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Filicudi, "Svenduti" il nuovo film di Luca Barbareschi con tante comparse isolane.

Prodotto e diretto dal "Cittadino onorario" di Filicudi dove in zona alta ha ampia villa, con la collaborazione di Damiano Bruè e Lisa Ricciardi da lunedì 9 ottobre nell'isola delle Eolie, il regista e produttore televisivo inizierà le riprese fino all'11 novembre.

Top secret al momento chi saranno i protagonisti. 

La trama. Crisi economica. L’Italia, in banca rotta, decide di vendere le Eolie alla Francia. Un commissario rigido e orgoglioso viene inviato a francesizzare le isole. La sua presenza scatenerà la rivolta degli isolani, per nulla d’accordo con la decisione del governo. Ma le bellezze dell’isola e un amore inaspettato cambieranno i piani dell’ufficiale francese.Luca_Barbareschi.jpg

L’Italia è paese di incomparabile bellezza, di racconti fiabeschi. Non per questo è priva di contraddizioni e divergenze.
La nostra è una storia poetica, in cui il romanticismo combatte l’interesse economico - racconta il produttore - una specie di novella in cui il mito sfiora la modernità Una storia semplice, quella di una comunità di persone pronte a difendere i valori e le tradizioni che li hanno da sempre protetti e uno ‘straniero’ che, con l’inganno vorrebbe sottrargli ciò che è loro.

Se la crisi dell’economia di un Paese può portare all’economia creativa, si può pensare di ridurre il debito pubblico con mosse strategiche alquanto originali. La vendita dei beni di un popolo ci ricorda quanto realmente successo nel 2015, quando il governo greco prese in considerazione l’idea di mettere in vendita alcune isole dell’Egeo. Ma ci ricorda anche il memorabile sketch di Totò e Peppino che cercano di vendere ad un turista americano la Fontana di Trevi! Siamo a Filicudi, uno dei luoghi più incantevoli del nostro Paese, una perla nel Mediterraneo, una piccola isola tra le Eolie, incastonata su antiche tradizioni. 

Sarà proprio quest’isola meravigliosa la vittima perfetta di una macchinazione finanziaria speculativa, ad opera di un governo in crisi, che individua nella vendita di tanta bellezza, una fonte di guadagno. E chi potrebbero essere i migliori acquirenti se non i tanto amati – odiati cugini d’oltralpe, i francesi? Con il meccanismo classico della commedia, la battaglia tra cugini avanza a colpi di risate e geniali trovate. 

Così inizia il nostro film, con François, uno straniero soprannominato Richelieu, che cerca di acquisire nell’ombra tutte le  proprietà degli isolani, con la promessa del governo francese di diventare un giorno Ministro. Il suo obiettivo sarà dunque la  conquista dell’isola, a colpi di manipolazioni, negoziazioni, compravendite e lottizzazioni. Ma la bellezza, si sa, non si compra. E gli isolani sono tutt’altro che indifesi. 

Inizialmente ignari del complotto alle loro spalle e del destino che li attende, non tardano poi ad allinearsi contro il nemico.  Capitanata da Marianna Torre, sindaco tanto combattivo e determinato quanto sensuale e affascinante, la popolazione dell’isola svela la sua forza aggregativa e combatte per riprendersi le case, i negozi, la lingua, la bandiera, le barche. 
La chiesa, uno dei luoghi di incontro e crescita della popolazione, diventa fondamentale per innescare nell’anima di François un processo di annessione. Contrariamente al suo programma scellerato, non solo non conquisterà l’isola, ma ne rimarrà conquistato. L’accoglienza del sacerdote, l’incapacità di mantenere atteggiamenti ostili e il desiderio di adottare lo straniero, ribaltano i piani dei francesi, facendo trionfare la bellezza, l’amore e la poesia. 

La rivalità tra italiani e francesi, la sfida tra capre e lumache, pomodori secchi e foie-gras, la competizione tra squadre di calcio, si innestano in un panorama magico che regala serenità e senso di appartenenza. Una storia dal sapore artigianale, in un’isola meravigliosa che vede combattere due fazioni diverse, un paese con un forte spirito solidale sostenuto dal rispetto 
di regole e tradizioni e l’impatto con il nuovo, il diverso, l’inclinazione disonesta al profitto al guadagno. 
Tutti i personaggi dovranno vedersela con le scelte individuali e con quelle comunitarie. Ingannati e contrariati, sapranno rimettere l’albero fuori dall’acqua e raddrizzarsi con nuovi orizzonti e nuove rotte.

Filicudi in realtà in passato ha avuto un certo interesse anche da parte degli Arabi.

Si era parlato di un loro diffuso interesse, ma poi non se ne fatto nulla. E Filicudi non è l'unica isola interessata per le riprese di un film. Anche Stromboli salita alla ribalta delle cronache mondiali per l'opera cinematografica "Terra di Dio" del regista Roberto Rossellini con Ingrid Bergman, nelle scorse settimane ha registrato le riprese di una troupe francese che si sono concluse da qualche giorno. 

E Filicudi non è nuova a clamorse proteste anche nella realtà.

Uno stralcio dell'articolo pubblicato dall'inviato Marcello Sorgi, su "La Stampa" di Torino. 

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di Marcello Sorgi

53 anni fa, per la prima volta gli isolani "eroi" si ribellarono contro la mafia. L’arrivo di quindici dei più famosi boss dell’epoca - tra cui spiccavano Gaetano Badalamenti, poi destinato a finire i suoi giorni in un penitenziario americano da cui mandava obliqui messaggi ad Andreotti, Giovanni, «John», Bonventre, potente «capodecina» della famiglia Bonanno di New York, e Mario Brusca, padre di quel Giovanni che 30 anni fa dopo avrebbe premuto il telecomando per azionare l’esplosivo usato nella strage di Capaci contro Giovanni Falcone - bastò a sorpresa a sollevare l’intero popolo delle Eolie, affluito in massa a manifestare la propria solidarietà ai cugini filicudari, e dopo un massiccio quanto sconclusionato intervento dello Stato per sedare la rivolta, incredibilmente esiliato nell’isola più grande, Lipari.

Così lo Stato, del tutto impreparato, riuscì nel capolavoro di reprimere ed evacuare gli isolani che si erano ribellati alla mafia, mentre circondava di mille attenzioni i mafiosi. Ci volle un mese, dal 24 maggio al 24 giugno, prima che la normalità potesse essere ristabilita e i boss trasferiti all’Asinara. Il diario di questi trenta giorni epici rivive nel bel libro dello storico Giuseppe La Greca ( Le giornate di Filicudi), edito a cura del Centro Studi Eoliano di Lipari.

Nel tragico 1971 della rivolta, l’antefatto che aveva portato un drastico giro di vite contro i mafiosi a piede libero era stato l’assassinio, il 5 maggio, del procuratore capo della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione, primo di una lunghissima serie di delitti eccellenti di una Cosa Nostra ormai votata a una guerra frontale contro lo Stato. Di qui la decisione della magistratura di concentrare i boss al confino, per meglio controllarli e per limitare l’attività che molti di loro, benché inviati al soggiorno obbligato lontano dalla Sicilia, conducevano indisturbati grazie a una rete nazionale di complicità e a grandi mezzi economici, ricavati già allora dal traffico intercontinentale di droga.

La scelta di Filicudi si rivelò subito infelice perché le Eolie erano già state a lungo utilizzate come penitenziario per confinati durante il fascismo, subendo pesanti danni economici, e si erano da poco tempo risollevate dedicandosi al turismo. Pur non essendo tra le più frequentate dell’arcipelago, Filicudi poteva contare da un decennio su un paio di migliaia di turisti affezionati, che la presenza dei mafiosi avrebbe sicuramente allontanato.

Di qui la rivolta. Che dilagò guidata dal sindaco liparoto Checchino Vitale e dai consiglieri Renato De Pasquale e Spartaco Persiani, e coinvolse in breve tutta o quasi la popolazione eoliana, in prima fila i giovani e le donne, arrivati con barche e ogni mezzo a Filicudi. Di fronte a loro lo Stato ebbe una reazione abnorme e per certi versi tragicomica: una nave con centinaia di militari a bordo venne mandata in un’isola in cui, va detto, non esisteva una spiaggia né un molo a cui attraccare e in cui i viaggiatori venivano portati a terra a bordo su scialuppe a remi. Il rifiuto della popolazione, meno di duecento persone, sparse su uno scoglio senza strade, né acqua o luce, di dare assistenza agli sgraditi ospiti, fu contrastato in modo minaccioso e con inutili prove di forza da polizia e carabinieri. «Ogni tanto i mafiosi uscivano dal capannone in cui avevano trovato precario riparo - raccontò Persiani -.

E bisognava vederli quei figli di puttana, imperturbabili, eleganti come clienti di alberghi a cinque stelle. Lo Stato inviò navi da guerra, mezzi blindati, ma provi a sbarcare con quegli scogli. Un piroscafo portò 300 carabinieri dalla Sicilia. Il tenente colonnello dichiarò: “Signori, sono sceso con un fiore al fucile, non costringetemi a cambiare atteggiamento”». Effettivamente, come si ricava dalle foto dell’epoca, Badalamenti, Brusca, Bonventre e la dozzina di scampati alla galera grazie a sentenze di assoluzione per insufficienza di prove in cui la mafia non veniva neppure nominata, assomigliavano in modo impressionante all’immagine poi tramandata di loro in film come Il padrino oGoodfellas : benché costretti in una situazione di disagio, vestivano di tutto punto, camicie bianche e abiti stirati, portavano sempre occhiali da sole, e interrogati dai giornalisti - tra cui, in prima linea, il grande inviato della Stampa Gigi Ghirotti -, rispondevano tranquillamente che la mafia non esisteva, era solo un’invenzione, e si presentavano come «benefattori» della povera gente, a cui lo Stato prima o poi avrebbe dovuto dare un riconoscimento!

Alla fine tanto inutili rigore e durezza delle forze dell’ordine contro gli eoliani riuscirono a produrre l’effetto opposto. Toccò a Emilio Colombo, capo democristiano di uno dei tanti «governi balneari», rendersi conto che la situazione era diventata esplosiva, e in tutto il mondo, ormai, grazie ai servizi di tv e giornali stranieri, rischiava di diffondersi la storia di un gruppo di mafiosi, che con l’aiuto del governo italiano erano riusciti a sfrattare una pacifica popolazione contadina dalla propria isola. Dopo il trasferimento dei boss all’Asinara, il ministro dell’Interno Restivo si presentò in Parlamento. Se non altro per dire, con un linguaggio assai sorvegliato, che la brillante idea di mandare in villeggiatura i boss a Filicudi era stata della magistratura e non del governo.

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Barbareschi, che in questa estate è intervenuto al "Marefestival" di Malfa sull’isola di Salina per ricevere il premio Troisi annunciò l’inizio di un nuovo film proprio alle Eolie. 

E ricordò Massimo, l'attore napoletano "era un grande talento, con un suo stile di comicità molto particolare e la sua metalingua che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Troisi ha sempre portato sé stesso in ogni film. Io ho uno stile diverso nel recitare, seguo un sistema di mimesi dove cerco sempre di essere qualcun’ altro. Troisi abitava vicino a me, era molto simpatico, molto affettuoso e un grande giocatore di biliardo. Era soprattutto un grande poeta del cinema ed è stato un onore per me ricevere un premio nel nome di Massimo. Ad ottobre inizierò un film alle Eolie e starò qui sei mesi che sono da sempre nel mio cuore”.

Anche al settimanele "7" in una ampia intervista, lui che ha avuto sei figli con tre mogli diverse, ha confidato "a Filicudi sto bene anche da solo".

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