di Michele Giacomantonio
Caro Direttore,
abbiamo in questi giorni parlato a lungo del ‘700 liparese e della controversia liparitana ed abbiamo potuto constatare come Lipari, proprio per quei fatti, divenne di interesse europeo e fu al centro dell’attenzione delle potenze dell’epoca. Al li là della banalità del problema, la tassazione o meno di un pugno di ceci, gli avvenimenti misero in risalto come il potere, sia esso politico o religioso, possa scatenare passioni e conflitti anche molto duri. Un evento quindi che rimane di grande attualità pur nel cambiare dei tempi.
Ora, purtroppo, per incuria, due dei riferimenti più significativi di questo evento rischiano scomparire. Il primo è la Chiesa delle Madonna delle Grazie al Castello che fu quella dove fu emesso l’interdetto contro i liparesi che si arrendevano alla politica del Viceré di Sicilia, l’altro è rappresentato dei documenti conservati ( si fa per dire) in Vescovado fra cui gli atti del processo canonico contro i catapani. Ma andiamo per ordine.
La Madonna delle Grazie è una bella Chiesa del settecento ricca di tesori artistici come tutte le chiese del Castello. Mons. Alfredo Adornato ci ricorda che una chiesa dedicata a S. Maria delle Grazie , di modeste dimensioni, esisteva nella città alta fin dal XIII secolo quando il vescovo Ventimiglia nel 1700 decise di costruire una chiesa più grande di cui il 20 marzo fu posta la prima pietra e completata nel 1708 (Due millenni di storia eoliana).
In alto, a sinistra la facciata di S. Maria delle Grazie e a destra l’interno. Sopra il transetto com’era prima del crollo e come appariva subito dopo il crollo.
La Soprintendenza dei Beni Culturali di Messina, con fondi europei, avviò un’opera di consolidamento e restauro di questa chiesa all’inizio degli anni 90 dello scorso secolo ed i lavori terminarono nel 1995-6. Ricordo che nel maggio del 1995, quando il Comune celebrò i 900 anni del Constitutum dell’abate Ambrogio, in questa chiesa venne allestita una mostra con gli originali del diario di Maurando sull’attacco del Barbarossa. Allora il restauro era finito ma mancava solo la pavimentazione e per allestire la mostra si dovette ricorrere ad una impalcatura.
Ebbene, questa bellissima e preziosa chiesa sta andando in rovina nella disattenzione più generale. Tre anni fa se ne è caduto il transetto che sorregge l’organo sopra la porta di entrata principale. La chiesa è stata chiusa perché pericolante ma i lavori non sono mai stati fatti.
Anche i documenti che si conservano in Vescovado sono preziosissimi e non solo quelli riguardanti la controversia liparitana. Come si sa Lipari non ha documenti della propria storia antecedenti al 1544 quando Ariadeno il Barbarossa distrusse la città alta con le sue chiese ed i suoi archivi e deportò la maggior parte della popolazione. Non a caso quella del Barbarossa e ricordata come “la grande ruina”. I pochi documenti conservati riguardanti le Eolie provengono da archivi di altre città (Palermo, la Spagna, Roma…) o da Patti che allora condivideva con Lipari la Diocesi. Infatti l’originale del Constitutum del 1095 si è salvato perché era conservato nella sede vescovile di Patti.
Il Palazzo vescovile dove si trova l’Archivio.
E siccome allora Le Eolie erano una Signoria con a capo il Vescovo di Lipari, che oltre al potere religioso deteneva anche quello politico e quello giurisdizionale, la gran parte dei documenti più importanti dopo il 1544 fino agli inizi dell’’800 si trovano in vescovado.
In che condizione? Diversi anni fa fu finanziato un progetto per il restauro, la catalogazione e la conservazione di questi documenti. Il lavoro fu avviato ma non fu concluso perché i finanziamenti risultarono insufficienti e comunque il lavoro fatto rimase pressocché senza sorveglianza e custodia se non quella di Mons. Adornato che aveva le chiavi della curia e consentiva a chi avesse interesse di consultare le carte. Quando cinque anni fa il Centro Studi per commemorare i trecento anni della controversia decise di fare una pubblicazione e mi diede l’incarico di approfondire l’argomento che già avevo trattato nel mio “Navigando nella storia delle Eolie”, accompagnato da Mons. Adornato, mi recai nell’archivio vescovile per cercare gli atti del processo che la diocesi aveva intentato contro i catapani ed altri documenti che potessero gettare luce sulla controversia e sul periodo. Ci passai alcune ore ma non riuscii a venire a capo di niente. Le cassette erano tutte confuse ed i documenti dispersi in maniera disordinata. Non potendo venire a capo degli originali dovetti ricorrere alla pazienza e disponibilità del prof. Iacolino che qualche decina di anni prima aveva avuto accesso ai documenti e ne aveva fotocopiati gran parte. Quanto all’archivio, con ogni probabilità la catalogazione andrà rifatta nuovamente. Ma, fatto più grave, l’archivio era infestato da tarme che indisturbate si cibavano dei preziosi documenti eoliani. Di questo ne accennai all’Arcivescovo che mi assicurò che avrebbe provveduto ma sono passati quasi cinque anni… e sicuramente le tarme sono cresciute e si sono moltiplicate.
Ecco, caro Direttore, mi rivolgo a te perché mi aiuti a fare di questo problema un cavallo di battaglia sino alla soluzione. Investiamo innanzitutto il Sindaco perché pur non avendo una responsabilità diretta certo non può disinteressarsi del patrimonio storico, culturale, architettonico delle nostre isole; poi l’Arcivescovo che certo ha competenza sull’archivio e sulle chiese; la Soprintendenza, la Regione e quanti altri mai. Ma vorrei che di questo problema si occupasse soprattutto la Consulta giovanile ed i giovani delle Scuole. Il patrimonio delle isole rappresenta il loro futuro ed è giusto che si mobilitino perché venga salvaguardato. Ci si scandalizza tanto dell’ISIS che distrugge tesori inestimabili ma noi qualche volta sembra che le facciamo concorrenza.
LA REAZIONE.
di Peppe Cincotta*
Gentile direttore,
mi associo all'appello lanciato da Michele Giacomantonio per la salvaguardia del nostro patrimonio storico e culturale, in particolare della Chiesa della Madonna delle Grazie, del Palazzo Vescovile di Lipari e di tutti beni all'interno di essi custoditi (opere d'arte, archivio storico, ecc.). Già tempo addietro, ebbi a lamentare pubblicamente la chiusura del Palazzo Vescovile, a mio avviso bene di enorme rilevanza, sito in una posizione strategica, al cui interno è custodito l'archivio storico di Lipari, con un magnifico giardino, posto vicino ad un parco archeologico, anch'esso poco conosciuto ed apprezzato. Spero che dall'appello lanciato da Michele Giacomantonio, possano nascere spontanee iniziative per "riconsegnare" al nostro territorio questi beni di valore inestimabile.
Mi permetto di aggiungere qualche riflessione. La destagionalizzazione del turismo, tanto decantata, passa principalmente attraverso la valorizzazione delle risorse presenti sul nostro territorio. Ma guardiamoci attorno. I nostri beni sono, per la maggior parte, totalmente abbandonati. La fruizione di essi, ove ancora possibile, è lasciata alla curiosità e all'intraprendenza del turista, il quale, invece, dovrebbe avere l'opportunità di essere stimolato e guidato.
Il significato della "parolina magica" valorizzazione va oltre la mera conservazione ed include in se la necessità di rendere accessibile, fruibile e conoscibile l'immenso patrimonio culturale di cui disponiamo.
Fatta questa premessa, ritorno al caso specifico che mi ha spinto a scrivere. L'idea di Michele Giacomantonio di coinvolgere la consulta giovanile, le scuole e, in generale, i nostri giovani è molto bella e potrebbe anche rappresentare un trampolino di lancio per il futuro, per creare delle vere e proprie opportunità di lavoro.
Intanto, potremmo ad esempio partire dalla creazione di alcune giornate - pensiamo alle "domeniche di maggio"- nelle quali i giovani che vogliano aderire all'iniziativa, dopo aver frequentato un breve corso di formazione, illustrino ai turisti, ma anche a tutti gli eoliani che ne abbiano voglia e curiosità, alcuni dei nostri beni storici.
Lo scorso week end sono stato a Catania e, nel corso della giornata nazionale del FAI, ho avuto modo di visitare alcuni beni, fruendo della guida e dell'accoglienza dei giovani catanesi delle scuole superiori.
Naturalmente, sposo anche l'appello di Michele Giacomantonio affinchè le Autorità, ciascuno per le proprie competenze, si attivino per garantire la conservazione e la valorizzazione del nostro patrimonio storico e culturale.
*Avvocato
RIPROPONIAMO UN “REPORTAGE DENUNCIA” DE IL NOTIZIARIO DELLE EOLIE ONLINE
Lipari, festeggiata la Madonna delle Grazie. Ma la chiesa cade a pezzi
Nel suggestivo scenario del Chiostro Normanno, costruito nel XII Secolo all’interno della Chiesa Cattedrale di Lipari, ieri 2 luglio, il Parroco, Mons. Gaetano Sardella ha celebrato la SS.Messa in onore della Madonna delle Grazie ricorrendone la festività. Presenti moltissimi fedeli e le Suore dell’Istituto Francescano dell’Immacolata Concezione di Lipari, con la Madre Generale, Rev. Floreana Giuffrè. E’ stato un momento di grande intensità religiosità e di devozione verso la Madonna Santissima, esaltato dalla particolarità del luogo.
Foto di Aldo Natoli.
LA NOTA PRECEDENTE. Oggi ricorre la Festa della Madonna delle Grazie, la cui Chiesa settecentesca è ubicata all’interno del Castello di Lipari.
Le recenti foto dell’amico Antonio Iacullo, pubblicate sul Notiziario delle Eolie online, ci mostrano lo stato di degrado in cui versa la struttura muraria della Chiesa. All’interno il transetto è già crollato e per la
precaria situazione statica e la Statua della Madonna è stata trasferita nella Chiesa Cattedrale dove per la ricorrenza il Parroco Mons. Gaetano Sardella celebrerà la S. Messa riunendo così i tanti devoti della Madonna.
Ed è proprio in questo giorno ,che mi ricorda anche l’opera profusa per la Chiesa dalle sorelle Grazia e Rosaria Biviano, che mi permetto lanciare un appello a tutte le Istituzioni: Assessorato Regionale Beni Culturali, Soprintendenza ai Monumenti, Comune di Lipari, affinchè si impegnino con estrema urgenza, per evitare danni irreversibili alla Chiesa storica, a trovare le risorse per restituire alla Chiesa il suo originario splendore. Noi cittadini sicuramente non ci tireremo indietro.
lunedì, 04 febbraio 2013
LA DENUNCIA. PATRIMONI A PERDERE. Lipari, la chiesa di Santa Maria delle Grazie cade a pezzi
Lipari – La secolare chiesa di Santa Maria delle Grazie, rischia di cadere a pezzi. All’interno della navata è crollato il delicatissimo coro con le sue decorazioni settecentesche (oramai perdute per sempre), cosi’ come anche l’area vestibolare.
Ma oramai è tutto il luogo sacro con i suoi “gioielli” che custodisce che è a rischio. Che la chiesa sia ormai a perdere è suffragato dalle continue richieste che negli ultimi anni sono state lanciate dagli amanti di questo patrimonio storico-culturale e anche dai responsabili del museo archeologico di Lipari, alla Soprintendenza, piu’ volte, alla Curia, al prefetto senza ricevere alcuna risposta concreta.
Dall’anno scorso, e cioè da quando è crollato il delicatissimo coro con le sue decorazioni settecentesche (oramai perdute per sempre), tutto è stato lasciato nel modo che si evince dalle foto. Di fronte a questo patrimonio che giorno dopo giorno continua a cadere a pezzi, tra gli isolani c’è grande indignazione, anche perchè è per l’insipienza e l’incuria che si verificano casi del genere. Alcuni vacanzieri che hanno avuto modo si visitare il l”luogo sacro” che è ubicato all’interno della roccaforte spagnoleggiante del castello, di fronte a tale degrado hanno manifestato un forte sentimento di disprezzo verso le autorità preposte (in testa l’assessorato regionale dei beni culturali) che non sono capaci di tutelare e valorizzare i tesori che i predecessori hanno lasciato alla maggiore isola delle Eolie. Alcuni isolani sono anche intenzionati a indire una petizione da inviate al nuovo assessore regionale Antonio Zichichi. Un appello lo lanciamo anche alla giunta Giorgianni. I cittadini si chiedono dov’è l’Unesco? Siamo o non siamo “Patrimonio dell’Umanità”. Ma qui ormai il “Patrimonio è a perdere…”.
La chiesa di Santa Maria delle Grazie (in particolare) venne rinnovata nel 1700 dal vescovo Ventimiglia che vi volle collocare un organo sulla porta d’ingresso e che dotò la chiesa di un numero doppio di altari. Le forme settecentesche sono giunte praticamente inalterate anche nella sua decorazione plastico pittorica. Gli affreschi, datati 1708, sono opera del pittore Alessio Cutrono e il pavimento è realizzato in mattonelle di ceramica bicolore dell’inizio del XVIII secolo. Ma ora tutto questo patrimonio se non si interverrà in tempo utile, rischia di fare una fine davverso ingloriosa.
Nel salone del Centro Giovanile in viale Mons. Salvatore Re si è tenuto l'incontro rivolto alle Parrocchie del vicariato delle Eolie sul tema "L'uomo, via della Chiesa: uscire e annunciare"in preparazione al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze del prossimo novembre. Il programma prevedeva:
• Introduzione – Accoglienza – Dinamica iniziale;
• Presentazione del tema: spunti biblici sul brano della "moltiplicazione dei pani" e sulle vie "uscire – annunciare";
• Testimonianza: sulla casa di accoglienza per anziani della Madonna del Terzito a Salina da parte del suo direttore don Alessandro Di Nardo e del suo collaboratore volontario sig. Eugenio Giardinello.
• Interventi e conclusione.
Il brano del Vangelo di Giovanni sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci è stato illustrato da don Giuseppe Lonia, responsabile Ufficio Catechistico diocesano.
I credenti sono chiamati ad annunciare ai fratelli che la voce che sentono dentro il proprio cuore, quella voce che esprime "i bisogni" insoddisfatti della vita, grida in realtà "il bisogno" fondamentale di felicità piena e duratura, a cui esiste una sola autentica risposta: Gesù Cristo! La comunità tutta intera, ministri, consacrati e
laici, è chiamata ad uscire dall'illusione di sapere tutto molto bene, e di tornare nello stato permanente di discepolato, alla scuola del Maestro, per imparare a riconoscere i tratti dell'umanità nuova ed autentica; dagli schemi preconfezionati con cui siamo abituati a guardare il presente, per vedere innanzitutto non i problemi, ma le persone; dai propri limiti strutturali per andare incontro ai fratelli nei loro bisogni reali, con la fantasia pastorale che la potenza del Signore Gesù può rendere possibile.
I credenti sono chiamati non a rinunciare al buon senso comune che consente di giudicare con realismo le situazioni, ma a impedire che quel realismo soffochi il vangelo. La rinuncia, infatti, di fronte alla reale proporzione delle necessità equivale ad un anti-vangelo: così proclamiamo soltanto l'impossibilità di realizzare il mondo giusto e bello in cui tutti possano vivere.
La comunità dei credenti è chiamata a riconoscere anche i germi più piccoli di vangelo che sono presenti al suo interno o perfino al suo esterno, e ad annunciarli come dono di Dio per noi e strumento per rendere il nostro mondo più vivibile.La comunità è chiamata ad uscire dalla paralisi che è provocata dal senso di inadeguatezza. I credenti sono chiamati ad annunciare che la potenza dell'eucaristia è per tutti: attraverso di essa, Dio visita le nostre necessità, e risponde ad esse.
La comunità è chiamata ad annunciare il valore di ogni singolo uomo, per il quale Dio non esita a dare la cosa più preziosa che possiede: suo Figlio.
La riflessione sul significato che possono avere oggi per i cristiani è stato illustrato dal dott. Michele Giacomantonio, uno dei sette delegati della Diocesi al convegno di Firenze.
Quando ero ragazzo – ha osservato Giacomantonio -, all'Azione cattolica cantavamo una canzone che mi piaceva tanto perché presentava la via dell'uomo e del cristiano come un'avventura in una Chiesa che si sentiva allora cittadella assediata dal Maligno e dai suoi solidali. La canzone aveva un ritornello "Esci dalla tua terra e va dove ti mostrerò". Esci dalla tua terra Abramo, abbandonate le barche e le vostre case discepoli e poi, a tutti, uscite e partite "con l'amore aperto a tutti per cambiar l'umanità".
Sono passati più di cinquant'anni da quando Giovanni XXIII annunziò la convocazione di un nuovo Concilio ecumenico con l'obiettivo di rimettere in cammino il popolo di Dio che si era arroccato terrorizzato da quelli che lo stesso Papa chiamò i "profeti di sventura": « Nelle attuali condizioni della società umana essi – disse il grande Pontefice in una indimenticabile giornata di ottobre - non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e
arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa »( Discorso per la solenne apertura del SS. Concilio, 11 ottobre 1962).
Da allora la Chiesa, forse a fatica, si è rimessa in cammino ma non tutto il popolo di Dio ha vinto le paure e l'indifferenza per questo ogni dieci anni la Chiesa italiana ci propone un grande convegno per capire se veramente siamo in cammino e dove stiamo andando e ci fornisce alcuni riferimenti con cui confrontarci:
l'evangelizzazione e la promozione umana, la riconciliazione, la carità, la speranza. Quest'anno, nel quinto incontro, ha scelto un tema un po' riassuntivo, "il nuovo umanesimo". Questa umanità di cui facciamo parte somiglia in qualche modo a Gesù oppure ne è totalmente estranea? Subito forse, pensando a quanto sta accadendo in Africa , nella Libia in particolare, ed in Asia minore a cominciare dalla terra di Gesù, a quello
che sentiamo delle nostre città e dei nostri paesi, ci verrebbe da dire che essa gli è totalmente estranea. Poi ci vengono in mente le parole di Papa Giovanni contro i profeti di sventura ed allora siamo chiamati a guardare più attentamente, a non fare di tutt'erba un fascio, a non guardare alla folla ma ai volti degli uomini come faceva Gesù e a usare il discernimento a individuare le tracce dello Spirito nei cammini della Storia.
Ecco, scopriamo che intorno a noi ci sono tante esperienze di amore, di solidarietà, di carità e di speranza ma la Chiesa anche e forse soprattutto la nostra chiesa locale, la chiesa che è nelle isole Eolie, è ancora per la gran parte arroccata nei luoghi protetti frequentati ormai solo dai fedeli tradizionali, sempre più pochi, sempre più anziani, anzi sempre più vecchi. Bisogna uscire spogliandoci dei paramenti, delle convenzioni, della sacralità come Gesù si spogliò della sua divinità per farsi simile agli uomini, escluso il peccato.
Così facendo, Gesù, riscattò per ogni uomo che avesse creduto in lui il Regno di Dio. Ed il Regno di Dio , da allora è divenuta, la terra promessa che non ci è scodellata già pronta per abitarla ma alla cui realizzazione siamo chiamati ogni giorno a contribuire, già in questo mondo, seminando valori, stabilendo relazioni fraterne, costruendo strutture di solidarietà e combattendo le strutture di peccato. Così nella terra presente – dice il Concilio - cresce " quel corpo dell'umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo".(Gaudium et spes, n.39). E' il grande mistero del "già" e "non ancora".
Anche il verbo annunciare é ricco di significati che arrivano alle radici della creazione e della nostra fede. E spesso i gesti ed i comportamenti sono più importanti delle parole soprattutto quando riguardano valori che chiedono di essere incarnati. Per questo si parla di una testimonianza vissuta che deve essere coerente con la testimonianza annunciata altrimenti si corre il rischio di vanificarla. Molto spesso nella esperienza della
Chiesa abbiamo vissuto questa contraddizione. Francesco è stata una grande testimonianza di una fede vissuta nei suoi valori più forti in un momento in cui le strutture ecclesiastiche apparivano chiuse in un mondo di esteriorità e di apparenza lontane dalle esigenze di un popolo che nella gran parte viveva nella miseria e subiva il sopruso delle classi ricche e dei potenti. Per questo volle incarnare l'umiltà fino a vivere nella povertà più dura, spogliandosi di tutto fin dei vestiti che erano del padre Bernardone ricco mercante, andando
pellegrino e dormendo sulla nuda terra; per questo volle testimoniare l'accoglienza verso gli ultimi abbracciando i lebbrosi e condividendo quanto aveva da mangiare. E compiendo questi gesti estremi continuava ad annunziare la perfetta letizia sostenendo che la vita merita di essere accolta e vissuta come dono, quindi come festa, celebrazione e gratitudine sentimenti che espresse nel "Cantico delle creature" una sorta di manifesto dell'"umanesimo francescano", una utopia che non è fuga dal mondo, ma un'affermazione integrale dell'uomo e della vita nonostante le negazioni e le minacce che ci circondano.
Nella esperienza di oggi ci sembra che il Vangelo vada annunziato collegandolo a valori capaci di disegnare una figura vera di uomo come la misericordia contrapposta all'arroganza ed al sopruso; la fraternità contrapposta alla logica di sopraffazione e di dominio; la pazienza contrapposta ai rapporti effimeri, alla cultura del tutto e subito; il dialogo contrapposto alla imposizione ed alla sottomissione; la gratuità e alla condivisione dei beni contrapposti alla mercificazione imperante; la responsabilità contrapposta all'omertà.
In particolare vorrei spendere qualche parola sul valore della pazienza.
Viviamo un tempo in cui la pazienza si è estinta e desideriamo un mondo sempre più simile al caffè istantaneo. Ma applicare le regole di internet alla vita reale provocherebbe danni gravi sul piano etico e sociale. Gli studiosi della comunicazione ci dicono che stiamo perdendo la pazienza eppure i grandi risultati necessitano di grande pazienza. Il periodo di tempo in cui si è in grado di tenere desta la soglia di attenzione, l'abilità a restare concentrati per un tempo prolungato – in definitiva, quindi, la perseveranza, la resistenza e la forza morale, caratteri distintivi della pazienza – sono in calo, e rapidamente.
Questo influisce sulla disponibilità ad ascoltare e sulle facoltà di comprendere, sulla determinazione ad "andare al cuore della faccenda", quindi provoca un continuo declino delle capacità di dialogare. Strettamente connesso ai trend descritti è il danno inferto alla memoria, oggi sempre più spesso trasferita e affidata ai server, invece che immagazzinata nel cervello.
Naturalmente non possono mancare i riflessi sulla natura stessa dei rapporti umani e sulla stessa democrazia. Allacciare e spezzare legami online è più comodo e meno imprudente che farlo offline. Non comporta obblighi a lungo termine, e tanto meno promesse del tipo 'finché morte non ci separi, nella buona e nella cattiva sorte'; non esige un obbligo così prolungato e coscienzioso come esigono i legami offline.
Certo questo è un effetto non ascrivibile solo al diffondersi del digitale ed anche ad un malinteso senso della libertà ma forse soprattutto a quella che viene definita la banalizzazione dell'esistenza con l'affermarsi di stili di vita superficiali non fondati su scelte che investono le basi dell'esistenza. Per quanto riguarda la libertà oggi essa viene spesso immaginata come l'assenza di legami, di vincoli, come possibilità di azzerare il passato rimuovendo tutto ciò in cui prima si viveva, e anzitutto le relazioni e gli impegni assunti, e ricominciare tutto da un nuovo punto di partenza.
Oggi la vita di coppia è divenuta fragile, la fedeltà difficile, il compatimento impossibile. Ma non è solo problema delle coppie ma di tutti i rapporti fondati sui sentimenti, sulla fede, sui valori, sull'interiorità e quindi anche le vocazioni, le amicizie. Coltivare la virtù della pazienza vuol dire rafforzare le basi anche della cultura del dialogo, della responsabilità, dell'affidamento reciproco, della fedeltà, ecc. che hanno garantito forme di convivenza fondate sul rispetto reciproco consentendo di risolvere gravi problemi umani e sociali.
Di fronte a tutte le trasformazioni tecnologiche, sociali e politiche vagheggiate o temute la pazienza si è dimostrata come la vera forza rivoluzionaria di cui l'uomo dispone.
Questi valori ed in particolar modo la pazienza sono importanti per operare nelle periferie esistenziali, nei luoghi della povertà di oggi. In particolare, per le nostre isole ne prendiamo in considerazione tre ( ma si potrebbe parlare anche degli anziani abbandonati e non autonomi): l'immigrazione dal terzo mondo e soprattutto dal nord Africa, le famiglie in difficoltà (separati, divorziati, risposati, i figli di genitori diversi..), i giovani ed in particolare i disoccupati ed i dipendenti da droghe e da alcool.