SANDRA MILO, SANDROCCHIA, LA DONNA DONN DONNA…
«La Sandrocchia con l’abito di volpi bianche che indossava nel personaggio di Susy, più rotonda, più cicciona, appoggia il pancione morbido contro il mio e io le tocco con gran piacere le favolose elastiche chiappone.
Cerchiamo un luogo tranquillo per fare bene l’amore. Non lo troviamo. Che rabbia!
Comunque io prima debbo liberarmi di una piccola scimmietta bianco e nera che mi morde la mano sinistra.
Non mi ha ferito e non mi ha nemmeno fatto male, ma ha lasciato l’impronta dei suoi dentini aguzzi».
Si ipotizza che la scimmietta nella simbologia onirica, possa indicare un’energia repressa che sta risalendo in superficie, un lato della personalità a cui abbiamo impedito di fluire: la sua presenza nel sogno può persino alludere a un istinto genitoriale, di procreazione, che si affaccia dal profondo della nostra natura. L’animaletto fa sentire a Federico i suoi dentini aguzzi ma “senza fare male”.
Forse il sogno “che non mente mai”, come usava ripetere Fellini, gli sta lanciando messaggi piuttosto espliciti su cosa rappresentasse per lui Sandrocchia, così croccante persino nel nomignolo che le aveva affibbiato Fellini. Sandra è l’amante dei teatrini erotici di Otto e mezzo, ma è anche la donna grembo, accogliente, vorace, la femmina che ci permette di riprodurci.
Al tempo di Giulietta degli Spiriti, il film forse più intimo e coraggioso, nel quale l’autore non si è sottratto all’impresa di mettere in scena tutti i suoi fantasmi domati e ammansiti, appare lei come un sogno proibito di incolmabile erotismo. Al centro della storia c’è Susy, la creatura della costola, Eva tentatrice, il peccato, la voluttà fatta persona, la trasgressione come regola di vita, la soubrette del circo che dondola avanti e indietro sul trapezio, il sogno di libertà, l’altrove, la fuga. Irrealizzabile.
Una volta che gli domandai a bruciapelo quale fosse il suo film preferito, Federico rispose senza alcuna esitazione: “Giulietta degli Spiriti”.
Sandra Milo era entrata in scena con Otto e mezzo; attrice dalle forme prorompenti, considerata nel cinema una sex symbol, una 'maggiorata' adatta alle commedie di costume. Gli intellettuali della Settima Arte s’erano burlati di lei, protagonista di “Vanina Vanini” di Roberto Rossellini, ribattezzandola perfidamente “Canina Canini”. Bocciata in recitazione. Federico la trasformò in una icona abbagliante e indimenticabile, come è sempre successo alle modelle dei grandi maestri della pittura.
Fu lo scrittore e sceneggiatore Ennio Flaiano, dall’occhio lungo, a presentarla a Federico come possibile interprete della signora Carla, portandola con sé a Fregene durante la preparazione del film.
Sandra sostiene di essersi innamorata a prima vista di Fellini, all’istante; un innamoramento da tagliarle le gambe, da renderla balbettante, incapace di controllare l’emozione che le toglieva il fiato, con i palpiti del cuore impazziti, a rischio di svenire ogni volta tra le sue braccia. Il regista, a quanto pare, oppose qualche iniziale e assai fragile resistenza. Poi si lasciò volentieri travolgere dalle sapienti arti dell'attrice ed ebbe per lei un debole irrefrenabile.
Per almeno dieci anni Sandra aveva dominato nella sfera erotico sentimentale di Fellini. L’attrice precisa che gli anni sono diciassette, e senza dubbio ha ragione.
Federico che aveva voluto 'Sandrocchia' accanto a sé per interpretare Amarcord, nella parte della Gradisca. Ma la terza occasione andò malauguratamente in fumo. Il marito di Sandra, Ottavio De Lollis si era opposto senza mezzi termini: “Mia moglie non farà questo film”.
Mi confido in una intervista filmata: “Senza nessuna gelosia, ma penso che l’avrei interpretato con un pizzico in più di allegria. E anche di innocenza, se vogliamo.
Ecco, io l’avevo immaginata come una donna che è golosa di tutte le cose belle che ci sono nella vita, non so, una che vede il mondo come un grande gelato, o come un bicchiere di vino buono, o come giocare a mosca cieca, ecco, prendimi prendimi, come un gioco… E poi anche il piacere di portare bei vestiti, sentire la seta sul corpo, con tutti quelli che guardano, che ti desiderano, la voglia che c’è sotto… Una pavoncina? Anch’io quando ho fatto in Otto e Mezzo la signora Carla, l’amante... Federico quando mi parlava del personaggio diceva, «per me è una pavoncina, con la testa piccola e … va beh insomma, “quello” grande», e io l’ho fatta bene, no?”
Alla domanda esplicita: chi è Sandra, chi è Sandrocchia? Lei rispose con genuina intelligenza:
«Oh beh, Sandrocchia è sempre dentro di me, voglio dire non è che l’ho buttata via, no assolutamente, e se c’è è perché è piena di vitalità, di candore se vuoi, quello che poi ha fatto dire alla gente da tanti anni, o mi ha fatto definire come ‘la svampita’. Perché la mia è una figura difficile da classificare no? Cioè la donna o è amante, o è madre, o è sposa, oppure è tutto questo e qualcosa ancora…
Che cos’è Sandrocchia? È molto di più; per Fellini era anche il sogno, in qualche modo anche la trasgressione, innocente, cattolica, quindi limitata, e per questo simpatica e anche da amare… Il mio personaggio era la donna, donna, donna, la sintesi della donna, la femminilità, la sensualità, l’ambiguità. Oh, io ero proprio tante creature di Federico, ero una sua immagine, un suo specchio.
Io l’ho amata Sandrocchia, non l’ho buttata via, tutt’altro, continuo ad amarla; è come la bambina che è in me, e che rimane, persiste…».
Caro Gennaro, Il bellissimo articolo di Gianfranco Angelucci ha svegliato in me un piccolo sogno de barbouilleur-imbrattatore ch'era nascosto in un angolo del mio cuore. Eccoti il mio "Fellini, il divino", che ho appena realizzato dopo aver letto l'articolo d'Angelucci a proposito di Sandra Milo.
La Sandrocchia provocante, croccante, l'amante dei teatrini erotici di Otto e mezzo, l'Eva tentatrice, la Susy-Iris-Fanny di Giulietta degli spiriti, l'icona abbagliante che piaceva a Fellini, la modella dei grandi maestri del cinema, la pavoncina con la testa piccola ma un gran talento, l'amante, la sposa, la madre, la donna se n'è andata. La piangiamo.
È sempre un piacere leggere o ascoltare Angelucci. Tanti saluti