“C'è un clima intimidatorio”, l'allarme dei giornalisti in Commissione antimafia. Rizzo Nervo: “Pressioni anche sulle piccole cose”
Un «clima intimidatorio» non solo costruito dalla mafia, «ma anche dalla politica, con un nuovo apparato normativo che rende più difficile fare il giornalista e aumenta la condizione di rischio in cui si lavora»: è l’allarme lanciato dai giornalisti ascoltati nella seduta della Commissione regionale antimafia, riunita nella sede dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, a Palermo, alla presenza di numerosi cronisti.
«Resta una notizia strana e insopportabile - ha detto il giornalista del quotidiano La Repubblica, Salvo Palazzolo, scortato dopo le sue inchieste sul ritorno dei boss scarcerati - quella di un giornalista scortato per minacce della mafia, conseguenza anche di una sovraesposizione dei cronisti che si trovano a raccontare in una situazione di grande difficoltà determinata da limiti e divieti imposti dalle nuove norme».
Neppure le conferenze stampa si possono fare, mentre «serve un doppio binario - ha proposto - capendo che sui fatti di mafia è necessario che le procure tornino a comunicare, perchè i boss fanno comunicazione, attraverso i neomelodici, a esempio, e altri canali, per fare passare il messaggio che non è più la mafia delle stragi, ma quella buona dei favori e della soluzione dei problemi».
Anche da questa seduta occorre rilanciare, ha proseguito, la necessità di «una banca dati sui boss delle mafie scarcerati, devono essere monitorati in tempo reale. Occorre aprire un dibattito in questo Paese che pare anestetizzato su quanto sta accadendo». «La mafia realizza la sua campagna di comunicazione - ribadisce Roberto Leone di Assostampa Sicilia - mentre a noi vengono posti mille problemi e mille divieti».
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