemmeno le nostre buone azioni. Occorre sapere, conoscere.. Poi deliberare.

Noi gente di media cultura con i nostri sistemi giuridici, politici , con i nostri amministratori - educatori- comunicatori-- giornalisti etc.., cosa argomentiamo oggi? Conosciamo chi sia veramente il nosro nemico?
Che cosa insegna ai giovani l'Islam?.
Da quanto leggo l'Islam oggi è attraversato da una guerra per il dominio del mondo.Un dominio su tutti noi. Ecco perchè siamo sotto tiro nemico.
Da quanto conosco..i programmi scolastici europei non prevedono ore di lezioni di storia dell'Islam , di leggi dell'Islam, dei vari sistemi di filosofia e di etica... di rapporti storico-politici, di cio' che sono i diritti e doveri dei cittadini che hanno abbracciato la fede dell'Islam .E chi li conosce? La storia dell'Islam è invece assai piu' complessa e controversa, tra credi e leggende, odii, ripicche, confuse eredità spesso di menzogne di mezze verità di falsi profeti.
Tollerare solo chi fa parte dell'Islam " moderato" e chi non lo è ? Chi sa dirci chi è il nostro vicino mortale nemico?
Ovviamente impera -colpa nostra- poca o scarsa conoscenza, di che cosa sia " l'Islam"....che è invece una enorme galassia di varie imposizioni, spezzoni di credenze ed interpretazioni.....tra popolazioni di lingue e " credi"diversi..in una dinamica spesso conflittuale,...dove si trova di tutto...
Chi sa capire chi sono le varie comunità Islamiche, cio' che praticano .. cio' in cui credono...e cio' che odiano? Oggi ci guardiamo intorno siamo tutti spaventati, atterriti.. ci sentiamo accerchiati.
Cresce la paura: siamo immersi nell'orrore..di imminenti devastazioni. Ovunque si nascondono criminali, gente senza pietà ...
Oggi temiamo per la nostra vita, praticamente siamo tutti nel mirino..non ci sono esclusi...Mi chiedo: chi è mussulmano ....oggi...è un cittadino uguale a me ...o è "diverso"?
Posso stare certo che non usi la "sua religione" per farsi.." giustizia, tagliandomi la gola, solo perchè io non sono mussulmano?
Per cominciare occorre innanzitutto " conoscere per deliberare"..come diceva Luigi Einaudi...ma occore far presto... Certamente non possiamo rimanere inerti sperando di non essere massacrati.
A tale proposito ti allego per i tuoi lettori..un interessante report del libro di Ayaan Hirsi Ali, che si legge sul New York Review of Book . : ." Heretic: Why Islam Needs a Reformation Now by Ayaan Hirsi Ali, profonda studiosa,spesso polemista e critica del mondo islamico.

Per la lettura cliccare su leggi tutto.

di Alfio Ziino

Egregio Direttore,  leggo l'accorata nota del signor Michele Sequenzia e desidero esporrealcune mie considerazioni.
Conoscere per deliberare è principio quanto mai a proposito citato in detta nota e dell' Islam si afferma che conosciamo poco o nulla. Non è così. Gli studiosi in materia sono molti e per ragioni varie non vengono consultati nè ascoltati.
Comunque, e parlando di terrorismo islamico, occorre fare una distinzione fondamentale tra quello che vien praticato all'interno del mondo islamico e quello che vien posto in essere fuori da detto mondo, in Europa, in USA, in Australia.
Il primo, di religioso o pseudo religioso, ha ben poco. E' una lotta tra fazioni, tra Stati anche, quali Arabia Saudita ed Iran, volta ad
affermare supremazie locali o regionali, a conquistare, consolidare o semplicemente mantenere potere. E tentando di mostrare bandiera delle proprie capacità attrattive, da detti paesi e dai variegati gruppi che in essi si agitano, si programmano attentati che
altri andranno poi ad eseguire. In nome dell' Islam ovviamente, posto che nessuno si farebbe saltare in aria affichè Mohamed  o Mustafà o Ibn Saud conquisti un suo proprio potere. In altri termini, l' Islam, la sua religione, per dirla con Marx funge, da oppio di
un popolo.
Questo però non spiega le ragioni per le quali gli attentti più sanguinosi compiuti in Europa siano stati eseguiti da soggetti che in
quelle aree non si sono formati. Questi attentatori, belgi, francesi, inglesi, scandinavi, anche se spesso di origine medioorientale,
in quel mondo non son vissuti e non vivono. Son quindi estranei alle guerre, che tali sono, tra sunniti, sciiti, salafiti e quant' altro. E
in tali casi l'unico movente è il credo religioso, l'adesione al mandato di dar morte agli infedeli. Non vi sono altre ragioni a dispetto delle varie elucubrazioni sociologiche che ci vengon propinate.
I paesi occidentali proclamano e praticano la libertà di culto, libertà certo fondamentale, ma che non può essere illimitata. I Tughs
sono una sette religiosa indiana che si riteneva fosse stata sgominata ai tempi del dominio inglese sull' India, ma che da alcuni
decenni è tornata ad esser viva e vegeta. Essi adorano la dea Kalì ed il venerarla si esaurisce, in fatto, nell'offrirle periodicamente
dei sacrifici umani. Sarebbe consentito, nei nostri Paesi, l'esercizio di un siffatto culto, o ci si limiterre a perseguire gli autori delle
uccisioni, ritualmente perpetrate per strangolamento? Non dubito che il culto verrebbe posto fuori legge, posto che i sacrifici sono
parte fondante del culto stesso.
Ecco allora che conoscere per deliberare è fondamentale. Se la ratio dell' Islam fosse l'affermazione di un suo potere teocratico da imporre non solo al proprio modo, ma al resto dl mondo, valendosi dello strumento della uccisione, dello sterminio, dei vari infedeli, pagani, cristiani,o ebrei che siano, allora l' Islam non sarebbe un culto tollerabile.
Credo sia questa la risposta che il signor Michele Sequenzia cerca, risposta che non siamo deputati a fornire noi che questi dubbi o questi timori esprimiamo.
E' però un fatto che le comunità islamiche in Europa non hanno matrice religiosa diversa da quella dei terrosisti che proprio dalle stesse fuoriescono, Ed è anche un fatto intuitivo che le medesime comunità costituiscono, volenti o nolenti, un retroterra culturale ove attingere nuove reclute, un bacino di tolleranza e copertura nei confronti, parafrasando i comunisti nostrani sui brigatisti rossi, di "fratelli che sbagliano".

di Michele Sequenzia

How She Wants to Modify Muslims
Max Rodenbeck
December 3, 2015 Issue
Heretic: Why Islam Needs a Reformation Now
by Ayaan Hirsi Ali
Harper, 272 pp., $27.99
Jared Platt
Ayaan Hirsi Ali at the Goldwater Institute, Phoenix, Arizona, December 2007
Ayaan Hirsi Ali bluntly declares her intention in the introduction to her new book: "To make many people—not only Muslims but also Western apologists for Islam—uncomfortable." Discomfort, alas, comes easily when the subject, as in the Somali-born author's three previous books, happens to be the sorry state of Islam. It takes little effort to raise alarm when Muslim terrorists terrify so effectively, and when scarcely a day now passes without some horror committed in the name of their faith. Bombs and hijackings are passé; today's jihadists prefer studio-quality, slow-motion bloodletting, or atavistic barbarities such as rape, idol-smashing, mass beheading, and the carting off of virgin sex slaves.
The opening device of Heretic underlines just how conditioned we have become to such depravities. Hirsi Ali presents a news flash describing a murderous terror attack, but strips it of such details as time and place and number of victims, leaving only the clues that the killers wore black and shouted "Allahu Akbar!" It takes little imagination to fill in the blanks. It is all too familiar, too believable: what she describes could happen in the office of a satirical magazine in Paris, or a boys' school in Peshawar, or a village in northern Nigeria.
The device is effective, and Hirsi Ali quickly moves to score more points. For too long, she says, Muslims and Western liberals have argued that such atrocities, as well as the ideas and organizations behind them, are aberrations; that they represent a travesty of "true" Islam. Nonsense, she writes:
They are driven by a political ideology, an ideology embedded in Islam itself, in the holy book of the Qur'an as well as the life and teachings of the Prophet Muhammad.... Islam is not a religion of peace.
Hirsi Ali has made similar and often stronger declarations before, receiving death threats from religious fanatics in response, as well as hostility from many secular critics:

I have been deemed to be a heretic, not just by Muslims—for whom I am already an apostate—but by some Western liberals as well, whose multicultural sensibilities are offended by such "insensitive" pronouncements.
Despite the familiar mix of provocative rhetoric and airbrushed autobiography, Heretic differs from her previous books. It is neither a retelling of Hirsi Ali's own hejira into Western freedom nor another lengthy blast against the religion that she was raised in and that she abandoned. Hirsi Ali's attitudes have shifted. Before, she had assumed there was no hope of moderating Islam; it was a creed that needed to be "crushed," as she once declared. Now, inspired as she says by the evident ferment among Muslims that gave rise to the Arab Spring, and by indications of a growing wave of dissent within the faith, she has come to believe that Islam can and indeed must be reformed.
To many Western readers, this is an attractive and seemingly obvious idea. After all, the other two Abrahamic faiths long ago undertook reformation, glossing away contrary bits of scripture, retiring inconvenient heavenly commands and punishments, and erecting a practical partition between religion and politics. Yes, the process was long and painful. But it has paid off pretty well for modern-day Christians and Jews, and indeed for the larger part of humanity that, knowingly or not, lives under the umbrella of Enlightenment.
With her newly mellowed perspective, Hirsi Ali discerns a Muslim constituency that may be coaxed in a similarly benign direction. This involves a bit of amateur exegesis. As she notes, scholars of the Koran have long distinguished between the eighty-six chapters, or suras, revealed at the Prophet Muhammad's hometown of Mecca and the twenty-eight suras revealed later, during his exile at Medina. The Koran of the Mecca period dwells on themes such as the oneness of God, the wonders of creation, the wisdom of earlier prophets, and the perils of hellfire.
At Medina, where Muhammad took on new roles as the lawgiver, supreme judge, and military commander of a growing flock facing stronger hostile forces, the revelation takes on a more militant, legalistic, and exclusive form. Earlier verses declare that there is "no compulsion in religion" as well as the tolerant principle, "to them their religion, to me my own." By contrast a later sura, which appears to address soldiers shirking their duty, enjoins the faithful to "fight and slay wherever you find them" those unbelievers who have broken treaties with the Prophet.
Not altogether convincingly, Hirsi Ali makes use of this contrast in tone and intent to categorize the Muslims of today. In one camp, she says, stand the "Medina Muslims." Ignoring the more universal and inclusive message of the Koran, these fanatics focus instead on the holy book's fighting words, and selectively pick from later Islamic tradition those parts calling for harsh punishments and unending jihad. Hirsi Ali suggests that something like 3 percent of Muslims, or around 48 million people, adhere to this form of Islam. Although she does not say so, this number is necessarily inexact since it includes not only the hyperviolent members of ISIS, al-Qaeda, the Taliban, and sister gangs but others who may hold similarly dim and blinkered views far from the front lines of jihad.
The vast majority of Muslims belong instead to Hirsi Ali's "Mecca" category, a group she defines as devout worshipers who remain "loyal to the core creed" yet are "not inclined to practice violence." Lastly there is a small category of what she terms "Modifying Muslims," people who have come, like herself, "to realize that their religion must change if its followers are not to be condemned to an interminable cycle of political violence." Hirsi Ali believes that Modifying Muslims can influence the Mecca majority and wean them from the temptations of the literalist, bigoted, and violent Medina creed. To help matters along she proposes a simple plan, picking five tenets of the faith that must be "reformed or discarded":
• The infallible status of Muhammad and the literal understanding of the Koran
• Giving priority to the afterlife over the present day
• Sharia law "and the rest of Islamic jurisprudence"
• The empowerment of individuals to enforce such laws and customs
• Jihad.
It will be obvious, even to a layman unfamiliar with the intricacies of Islamic doctrine and practice, that this list represents a tall order. Hirsi Ali herself admits this, as well as the fact that hers is hardly the first voice to call for reform. Her more modest hope is to stimulate debate:
The biggest obstacle to change within the Muslim world is precisely its suppression of the sort of critical thinking I am attempting here.... I will consider this book a success if it helps to spark a serious discussion of these issues among Muslims themselves.
Perhaps it will, and that would be a good thing. The passion that Hirsi Ali brings to the argument is healthy, too. But there are several problems with her approach. These include such troubling aspects as her use of unsound terminology, a surprisingly shaky grasp of how Muslims actually practice their faith, and a questionable understanding of the history and political background not only of Islam, but of the world at large.
Take her three categories of Muslims, for instance. Hirsi Ali is probably quite correct to assert that while it is particularly noisy and violent, the jihadist "Medina" end of the Islamic spectrum is narrow and thinly populated compared to the much larger "Mecca" group. She is also right that the outspokenly critical Muslims are even less numerous. But surely the 1.5 billion "Mecca" Muslims do not all fit into a single hapless category. Like the members of any great religion, one might imagine they instead have a diversity of views, as designations that Muslims use for one another, such as, for example, Salafist, Sufi, Ismaili, Zaidi, Wahhabist, Gulenist, Jaafari, and Ibadi, would suggest.
Hirsi Ali herself seems a bit unsure of where all those middle Muslims belong. "Must all who question Islam end up either leaving the faith, as I did, or embracing violent jihad?" she asks.
I believe there is a third option. But it begins with the recognition that Islamic extremism is rooted in Islam itself. Understanding why that is so is the key to finding a third way: a way that allows for some other option between apostasy and atrocity.
I think it is fair to assume that quite a few Muslims, not only today but throughout the history of Islam, have found some "other option" without Hirsi Ali's guidance. Rather than by abolishing or radically modifying the particular points of doctrine she so dislikes, they have done so just as believers in other religions have, by creatively reinterpreting their founding texts, or by quietly ignoring contentious parts. Others, such as Egypt's Nasr Hamid Abu Zayd, Abdolkarim Soroush of Iran, or Abdelmajid Charfi of Tunisia, have critiqued more rigid interpretations of Islam in work based on a thorough knowledge of traditional Islamic scholarship and arguments that, unlike Hirsi Ali's, seek to place the problems of modern Islam in a historical setting.
Just as Hirsi Ali casually misrepresents Muslims, she misrepresents Islam. Falling into a trap that is sadly common among Western commentators, she repeatedly presents what in her own terms is the "Medina" version of the faith as somehow more authentic or valid than other interpretations. She takes, for example, the long-lapsed and historically rare practice of forced conversion—a practice jarringly revived only recently by ultra-extremist groups such as Boko Haram in Nigeria or ISIS in Iraq—to be the norm rather than the exception.

Yet historians now largely accept that far from being "extremely brutal," as Hirsi Ali asserts, the extraordinarily swift and sweeping early Muslim conquests were assisted by large numbers of willing "infidel" allies, who may have viewed Muslim rule as a relief from the warring Byzantine and Persian empires. Just seven years before the Muslim conquest of Jerusalem in 637, Byzantine rulers had slaughtered all its Jewish inhabitants. Persian invaders had massacred all its Christians in 614. By contrast the Muslims permitted freedom of worship for everyone.
If Muslims had indeed made systematic the practice of forced conversion, as Hirsi Ali seems to think, how is it that they failed to convert the majority populations of countries they ruled for hundreds of years, such as India or Greece or Bulgaria? The contrast with, say, the expulsion of Muslims and Jews during the Spanish Reconquista is striking.
Hirsi Ali's mischaracterization extends from history to matters of belief and practice. "In its very name 'Islam' means submission," she writes. "You subsume yourself to an entire set of beliefs. The rules as set down are precise and exacting." Perhaps so, but the word "Islam," coming from the same root as the Arabic for "peace," also means "acceptance," "reconciliation," or "resignation" to the will of God. Hirsi Ali seems unaware, moreover, that the general uses of the terms "Islam" and "Islamic" are relatively modern, and indeed are to an extent adaptations of Western usages. As in the text of the Koran itself, for most of the faith's fifteen centuries its followers have far more often referred to themselves as mu'mineen—believers—than muslimeen.

A screen shot from a video released by ISIS in July 2015 showing young ISIS executioners parading past condemned Syrian government soldiers before killing them in front of a crowd of spectators in the amphitheater at Palmyra
Those rules that she describes, too, are neither as precise or exacting as Hirsi Ali would have us believe. She portrays Islamic law or sharia—which literally means the "way" or "path"—as "codifying" not only points of ritual but the organization of daily life, economics, and governance. In another passage we are told that sharia "states that women are considered naked if any part of their body is showing except for their face and hands."
Sharia cannot "state" or "codify" anything. Far from being a rigid set of rules, Islamic law is an immense amalgam of texts and interpretations that has evolved along parallel paths within five major and numerous minor schools of law, all of them equally valid to their followers. Some parts of this body, such as laws regarding inheritance, vary little between rival schools. But in the absence of any universally accepted ruling authority and with political winds and exigencies constantly changing, legal opinions on most matters have tended to be fluid rather than fixed. So it is that while some clerics will agree with Hirsi Ali's definition of nakedness, others may insist on a full face veil, or perhaps—although this is unlikely—argue instead that the bikini is a practical garment for swimming. At times clerics have banned the drinking of coffee or the wearing of long sleeves, only to relent.
Hirsi Ali is similarly misguided regarding Islamic traditions. One of these that is "unique to Islam," she declares, "is a tradition of murderous martyrdom, in which the individual martyr simultaneously commits suicide and kills others for religious reasons." Despite the recent ghastly record that includes September 11 and ISIS's use of suicide fighters in its assaults on Iraqi cities, there is no such "tradition." Hirsi Ali herself notes that the first example of a Muslim suicide attack dates not to the distant past but to 1980, when desperate Iranian leaders adopted this tactic against the Muslim army of neighboring Iraq. As that example shows, most "martyrdom operations" have been carried out for political, not religious reasons or, as was the case with Japan's kamikazes and the Tamil Tigers in Sri Lanka's 1983–2009 civil war, as a last-ditch weapon of the weak against the strong.
In fact the four main schools of Sunni jurisprudence—including arch-conservative Saudi clerics—all concur that suicide is a serious sin. Some individual clerics have condoned its use in war by invoking arguments of necessity, not "tradition." More than an enactment of anything Islamic, the resort to suicide by groups such as al-Qaeda or ISIS represents a deliberate challenge to traditional, patriarchal authority. It is a statement of zeal and determination, a form of advertising or propaganda designed not only to kill and frighten enemies, but to inspire new recruits into what are, in effect, as much death cults as religious movements.
Another peculiar contention of Hirsi Ali's is that "all over the Muslim world" women are stoned to death for adultery. In fact this hideously cruel punishment has rarely been recorded throughout Muslim history and never in most Muslim countries for at least the past several generations. In almost all cases where it has been applied in recent years, stoning has taken place in tribal or rebel areas beyond the control of central governments—the Taliban in Afghanistan, ISIS in Iraq, and Boko Haram in Nigeria being cases in point. Out of the world's forty-nine Muslim-majority states, six retain the punishment in deference to Islamic legal tradition, despite the fact that the Koran, unlike the Bible (Deuteronomy 22:24), does not mention it. Of these countries only Iran, which officially placed a moratorium on stoning in 2002 but still gives leeway to individual judges, has actually carried it out.
Perhaps one reason for Hirsi Ali's propensity for taking the actions and beliefs of Islam's outliers and misfits as somehow exemplary of the religion's true essence is her unwillingness to suggest any external motivations for their particular madness. These are not hard to find. The many forms of Islamism—a more accurate term than simply "Islam" for the often violent and angry version of the faith that is sadly fashionable today—emerged largely in response to European imperialism. This is not surprising when we consider that between 1800 and 1950 some nine out of ten Muslims happened to fall under aggressively imposed "infidel" rule. Small wonder that most modern Islamist political movements, from the Muslim Brotherhood founded in Egypt in 1928, to Lebanon's Shia militia-cum-party Hezbollah, to the Salafi-jihadist State of the Islamic Caliphate that is now beheading people in Syria and Iraq, have portrayed themselves as "resistance" movements against dastardly Western domination.
Needless to say, the era of European colonization is long past. However much Islamists may still rail against "cultural invasion," or against the "artificial" Middle Eastern borders imposed by France and Britain, or against American military incursions and so on, the West cannot be blamed for many of the excesses of such groups. Hirsi Ali is quite correct that the jihadists have dredged the darker parts of Islam's own traditions to justify what are by any standard simply abominable crimes. She is also right that unthinking literalism blinds all too many Islamists to ethics, reason, and common sense.
It is a fact, too, that such strains of modern Islamism as Saudi Arabia's rigid Wahhabism developed autonomously and not in response to the West. They are manifestations of a cycle that has repeated throughout Islamic history, whereby puritan sects have periodically erupted from the hinterlands to purge and purify Muslim cities of supposed corruption.
Lost on Hirsi Ali, however, is the irony that such eruptions—and ISIS represents a new and particularly virulent one—are themselves products of a deeply felt need among Muslims for "reform." The fact is, as I have written in these pages, that Islam is now already, and indeed has been for some time, deep in the throes of a painful, multifaceted reformation.* The current tribulations of the faith represent not a sudden new departure but a continuation of decades of churning controversy, of debate and strife.
This anguished process shares parallels with the experience of other Abrahamic religions. But there are important distinctions. One of them is the matter of timing: whereas Christian and Jewish reform evolved over centuries, in relatively organic and self-generated—albeit often bloody—fashion, the challenge to Islam of such concepts as empirical reasoning, the nation-state, the theory of evolution, and individualism arrived all in a heap and all too often at the point of a gun. Muslims have had less time to grapple with the revolutionary ideas of the Enlightenment, and have done so from a position of weakness rather than strength.
Another central difference from the Christian experience was that Islam has had to face the crucial question of what to do with religious law. Until the nineteenth century Muslims dominated virtually every society they lived in, with sharia acting as the backbone of legal systems from the East Indies to Morocco. Add to this the difference that there is no "church" in Islam—no fixed and widely recognized religious hierarchy to explain doctrinal changes or to enforce them—and we begin to understand the difficulty of progressive reform.
All too often, "reform" movements in Islam have taken the guise of fundamentalist purges, with efforts to reimpose some ostensibly purer form of religious law tempting their propagators to violence. Yet most ordinary Muslims have found subtler paths, accommodating modern ways by diluting to one degree or another their adherence to doctrine, by creatively interpreting sharia, or by regarding the intent of the law as more important than the letter. Plenty of proud Muslims do not pray five times daily, or worry much about what "proper" Islamic dress is, or base their political opinions on what is good for the faith. They pick and choose what form of Islam to follow from across a very broad range of options.
Most Muslim countries, for their part, long ago recognized the utility of secular laws to supplement or even supersede sharia. To governments seeking to build states in a fast-paced, competitive, and increasingly complex world, traditional Islamic law came to be seen not as too rigid—as Hirsi Ali would have it—but rather as too unpredictable, too open to the vagaries of individual interpretation by judges with little knowledge of the world outside scripture.
Keen to "catch up" with Europe, the Ottoman Empire sharply restricted the role of sharia courts in the mid-nineteenth century, ending in the process most legal distinctions between Muslims and other subjects. Tossing out reams of accumulated Islamic jurisprudence in the matter, the Bey of Tunis summarily abolished slavery in 1846, two decades before the United States. In the early twentieth century Egypt adopted largely French and Turkey largely Swiss law codes. Among the few modern countries that continue to declare sharia the sole law of the land, Saudi Arabia nevertheless has since the 1960s used civil law to regulate commerce, as a matter of pragmatism.
Such evolutions remain tentative, incomplete, and contested. Turkey in recent decades has seen a backlash against the secularization imposed nearly a century ago by Kemal Atatürk. Egypt, for its part, has struggled repeatedly to arrive at a constitution that appears to give primacy to sharia while effectively confining religious law within the bounds of civil codes; its laws are today a messy tangle of sharia-based and secular rules. In an appeal to populism in Pakistan in the 1980s, the dictator Muhammad Zia-ul-Haq pursued a radical program to revive application of sharia, including severe punishments for such crimes as blasphemy; Pakistani governments in the decades since have tried to back away from some of its more controversial aspects.
Where courts are crowded and corrupt, which is all too often the case in poorer Muslim countries, sharia retains a strong pull as an imagined panacea, a fact reflected in opinion polls. And in places such as Somalia or Afghanistan where the central government has collapsed or lost legitimacy, Muslim societies have often reverted to laws based more explicitly on scripture, including extreme punishments such as cutting off the hand of a thief. Some Muslims in minority communities, meanwhile, have turned in on themselves, creating what some describe as Islamic ghettoes in places such as the suburbs of Paris, or Bradford and Birmingham in England.
The call by radicals and fundamentalists to create, geographically, a larger sacred space for Islam, where the sound application of God's law ensures a sweeter afterlife for the faithful, remains potent. This was an important impetus for the 1947 partition of India and creation of Pakistan, an "Islamic" state that, like the Jewish state founded less than a year later, may have been conceived by secularists but carried a strong imaginative appeal for the religious. The notion of an exclusive sacred space also underlies the darker fantasies of a resurrected pan-Islamic Caliphate currently causing mayhem in the Fertile Crescent. To one degree or another the civil wars, insurrections, and bitterly polarized politics that afflict many Muslim countries today reflect the struggle between such essentially utopian Islamist visions and a contrary trend toward disenchantment and the desacralization of public space.
As Hirsi Ali points out, such utopian visions are reinforced by the traditional Muslim view of history as a prolonged fall from the brief moment of grace that prevailed in the earliest years of Islam. It is strengthened, too, by the Muslim tradition of viewing the Koran as the literal word of God, and of exalting the Prophet's reported words and deeds as a fixed template for correct behavior. Hirsi Ali's conclusion: "In those terms, it is only the Medina Muslims who can represent themselves as the agents of a Muslim Reformation."
But here again she is not quite right. The argument for a purge or a return to basic principles represents, as we have seen, only one kind of reformation out of many that Muslims have proposed and continue to seek. One might argue that enlightened reform is as much a part of Islam as violent radicalism, if not more so. In the eighth and ninth centuries, the Mu'tazilite movement tried to introduce ideas of free will, reason, and a historical understanding of the Koran into Islam.
Their efforts were ultimately rejected. But later Muslim philosophers such as Avicenna and Averroës applied Aristotelian and Neoplatonic methods to Koranic exegesis, just as numerous contemporary Muslim scholars quietly apply modern forms of scholarship. Hirsi Ali presents such efforts as doomed projects, but it may be fairer to say that they have simply not yet borne full fruit.
The very shrillness of today's zealots may reflect an underlying fear that conservative orthodoxies are under threat as never before, facing a growing backlash not so much from the outside world as from within the faith. It is noteworthy that thirty-five years of self-declared "Islamic" rule in Iran have fostered not greater religiosity but creeping secularization, with ever fewer people observing religious rites. The more recent excesses of Islamist terrorism and sectarian rivalry have accelerated a far wider wave of doubt. Muslims with such doubts will not need Hirsi Ali's hectoring to feel "uncomfortable," and to consider new approaches to their faith.
1. * See my "Islam Confronts Its Demons," The New York Review, April 29, 2004. ↩
Michele Sequenzia- dalla Libreria Orell Fuèssli-Zurigo

di Alfio Ziino

In questi giorni vi è stato un gran parlare di legittima difesa, dei suoi eccessi e dei suoi limiti, con la consueta ripetizione, tra l'altro, dell' assunto per il quale "alla difesa del cittadino deve provvedere lo Stato". Affermazione generica, di buon, ottimo proposito, ma in concreto vacua non esendo ipotizzabile che ci si possa ritrovare lo Stato nella propria camera da letto violata da mariuoli oppure ritrovarsi lo Stato stesso alle proprie spalle se aggrediti nottetempo in una pubblica via.

A mio avviso, ciascuno ha il diritto di non essere aggredito ed il diritto a non essere rapinato o derubato, e son questi i principi dai quali trarre poi gli effetti.

Mi si spieghi perchè, a rigor di logica, abbia il diritto di reagire solo se la mia vita vien messa concretamente in pericolo posto che
tale "concreto" si manifesta in maniera inequivoca quando ormai e tardi. Mi si spieghi perchè debba temere solo per la mia vita, e non anche per la mia integrità fisica, non avendo intenzione alcuna di farmi fratturare qualche costola, o rotula, o femore che sia. E ciò indipendentemente dal fatto che mi ritrovi nella mia abitazione o sulla pubblica via. Mi si spieghi perchè l' aggressore, per poter io reagire, debba essere necessariamente armato, posto che un uomo robusto è perffetamente in grado di uccidermi o "fratturarmi" solo valendosi di calci e pugni.

Ritengo di avere il diritto, se qualcuno si introduce nella mia abitazione contro la mia volontà, di puntargli addosso un arma, e far fuoco ove l'intruso non desista immediatmente da disegno criminoso. E, non essendo Guglielmo Tell, non mi si può imputare la destinazione finale del colpo esploso, se una gamba, una spalla, o il cuore. Tutto ciò a prescindere dal timore di una ipotizzabile violenza fisica, ma anche assodato che il tizio voglia soltanto derubarmi avendo, come detto,il diritto a non esserlo.

Non è questo, in atto, l'impianto concettuale, e normativo, dela legittima difesa., Forse qualcuno non lo ricorderà: altro governo, nel
non lontano passato, aveva tentato di portar la legittima difesa proprio ai principi sopra esposti.

---Tra le chiacchiere da bar di questa mattina gira quella secondo la quale numerosi tifosi neroazzurri avrebbero fatto incetta di bandiere del Barcellona, pronti a festeggiare, sfilando con tali vessilli, in caso di sconfitta della Juventus.

Ignoro quanto detta voce sia veritiera e mi appare francamente poco credibile. Ma ove lo fosse dovremmo concludere che esiste una fascia, ampia, di frustrati, di ominicchi, di sportivamente impresentabili. E vorrei rammentare a costoro la compostezza, la dignità, l'esser "uomini", a far capo dall'ultimo dei bianconeri, tifoso o giocatore che fosse, a Gigi Buffon, allorquando la Juve venne retrocessa in B.

Aggiungo. Manifestazioni del genere che i suddetti ominicchi amerebbero porre in atto, son anche gesti di irresponsabilità, provocazioni gratuite, causa possibile di turbative all'ordine pubblico potendo suscitare reazioni, legalmente sempre deprecabili ma più che comprensibili, incompatibili con una civile convivenza e con il c.d. spirito sportivo.

Mi piacerebbe, e mi piacerebbe molto, che, Juventus non voglia, ove la manifestazione di cui sopra avesse ahimè a svolgersi, la BENEMERITA procedesse a disperderla in quanto manifestazione non autorizzata. Sarebbe lezione di vita.

Comunque. Iuve vs Barsa: 1 a 0.

L'INTERVENTO.

lgiuffre1di Leo Giuffrè

Vorrei replicare all'Avvocato Ziino, il quale, entrando in un bar dell'isola, ha raccolto alcune chiacchiere, tra gli avventori del posto, che dopo una bevuta ad alto tasso alcolico ed annebbiati dal fumo, hanno paventato e raccontato di una contro sfilata , con tanto di maglie del Barcellona, da non confondere con la Nuova Igea, dato la vicinanza del luogo, Pozzo di Gotto...intendo.
Questa somiglia tanto alla favola di Esopo, dove tutti gridavano al lupo,al lupo...ma il lupo non appariva mai...
Nell'Italia dei feudi e dei campanili, dei comuni e delle contrade, non mi sembra assolutamente strano che gli sportivi parteggino per l'una o l'altra squadra...é quella del cuore che non cambia mai...
Vorrei ricordare che proprio su quest'isola, qualche anno fa, fu organizzato un funerale, con tanto di ghirlande e cassa da morto, in memoria dell'Inter...il destino ha voluto che qualche anno dopo, gli interisti nerazzurri...vincessero il Triplete.
A parti inverse, quindi...questa provocazione c'é già stata...e credo che nessuno, abbia organizzato nulla per la vittoria del Barça. Ognuno é comunque libero di festeggiare, o di indossare la maglia che preferisce...saremo uomini fino in fondo...non per niente siamo interisti...
C'é un clima di caccia alle streghe, troppa eccitazione, in fondo é solo una partita....chissà cosa ha scommesso Buffon, é famoso anche per questo, oltre ad essere un bravo portiere...cordiali saluti...ed anche per stasera...vinca il migliore.

---Il Consiglio dei Ministri, in esecuzione della legge delega, ha approvato lo schema dei reati da depenalizzare. Tra questi lo "stalking", alias atti persecutori, e di cui all' articolo 612 bis comma 1 del Codice Penale, norma a gran voce voluta dall' universo femminile.

La depenalizzazione di detto reato comporta anche l' impossibilità di richiedere l' applicazione di quelle misure limitative della libertà personale (divieto di avvicinarsi alla fidanzata o ex fidanzata, ad esempio, o di risiedere in un determinato luogo, etc...) poste a tutela delle perseguitate o dei perseguitati.

Le uniche proteste ho avuto modo di leggerle su Il Giornale e su Libero, quotidiani notoriamente di centro destra, e sulla Padania, quotidiano della Lega.

E la sinistra? Quella pletora di donne, Boldrini in testa, pronte a gridare e sbracciarsi per un nonnulla se profferito da qualcuno che sinistro non è?

Ma scherziamo, Renzi è Renzi.

Buffoni.

---Premetto che nulla ho nei confronti del popolo ebraico e nei confronti dello Stato di Israele, anzi.

Tuttavia anche essi, popolo e stato, non sono immuni da colpe gravissime. Il terrorismo moderno, come oggi lo intendiamo, tralasciando la indicibile barbarie dell' ISIS, è stato "inventato" dagli ebrei in Palestina a far capo dal 1937.

Sino a tale data qualche arabo sparava una qualche fucilata ad un ebreo e viceversa. Aggressioni, omicidi, certo, ma non il terrorismo che oggi è di fatto notizia quotidiana.

Appunto a far capo dal 1937 gli ebrei in Palestina, accanto all' Haganah, la "regolare" forza di loro autodifesa, crearono due organizzazioni più o meno segrete: l' Irgun e la Banda Stern che così esordirono: bomba al mercato di Haifa il 6 luglio 1938 con 21 arabi uccisi e 52 feriti; bomba a Gerusalemme Vecchia il 15 luglio 1938 con 10 arabi uccisi e 30 feriti; bomba ancora al mercato di Haifa il 25 luglio 1938 con 39 arabi uccisi e 70 feriti; bomba al mercato di Giaffa il 26 agosto1938 con 24 arbi uccisi e 39 feriti.

Ne seguirono altri, non così distruttivi, anche per via dell' impegno degli ebrei di Palestina a fianco degli inglesi durante la 2.a guerra mondiale.

Finita questa, Irgun e Banda Stern ripresero la loro attività. Nel luglio del 1946 fecero saltare in aria, a Gerusalemme, il King David Hotel, provocando la morte di 91 persone tra inglesi, arabi ed anche qualche ebreo, ma superarono se stessi nel mese i aprile del 1948 quando assaltarono il villaggio arabo di Deir Yassin assassinando a freddo 107 civili arabi radendo poi al suolo l' intero villaggio. E negli anni cinquanta/sessanta, quando gli arabi davano l' assalto ad una qualche posizione ebraica al grido di "Deir Yassin", gli ebrei sapevano che non vi sarebbero stati prigionieri.

Il perché di queste note. Mai dimenticare che anche i perseguitati possono divenire persecutori ponendosi una domanda. Chissà se l' odio viscerale degli arabi di Palestina non sia stato cagionato proprio dall'Irgun e dalla Banda Stern, complice anche l'Haganah, quando un "normale" conflitto armato avrebbe invece generato soltanto una classe di vincitori ed una di vinti tra i quali colloquiare sarebbe stato, come la storia insegna, molto più facile.

--La giornata dedicata alla memoria, per non dimenticare la strage compiuta dai nazisti in danno degli ebrei di mezza Europa. Ricordare è non solo giusto, ma doveroso.

Vorrei però che si dicesse a chiare lettere, che lo si gridasse, che di quella strage non si piangessero soltanto gli ebrei o co- me qualcuno ricorda sia pur timidamente, gay e portatori di handicap. Nei campi di sterminio furono uccisi in gran numero prigionieri di guerra, per lo più russi ma non solo, e molti, moltissimi civili. Tra questi voglio ricordare, e recitare una breve preghiera, la nostra principessa Mafalda di Savoia. Per lei, mai una parola.

E voglio ricordare che se i nazisti furono i campioni del mondo in tema di stragismo, lo furono nel campionato di serie B. Ma quello di serie A, che peraltro è tutt' ora in corso, era ed è, appannaggio dei comunisti. Con il placet di soggetti quali Giorgio Napolitano (già scritto e documentato senza timore di denunzia o querela alcuna). A quando una giornata della memoria per gli assassinati, torturati, schiavizzati dai comunisti?

---Stando al Dizionario della Lingua Italiana edito da Sansoni il termine arbitrio ha un duplice significato: "Facoltà di giudizio e di scelta" o "Abuso di un potere".

Il Codice della Navigazione, all' articolo 295, statuisce che "Al comandante della nave, in modo esclusivo, spetta la direzione della manovra e della navigazione". Il che sta a significare che la manovra verrà eseguita in tale o tal' altra maniera ad arbitrio del comandante e che si navigherà o meno sempre ad arbitrio del comandante, dandosi al termine arbitrio la prima delle due significazioni indicate dal su menzionato Dizionario. E quante volte, restando bloccati in quel di Milazzo anche per giorni, ci siam sentiti dire che, ad arbitrio del comandante, non si poteva navigare o, quanto meno, navigare in sicurezza. E che se tale era il giudizio del comandante non v' era nulla da fare.

Giovedì 23 ottobre ultimo scorso, porto di Milazzo ore 6.30, oltre un centinaio di persone lì bloccate già dal giorno precedente, in attesa di raggiungere quanto meno Lipari. In porto, la nave Pietro Novelli, stazza lorda 1.940 tonnellate, lunghezza metri 91.01, larghezza metri 16.03, propulsione assicurata da due possenti diesel da 5.561 kw cadauno, certificata R.I.N.A. quale Passenger/Ro-Ro e Passenger Ship-Monostab, classe A (cioè libera di navigare ovunque), sottoposta già al 30 marzo 2013 a ben 298 visite di controllo -ed altre ne son seguite- da parte delle competenti autorità (e, quindi, da ritenersi in perfetta efficienza).

Bollettino del mare di pari data per il Tirreno Meridionale settore Est. Venti forti da NW, mare  molto mosso e, cioè, stando alla "ufficiale" scala Douglas, con onde di altezza non superiore a metri 2.50. Ed ove fosse stato agitato, sempre stando alla medesima scala, le onde non avrebbero superato i metri 4. Quanto al vento, soffiando esso da NW e tale rimanendo, l'approdo in Lipari è approdo assolutamente sicuro anche per nave parecchio alta posto che nessun effetto vela laterale può verificarsi. La Protezione Civile poi, nella giornata in questione, ha diramato stati di allerta aventi ad oggetto solo il rischio idrogeologico. Nulla per il mare.

Che in siffatte condizioni meteomarine una nave quale la Pietro Novelli non navighi da Milazzo a Lipari e viceversa (e non lo ha fatto né il pomeriggio precedente, né per tutta la giornata indicata, saltando ben 4 corse)ad arbitrio del suo comandante è inammissibile anche per il profano. Nella facoltà di giudizio o di scelta riservata al comandante non si vede quali possano essere i dati OGGETTIVI che inducano alla decisione di non navigare. La Pietro Novelli non è in grado di affrontare onde di 2.5 o anche 4 metri? Ridicolo. L' ormeggio in Lipari non è sicuro? Altrettanto ridicolo. La nave non è in condizione di navigare? Assurdo, per il R.I.N.A, lo è. Ed allora? L' arbitrio del comandante va inteso quale abuso di potere, già grave di per sé, ma nella specie causa di interruzione di pubblico servizio e di truffa all' erario, percependo la società armatrice un pubblico contributo che copre anche le spese delle corse non effettuate (e che, se non effettuate senza ragione, vanno a costituire un illecito arricchimento in favore della società medesima che lucra quanto meno i consumi "non consumati").

Su tali abusi, e non son pochi, nessuno vigila. A lagnarsi con la Capitaneria di Porto di Milazzo, storicamente indifferente a siffatte tematiche, ci si sente rispondere che il giudizio del comandante, il suo arbitrio, è insindacabile. Un corno. La valutazione discrezionale del comandante predetto DEVE avere dei riferimenti OGGETTIVI, infra i quali egli assumerà, in via esclusiva la sua decisione. Ma, in carenza di dati ripeto oggettivi, l'arbitrio diviene abuso ed abuso delittuoso.

Detto arbitrio ha cagionato danno a chi scrive, costretto a rimanere fuori sede con gli intuitivi disagi e relative spese, assumendo così, sempre chi scrive, la veste di persona offesa. E nel denunziare alla competente Procura della Repubblica quanto sopra esposto, richiede il sottoscritto di essere informato per l' ipotesi di archiviazione.

avvocato*

LE REAZIONI.

LA REPLICA DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DELL'UNIONE SINDACALE CAPITANI LUNGO CORSO... (USCLAC/INCDIM/SMACD).

Buonasera, quale Organizzazione Sindacale che rappresenta Comandanti e Direttori di Macchina, la necessaria precisazione all'articolo apparso, relativo al concetto di "Arbitrio", edito dall'avv. Alfio Ziino.

Francesco Giuseppe D'Anniballe, Presidente Nazionale UNCDiM (Unione Nazionale Capitani Direttori di Macchina) Componente la Segreteria Nazionale USCLAC/UNCDiM/SMACD Capitano Superiore di Macchina, Cavaliere della Repubblica, Medaglia d'oro per lunga navigazione.

Per la lettura cliccare nel link che segue:

http://www.torremare.net/marittimi/8192MS.htm

di Alfio Ziino

Leggo il comunicato della U.S.C.L.A.C./U.N.C.Di.M./S.M.A.C.D., associazioni sindacali, ripeto sindacali, difensori per propria sopravvivenza anche dell' indifendibile, e che ritengo abbiano ad iscritti uomini o donne dediti alla navigazione lacustre, privi di qualsiasi facoltà di giudizio, passivi lettori di comunicati. Vado per mare da oltre 50 anni, al comando o da trasportato, e parlo con cognizione di causa. Nella giornata indicata, e nelle ore in cui la Pietro Novelli se ne stava vergognosamente alle mura, ho navigato piacevolmente con altra nave. E nella medesima giornata andavano per mare cani, gatti e simili, di scorta ad imbarcazioni di venti metri che raccoglievano turisti e non solo rimasti bloccati, per bontà della Pietro Novelli, in alcune delle piccole isole eoliane. Ma fatemi il favore..............

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