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di Lelio Finocchiaro

BANCA ANTICA E MEDIEVALE

La Banca , o meglio l'Istituto Bancario, origine di gioie (poche ) e dolori (tanti) della società in cui viviamo, in qualche modo regola completamente le nostre vite, totalmente dominate da regole finanziarie dentro le quali siamo abituati a muoverci intrappolati in qualcosa che abbiamo finito per considerare del tutto ineluttabile anche se forse non del tutto sempre comprensibile. Generalmente si è portati a credere che sia stato nel Medioevo che siano nate le banche, ma in realtà qualcosa di molto simile è esistito molto prima ed ad esercitare la professione di scambio delle merci, con l'introduzione dell'uso della moneta, furono individui chiamati "trapeziti" dai Greci e "argentari" dai Romani. Inizialmente svolgevano la loro attività presso i templi o nei porti o comunque dove vi fosse movimento di persone, come ad esempio nei mercati. Lavoravano a contatto con la gente e se il banco dove si effettuava la transazione commerciale di prestito o di cambio moneta perdeva liquidità veniva rotto (cosa che diede origine al termine di "bancarotta") . Un grosso problema si pose con l'avvento del Cristianesimo, che non ammetteva il prestito a interesse. Questo valeva però solo tra cristiani, così che tali operazioni divennero caratteristiche di altre "religioni", come quella israelitica che presto si identificò con esse. Tra l'altro il fatto che gli ebrei maneggiassero tanto denaro costituì una forma di invidia che fece lievitare il già diffuso sentimento antisemita (cosa illogica, visto che agli ebrei non era concesso di svolgere la stragrande maggioranza delle professioni).

Il termine banchiere, però, non è del tutto adeguato per definire tali professioni, in quanto una banca, per essere tale, deve svolgere tre precise funzioni, e cioè prestare denaro, ricevere denaro in deposito e battere moneta. In realtà il Medioevo porta con sè l'esaltazione del sistema bancario, e questo essenzialmente per due motivazioni di importanza rilevante. Anzitutto l'invenzione della "lettera di credito", che permetteva ai possessori del denaro di poterlo riscuotere anche in zone molto lontane (pagando un certo interesse) ,evitando di doverlo materialmente portare con sè ( come si era costretti a fare prima)esponendolo così a tutti i rischi connessi al viaggio, come infortuni, rapine, naufragi ecc...

La seconda cosa fu che i più importanti banchieri, e nel Duecento furono famiglie della città di Lucca (come i Ricciardi), furono in grado di prestare rilevanti somme addirittura a Re ed Imperatori, finanziandone le rispettive imprese militari. I rischi connessi a tali attività non erano pochi, poichè poteva capitare di incontrare notevoli difficoltà a rientrare delle somme investite. Alcune famiglie non poterono evitare il tracollo, come i Frescobaldi o gli stessi Ricciardi, mentre in altri casi anzichè restituire il debito si preferì ricorrere ad altre soluzioni (così fu per Cosimo Medici -esponente di una potente famiglia toscana-), a cui venne concessa , a fronte dei crediti, la signoria di Firenze. La lettera di cambio, c'è da dire, non è stata per altro una invenzione Medioevale, visto che si ha notizia di un suo uso addirittura in Cina in tempi di gran lunga anteriori.

Non si può sottacere una altra forma che ha prefigurato l'istituzione bancaria, che è quella degli orefici-custodi i quali, pur non prestando oro (almeno inizialmente), potendo disporre di robuste casseforti e di accurati sistemi di guardia e sorveglianza, apparivano i più adatti a conservare gli averi delle classi più abbienti, ben felici di pagare qualcosa pur di godere della sicurezza derivante da questo servizio. Le loro ricevute di deposito possono a ben vedere essere considerate la prima forma di banconota circolante.

Bisogna attendere il Rinascimento, ed esattamente il 1406, perchè la Banca venga intesa in senso moderno. E a far questo è stato il Banco di San Giorgio a Genova. Col tempo però, il privato gradatamente lascia il passo al banco pubblico ed è la Banca d'Inghilterra la prima vera banca d'emissione.

Naturalmente l'emissione di moneta doveva corrispondere, sia che fossero fiorini o che fossero ducati, alla quantità di oro contenuta nelle casse delle banche. Condizione questa molto diversa dalla attuale, dove per moneta si intende "mezzo di pagamento ", che quindi comprende danaro, assegni, banco-mat ecc..e che più che sulla reale disponibilità in oro conta sul sistema "fiducia", garantita da norme internazionali, per lo spostamento di continue somme di valuta da un posto ad un altro non fisicamente ma con un semplice "click".

Così non era certo nel Medioevo, quando la gente era riluttante a fidarsi di banchieri che spesso andavano falliti e alla luce del fatto che un qualunque evento, come una carestia ,o una epidemia (come la Peste del 1348) bastava a mandare a monte qualunque accordo. Le cose iniziarono a mutare quando a Genova si cominciò a situare il proprio debito in forma di istituto bancario. La potenza del Banco San Giorgio è dimostrata dal fatto che giunse ad aprire ben 76 "gabelle" (gli odierni sportelli).

Per tutto il 1400 furono famiglie italiane a dettare legge in questo campo ,con nomi rimasti famosi, come i Medici, gli Strozzi, i Pazzi, i Peruzzi, ecc.., ma alla fine del secolo presero piede le grandi città del Nord Europa. Fu a Bruges che si cominciò a organizzare periodiche riunioni per stabilire il prezzo delle merci, e queste si tenevano presso il palazzo della famiglia Van der Bourse ( da cui il termine "Borsa").

Lo spostamento verso mercati europei nordici, del resto, seguiva naturalmente le epopee delle grandi casate, come quella degli Asburgo (Carlo V) e fu il momento dell'affermarsi di nomi come Fugger e Hochstetter, tra le famiglie più pronte a sapere sfruttare le occasione che il traffico mercantile offriva loro.

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LA CATTIVITA' AVIGNONESE

IL Papato e Roma si sono da sempre identificati l'uno con l'altra in maniera indissolubile. La città Santa ha da sempre ospitato il Papa perchè indicata dal Vangelo come detentrice della predicazione cristiana. E' quindi difficile pensare ad un pontefice che agisca ed operi al di fuori delle mura romane. Eppure vi sono stati dei periodi in cui il Papa ha dovuto lasciare questa città raffigurando uno stato di temporaneo esilio. Il periodo più lungo in cui tale situazione si è concretizzata coincide con quello che viene comunemente indicato come il periodo della "Cattività Avignonese". I Papi restano ad Avignone dal 1309 al 1377, ben 68 anni, e vengono definiti "in cattività" (dal latino captives-prigionieri-) non perchè effettivamente privi della libertà personale, ma perchè costretti in un esilio non propriamente scelto . Pare che il termine sia derivato dalla similitudine che Francesco Petrarca, nel suo Canzoniere, abbia trovato con l'esilio del popolo ebraico durante la "cattività babilonese " (587-515 a. C.) , paragonando quindi Avignone alla dissoluta ed empia Babilonia. La storia ebbe inizio col tentativo di Papa Bonifacio VIII (1294-1303),di ripristinare la perduta autorità della Chiesa negli Stati Pontifici ed in Europa, attirandosi le forti antipatie sia della famiglia Colonna (potenti feudatari romani) sia del Re di Francia Filippo IV il Bello. Quando il Papa distrusse Palestrina (feudo dei Colonna), la reazione non si fece attendere e Sciarra Colonna , accompagnato da Guglielmo di Nogaret (anima nera di Filippo) che aveva notizia di una possibile scomunica del proprio Re, assediarono il palazzo papale di Anagni dove si sarebbe consumato il famoso episodio dello schiaffo (che alcuni storici ritengono però trattarsi non già di un effettivo atto fisico bensì di un oltraggio morale). Bonifacio morì pochi giorni dopo, non si sa se per effetto dell'affronto subito o se a causa di una infezione renale, ma il suo successore, Benedetto XI , trovò una situazione difficile da gestire, con Filippo il Bello che voleva la proclamazione di un Concilio per dichiarare l'indipendenza della Chiesa francese da Roma e per fare dichiarare Bonifacio eretico al servizio del diavolo. Benedetto XI non ebbe tempo di fare nulla perchè morì dopo solo otto mesi di pontificato, e data la situazione di estrema tensione creatasi a Roma, si giunse alla decisione di tenere il Conclave a Perugia. Tale conclave durò per undici lunghi mesi, fino a quando Filippo non riuscì a far eleggere un suo uomo di carattere debole e arrendevole, Bertrand de Got , arcivescovo di Bordeaux, che prese il nome di Clemente V. A questo punto fu facile rinunciare al processo contro Bonifacio in cambio della condanna dell'Ordine Templare, dei cui beni il Re era estremamente desideroso di appropriarsi. Clemente V , che non poteva rifiutarsi , accettò inizialmente di spostarsi da Bordeaux (dominio inglese) a Poitiers e poi ad Avignone ,proprietà degli Angiò, che venne acquistata dalla Regina di Napoli per la somma di 80.000 fiorini, e che si trovava vicinissima al Contado Venassino , feudo pontificio, dove pose la sua residenza a Carpentras. In tal modo pensava di curare gli affari della Chiesa non allontanandosi molto dall'attore principale delle decisioni che in quel periodo, più o meno dichiaratamente, dipendevano da Filippo il Bello .

Non a caso si parlò di "francesizzazione" del papato, e non a caso i primi sei successori di Clemente V furono tutti francesi.

Forse non può sostenersi nel caso di Clemente V, ma sicuramente per tutti i Papi interessati al periodo della cattività l'esilio ad Avignone sembra abbia avuto il significato di una delocalizzazione temporanea che prefigurava il ritorno a Roma. Ma 68 anni non sono pochi, ed in questo periodo se da un lato la Curia, centralizzando il potere nelle sue mani, operò una forma di sistemazione organica dell'amministrazione clericale, dall'altra favorì la pratica del nepotismo e provocò lo Scisma d'Occidente, immediatamente dopo la morte di Gregorio XI , che nel 1377 decise il ritorno a Roma (complice Caterina da Siena), giudicando che non sussistessero più le condizioni che avevano determinato la cattività (tra l'altro era iniziata la guerra dei Cent'anni).Occorreva inoltre recuperare il significato delle parole "Santa Romana Chiesa". In realtà l'effettivo trasferimento avvenne nel 1420 con un enorme esborso da parte della casse pontificie e contrastato dai cardinali di origine francese. Da tenere in conto che l'affollarsi di banchieri e artisti, pur se da sempre corollario della corte papale romana, in un piccolo centro come Avignone destava l'impressione che in realtà si fosse creato un centro di interesse commerciale, aggravato dalle imposte gravose dovute alla necessità di reperire fondi per la costruzione dell'imponente "Palazzo dei Papi".

IL ritorno a Roma del Papa diede luogo alla nomina di due "Antipapi", in opposizione al Papa romano . Avignone conta in effetti sette Papi "regolari" e due (Clemente VII e Benedetto XIII) "irregolari" che tendevano a far tornare la Sede ad Avignone, dove in effetti si trasferirono.

Per chiarezza occorre ricordare che per "antipapi " si intendono coloro che non vengono eletti secondo i canoni e perciò definiti "scismatici" e automaticamente scomunicati e non riconosciuti.

Anche i loro nomi non vengono tenuti in alcun conto nella cronologia ufficiale dei Papi, così che può accadere che due pontefici (un Papa e un antipapa) abbiano lo stesso nome, come accade ad esempio per Giovanni XXIII (antipapa eletto nel 1410) il cui nome non venne scelto in seguito da nessun altro Papa fino a quando non lo fece Papa Roncalli, che adottò il medesimo "XXIII" , ricominciando la relativa numerazione.

Naturalmente, trasportandoci idealmente in quei periodi, non è da credere che fosse a tutti ben chiaro chi fosse il Papa e chi l'Antipapa. Spesso occorreva del tempo ed attendere per vedere come sarebbero andate le cose.

CREAZIONISMO ED EVOLUZIONISMO

Il Creazionismo e' la "convinzione" fideistica (è quindi sbagliato usare il termine "scienza") secondo la quale, come narrato nella Genesi , tutto quanto ciò che esiste, forme viventi e corpi inerti, Terra e Universo, sia stato originato dal volere di una entità trascendente che avrebbe creato ogni cosa così com'e', senza coinvolgere quindi alcun processo evolutivo. In realtà questa "credenza" e' stata universalmente accettata senza mai alcun contrasto, fino a quando, nella prima metà dell'ottocento, Charles Darwin non pubblicò il famoso libro "L'Origine della specie", dando inizio alle teorie del processo evolutivo, oggi sostenuto da tutte le comunità scientifiche.

La contrapposizione tra le due teorie fu tale che oggi non si può parlare dell'una senza contrapporre l'altra, quasi vivano in un perenne stato di dicotomia dialettica. Invero la discussione fu particolarmente sentita negli Stati Uniti, dove addirittura vennero coinvolti legali e Tribunali. Infatti i creazionisti sostenevano che le loro teorie dovessero essere insegnate nelle scuole perchè era giusto che la scienza evolutiva avesse un opportuno contraltare. Gli evoluzionisti ,al contrario, sostenevano che il creazionismo, a ben vedere, non era una vera e propria scienza, ma soltanto una "credenza religiosa", e oltretutto bisognava salvaguardare la separazione tra Stato e Chiesa. Si giunse a tal punto che le guide del Grand Canyon, nel 2006, ebbero la direttiva di non rispondere a chi chiedesse loro l'età di quelle montagne ( circa 6 milioni di anni secondo i geologi), per non offendere la sensibilità dei credenti.

A grandi linee i creazionisti si possono dividere tra i sostenitori della "TEORIA DELLA TERRA GIOVANE",che riconosce all'Universo non piu' di 6000 anni (contando che per ogni giorno della creazione divina si possano intendere 1000 anni e che ancora adesso viviamo nel settimo giorno- o settimo millennio che dir si voglia-), rifacendosi ad una interpretazione letterale degli scritti biblici ( e' famoso il calcolo di James Ussher, vescovo anglicano del XVII sec., secondo il quale la creazione sarebbe avvenuta, con precisione, il 23 ottobre 4004 a. C., di sabato e a mezzogiorno) , e i sostenitori della "TEORIA DELLA TERRA ANTICA" , che accettano le scoperte geologiche ma sostengono che comunque tutto abbia avuto origine da un atto divino.

In molti hanno cercato di conciliare le due opposte teorie, sostenendo che in definitiva possano coesistere, ed in questa luce anche colte autorità ecclesiastiche appoggiano la cosiddetta teoria del "disegno intelligente" secondo il quale sarebbe impossibile che un organismo complesso (per esempio un occhio, formato da più strutture ) possa costituirsi per evoluzione separata di parti assolutamente diverse tra loro . E quindi una "causa intelligente" spiegherebbe meglio l'evidenza di certe caratteristiche , piuttosto che una "selezione naturale". Il che permette di non approfondire il tema della questione della esistenza di un "architetto" costruttore.

Invece la cosiddetta "evoluzione teistica", cercando di dimostrare la possibilità di esistenza separata e contemporanea delle due tesi che occuperebbero quindi sfere di competenza distinte , sostiene che , sempre in conseguenza di un iniziale atto creativo, l'evoluzione si svolgerebbe secondo uno scopo ben preciso e con un piano che prevederebbe la partecipazione e la libera scelta dell'uomo (che quindi avrebbe anche la possibilità di sbagliare). Tesi del genere sono fortemente criticate da scienziati e biologi famosi, come Richard Dawkins nel suo libro "L'illusione di Dio". Il filosofo T. Pievani sostiene che l'evoluzione si basi su tre fattori : la "variabilità", la "trasmissione di tutta o parte di tale variazione", la "selezione naturale". Occupandosi del mondo naturale, essa non può fornire risposte ai problemi morali. D'altra parte se il progresso viene considerato un procedimento lineare, ciò spiegherebbe perchè le popolazioni non -europee, quelle definite "selvagge", furono per molto tempo considerate come una specie di "fossili" testimoni di un passato da cui la civiltà occidentale era ormai emersa.

Comunque il cosiddetto "Darwinismo scientifico" nega il concetto di "progresso", inteso come avanzamento e miglioramento, mentre si affida all'idea di "adattamento" alle condizioni esterne, ragion per cui chi meglio si adatta è destinato a sopravvivere a chi non è in grado di farlo. E inoltre le variazioni sarebbero temporanee in quanto affidate alla precarietà delle condizioni ambientali, tutt'altro che stabili. In quest'ottica l'uomo non può essere il prodotto di una "creazione", ma sarebbe ridotto ad una "casualità temporale" che lo differenzia dalla altre specie viventi. Interpretazione in chiave di evoluzione teistica sono certe traduzioni fatte da Zecharia Sitchin di alcuni antichissimi testi sumeri (Enuma Elish). Ricordiamo che applicando la regola del "Rasoio di Occam", sarebbe inutile perdersi in complicate elucubrazioni quando una ipotesi semplice puo' essere sufficiente a spiegare il problema . Secondo tale applicazione, se possiamo ipotizzare un universo eterno, o, viceversa un universo generato da una divinita' eterna, la prima ipotesi, per la quale non necessita alcuna divinita' ed essendo quindi piu' semplice, sarebbe preferibile.

Naturalmente, la teoria del creazionismo, per sua stessa natura, e' assolutamente immodificabile per le sue motivazioni e i suoi riferimenti, mentre la teoria dell'evoluzione, come del resto tutte le teorie scientifiche, sono suscettibili di cambiamenti e ripensamenti seguendo la logica delle scoperte che il progresso va via via offrendo agli studiosi di tutto il mondo. E in effetti anche le teorie di Charles Darwin oggi sono ridiscusse alla luce di nuovi modelli come quello "Quantistico" o quello detto "Delle Stringhe".

EL DORADO

Col nome di "EL DORADO " si indica un luogo leggendario dove sarebbe possibile trovare quantità enormi di oro e pietre preziose, ma anche antiche conoscenze esoteriche. Viene immaginato come una specie di Paradiso o di Eden perduto, situato agli antipodi, nel quale potere vivere in pace e felicità, dimenticando la fatica delle necessità quotidiane.

Quando i Conquistadores Europei , in special modo gli spagnoli Cortes e Pizarro, sottomisero sanguinosamente Atzechi e Incas , notarono la quantità notevole di strumenti e monili d'oro di cui quelle popolazioni facevano uso, e credettero di essere vicini a scoprire la fonte di tante ricchezze. Il sogno di potere raggiungere luoghi meravigliosi e fiabeschi non era certo nuovo, e basta ricordare l'avventura di JUAN PONCE de LEON che nel 1513 raggiunse la Florida per cercare la fonte "dell'eterna giovinezza".

Anche in quei periodi ormai lontani, a dimostrazione di come in fondo le cose non siano dopo tutto cambiate molto, a farla da padrone erano le importanti famiglie di banchieri europei , in particolar modo tedeschi, e la sola notizia della possibilità di scoprire nuovi tesori fece sì che i banchieri Wesler d'Asburgo si gettarono a capofitto nell'impresa della ricerca dell'Eldorado, cominciando a chiedere e ottenere dall'imperatore Carlo V i diritti di sfruttamento di quella colonia che prese il nome di Venezuela (piccola Venezia). Fu nel 1525 ch un luogotenente di Sebastiano Caboto, Francisco Cesar , risalì il Rio della Plata riportando il racconto di una città opulenta e pavimentata d'oro (Ciudad de los Cesares). Pedro de Heredia indicò che tale città dovesse trovarsi tra il dipartimento di Cordova e la Colombia, mentre Diego de Ordaz risalì l'Orinoco per cercare quella città che gli indigeni gli avevano detto avere intere montagne di pietre verdi (smeraldi?). I Welser mandarono Ambroisius Dalfinger a seguito della spedizione di Caboto, e costui, dopo aver fondato la città di Maracaìbo, intraprese la prima spedizione verso l'interno nel 1529, tornandone a mani vuote. Fu protagonista di una seconda spedizione, in seguito alla quale morì colpito da una freccia avvelenata, ma nel frattempo altri esploratori, come Esteban Martin e Pedro Limpias si cimentarono in difficili esplorazioni da cui tornarono in pochi ma con racconti mirabolanti che parlavano di mitiche ricchezze , argomenti di facile presa ed avvalorati dal fatto che la popolazione dell'interno usava l'oro come merce di scambio per ottenere coralli, perle e merce varia. Si contano almeno cinque importanti spedizioni verso l'interno alla ricerca dell'Eldorado e tutte partenti dal Venezuela. La spedizione più numerosa fu quella di Georg Hohermuth, composta di ben 500 uomini, che tornò decimata e in cui lo stesso Hohermuth perse la vita, ma che riuscì a prendere contatto con la tribù del Chibcha, a cui si attribuisce l'origine della leggenda dell'El Dorado.

Nel 1536 al conquistador Belalcazar venne narrata la storia di un capo indigeno che usava gettare dell'oro nelle acque di un lago dove lui stesso si immergeva coperto di polvere d'oro. Da qui il detto " El Indio Dorado" , abbreviato in "El Dorado". La località, vicino a Bogotà, sarebbe stata la laguna di Guatavita. Nello stesso luogo sarebbero pervenuti, da tre strade diverse, tre conquistatori, Quesada, Belalcazar e Federmann. La tribù dei Chibcha, purtroppo, venne decimata dai conquistadores e si estinse in pochi anni , tanto da non essere nemmeno nominata tra le popolazioni precolombiane . Tra l'altro i Chibcha non avevano giacimenti d'oro , ma l'unico giacimento di smeraldi delle Americhe. In pratica i conquistadores si confusero chiamando El Dorado la terra dei Chibcha dove l'unico oro era quello acquisito con scambi commerciali, mentre chiamarono Esmeraldas la zona della Colombia settentri0onale che abbondava di oro di origine alluvionale.

Furono compiute spedizioni anche nell'Amazzonia dove Lope de Aguirre si proclamò Re, e anche da Francisco Orellana, ma senza alcun risultato.

Addirittura El Dorado venne ricercato nell'America del Nord, dove Francisco Vasquez de Coronado cercò inutilmente "le sette città di Cibola."

Ma anche prima, in pieno Medievo, la ricerca di luoghi leggendari ricchi e felici aveva acceso la fantasia di molti, come avvenne ad esempio con il portoghese Pero da Covillas, che organizzò una vera e propria spedizione alla ricerca del favoloso Regno di Prete Gianni . Anche ai giorni nostri il miraggio delle città d'oro continua ad abbagliare viaggiatori ed esploratori. Sono del XX sec. spedizioni partite alla ricerca della cascata di Paititi , vicino Cuzco, indicata come luogo del vero El Dorado, o verso la foresta peruviana. Addirittura si è fatto ricorso a foto aeree e ad indicazioni satellitari che hanno individuato dei geoglifi (disegni sul terreno, come a Nazca) che alcuni hanno ipotizzato potessero indicare il vero luogo dell'El Dorado. Come è facile intuire, probabilmente l'uomo non smetterà mai di cercare in Terra il proprio Paradiso personale.

LA NASCITA DELL'ISLAM

Da sempre l'uomo ha temuto il "diverso", nel senso che tutto ciò che si presenta in modo "alternativo" ha rappresentato comunque un pericolo, qualcosa da cui fuggire , da combattere o addirittura da eliminare. E così è stato per tutti gli usi e le abitudini che per il solo fatto di essere poco conosciuti hanno meritato di essere combattuti e ripudiati. Nella storia gli esempi di tale atteggiamento non mancano, e possiamo pensare alle eresie, alle streghe, ai culti magici ed esoterici e insomma a tutto quanto è stato reputato che potesse mettere in pericolo la nostra vita o le nostre idee. Stranamente questo avviene anche con le religioni, che in teoria dovrebbero predicare e soprattutto praticare il bene e l'altruismo.. Al contrario questo non succede, se non all'interno di ogni singola comunità, e da secoli ci trasciniamo il peso di lunghe guerre di religione che tendono a imporre con la violenza ciò che andrebbe presentato, semmai, con la parola ed il convincimento. Purtroppo viviamo in un periodo storico in cui alcune contrapposizioni religiose stanno esplodendo con particolare virulenza ed è lecito chiedersi se ciò accade perchè non ci si conosce reciprocamente abbastanza.

Quanti cattolici possono dire di sapere cos'è l'Islam e viceversa, tanto per parlare delle due religioni numericamente più rappresentate al mondo e che mostrano una evidente incapacità di accettarsi completamente l'un l'altra? Forse aiuterebbe mettere la "Storia delle Religioni" come materia di studio nelle scuole. Sappiamo come è nato il Cristianesimo, ma cosa sappiamo della nascita dell'Islam? Sicuramente la comparsa e la diffusione dell'Islam può essere considerato come il più importante avvenimento mondiale verificatosi nel Medioevo. Fino al 600 d.C. gli arabi erano costituiti da numerose tribù di origine semitica e di religione politeistica, e fu la missione storica di Maometto, nato nel 570 alla Mecca, riunire tutte le tribù attorno ad una religione monoteistica che vedeva in Allah l'unico Dio. Tramite il Corano, che raccoglie gli insegnamenti di Maometto (che riporterebbe la parola di Allah) dividendolo in 114 "sure" o capitoli e che lui, essendo incapace di scrivere avrebbe dettato ad un monaco di nome Buharia, nacque una nuova religione chiamata "Islam" (che significa "sottomessi a Dio") e i cui seguaci presero il nome di musulmani (fedeli all'Islam).La diffusione del nuovo credo , dopo un inizio di lotta che vide prima Maometto doversi allontanare da Medina (e la data di quell'episodio-chiamata Egira- venne presa come inizio del nuovo calendario) per poi tornare da conquistatore, si realizzò con rapidità impressionante ,e a partire dal 632( data della sua morte ),portò all'unificazione dell'Arabia sotto il califfo Abu Bakr (califfo vuol dire "successore del profeta") , interessando tutta la Mesopotamia e arrivando ad Oriente sino ai confini di India e Cina.

La religione unificatrice sfruttò l'indole combattiva dei conquistatori arabi che in pochi anni sotto i due primi califfi successori di Maometto, giunsero anche ad occupare Alessandria d'Egitto nel 643. Divenendo anche potenza marittima (sfruttando per l'appunto i cantieri navali della città egiziana), fu facile attraversare lo Stretto di Gibilterra ed occupare la Spagna non riuscendo ad andare oltre perchè fermati dai franchi di Carlo Martello (battaglia di Poitiers del 732). Maometto in realtà rispettava cristiani e giudei, che lasciava liberi di professare il loro culto, ma le cose cambiarono con la sua morte e si radicalizzarono quando la capitale Damasco fu sostituita da Baghdad con un'altra dinastia, gli Abbassidi, che scacciarono gli Omayyadi, e il potere passò dalla minoranza araba alle classi mercantili .Le invasioni arabe vanno, all'incirca ,dal 635 al 800. La supremazia islamica durò in Europa almeno sino al IX sec., e ad essa comunque bisogna essere riconoscenti perchè furono proprio gli arabi a portare con sè importanti conoscenze scientifiche come la matematica e l'astronomia, nonchè il sapere degli antichi come Avicenna ed Averroè, .

I pirati islamici nel medioevo furono i padroni del Mediterraneo, fino al periodo delle Crociate e, successivamente, all'avvento delle repubbliche marinare. Gli arabi giunsero in Sicilia nel 827 e in 50 anni la occuparono completamente rimanendovi per oltre due secoli. Mentre restano molte tracce dell'influenza arabe nell'isola per quanto riguarda cultura e letteratura, al contrario non sono poi molti i resti di opere architettoniche di quel periodo. In ogni caso, così come accadde per il Cristianesimo, anche l'Islam non è stato, e non è, immune da divisioni al suo interno, e la più grande è quella che lo vede diviso tra Sunniti e Sciiti. Il problema nacque nel 632 all'indomani della morte di Maometto ,quando si trattò di eleggere il suo successore. La gran parte decise che colui che avrebbe dovuto ereditare quella carica, a tutti gli effetti sia politica che religiosa, dovesse essere eletto facendo riferimento agli atti del profeta ed ai suoi insegnamenti (Sunna), mentre una minoranza (si calcola circa il 20%), ritenne che il successore dovesse essere scelto tra i consanguinei di Maometto, e a quel tempo scelsero Ali (cugino e genero del Profeta) e presero il nome di Sciiti nome derivato da "Shiaat Ali", (i partigiani di Ali).

. La frattura si radicalizzò quando il figlio di Ali venne ucciso dal califfo sunnita dell'epoca .Oggi tutti i musulmani del mondo (circa 1,5 miliardi) hanno in comune i "Cinque pilastri dell'Islam" , di cui fa parte il Ramadan o mese del digiuno, ed il libro sacro Corano. Esistono anche fazioni più estremiste ( come i puritani Wahabiti) considerate per lo più eretiche. Gli scontri tra sunniti e sciiti, pur continui, non sono mai sfociati in guerre totali (del resto gli sciiti sono consci della loro grande inferiorità numerica) e ai nostri giorni sono ancor più in difficoltà perchè i grandi Stati , vere e proprie potenze economiche, come Qatar e Arabia Saudita, sostengono fortemente e finanziano la parte sunnita, a danno dei governi sciiti come Siria e Libano.

Così si possono spiegare guerre come quella che vede contrapposta la Siria di Assad ( iscritto alla fazione sciita alawita), contro i ribelli sunniti sostenuti dalle nazioni del Golfo. Un'altra differenza tra sunniti e sciiti è che questi ultimi credono che il dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto sia nascosto e si rivelerà per compiere il volere di Dio (per questo il presidente iraniano lascia sempre accanto a se una "sedia vuota" in attesa del ritorno di quello che chiamano il Mahdi) . Volendo schematizzare, la "primavera araba"nord africana è combattuta da una parte da alawiti siriani sostenuti da Iran e da Hezbollah (tutti sciiti), e dall'altra dai paesi del Golfo e dagli Jihadisti (tutti sunniti) . A livello politico la lotta tra le due fazioni è cominciata all'epoca dell'avvento dell'ayatollah Khomeini che ha dato origine ad una forte contrapposizione tra i vari governi della regione, e dove gli interessi di potere si fusero con l'odio religioso, rafforzando la prevenzione dei sunniti verso la "mezzaluna sciita" che dall'Iran arriva sino al Libano degli Hezbollah. Altra cosa è la nascita di recenti movimenti fondamentalisti come l'Isis, che basano la loro guerra su terrorismo e morte e che meriterebbero un discorso a parte. 

BELZONI

La storia è affascinante per tutto quello che racconta, ma a volte può esserlo ancora di più per quello che sottace o trascura. I libri sono pieni di notizie, documenti e riferimenti senza i quali oggi non sapremmo nemmeno chi siamo o perchè siamo diventati quello che siamo. Però, in una zona grigia spesso trascurata, vi sono migliaia di informazioni non date, di scoperte non riconosciute, di interpretazioni negate. Oggi ufficialmente si ammette che l'archeologia sia nata con Champollion e con la Stele di Rosetta, mentre viene del tutto ignorata la figura di un uomo che meriterebbe, invece, il riconoscimento unanime di tutta la comunità scientifica : Gianbattista Belzoni. Nessuno sembra più ricordare che si deve a lui , nato a Padova nel 1778, la scoperta dell'ingresso del tempio di Abu Simbel sepolto nella sabbia, o di quello della Piramide di Chefren da sempre negato da tutti, e che fu lui ad organizzare la prima mostra di egittologia della Storia dove furono esposti i reperti trovati nella tomba del faraone Sethi I (padre di Ramesse II), e che si deve sempre a lui il trasporto, tutt'altro che facile per quei tempi, del monumentale busto di Ramses II da Tebe a Londra. Questo per nominare solo alcune delle sue imprese.

Gianbattista Belzoni , uomo alto oltre due metri, coi capelli rossicci e dotato di una forza impressionante (che gli consentì di esibirsi anche nei circhi col nome di "The Great Belzoni"), appassionato di idraulica tanto da divertire con i suoi giochi d'acqua le truppe di Wellington, alternò periodi di benessere ad altri di estrema miseria, prima di dedicarsi alle ricerche archeologiche in Egitto. In realtà si può indifferentemente considerarlo come l'ultimo dilettante archeologo, oppure come il primo indiscusso professionista della materia. Cerchiamo di immaginare quest'uomo, barbiere a Roma, idraulico in Olanda, istrione circense (famosa la sua "piramide umana" con la quale riusciva a sollevare dodici persone) ,mentre Napoleone da' inizio alla sua campagna d'Egitto, e poi seguiamolo nei deserti alla ricerca di misteri che , forse proprio per il fatto di non avere studiato, affrontò con un pragmatismo e con un acume che definire eccezionale risulta riduttivo. Fu per curiosità e per spirito di avventura che si calò nell'universo misterioso dei faraoni d'Egitto, affrontandolo in modo nuovo e privo di preconcetti. Fu per i suoi studi e per la sua intelligenza accoppiata ad un intuito formidabile che riuscì a scoprire l'ingresso della piramide di Chefren che tutti gli studiosi prima di lui avevano asserito non esistere. E nello stesso modo fu il primo ad entrare ad Abu Simbel favorito dal fatto di non avere un olfatto apprezzabile (il tanfo delle tombe chiuse da centinaia di anni dissuadeva dall'entrarvi) . La sua firma si può ancora trovare in alcuni famosi reperti come sul piede di una statua di Amenofi e dietro l'orecchio della testa di Ramesse II, anche se di ciò non è in alcun modo data notizia. Si può tranquillamente affermare che fu lui a dare inizio a quella che può chiamarsi l'egittologia divulgativa.

Ma dopo duecento anni l'archeologia ufficiale non ha mai ritenuto di dovergli alcun riconoscimento, probabilmente per le sue umili origini. Il suo spirito avventuroso, i suoi tentativi di svelare segreti rimasti tali per tanto tempo, lo sfondo di un' Europa Napoleonica all'inizio dell'esplorazione africana fanno di lui quel perfetto personaggio romanzesco che ,si dice, abbia ispirato la figura di Indiana Jones, paradossalmente divenuta molto più celebre del suo originale. Belzoni trovò la morte nel 1823, mentre cercava di raggiungere la città di Timbuctu (la regina della sabbia) e prima che la Stele di Rosetta venisse decifrata. Pensate che nella sua vita, fatta di incontri importanti, di esperienze tali da potere richiedere più vite se non si trattasse di un uomo come lui, passo' dal vendere oggetti sacri all'essere soldato in Germania a progettare sistemi di irrigazione per Mohammed Alì, vicerè d'Egitto, fino a seguire il suo sogno tra la sabbia del deserto,e cercare di capire l'Egitto del presente per intuire quello del passato. Della sua vita non esiste una biografia, ed il suo diario costituisce una vera rarità pressocchè introvabile.

Prima di lui i reperti archeologici venivano raccolti e ricercati solo per scopi commerciali, ma fu per il suo "dilettantismo", che riuscì a guardare le cose in modi che altri avevano trascurato. Si deve a lui l'instaurarsi di un metodo applicato a scavi che sino ad allora avevano avuto l'impronta del mero caso. E fu lo stesso metodo che venne adottato dopo di lui, come ebbe a riconoscere lo stesso Howard Carter (lo scopritore della tomba di Tutankamen ) che lo definì come uno degli uomini più grandi di tutta la storia archeologica.

E' stato Belzoni che ha dato inizio all'archeologia egiziana, ed è stupefacente, ma forse anche un pò triste, che la storia si sia dimenticata di lui. Con la sua passione e con la sua capacità di innovazione, dimostrò che era possibile fare divenire l'alba dell'archeologia un romanzo affascinante che tutt'ora non finisce di stupire, nonostante il tentativo dei suoi detrattori di condannarlo all'oblio.

AL LUPO, AL LUPO!

C'è un animale che possiamo incontrare nelle storie di tutto il mondo, sin da quando l'uomo esiste. Ed è sempre lo stesso che impersona il terrore e gli incubi nelle tradizioni di tutti i popoli. Lo troviamo nella paura che attanagliava i nostri antenati mentre attraversavano oscuri boschi sconosciuti, o nelle fiabe dove i nostri bambini temevano di essere divorati dalle sue fauci fameliche, o ancora nelle nostre credenze religiose, dove domarne uno voleva dire fermare il male. Questo animale è il Lupo, animale al contempo splendido e pauroso, ispiratore di una moltitudine di detti popolari divenendo di volta in volta aggressivo (il lupo perde il pelo ma non il vizio), augurante ( In bocca al lupo), spaventoso (fame o tempo da lupi) e comunque simbolo di caratteristiche negative o di un pericolo in arrivo (al lupo, al lupo, appunto..) Il terrore che ispira il lupo è atavico e si rifà al buio delle caverne e alla profondità vorace delle sue fauci.

Nella mitologia greca era associato al significato di distruzione come incarnazione del dio Marte,mentre se incarnava Apollo aveva un significato solare. In quest'ultimo caso Il bosco che attorniava il tempio era detto Lukaion (regno del lupo), ed Aristotele vi teneva le sue lezioni (da cui la parola Liceo). Chi non conosce la leggenda di Romolo e Remo e della Lupa che li allattò? E fu un'altra Lupa (Leto) che partorì Apollo e Artemide. Sempre nella storia delle tradizioni al Lupo si confà la voracità e l'ingordigia, mentre alla Lupa la passione e la lussuria ( la parola " lupanare" indica bordello e prostituzione). Il Lupo porta alla follia e a terribili mutazioni, infatti già nella Bibbia si diceva , a proposito di Nabucodonosor, che fosse stato colto dalla "pazzia del Lupo",mentre si racconta che gli stregoni spagnoli medievali lo usassero come cavalcatura. Tutti conoscono, almeno per sentito dire, la leggenda degli "Uomini-lupo" e sanno della copiosa letteratura germanica sui "lupi mannari". Nella Grecia Antica si dice che i licantropi venissero tutti rinchiusi nella città di Licopodi (ricordiamo che la licantropia è quella leggenda che vuole che alcuni uomini, nelle notti di plenilunio, subiscano una metamorfosi cambiandosi in lupi,del resto nelle "Metamorfosi" di Ovidio sono narrati circa 250 miti greci basati sulla comune capacità di "trasformarsi").

Anche la religione cristiana si rifà agli stessi archetipi con, ad esempio, San Francesco che ammansisce il pericoloso lupo di Gubbio. In ogni caso anche adesso la figura del lupo viene usata per incutere paura (chi non ricorda "Cappuccetto rosso"?) . Il Lupo è un animale totemico (cioè di forte significato simbolico) per quasi tutte le popolazioni mondiali. In Mongolia viene considerato antenato di Gengis Khan, mentre nelle Americhe, (dove pure è vivo il culto del giaguaro), ha un significato associato alle divinità guerriere. Nell'antico Egitto impersona il dio Anubis ,e comunque riveste quasi sempre un ruolo psicopompo (cioè che accompagna le anime nel regno dei morti) simile a quello svolto da Caronte,dall'egiziano Osiride, dal greco Ermes,dal nordico Odino fino al Baron Samedi del Voodu haitiano).

In realtà i motivi di queste paure si perdono nel tempo, prima ancora che la "specie cane " si differenziasse dalla "specie Lupo". Oggi il cane, che pur sempre dal Lupo deriva, è universalmente noto come un fedele amico dell'uomo, ma anche un tempo la descrizione dell'animale riportato come aggressivo e selvaggio rifletteva, forse, più l'inclinazione umana che quella animale. Certo una volta le greggi e le sementi potevano essere messe in pericolo dai branchi di lupi attirati dal cibo e spinti dalla fame, e per questo visti come un nemico da uccidere, prima di scoprirne le doti di cacciatori esperti che spinsero uomini e lupi ad una vigile convivenza. E'naturale che gli animali selvaggi siano stati percepiti come una natura seducente quando si riesce a controllarla, mentre come un pericolo quando invece segue le regole che le sono proprie. Ogni animale ha colpito l'immaginario per le sue particolari caratteristiche, e anticamente il farli assumere a totem consentiva in qualche misura l'appropriarsi di quelle stesse qualità. Il filosofo Tommaso Hobbes sosteneva che la natura dell'uomo è fondamentalmente egoista e rifiuta l'ipotesi che lo stesso possa avvicinarsi ai suoi simili per una inclinazione naturale, ispirando le sue azioni esclusivamente a motivi di sopraffazione e sopravvivenza.

Del resto anche Plauto prima di lui dichiarava esplicitamente, con una frase rimasta famosa, che "homo homini lupus"( l'uomo è lupo per gli altri uomini) .In passato spesso tutto era confinato nell'ambito sacro ed anche le caratteristiche animali venivano messe in relazione col Divino e quindi gli stessi venivano assunti ad alleati o protettori. Alcune popolazioni (per esempio quelle Celtiche) portavano uno specifico animale a simbolo (totem) di ogni loro Clan. Col passare del tempo la zoolatria (adorazione degli animali), di cui si ha notizia addirittura prima del 3000 a.C., gradatamente cedette il posto all'antropomorfismo, passando attraverso figure ibride, parte umane e parte animali, come ad esempio la Sfinge ( uomo e leone). La figura del Lupo, come quella del resto anche di altri animali, non ci ha mai del tutto abbandonato, ed è presente in bandiere, monete , ideogrammi, simboleggiando nazioni e imperi, e se ne è fatto largo uso anche nella alchimia e nelle pratiche esoteriche, dove attraverso la sua rappresentazione si aveva modo di nascondere concetti riservati a pochi o riferimenti allegorici più o meno espliciti a varie divinità. Anche adesso che viviamo immersi in una cultura antropocentrica, in realtà continuiamo ad usare in maniera importante il simbolismo animale come una rappresentazione attuale delle nostre più antiche tradizioni. Anche di potersi appropriare, con iniziazioni particolari, delle qualità di questo animale.

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LE INTERVISTE DE "IL NOTIZIARIO". Lipari, "Briciole di storia" è il ... 

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Lipari - "Briciole di Storia" è il titolo del volume pubblicato dal dottor Lelio Finocchiaro che da quasi due anni cura la rubrica "Cenni storici" sul ...

LA GUERRA DELLE DUE ROSE

E' incredibile quello che può fare la sete di potere. Ancora oggi non finiamo di stupirci quando vediamo ciò che l'uomo è disposto a compiere pur di accaparrarsi fortune che non si riuscirebbero a dilapidare nemmeno in cento vite. Eppure è sempre stato così. Avidità e desiderio di ricchezza costituiscono una micidiale miscela a cui l'uomo difficilmente ha saputo resistere. E la storia è piena di esempi in tale senso. Pensate che in Inghilterra nel 1455, quindi alla fine della guerra cosiddetta dei Cent'anni, per puri e squallidi motivi dinastici scoppiò una guerra che durò circa trent'anni causando la morte di almeno centomila persone e di una dozzina di principi di sangue reale. La guerra si sviluppò all'interno della casata dei Plantageneti in quanto Edoardo III re d'Inghilterra, avendo avuto ben sei figli maschi, li fece sposare con donne eredi di famiglie nobili e facoltose, dando origine, con i loro discendenti, ad una lunga lista di pretendenti più o meno legittimi al trono.

Fu così che Giovanni di Gaunt (terzogenito di Edoardo) diede origine alla casata dei Lancaster, mentre Edmondo di Langley (quintogenito), divenne il capostipite della casata York . E le due casate non tardarono molto ad entrare in competizione l'una contro l'altra. Naturalmente i vari signorotti si divisero parteggiando ora per l'uno ora per l'altro nella guerra che divise in due l'Inghilterra. La guerra prese il nome "delle due rose" in quanto negli stemmi araldici gli York avevano una rosa bianca, mentre i Lancaster ne avevano una rossa. La guerra fu favorita dal fatto che avendo l'Inghilterra perso tutti i possedimenti francesi ( tranne Calais),fu all'improvviso meta del rientro dei numerosi resti dell'esercito sconfitto, che rimpatriando erano alla ricerca di un ingaggio anche a basso costo.

La guerra in arme ebbe inizio nel 1455 dando luogo ad una sequela di terribili battaglie che videro la prevalenza iniziale degli York , quando Riccardo di York riuscì a prevalere su Enrico VI e Margherita d'Angiò (Lancaster), seguita da una seconda fase in cui Margherita riuscì a sconfiggere e uccidere il rivale Riccardo. Sembrava fatta, ma Edoardo , figlio di Riccardo, riuscì a conquistare Londra e a farsi eleggere re col nome di Edoardo IV e dopo avere rintuzzato un tentativo di ritorno Lancaster potè regnare sino alla morte. Prima di morire, però, conferì il ruolo di reggente al fratello Riccardo di Gloucester (Riccardo III), essendo troppo giovane il figlio legittimo. La storia è mirabilmente ripresa nella tragedia "ENRICO III" di Shakespeare, dove Riccardo, raffigurato come zoppo e gobbo, ricorre ad una serie incredibile di delitti (fra cui l'uccisione del fratello maggiore) per liberarsi di tutti quelli che lo ostacolavano nella sua corsa al trono, giungendo a rinchiudere nella Torre di Londra (facendoli murare vivi) il giovane figlio di Enrico insieme al fratellino duca di York (i corpicini dei due fanciulli furono effettivamente ritrovati durante dei lavori effettuati circa cento anni dopo). Comunque il bieco Riccardo trovò la morte nella battaglia di Bosworth Field, quando il grande drammaturgo gli fa pronunciare quell'invocazione rimasta famosa "Un cavallo, un cavallo per il mio regno", poco prima di essere a sua volta ucciso dal duca di Richmond. Il vincitore della battaglia finale, Enrico di Tudor (Lancaster), che aveva l'appoggio di quello che restava della nobiltà inglese , cercò di mettere fine ai contrasti sposando Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV e facendosi nominare re col nome di Enrico VII dando così inizio alla monarchia dei Tudor e dotandosi di uno stemma araldico che fondeva in una sola rosa bicolore bianco/rossa le due rose prima contrapposte.

Naturalmente da una guerra così impegnativa i nobili non potevano che uscirne molto indeboliti ed anche le finanze inglesi erano ormai ridotte al minimo, mentre ad uscirne rafforzato era l'assolutismo del monarca, nonchè la borghesia rurale che non era stata coinvolta nella guerra. In ogni caso i nobili furono favoriti non molto tempo dopo dall'occasione offerta a Enrico VIII Tudor dallo Scisma protestante, per cui i possedimenti della Chiesa , nonchè le relative tasse passarono a proprietari inglesi, e lo stesso re divenne Capo della Chiesa protestante , potendosi dedicare a ricostituire quella importante flotta marinara che era praticamente scomparsa dopo la sconfitta nella guerra dei cent'anni. Quella eliminazione chirurgica iniziata da Enrico VII di tutti coloro che in qualche modo potevano avanzare una qualsiasi pretesa al trono , completava gli effetti di una guerra che, fatta come si è detto solo per motivi dinastici , fu talmente devastante da causare la scomparsa di intere fette di nobiltà (come i Beaufort, gli Hastings i Warwick....) sostituite dalla creazione,attuata direttamente dal re,di una nuova aristocrazia totalmente da lui dipendente che finì per costituire la base dello stato moderno fondato sul concetto di monarchia assoluta.

MAGIA

Quando si evoca il termine "magia" la mente istintivamente corre a castelli incantati, streghe, maghi , alchimisti e demoni, tutti personaggi facenti parte di un Medio Evo misterioso in cui l'occulto la faceva da padrone. Niente di più sbagliato. Anche ai giorni nostri non si smette di accrescere la sterminata letteratura dedicata alla magia occupandoci, non sempre in maniera disincantata, di alieni, supereroi e roba simile. La Magia è sempre esistita ed è connaturata con l'idea stessa di uomo, e nasce dal bisogno eterno di riuscire a piegare alle nostre voglie la natura e gli eventi, anche ricorrendo ad angeli o a diavoli, con la speranza non dissimulata di avvicinare Dio ed identificarsi con Lui.

In linea generale la Magia può dividersi in due tipi diversi: la "Magia Bianca " e la "Magia Nera". Anche se non sempre è nitido il confine tra i due campi, si può dire che il primo tipo è essenzialmente caratterizzato da finalità positive, per sè o per gli altri, cercando attraverso esperimenti , studi della natura ed eventualmente invocazioni di entità superiori, di aumentare benessere e salute. Nel secondo caso, invece, per trarne vantaggio personale, si cerca di procurare ad altri infermità, malattie o addirittura morte, questa volta servendosi magari dell'aiuto di esseri infernali e di spiriti malvagi.

Tutto nasce come sempre dall'inizio, quando l'uomo, non sapendo spiegarsi fenomeni troppo grandi per lui , ha supposto che dietro ad ogni evento inspiegabile ci fosse la mano di qualcuno, e che fosse possibile quindi, interpretare le volontà di questo qualcuno in modo da ingraziarselo ed eventualmente condizionarlo attraverso invocazioni e sacrifici. L'uomo ha a disposizione tre vie a cui affidarsi per superare timori e difficoltà. La prima è costituita dalla religione, nella speranza che ci sia qualcuno o qualcosa che possa "provvedere " (la Divina Provvidenza). La seconda è quella di far conto sulla scienza, cercando di controllare l'ambiente con sistemi tecnologici sempre più avanzati. L'ultima è la magia. E la magia viene chiamata da sempre in causa quando temiamo che le nostre preghiere non vengano ascoltate o che la scienza non sia sufficiente. Quello è il momento in cui affidarci a qualcuno di superiore e di nascosto che possa risolvere il nostro bisogno di aiuto.

Il nome "magia" deriva dal nome di "magoi" , sacerdoti di Zoroastro (si ricordano i tre Re Magi). In seguito passò sotto questo nome tutto ciò che non era contemplato dalla religione ortodossa (anch'essa piena di riti e simboli magici) dividendo in "religio" tutte le arti permesse ed in "superstitio" tutte le altre. E col cristianesimo si sviluppò il concetto di "eresia", applicato a tutte quelle forme di magia ritenute non permesse e quindi sbagliate e per questo condannate dai concili. In pratica veniva condannato tutto ciò che era diverso, anche se diversi furono,nel tempo, gli atteggiamenti verso pratiche come la "geomanzia", La " piromanzia", la "aeromanzia", la "idromanzia" (i quattro elementi base di terra , fuoco, aria, acqua). Anticamente la magia si limitava alla "divinazione"( come con le sibille e gli oracoli), ma successivamente, nei secoli, i poteri magici si ampliarono e molte furono le discussioni sulle supposte facoltà "alternative al potere divino", che venivano conferite a diavoli e entità infernali. E non è da credere che la pratiche magiche fossero appannaggio solo del popolino ignorante. Quasi tutti i signorotti medievali avevano al proprio servizio maghi più o meno accreditati, da Merlino in avanti, e Rodolfo II d'Asburgo,intorno al 1600, giunse ad averne alle sue dipendenze diverse decine.

La Magia si può ancora definire come la facoltà di modificare l'Universo tramite un'azione dettata dalla nostra volontà. Robert Canters, nella prefazione al suo libro "Storia della Magia", sostiene che "per mezzo della magia le cose cessano di essere quello che sono per divenire ciò che noi desideriamo che siano". Ogni tempo ha avuto "espressioni magiche" che lo hanno caratterizzato, e famosi restano i riti iniziatici egiziani, o la cabala ebraica, o ancora le pratiche esoteriche associate ai Templari o ai Rosa-Croce, tanto per citarne solo alcune. Personaggi famosi come Tommaso d'Aquino, nel XIII sec. , sostenevano che tutta la magia fosse caratteristica dei demoni, e mentre fino a dopo l'anno 1000 la Chiesa invitava a non credere alle streghe, con l'arrivo dell'Inquisizione le cose cambiarono e si cercò fortemente e tragicamente di contrastare tutti i tipi di dissenso religioso. C'è da notare, comunque, che la magia nel Medioevo coincise, paradossalmente ,col rifiorire di teorie alchemiche, astronomiche e filosofiche. Tentativi di sintesi tra antichi riti pagani ed ebraici con credenze cristiane furono sperimentati da esimi uomini di cultura come Marsilio Ficino, e nel 1530 Cornelio Agrippa (medico e astronomo) giunse a definire la Magia come la "Scienza più esatta". Prove della veridicità di alcune predizioni astronomiche si ebbero , in nome della rivoluzione scientifica, al tempo di Copernico, Keplero e Galilei, quando le evidenze delle verità attestate dall'invenzione del cannocchiale non furono accettate solo da una Chiesa cieca e chiusa nei suoi dogmi. C'è da dire che Newton, pare, abbia scritto più volumi di magia che di scienza, e gli stessi Galilei e Copernico fossero famosi compositori di oroscopi.

La situazione oggi, pur nei tempi evoluti che attraversiamo, non è fondamentalmente molto cambiata. Se trascuriamo le magie del tipo dei riti Voodoo e delle sette sataniche, che pur esistono ancora anche se spesso con scopi tutt'altro che confessabili, dobbiamo ammettere che viviamo immersi in un mondo di magia e superstizione. Ogni Credo ha le sue formule magiche,fa le sue invocazioni, tenta di ottenere il mutamento degli avvenimenti in base alle proprie aspirazioni e necessità, e si affida a preghiere, esorcismi ,amuleti e pseudo-maghi (siano essi santoni, taumaturghi o sacerdoti), dimostrando che anche in periodi dove il pragmatismo sembra gradatamente occupare ogni cosa, in fondo al nostro animo siamo rimasti come una volta, disponibili ingenuamente a credere che da qualche parte, nascosto ma non per questo irraggiungibile, esista un potere tanto forte da influenzare in maniera potente e benefica il nostro futuro.

 

LA MORTE NERA

La Peste e' sicuramente stata la sciagura piu' funesta che ha colpito l'Occidente medievale nel 300 . Molte furono le cause che la determinarono, e non ultime la estrema mancanza di igiene, abituale in quell'epoca, e la scarsa capacita' di riconoscere la malattia e di adottare le giuste contromisure sanitarie. A causare la peste e' (adesso come allora) un bacillo scoperto nel 1894 da un medico francese di nome Alexandre Yersin, e che da lui prese il nome di "Yersinia Pestis". Oggi si pensa che il focolaio, tutt'ora esistente,sia stato quello situato presso l'Himalaya dove per ragioni essenzialmente climatiche i bacilli si impiantarono nelle colonie di roditori che si trovavano a popolare la zona attraverso cui passavano le carovane che percorrevano la famosa "Via della Seta". In realta' a diffondere il contagio erano le pulci che succhiando il sangue di topi infetti lo trasmettevano agli uomini anche a molti chilometri di distanza, trasportate nascoste tra le merci e i bagagli delle navi. Si sa per certo che la peste era in Cina nel 1331, dove in poco tempo la popolazione cinese diminui' di circa 35 milioni di persone. Sembra che sempre a causa del movimento delle merci, la peste raggiunse il porto di Caffa in Crimea, allora colonia genovese, che in quel periodo era assediata dall' Orda d'oro del Khan Gani Bek che prima di ritirarsi, come gesto di estremo sfregio, fece lanciare con le catapulte dentro la citta' i corpi infetti dei suoi soldati morti. Da li' le navi raggiunsero il porto di Messina, da dove il contagio si propago' in tutta la Sicilia, nonostante (ma purtroppo tardivamente) le navi fossero state allontanate. Nel 1348 la peste era gia' a Napoli, mentre dalla Sicilia invadeva anche la Calabria e il Nord Africa. Anche Genova e Venezia non tardarono ad essere contagiate, come pure la Francia e la Spagna,e subito dopo , con velocita' impressionante, tutta l'Europa dalla Scandinavia alla Russia subi' la stessa sorte. Il fatto e' che i topi (chiamati "topi viaggiatori" ) si riproducevano a strabiliante velocita', mentre la sporcizia favoriva la stabilita' delle pulci con cui l'uomo era da secoli abituato a convivere. Il bacillo poi si propagava anche da uomo a uomo e bastava uno starnuto per immetterne milioni nell'aria. La peste poteva manifestarsi con macchie nere della pelle (da cui il nome di Morte o Peste Nera), che davano luogo ai tipici bubboni, e la cui complicazione poteva originare la cosiddetta peste polmonare che si trasmetteva per via aerea e che non dava praticamente scampo. Ovviamente non si sapeva come curare la peste, ed il rimedio piu' consigliato, a parte gli immancabili salassi (per eliminare il sangue impuro), era quello di ritirarsi in luoghi solitari, come la campagna, (cosa che ispiro' al Boccaccio, nel Decamerone, la riunione di una compagnia di giovani fiorentini che così ebbe modo di raccontare le famose cento novelle). Al contrario la Chiesa, attribuendo la peste ad un castigo di Dio, organizzava riunioni e processioni che non facevano altro che aumentare esponenzialmente il contagio. Un comportamento collettivo isterico fu quello dei "flagellanti" che andavano in giro mortificando corpo e anima per chiedere il perdono divino divenendo per altro un vasto movimento religioso in tutta Europa. Spesso le loro manifestazioni avevano la stessa conclusione :"la caccia agli ebrei". In effetti gli ebrei, che vivevano per lo piu' nei "serragli", in qualche modo separati dagli altri e con abitudini sociali ed alimentari diverse, risentirono con qualche ritardo del contagio, alimentando le dicerie sul loro conto e nemmeno le esortazioni di Papa Clemente IV, che faceva notare come, dopotutto, anche gli ebrei erano colpiti dalla peste, servirono a qualcosa. Per la verita' anche i lebbrosi non sfuggirono a questa caccia contro "il diverso". Entro il 1352 circa un terzo degli abitanti dell'Europa fu colpito dalla peste (si calcola oltre 30 milioni di morti),che uccidendo indifferentemente ricchi e poveri, giovani e vecchi, e persino medici che tentavano cure improbabili e sacerdoti che provavano ad alleviare le sofferenze, si dimostrava democratica ed implacabile. Il diabolico bacillo avrebbe colpito altre volte anche dopo il 300, per smettere di essere considerato endemico solo nel XVIII sec. quando migliorarono le condizioni igienico-sanitarie, e quando successivamente furono scoperti gli antibiotici nel XX sec. Le conseguenze di un così lungo periodo di crisi e di un cosi' intenso spopolamento , furono l'abbandono dei villaggi (si andarono cercando citta' e conventi), la diminuzione dei salari, l'accaparramento ,da parte di chi poteva permetterselo, di vasti possedimenti terrieri a basso costo, l'innalzamento dell'eta' media (fu altissima la percentuale di mortalita' infantile). La mancanza di denaro e di approvvigionamenti naturalmente porto' anche a ribellioni popolari, come quella dei Ciompi (lavoratori della lana ) a Firenze nel 1378, e alle jacqueries francesi nel 1360. Grave fu la crisi delle banche dovuta alla stasi dei commerci. Di contro l' agricoltura ebbe modo di modernizzarsi limitando sempre piu' i rapporti feudali, mentre paradossalmente, una crisi di tale portata, al netto dei morti e delle sofferenze, forni' l'input necessario senza il quale la societa' dell'epoca non avrebbe trovato la giusta strada per un processo di futura modernizzazione. La storia narra della Peste attraverso cronache egiziane, mentre ne parlano la Bibbia e l'Iliade, per non dire della letteratura piu' vicina ai nostri tempi, come il Decamerone e ,naturalmente, I Promessi Sposi. Quello del 300 rimane, però ,l'evento più sconvolgente, che influi' sull'assetto economico, politico e sociale del Medioevo , modificandolo per sempre. Simbolo di morte e di malattia, la Peste fu sempre associata all'idea del dolore senza speranza, e venne abbinata addirittura ad uno dei quattro cavalieri dell'Apocalisse, il quarto ( Splendida è la raffigurazione della Morte stessa nel dipinto di autore anonimo che si trova a Palazzo Abatellis a Palermo dal titolo evocativo "Il Trionfo della Morte").

 

IL CANNOCCHIALE

Ci sono avvenimenti, nella vita dell'universo, che solo per il fatto di essersi verificati, hanno diviso la storia in un prima ed un dopo. In pratica le cose così com'erano venivano cambiate d'un tratto, e non erano più le stesse. E' stato senz'altro così con la scoperta del fuoco, o della ruota. E' stato così con l'avvento di Gesù, per cui è stato necessario dividere tutti gli avvenimenti in prima o dopo di lui. Pensate a quanti secoli sono passati indisturbati nella convinzione che la Terra fosse, immobile, situata al centro del Cosmo perchè il suo Creatore aveva voluto che anche la sua migliore creatura, cioè l'uomo, fosse al centro di tutto. Cambiare questa concezione non era , e non fu, facile. Tornando indietro nel tempo, Aristotele sosteneva che il mondo non era stato creato, ma era sempre stato.

La Bibbia, al contrario, professava l'esistenza del Creatore che aveva dato origine a ogni cosa. Platone, nel suo dialogo Timeo, sosteneva che tutto era sempre stato, ma ammetteva l'esistenza di un creatore, teoria più facilmente accettabile. Si era giunti a credere che il cosmo fosse diviso in sfere che ruotavano con velocità diverse per spiegare il moto dei pianeti . In realtà lo studio del cielo e dell'astronomia ha sempre appassionato tutti gli uomini che se ne sono serviti per realizzare calendari famosi o contestati oroscopi. Questo nella convinzione dell'influenza degli astri nelle umane cose. Addirittura gli oroscopi erano malvisti dalla Chiesa perchè, si diceva, se fosse stato possibile prevedere il futuro, ciò voleva significare che Dio non poteva avere più la facoltà di intervento e modifica, e lo stesso libero arbitrio umano non avrebbe avuto senso. Quindi l'immagine geocentrica mista a persuasioni religiose dava vita ad una complicata configurazione celeste in cui sfere ruotanti, angeli custodi, serafini ,cherubini, arcangeli e via dicendo costituivano una precisa gerarchia che ha ricevuto riscontro anche nella "Divina Commedia".

Tutto è cambiato tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento quando l'osservazione del cielo fu possibile con strumenti sempre più adatti allo scopo. E qui occorre fare una precisazione:" Non è stato Galileo Galilei , come molti credono, ad inventare il cannocchiale". Le prime notizie sull'inventore del cannocchiale risalgono al 1608 e , nonostante le debite incertezze, fanno riferimento ad un occhialaio olandese di nome Lippershey che ne avrebbe appreso il segreto da un suo cliente che veniva da lontano. Cartesio ne attribuisce la paternità ad un altro olandese, certo Jacques Metius, mentre Giambattista della Porta se ne attribuisce il merito per averlo descritto minuziosamente in una sua opera. La storia documenta con una certa sicurezza il fatto che Galilei si sia in qualche modo appropriato (pare tramite il nobile Iacopo Badovere) di questa invenzione e l'abbia offerta alla Serenissima spacciandola come propria e decantandone i vantaggi nell'uso militare (con lettera indirizzata al Doge nel 1609). Da questo ne ricavò un appannaggio di 1000 fiorini ed il conferimento di una cattedra a vita. In realtà il cannocchiale cosiddetto "galileano" , di cui sono rimasti due esemplari nel museo galileano di Firenze, non può essere usato per osservare gli astri,e tutt'al più può essere considerato il precursore dei i cosiddetti "binocoli da teatro".

Ciò non toglie che Galileo usandolo per guardare il cielo, sia lo stesso riuscito a scoprire che la Via Lattea era un ammasso di stelle e che Giove aveva quattro satelliti (tra l'altro inventò l'Elioscopio, che gli consentiva di vedere l'immagine del Sole proiettata su una parete) . Il vero "Cannocchiale astronomico" fu invece quello detto "Kepleriano", che dopo la morte di Galileo entrò in uso, presentandosi molto più lungo dell'altro e con l'aggiunta di più lenti convesse che aumentavano ingrandimenti e risoluzione e raddrizzavano l'immagine. C'è da dire che per ben due volte Keplero chiese di potere studiare la "supposta " invenzione, senza che , per evidenti motivi di gelosia, Galileo fosse disposto a favorirlo (si dice che Keplero ebbe copia di un cannocchiale galileano dal conte di Braunschweig a cui lo stesso Galileo lo aveva regalato). Galileo, al di là delle sicuramente profonde abilità e conoscenze, era anche molto vanitoso e geloso delle proprie invenzioni ,( come pure di quelle di cui si appropriava),e molto legato ai riconoscimenti e ai cespiti che gliene derivavano.

Sappiamo tutti come andò la vicenda personale di Galileo, le cui evidenze si scontrarono con la cecità di una Chiesa che, anche posta di fronte a fatti inoppugnabili, non era in grado di rinunciare facilmente a ciò in cui credeva da secoli, e non era pronta ad ammettere che la Terra , e di conseguenza l'uomo, erano tanto meno importanti per l'immensità dell'universo da essere loro a ruotare attorno al Sole, e non viceversa. Il tribunale dell'Inquisizione negò la validità delle teorie esposte da Galilei, anche se la comunità scientifica, pure a quel tempo, ne era già pienamente convinta. In ogni caso i cannocchiali per scrutare il cielo, (detti più correttamente telescopi ,cioè usati per guardare lontano) sono derivati tutti dal cannocchiale Kepleriano e, successivamente, da quelli chiamati "prismatici" .In conclusione fu con l'invenzione di un tubo provvisto di opportune lenti, che in un colpo solo venne dimostrato che la Genesi era da rivedere, e che Sole, Terra, pianeti e stelle assunsero la posizione che gli spettava nello spazio. Certo , il vero riconoscimento della veridicità di quanto affermato da Galileo arrivò solo nel 1851, quando Foucault, con il suo"Pendolo", confermò , al di là di ogni dubbio, che la Terra ruotava attorno al suo asse. Per la cronaca, la Chiesa ha riabilitato Galilei solo nel 1992, dopo ben 360 anni.

ICONOCLASTIA

I cattolici vivono la loro vita religiosa immersi in una quantità impressionante di statue, dipinti, quadri, immaginette e rappresentazioni varie di Dio, Madonna ,Santi ,Angeli e così via dicendo, venerandole e pregando davanti a loro come se la raffigurazione della divinità si identificasse con la divinità stessa. Si ha un bel dire che non ci si prostra davanti all'immagine ma dinanzi a ciò che essa rappresenta, in realtà se vedessimo  qualcuno scarabocchiare su un dipinto sacro, lo  interpreteremmo come un insulto gravissimo. In epoca antica la distruzione delle immagini sacre (iconoclastia) era tutt'altro che rara. Anche i Faraoni dell'Antico Egitto, assurti a divinità, dovevano mettere in conto la distruzione delle statue che li raffiguravano,  ad opera dei loro successori.                                                                                                                                            

E' la Bibbia stessa, però, a fornire un valido fondamento all'iconoclastia. I Dieci Comandamenti, riportati (pur se con qualche leggera differenza) sia nel Libro dell'Esodo che nel Deuteronomio, sostengono  il divieto assoluto di fare o venerare immagini di Dio, e di prostrarsi dinanzi a loro, pena il commettere peccato capitale. Il Deuteronomio dice che Dio non offri' mai la sua immagine, ma soltanto la sua voce. In Tutti i libri sacri delle religioni monoteiste  ( Torah, Antico e Nuovo testamento, Corano) raffigurare l'aspetto  fisico di Dio e'   tassativamente proibito. E il non osservare  questa disposizione  comportava nei secoli l'accusa di idolatria. Giovanni, negli Atti , invita a guardarsi dagli idoli, mentre Geremia avverte che le statue, fatte di legno e decorate in maniera preziosa, sono fatte dalle mani impure degli uomini. L a Catechesi cattolica condanna  l'idolatria, ma non l'uso simbolico delle immagini (anche se il confine tra le due cose non è poi così netto). Nel Corano, l'immagine di Allah è vietata perchè in essa sarebbe insito l'elemento soggettivo dell'artista e quello del fruitore, come se l'opera avesse aggiunto qualcosa di cui vantarsi  nell'imitazione del Creatore. Sino all'inizio del III sec. d.C. non esistette, nella cristianità, alcuna disputa sulle immagini sacre, ed anzi ai cristiani era proibito  svolgere l'attività di pittore e di scultore, essendo questa mansione riservata ai costruttori di idoli.

Veniva considerato blasfemo far plasmare ad uomini impuri  le figure degli Dei, e mettere altri uomini a guardia dei templi, come se degli uomini potessero custodire degli Dei.  La credenza popolare però andava in tutt'altra direzione, e le icone nei battesimi ,nei matrimoni e nella messa erano oltremodo gradite, e il fatto che venissero identificate con la divinità è dimostrata dal fatto che si arrivava perfino a grattare la vernice dei quadri santi per mescolarla con il vino durante la Messa. La vera spinta verso l'iconoclastia si ebbe per opera dell'imperatore Leone III che cercò di imporla  per recuperare quel tanto di autorità che l'impero aveva perduto a vantaggio di esercito e monasteri. A far data dal 717  iniziò una riforma burocratica, agricola e politica che doveva, nelle intenzioni, riportare la religione nella disponibilità imperiale. I monasteri gestivano larghi latifondi esentasse, facendo mancare denaro , soldati e uomini che gestissero l'apparato burocratico. Inutile dire che tutto ciò trovò la ferma opposizione dei pontefici non certo contenti di questa decisa ingerenza in materie che consideravano di loro esclusiva competenza, e che rifiutarono del tutto l'applicazione dell'iconoclastia. Nemmeno bastò il contributo che  diede Costantino  V, figlio di Leone, che tentò di fornire all'iconoclastia un fondamento teologico. Per far ciò convocò , nel  754, il concilio di Hiera,  dove riuscì a far decretare la condanna dell'uso delle immagini, provocando la distruzione del patrimonio artistico sacro dell'epoca. Dal 750, in ogni caso, aveva dato inizio ad una feroce lotta contro i cosiddetti "iconoduli". Dal punto di vista artistico bisogna dire, però, che l'iconoclastia provocò un progressivo affrancamento dalla tematica puramente religiosa (ormai formalisticamente monotona), tornando in un certo qual modo ad una visione ellenistica con , ad esempio, raffigurazioni di vita quotidiana.  

La popolazione non mostrò di gradire queste intromissioni nelle abitudini ormai consolidate da tempo, e lo stesso Costantino scampò per poco ad un attentato organizzato da persone  a lui molto vicine. L'abate Stefano guidava la rivolta dei monaci, ma fu trucidato da una folla inferocita, mentre veniva aumentata la virulenza della lotta contro  gli ordini monastici, accusati di esercitare un forte potere economico basato sul commercio delle icone. Con queste motivazioni molti furono i monasteri espropriati,chiusi o trasformati dedicandoli ad altro uso (come stalle o caserme), e tutti i loro possedimenti incamerati. Si arrivò al punto di imporre ai monaci una scelta : o l'abbandono della tonaca, e quindi maritarsi, o l'accecamento e l'esilio. Leone IV, che succedette a Costantino, ammorbidì questi atteggiamenti, anche per opera della moglie Irene, che nascostamente venerava immagini sacre.  Quando Irene si trovò a reggere l'impero in quanto la tenera età impediva al figlio Costantino VI di regnare, organizzò un Concilio per condannare l'iconoclastia, che dovette però essere interrotto per l'intervento di truppe iconoclaste. Allora ricorse all'espediente di inviare tali truppe in Arabia (era in corso una guerra contro gli arabi), e nel 787 potè tenere il settimo Concilio di Nicea, dove gli iconoclasti vennero scomunicati. L'idea che si affermò fu che le immagini erano il veicolo che dalla materia portavano all'idea di ciò che rappresentavano. Il problema naturalmente presentava aspetti teologici non di secondo piano.

L'immagine di Dio o ne rappresentava la sua compiutezza , o ne rappresentava soltanto la sua natura umana, (cadendo così nel nestorianesimo, che affermava la natura terrena di Cristo). In ogni modo intorno all'anno 800 Carlo Magno trovò eccessiva la venerazione delle immagini, e affermò che le icone non andassero nè venerate nè distrutte. Papa Adriano I, che non poteva permettersi il lusso di perdere i favori di Carlo Magno, lo accontentò e in un sinodo a Francoforte condannò i risultati del Concilio di Nicea, e non per nulla attribuì a Carlo Magno il titolo di "Imperatore dei Romani", disconoscendo l'imperatore d'Oriente. Certo bisogna ammettere che grande fu l'influenza delle religioni islamica ed ebraica,da sempre contrarie all'uso delle immagini, sull'impero bizantino .Gli arabi imponevano sempre la distruzione delle immagini  nei territori cristiani che conquistavano, secondo l'editto del califfo Jadiz II. In ogni caso l'immagine sacra  dovrebbe provocare riflessioni di tipo teologico (non a caso la realizzazione di icone viene detta dal greco  "graphein" (scrivere).Del resto la pittura viene definita da Basilio di Cesarea come quella cosa che è per gli occhi quello che  la parola  è per le orecchie. Non bisogna dimenticare che nell'Oriente greco il culto delle immagini ebbe un ruolo importante, ed alcuni dipinti della Madonna e  di Cristo, per giustificarne la venerazione, erano addirittura considerati "acheropiti", e cioè non realizzati da mano umana  .

RAMSES II

Ramses II (chiamato anche Ramesse o Ramsete) è un personaggio che, a ragione, viene ricordato tra i "più grandi di tutta la storia " . Fu faraone d'Egitto per un lunghissimo periodo, 67 anni, e morì nel 1212 a.C. ad oltre 80 anni. Era figlio di un altro grande faraone , Seti I, e viene ricordato per le doti di guerriero (già a 15 anni, col padre, combattè gli Ittiti) e per la cura che pose nei riti e nelle opere che danno tutt'ora in Egitto testimonianza della sua grandezza.

La prima parte del suo regno fu caratterizzata da battaglie sempre vittoriose, cominciando con lo sconfiggere i "popoli del mare" che minacciavano il Delta del Nilo, e cercando in tutti i modi di prevalere sul suo acerrimo nemico ittita Muwatalli ( celebre la battaglia di Quadesh in terra siriana, della quale entrambi i condottieri si dichiararono vincitori e che resta una delle più famose di tutta l'antichità), col quale stipulò (giungendo a sposare una principessa ittita) un trattato di non belligeranza che costituisce con tutta probabilità il primo accordo internazionale della storia. A seguito della pace raggiunta il faraone, che portò all'apice della potenza di sempre il suo regno, dopo avere trasferito la capitale da Tebe ad Avaris (nel Delta) si dedicò alla costruzione di templi , statue ed edifici giganteschi dedicati a celebrare la sua vita e le sue gesta raccontate con splendide raffigurazioni che resistono ancora oggi.

Alla sua si affianca la storia meravigliosa della regina Nefertari ( la più bella tra le belle) sua sposa prediletta che raggiunse grandissima notorietà e fama . Nefertari era la sposa che più amò Ramses, e pensate che di spose ,tra principali e secondarie, se ne contano 77 (infatti si dice che abbia avuto ben 170 figli) . Amore che traspare dalle rappresentazioni statuarie in cui la regina era raffigurata con la stessa altezza del faraone, laddove le mogli, a quei tempi ,venivano rappresentate con dimensioni inferiori per sottolinearne la minore importanza , e dal fatto che le dedicò un tempio ed una tomba personali . A nessuna moglie di nessun faraone venne concesso un tale onore . Grandiosi appaiono tutt'ora i templi di KarnaK e di Luxor, ma forse la meraviglia più grande resta il tempio a lui dedicato ( il Ramesseum,) e il santuario rupestre (perchè scavato nella montagna) di Abu Simbel,dedicato al faraone e al Dio Sole dove quattro imponenti statue di Ramses alte 20mt. sono poste al lati dell'ingresso e al cui interno sono scolpite scene delle battaglie contro Ittiti e Nubiani. Come altri prima , anche Ramses si appropriò di templi e statue già esistenti semplicemente cambiandone la dedica scolpita, ma per evitare che anche a lui fosse riservato lo stesso trattamento fece imprimere il suo cartiglio a metà figura su ogni statua (e questo dà ragione dell'impressionante numero di reperti che a lui fa riferimento).

Ad Abu Simbel, e quindi anche al vicino tempio dedicato alla Dea Hathor e alla sposa Nefertari si pose nel 1965 il problema creato dalla costruzione della diga di Assuan, che facendo innalzare il livello del Nilo rischiava di farli sprofondare nell'acqua. L'Unesco, intervenendo in maniera massiccia e competente, riuscì a trasportare il tempio ben 64 mt. più in alto tagliandolo in 1036 blocchi numerati che furono trasportati e nuovamente ricomposti accuratamente nella forma originaria che possiamo oggi ammirare . Opera che non può non essere definita "faraonica". Da ricordare che il tempio godeva di un particolare orientamento che permetteva ad un raggio di sole, in alcuni giorni dell'anno, di colpire il viso del faraone all'interno, caratteristica che purtroppo, non ostante tutti i tentativi, non sopravvisse al trasloco.

Quando la mummia di Ramses fu trovata, nel 1881, ci si rese conto che in, mancanza di un rapido intervento , era destinata ad un progressivo disfacimento che l'avrebbe distrutta completamente. Ancora non si avevano le cognizioni indispensabili sulle norme di corretta conservazione dei reperti, e bisognò attendere il 1970 perchè la mummia fosse trasportata a Parigi dove studi seri rivelarono che era un fungo, la Dedalea biennis,la causa della corrosione dei resti. Fu necessario ricorrere ad un trattamento di radiazione per eliminare il problema senza nuocere alla mummia, altrimenti destinata ad una "seconda morte".

Tra i numerosi figli di cui abbiamo detto, ad ereditare le capacità del padre fu Merenptah ,il tredicesimo avuto dalla sposa Isinofret e l'unico sopravvissuto ai fratelli , ricordato come "il costruttore".

E' stato un italiano, Giovanni Battista Belzoni (avventurosa figura di ricercatore archeologo che sembra abbia ispirato il personaggio di Indiana Jones), nel 1817 , il primo a entrare nel tempio di Abu Simbel.

C'è chi sostiene che fosse proprio Ramses II il faraone che si oppose a Mosè in occasione della sua fuga dall'Egitto, ma , invero, di questo non ci sono prove certe.

LA RUBRiCA DIVENTA UN LIBRO

Il dottor Lelio Finocchiaro, farmacista amante del mare, è una delle penne di punta del Notiziario delle Eolie. Fra una ricetta medica e l’altra ha creato la rubrica interessantissima “Cenni di Storia”, dove tutti hanno potuto tuffarsi limpidamente e liberamente in un passato scritto con l’arte di una cultura unica. Oggi quella storia naviga ancora di più nella storia. E’ un libro “Briciole di Storia”. Un segno e un sogno di pagine scritte per l’ulteriore memoria dei tempi. Sia i nostri che quelli del futuro.

La recensione oggi è sul "Messaggero". Il libro verrà lanciato alla prossima Fiera Internazionale al Lingotto di Torino. E' già disponibile presso la libreria di Mimmo Belletti.

Al dottor Lelio Finocchiaro, lo "storico del Notiziario", complimenti e felicitazioni.

IL PLAUSO

di Michele Sequenzia*

Caro Bartolino, desidero esprimere al dr.Lelio Finocchiaro , curioso ed affascinante...penna di spicco  del Notiziario delle Isole Eolie,  i miei migliori sentimenti di stima  per la sua continua, appassionata e coraggiosa ricerca storica e scientifica alla ricerca del senso filosofico della Vita...come  insegnatoci dagli antichi Saggi.  Auguri vivissimi per il suo ultimo libro di imminente lancio e divulgazione.. a Torino.." Briciole di Storia" .. Con viva simpatia

*Aarau Cantone di Argovia CH

STONEHENGE

Da tempo immemore si tramanda la conoscenza di linee di flusso energetico che, come un reticolo, percorrono tutta la superficie della Terra. Sarebbe nei punti di intersecazione di tali linee ,dette "ley lines" (linee di prateria), che il valore energetico, misurato oggi in Bovis (dal nome di colui che per primo lo adottò), subirebbe una particolare esaltazione ben nota ai nostri antenati di tutto il mondo, che erano usi scegliere tali luoghi per costruirvi i propri templi e i propri edifici dedicati al culto e all'osservazione del cielo. Queste linee erano note anche agli antichi cinesi che solevano indicarle come "Le vene del Drago".

E' appunto lungo il percorso di questi flussi energetici che si trova ,sparsa in tutto il mondo , tutta una serie di menhir, dolmen, cromlech, abbazie , cattedrali, templi, ecc.. ,simbolicamente collegati quasi potessero comunicare tra loro. E più forte era questo segnale di energia, maggiori erano le "pietre" che lo contrassegnavano. Pensate che solo a Carnac , in Francia, vi sono circa tremila menhir perfettamente allineati. Nei tempi moderni si continua a costruire chiese e cattedrali sfruttando l'opera di sapienti architetti e ingegneri, mentre una volta, in mancanza, si usava direttamente la pietra,non lavorata ma scelta di forma opportuna e collocata in modo che fosse protesa verso l'alto, quasi come attuali e poderose antenne capaci di captare misteriosi segnali provenienti dallo spazio. E così sono realizzati , appunto, i menhir, ma anche gli obelischi egiziani, anche le cattedrali gotiche,anche le statue dell'isola di Pasqua, anche le piramidi. Tutti luoghi rappresentativi di una particolare forza che soleva abbinare energia e spiritualità. Pensate che gente come Alessandro Magno, Giulio Cesare e Napoleone Bonaparte vollero sperimentare la prova di "dormire" all'interno delle piramidi per sentirne l'energia. Queste osservazioni, che hanno dato origine a studi facenti parte della Geomanzia e della Geobiologia hanno in comune il fatto di considerare la Terra come una cosa viva, con un suo particolare respiro . E infatti presso gli antichi sono numerosi i riferimenti alla "Madre Terra". Ogni sito megalitico possiede una sua energia, e pare che il sito di Stonehenge (pietra sospesa), che si trova nei pressi di Salisbury, in Inghilterra ,sia uno dei più potenti di tutti. Menhir vuol dire letteralmente "Luogo delle pietre" o anche "Pietre lunghe", ma Stonehenge in realtà è un Cromlech (serie di pietre disposte in cerchio). Per molto tempo si è creduto che fossero di origine celtica, ma oggi è certo che si tratta di opere risalenti a molto tempo prima, nel Neolitico, (infatti i Celti usavano per templi le foreste, le caverne e altri luoghi "naturali"). Centinaia di libri sono stati scritti su questo ed altri complessi megalitici e molto recente e' la scoperta del sito di Gobekle Tepe (definito da alcuni "il sito che non dovrebbe esistere"), in Turchia, che sembra nascondere molte cose da scoprire che stanno man mano venendo alla luce. Tutte le generazioni antiche si sono in qualche modo servite di questi luoghi altamente "benefici", per tramandare la loro cultura attraverso sciamani, stregoni, sacerdoti, profeti, druidi, monaci, ecc... Parallelamente si sono individuati delle zone a "energia negativa" , come potrebbe essere, ad esempio, il famoso "Triangolo delle Bermude". I siti energetici ,chiamati dai francesi "luoghi alti", sono stati da sempre privilegiati dall 'uomo sia perchè servirebbero alla ricerca del benessere fisico, ma anche perchè favorirebbero il contatto con il trascendentale. In definitiva questi luoghi sarebbero particolarmente privilegiati per consentire un più intimo contatto tra fede e conoscenza. Molti sono i siti inglesi, oltre a Stonehenge, come Silbury Hill o Avebury Henge, ma famosi sono anche i Menhir della Sardegna. Certo che l'influenza dei luoghi sullo spirito è qualcosa che ha sempre condizionato nell'uomo la scelta di templi, caverne,moschee e quant'altro. E quante volte entrando, ad esempio, in una cattedrale gotica abbiamo subìto quel fenomeno (chiamato "schiena dritta") che ci ha obbligato a volgere lo sguardo verso l'alto quasi per uniformarci ad un respiro più ampio e ritmato che ci ha ispirato un sentimento di "religiosità"? In Cina considerazioni di questo tipo hanno provocato la nascita di vere e proprie scienze, come il Feng Shui , per armonizzare le costruzioni con l'ambiente circostante. E così gli antichi Romani, come i Celti prima di loro, costruivano le strade in modo da evitare, ove possibile, le zone ad energia negativa che avrebbero affaticato i soldati oltre misura. Anche la cristianità fornisce esempi di tali cognizioni. Come dimenticare San Simone (detto lo "stilita") che visse per lunghi anni, dicono trenta, appollaiato su un'alta colonna di 17 metri che lo avvicinava al Cielo? E anche gli antichi centri oracolari, non erano forse tutti situati in posizioni particolarmente alte, come nel caso della Pitonessa di Delfi , o come a Delo? E così lo stesso luogo può essere scelto da culti diversi in tempi di molto successivi, così come accadde alla cattedrale di Chartres, che venne edificata sullo stesso terreno in cui erano sorti diversi antichi templi nel passato. Come per le piramidi, anche per i siti megalitici dura il mistero di come abbiano potuto gli uomini di 5000 anni fa trasportare proprio in quei punti monoliti di tale ingombro e peso. In questo senso Stonehenge non fa eccezione, e si calcola che le pietre del cerchio più esterno siano state ricavate da una cava distante non meno di venti Km. ( e pensare che pesano circa 25 tonnellate!), mentre quelle del cerchio interno, più piccole e pesanti "solo" 4 tonnellate circa, provengono da una cava distante circa 230 Km. Lo scopo di tutto questo e' un altro mistero nel mistero. La cosa più probabile resta l'uso religioso e astronomico, ma non si può non restare attoniti al pensiero di come popoli che non sapevano scrivere e che non conoscevano nemmeno l'agricoltura abbiano dedicato tanta fatica e lavoro ad opere di tale portata rivelando un bisogno insopprimibile di conoscenza e di religiosità. Domande destinate, a meno di clamorose rivelazioni, a rimanere ancora a lungo senza risposte realmente soddisfacenti.

LA TERRA PIATTA NEL MEDIOEVO

Solitamente si guarda al Medioevo come ad un periodo buio, privo di attivita' liberali e di fantasia culturale. Certo, il rinascimento e l'illuminismo erano di la' da venire, ma a guardare bene molte sono le arti che , al netto di magia e superstizione, proprio in quel periodo ebbero a nascere e che costituirono la base della cultura futura (come,ad esempio, la fisica e la chimica). Spesso, pero', si attribuisce inevitabilmente al "medioevo oscuro" una somma di credenze assurde anche , a volte, commettendo errori storici di portata non indifferente. Un caso evidente e' quello che sostiene che in quel periodo ci fosse la convinzione che la Terra fosse piatta. In realta' questa voce giro' alla fine del Medioevo, attribuendola ai secoli passati e sbagliando clamorosamente. Tornando indietro nel tempo, l'antica Mesopotamia credeva che la Terra fosse un disco che galleggiava sulle acque , ma gia' Pitagora ( VI sec a. C.), basandosi sull'osservazione dei corpi celesti, ipotizzo' una Terra sferica, ed anche Aristotele lo sosteneva ,pur meravigliandosi di come uomini agli antipodi potessero stare "con la testa all'in giu' ". Eratostene, addirittura, misuro' nel III se. a. C. con stupefacente precisione il diametro della Terra. Nei tempi antichi si pensava che la Terra avesse i poli freddi , la parte centrale molto calda e le parti intermedie temperate, e attribuivano queste diversita' alla minore o maggiore distanza dal sole. Del resto anche nella Bibbia troviamo Isaia che dice " Egli e' colui che sta seduto sul globo della Terra". Quindi la storia che vuole che nell'antichita' si credesse alla forma piatta del mondo, e' solo un'invenzione. Del resto anche molte mappe medioevali riportano chiaramente la rappresentazione dei due poli. Scrittori famosi come Boezio , Beda il Venerabile e Isidoro di Siviglia rappresentarono la terra come una sfera, mentre Virgilio, vescovo di Salisburgo, venne processato ( e poi assolto), perche' sostenne l'esistenza di popolazioni agli antipodi. In fondo, a qualcuno risultava poco chiaro come le acque degli oceani potessero avere "una curvatura". Altre tradizioni, come quella araba o quella indiana, disegnano la Terra o a forma di uovo o come di continenti disposti attorno ad una montagna con attorno il mare. Tutte convinzioni destinate ad essere smentite, ma solo per essere sostituite da altre altrettanto discutibili. Sono relativamente recenti (XVII-XVIII sec.) diverse teorie supportate da argomentazioni di scienziati non certo di secondo piano, che affermano che la Terra sia vuota al suo interno , con tutto quello che cio' comporta in materia di equilibri magnetici e di fenomeni difficili da spiegare (come l'Aurora boreale). In alcuni casi ci si e' spinti ad ipotizzare collegamenti con gli UFO e con cospirazioni tese a nascondere (chissa' poi perche') tale nuova verita'. Nell'antichita', quando si credeva che il Bene fosse "sopra " , mentre il Male fosse "sotto", si tendeva a collocare all'interno della Terra il regno dei morti (come l'Ade o lo stesso Inferno cristiano e dantesco), e bisogno' aspettare nel XVII sec. le teorie di un famoso astronomo di nome Edmond Halley (quello che diede il nome alla omonima cometa) perche' l'idea della Terra cava avesse un barlume di giustificazione scientifica , in seguito ribadita dal celebre matematico L. Eulero e dallo scienziato francese Maupertuis. Tali forti personalita' riuscirono a dimostrare l'esistenza di piu' centri magnetici terrestri, dovuti ad una imperfezione della sfericita' terrestre derivante da uno schiacciamento ai poli. In breve si pervenne ad una teoria che prevedeva l'esistenza di due "entrate" ai poli e la possibilita' che , come in presenza di gusci concentrici, esistesse u n mondo sotterraneo dotato di vita e di luce proprie che nei secoli si ricollega ad antiche leggende di continenti perduti (Atlantide e MU) e di fantastici luoghi mitici come Eldorado e Agharti ( Il re di quest'ultima ,secondo la leggenda ,portava un anello a forma di svastica) A questo bisogna aggiungere che un certo Cleves Symmes nel XIX sec riusci' a convincere il presidente USA John Adams a finanziare una spedizione al Polo, annullata pero' dal suo successore Andrew Jackson.

L'unico ad avere"visto" le aperture ai poli, per altro sempre mascherate da tempeste magnetiche, sarebbe stato l'ammiraglio Richard Byrd, primo sorvolatore del Polo Sud, che durante le sue spedizioni aeree si sarebbe trovato a sorvolare una terra senza ghiaccio con foreste ed animali e i cui rapporti furono immediatamente sequestrati e secretati. Le sue testimonianze furono riprese da Raymond Bernard in un suo libro sull'argomento e dal ben piu' famoso Charles Berlitz noto per i suoi studi sul mistero del "triangolo delle Bermude". Vi furono inoltre altre spedizioni che, nel tentativo di raggiungere il Polo Nord dichiararono di essersi imbattute in terre temperate e anomalie magnetiche . La spiegazione starebbe nell 'immaginare una terra cava con due aperture a nord e a sud e con un polo magnetico situato nella crosta terrestre e non nel centro geometrico del globo. E cio' dovrebbe spiegare come gli oceani al "di dentro" aderiscano alla parte interna della crosta esattamente come avviene all'esterno di essa. Numerosi sono stati gli esploratori che con il loro indubbio coraggio e con il loro spirito di avventura, cercarono una via verso questa ipotetica apertura, e tra questi Stefannson, Nansen, Peary, Cook, Macmillan e Wilkins. Quest'ultimo si sarebbe servito anche di un sommergibile, col quale cerco' di confermare se anche al Polo Sud si verificassero le stesse anomalie che aveva riscontrato al Polo Nord. Ebbe a dire che era necessario che l'uomo cambiasse le sue nozioni sul profilo della Terra. L'ammiraglio Byrd, a coronamento di tutte le sue missioni, riusci' , nel 1946, ad organizzare una imponente spedizione con 4700 uomini, venti aerei e 13 navi. Venne cosi' scoperta la cosiddetta "Oasi di Bunger", zona temperata con laghi di acqua salata. I giornali americani la salutarono come la scoperta di una nuova Shangri-la. I diari dell'ammiraglio, pero', furono sequestrati e da allora non se ne seppe piu' nulla. Curioso il fatto che nessuna rotta commerciale preveda attualmente il sorvolo dei Poli . Naturalmente niente di meglio di una idea come quella di una Terra cava poteva ispirare la fantasia e l'immaginazione di vari scrittori, a cominciare da Jules Verne col suo "Viaggio al centro della Terra" , per continuare con una numerosa sfilza di registi per film avventurosi e quasi sempre di serie B. Anche il mondo dei fumetti non e' restato insensibile all'argomento, riempiendo il vuoto all'interno della Terra ora di alieni, ora di piu' o meno misteriose popolazioni, ora di laboratori segreti, ecc...

Anche Il caso della Terra cava,moderna leggenda (che per altro vanta autorevoli sostenitori),si affianca, come tante altre ,alle numerose e immaginifiche storie di credenza popolare che hanno da sempre accompagnato l'uomo nella sua evoluzione,un po' come accadde, tanto tempo fa, per la "Terra piatta".

 

 

I GLADIATORI

Nella Storia vi sono alcune figure che hanno suscitato l'ammirazione e l'attenzione di intere generazioni per la grandezza delle loro avventure o per l'eroismo e la tenacia che hanno contraddistinto il loro senso dell'onore e del valore umano , nonche' lo spirito e i valori morali a cui si sono ispirati. Così e' stato, ad esempio, per i Cavalieri Templari. Diversa e' invece la strana attrazione da sempre provata per spettacoli cruenti e sanguinosi, per lotte senza respiro e soprattutto senza speranza, svolte solo per saziare la sete di divertimento di un pubblico crudele.

Questo e' accaduto con i "Munera" romani . L'origine dei giochi potrebbe essere, secondo gli studiosi, sia sannita che etrusca, ed in origine venivano tenuti per celebrare onoranze funebri in onore di personalità particolarmente importanti. Il primo "Munus" di cui si ha notizia si svolse presso il Foro Boario nel 264 a.C., organizzato da due nobili fratelli in occasione della morte del loro padre Giunio Bruto Pera. La manifestazione ebbe un grande successo e gia' nel 183 a.C., per i funerali di Publio Licinio, furono oltre cento i combattenti che scesero nell'arena.

Col tempo i Giochi persero la loro valenza commemorativa e furono tenuti per il divertimento delle masse e per motivi politici che tendevano ad avere il consenso della cittadinanza. Addirittura i migliori architetti studiarono le forme piu' adatte che dovevano avere gli stadi , creando i cosiddetti Anfiteatri (da Anfi "tutto intorno" e Theatron "luogo dove stavano gli spettatori"). Inutile dire che il piu' grande anfiteatro destinato alle lotte dei gladiatori fu quello Flavio (Colosseo) inaugurato a Roma da Tito nel 83 d.C. con una festa di gladiatori e animali (venationes) durata 100 giorni (e durante i quali vennero uccisi oltre 10000 schiavi e 9000 animali).

Ma in definitiva, chi erano i Gladiatori? Si trattava di schiavi o di prigionieri di guerra che per la loro prestanza fisica venivano obbligati (non potevano rifiutarsi) a combattere dal loro "lanista" (proprietario), destinati a morire o, in casi particolarissimi, a conquistare la "Rudis", la spada di legno con cui si allenavano e che voleva dire la liberta'. I gladiatori si differenziavano a seconda delle armi con cui combattevano. C'era quello che usava il "gladio", una spada corta molto efficace nei combattimenti ravvicinati e che diede il nome a tutta la categoria. C'era anche il "Reziario", che combatteva con una lancia a tridente e una rete con cui tendeva ad inviluppare l'avversario, ed il Dimachero , che combatteva con due gladi. Famosi anche Mirmilloni e Traci (come Spartacus), ed inoltre c'era l'Hoplomacus, il gallus, il secutor, il bestiarium (che combatteva contro bestie feroci,) ecc...

Pare che anche le donne siano state coinvolte da Nerone in lotte feroci (nel 63 d.C.) , ma nel 200 Settimio Severo proibì qualunque gioco coinvolgesse il sesso, si fa per dire, debole. Il Caronte era invece lo schiavo che con un martello eseguiva l'eventuale condanna a morte di un gladiatore da parte del pubblico e confermata dall'imperatore. Occorre precisare, però, che le condanne a morte erano piuttosto rare, in quanto i lanisti ci pensavano due volte prima di privarsi di uno schiavo che sicuramente era costato somme considerevoli (a parte il caso dei "munera sine missio" in cui la fine era sempre la morte). Per chi vinceva c'erano premi e laute ricompense, nonchè la possibilità di soddisfare le brame di vogliose matrone romane per cui la lotta e il sangue erano motivo di eccitamento sessuale. Il piu' famoso gladiatore, reso celebre anche da films e libri storici, fu senz'altro Spartaco il Trace, della scuola di Capua, che riusci' a sollevare una sommossa che causò molte perdite ai Romani, prima di essere sconfitto.

Si dice che i gladiatori vinti venissero crocefissi lungo la via da Capua verso Roma , ed erano ben 6000. I giochi assunsero nel tempo una grande importanza (chi non ricorda la famosa frase di Giovenale "Panem et Circenses", con cui intendeva dire che bastava solo quello per distogliere l'attenzione del popolo da cose ben piu' importanti?), e addirittura alcuni imperatori non disdegnarono di scendere essi stessi nell'Arena a combattere ( Caligola si vestì da Trace, mentre Nerone affrontò ,travestito da Ercole, un leone opportunamente sedato, e Commodo si dice abbia sostenuto diverse centinaia di combattimenti (opportunamente combinati). Nei Munera non c'era l'esaltazione dell'onore e dell'eroismo. Tutto veniva fatto per il puro divertimento del pubblico, e gli uomini che versavano il loro sangue nell'arena erano come giocattoli di cui il popolo poteva disporre a proprio piacimento.

L'unica speranza per un gladiatore era quella, molto rara ,di conquistare la libertà tramite il "Rudis". L'organizzazione di un Gioco era molto accurata e le regole molto precise, specie dopo la disgrazia di Fidenes nel 27 a. C., quando un anfiteatro costruito in tutta fretta crollò causando la morte, secondo Tacito, di ben 50000 spettatori. Esso veniva comunicato con anticipo ai cittadini, specificando quanti gladiatori e di che tipo, se vi erano venationes, se vi era rifornimento di acqua ,vino o cibarie, e la sera prima era organizzato un banchetto dove si poteva prendere visione dei partecipanti. Con l'avvento del Cristianesimo i Giochi persero sempre piu' importanza. Costantino nel 325 abolì i munera sine missio (introdusse i lavori forzati), mentre i giochi vennero definitivamente aboliti nel 402. Nel Colosseo le ultime Venationes si svolsero nel 523 d.C. Pare, però che molte manifestazioni continuassero a svolgersi clandestinamente ancora per molto tempo. Estinguere la sete di sanguenon e' mai stato , del resto, una cosa molto facile.

GLI  ORDINI CAVALLERESCHI

Gli Ordini religiosi hanno un'origine ed una ispirazione monastica che li sottoponeva al voto di castita' obbedienza e povertà. Gli Ordini "Cavallereschi" aggiungono in più anche la vocazione di "combattenti".

In pratica quegli ordini nati come supporto alla Chiesa Cattolica, in seguito ne divennero a tutti gli effetti il braccio armato. L'origine di tali Ordini si fa risalire al tempo delle Crociate, quando la necessità del combattimento  contro  "gli infedeli" porto' l'autorita' papale a giustificare l'uccisione in guerra , se compiuta in nome della fede. In effetti il termine "Miles Christi" assunse il significato di soldato combattente per la fede. E così si potè essere contemporaneamente monaci e guerrieri.

Gli Ordini furono molteplici anche se si ricordano soprattutto i piu' famosi come i Templari ,i Cavalieri di Malta, gli  Ospitalieri , i cavalieri Teutonici, l'ordine equestre del Santo Sepolcro e numerosi altri.

 Anzitutto bisogna chiedersi : perchè  Cavalieri?  Da sempre ,in effetti, l'immagine dell'uomo in completa simbiosi con il suo cavallo ha emanato un fascino particolare   trasportandoci in un mondo fatto di avventura e di gloria. Anche in questo caso, del resto, non possiamo fare a meno di notare come gli Ordini Cavallereschi abbiano dato origine al nascere della "Cavalleria" ed al legame tra "Cavalieri e dame" e "spirito cavalleresco". Cosa sarebbero i racconti del XII sec. del ciclo Arturiano, le avventure di Lancillotto, i cavalieri di Ariosto e di Cervantes, se non si fossero identificati in quell'ammirazione sconfinata verso le gesta eroiche dei cavalieri senza "macchia e senza paura" ? In ogni caso da sempre l'essere a cavallo ha comportato una situazione di particolare vantaggio. Anzitutto  era caratteristica di un lignaggio e di un censo che non era alla portata di tutti, e poi consentiva di dominare gli altri "dall'alto",e  di spostarsi piu' velocemente. Essere insignito cavaliere voleva dire avere percorso un addestramento particolare, e ci fu nel medioevo un periodo in cui per accedere a determinate cariche pubbliche occorreva necessariamente vantare un cavalierato armato.  

Affinchè il cavaliere venisse anche a dotarsi di quelle virtù indispensabili per ergersi a difensore degli oppressi e dei deboli, dimostrando di essere in possesso di qualità morali e spirituali a cui veniva preparato  da un apposito addestramento  (prima paggio, poi scudiero e infine cavaliere), molto si impegnò la Chiesa che aveva bisogno di queste figure carismatiche. Però  la vera esaltazione di queste qualità si ebbe solo in occasione delle Crociate, dove lo spirito di aggregazione dei Cavalieri si dispiegò in tutta la sua potenzialità,attuandosi non solo in operazioni di guerra, ma anche di assistenza ai pellegrini, di cura ospedaliera e di assistenza ai cristiani residenti, in un comune "spirito crociato" e disposti al sacrificio in nome di un accresciuto fervore cristiano ( esempio tipico quando  i cavalieri di Malta abbandonarono senza combattere la loro isola ai francesi perchè la loro regola imponeva di  non uccidere altri cristiani ). Oltre che alle Crociate i Cavalieri legarono il loro nome alla lotta contro i musulmani in Spagna e contro i pagani dell'Europa Orientale. In tal modo l'essere cavaliere comportava il farsi  carico di implicazioni profonde che ne decretarono la fondamentale rilevanza per tutto il Medioevo.

Col tempo però gli ordini cavallereschi, nati e caratterizzati per l'azione svolta (come i Gerosolimitani sorti a Gerusalemme, quelli di S. Lazzaro, di S. Giovanni e altri) furono sostituiti da ordini cosiddetti "di merito" voluti da sovrani o da Papi per celebrare eventi degni di memoria o per offrire nobili ricompense. Questo e' il caso dell'ordine della Giarrettiera, o del Toson d'oro, o del Collare, tutti comunque conferiti per una  "Fons Honorum". I vari tipi di Ordini per così dire classici si andarono esaurendo con  la Riforma e la Controriforma, e la cavalleria, ormai slegata dal suo primitivo significato, si affermò come un riconoscimento di benemerenze conferite a singoli individui, ritenuti meritevoli di encomio senza per altro essere soggetti  ad alcuno dei vincoli e  degli obblighi a cui erano tenuti i cavalieri medievali. Solo più tardi, soprattutto a partire dalla Rivoluzione Francese, tutti gli Stati del mondo hanno preso la consuetudine di istituire Ordini Cavallereschi al Merito aventi il valore di decorazioni e ricompense onorifiche.

Questo comporta che gli Ordini Cavallereschi debbano necessariamente promanare da un’autorità sovrana costituita e riconosciuta,essendo essi Ordini sottratti sempre e comunque a qualsiasi iniziativa privata.  A sopravvivere con l'antica dignità "militare" resta soltanto l'Ordine dei cavalieri di Malta, e solo come Ordine equestre l'Ordine del Santo Sepolcro. Esistono Ordini dinastici, legati non ad uno Stato sovrano, ma ad un Re (non necessariamente regnante) e successivamente alla sua famiglia, e Ordini statuali caratterizzati dall'avere una pubblica giustificazione giuridica. Esistono anche Ordini pontifici, ma tutti quanti classificati come Ordini di merito.

Nel secondo dopoguerra, in mancanza del sistema onorifico monarchico, nacque un sistema onorifico alternativo di origine privata, che si configurò essenzialmente come una vera e propria truffa con la quale molti millantatori si arricchirono sfruttando la voglia di chi per un titolo (anche falso) era disposto a spendere cifre tutt'altro che modeste. C'è da dire che anche adesso  la ricerca di una decorazione a tutti i costi costituisce un mercato fiorente che sfrutta la vanità  di un riconoscimento non acquisibile in altri modi.

LA MAYFLOWER

La Riforma Protestante del 1517, che spezzò in due l'Europa  dal punto di vista religioso dando luogo a  dispute e guerre, portò anche alla nascita di gruppi ( chiamati Congregazioni) che delusi dalla Chiesa Anglicana nella loro aspirazione alla purezza religiosa, non apprezzavano differenza alcuna tra il cattolicesimo con il Papa e quello che del Papa faceva a meno. Tra questi i più attivi, e di conseguenza i più osteggiati, erano i Puritani , i quali si rifacevano alle teorie del riformatore protestante francese Giovanni Calvino, adottando la dottrina della predestinazione e ritenendo che Dio avesse preordinato quali uomini salvare e quali condannare .

In un primo momento si stabilirono in Inghilterra tra le contee di York e di Nottingham, ma in un secondo tempo, in seguito alle persecuzioni dei vescovi cattolici, trovarono più  conveniente spostarsi nella più tollerante Olanda. Non dimenticarono però le  aspirazioni ad un mondo libero e più consono alla loro rigidità religiosa, identificando la possibilità di realizzare il loro sogno  nelle vantate possibilità offerte da quello  che veniva chiamato  "New World" (siamo intorno al 1610). Fu dunque verso l'America che si appuntarono le  loro speranze di una nuova vita. Del resto proprio nel 1607 una prima colonia inglese si era stabilita in quei luoghi, e ciò li spinse a chiedere una concessione territoriale alla "Compagnia della Virginia". Avendola ottenuta acquistarono una nave,la Speedwell, dirigendosi verso l'Inghilterra per unirsi  alla Mayflower (fiore di Maggio).

Era il 5 Agosto del 1620 quando le due navi partirono da Southampton, con solo una parte della Congregazione  consistente in non più di 100 persone in  tutto (l'intento era di  fondare una Colonia e di far poi giungere il resto dei compagni).  Le difficoltà però cominciarono da subito. La Speedwell per ben due volte imbarcò acqua  (si scoprì in seguito che erano stati gli uomini dell'equipaggio a sabotarla ,poco disposti ad affrontare un viaggio così impegnativo) e si dovette lasciarla in Inghilterra con circa venti passeggeri  forse non del tutto dispiaciuti, e fu solo con la Mayflower, nave però  non proprio adatta allo scopo, che si affrontarono le tempeste oceaniche, le malattie (prima fra tutte lo scorbuto ) e le infezioni che si propagavano con estrema facilità. Fu così che alcuni dei Pellegrini ( o "Padri Pellegrini " come furono da allora ricordati), non riuscirono nemmeno a terminare il viaggio .

La Mayflower impiegò sei settimane per toccare le coste del Nord America, ma i forti venti e le correnti atlantiche, navigando ad una media di soli 2 km/h,  l' avevano fatta deviare dalla rotta  prestabilita portandola non in Virgina, ma nel Massachusets (territorio nativo americano), ed esattamente a Cape Cod, dove però poteva godere di una baia protetta.  Era lo  stesso luogo   dove oggi sorge  il porto di Provincetown. I Coloni comunque scelsero come approdo permanente il punto esatto dove si costruì in seguito la cittadina di New  Plymouth. E' ovvio che non erano in alcun modo autorizzati ad insediarsi in quelle terre, e questo fu il motivo per cui sottoscrissero il "Mayflower Compact", per stabilire, almeno temporaneamente, governo e diritti.

I rapporti con i nativi locali, da loro considerati come selvaggi senza Dio, furono conflittuali, ma se non fosse stato per alcuni di loro, da cui poterono apprendere  come sopravvivere al rigido primo inverno, probabilmente dei Coloni non sarebbe rimasta traccia. E fu così che nel 1621 i Padri Pellegrini celebrarono il loro primo raccolto ed il loro primo "Ringraziamento". Dal 1863  il giorno del Ringraziamento è una festa nazionale osservata il quarto giovedì di novembre in cui viene consumato il caratteristico pranzo a base di Tacchino (animale tipico di quelle zone, non ancora noto, all'epoca, in Europa) . Plymouth è ad oggi il più antico insediamento da parte di europei negli Stati Uniti, dato che quelli precedenti erano di natura essenzialmente militare.

I Puritani non erano sacerdoti ne' avevano alcuna ufficialità religiosa, essendo solo comuni cittadini, ma furono loro a dare inizio all'importante migrazione che perdurò nei secoli successivi, aiutata dall'intolleranza religiosa che nel vecchio continente opprimeva larga parte di una popolazione che ambiva a svilupparsi secondo proprie leggi  molto severe, e secondo un concetto improntato al fervore religioso. Furono questi motivi che permisero alla iniziale comunità di pochi coloni di radicarsi nel territorio e di divenire col tempo assai numerosa. Chi volesse studiare la Storia di quella parte di mondo, scoprirebbe che quella comunità è la stessa che viene considerata il primo nucleo civile stabile di "americani".

LA  RIFORMA CATTOLICA  (CONTRORIFORMA)

Per Controriforma si intende il complesso delle misure che la Chiesa adottò per fronteggiare il credo Luterano e Calvinista ed impedirne l'ulteriore diffusione. In  realtà fino al 1540 sia i cristiani che i protestanti credevano in una possibile mediazione tra le due fazioni tale da consentirne il riavvicinamento, come del resto  auspicava Carlo V, ma col Concilio di Trento del 1545 (con i concomitanti avvenimenti della scomparsa  dell'imperatore e dell' elezione al soglio pontificio di Paolo IV Carafa, di idee intransigenti)  la rottura divenne definitiva. Furono infatti riaffermati  i dogmi del Cattolicesimo medievale e ribadito che la salvezza si ottiene  attraverso la fede e le opere (per Lutero solo attraverso la fede), e venne rigettata con forza la tesi del libero esame. Nessun compromesso, dunque. Però il Concilio fu l'occasione per introdurre alcune novità importanti nella conduzione della Chiesa. Anzitutto  si introdusse il divieto di cumulo degli incarichi ecclesiastici, si adottarono norme per limitare il fenomeno del "nepotismo", come anche venne sancito l'obbligo per i vescovi di risiedere nelle rispettive diocesi, e  si istituirono corsi di istruzione per i preti ribadendo l'uso del latino e l'obbligo del celibato.  Nel contempo si intensificò la lotta contro l'eresia , rilanciando l'azione dei tribunali dell'Inquisizione (promossa da Innocenzo III) e si introdusse  l'elenco dei libri proibiti (da bruciare), censurando quelli che non avevano il cosiddetto " Imprimatur" della Santa Sede (e che fu abrogato formalmente solo nel 1966). Per ottenere il suo scopo la Chiesa promosse la formazione di nuovi Ordini Religiosi poveri, come i Cappuccini ( ramo dei francescani ispirati a San Francesco), gli Scolopi, i Filippini (fondato da San Filippo Neri), i Fatebenefratelli ed altri con la missione di dedicarsi ai giovani, agli infermi, ai non abbienti, per fornire un virtuoso esempio di carita' cristiana. A questo e' da aggiungere,come contraltare,  la fondazione, da parte di Ignazio di Loyola, di quella che, chiamata Compagnia di Gesu' (Gesuiti), costitui' una milizia colta ed elitaria, avente la missione di convertire gli infedeli e conservare le tradizioni della Chiesa mantenendosi del tutto sottomessa al Papa e dedicandosi all'insegnamento  religioso dei figli della classe dirigente, istituendo apposite scuole e collegi (importante veicolo di indottrinamento). Il periodo della Controriforma si identifica in Italia come un periodo Oscurantista, durante il quale viene soffocata nel nascere qualunque aspirazione di rinnovamento sotto la completa egemonia del pontificato e della monarchia spagnola. Fu in questo periodo che vennero intimiditi e repressi  veri e propri martiri del pensiero moderno, come Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei. E tutto  cio' mentre contemporaneamente , nel resto d'Europa,  si affermava una crescita culturale con menti della grandezza di Montaigne, Shakespeare, Bruegel, ecc...

 

In questo clima repressivo-religioso vennero colpiti anche Dante (censurato il suo "De Monarchia") Boccaccio (col suo "Decamerone"), Machiavelli (col  "Principe"), nonche' tutte le traduzioni in volgare della stessa Bibbia. Per non parlare poi di tutte quelle opere che per i tagli apportati venivano completamente snaturate ( come fu per  "La storia d'Italia" del Guicciardini). Non ultime vennero censurate tutte le opere di carattere scientifico filosofico che avevano il torto di non allinearsi con la concezione aristotelica e tolemaica dell'idea geocentrica. In pratica l'arte in questo periodo riguardò  pressocchè  esclusivamente il dramma pastorale, la lirica amorosa o eroica, i trattati storici e poco altro.

 

Rientra in questo quadro anche la lotta alla stregoneria,intesa come lotta contro il "diverso", perche' qualunque comportamento esulasse da quanto stabilito dall'ortodossia era meritevole di attenzione e di intervento radicale. Certo che l'Europa si trovo' improvvisamente a dovere affrontare un problema a cui non era forse  ancora preparata: quello della tolleranza religiosa e della convivenza di fedi diverse. In alcune città  della Svizzera calvinista lo spirito persecutorio divenne opprimente e furono addirittura proibiti feste,  balli e musica. L'azione della Chiesa, in Italia e Spagna, riuscì ad arginare l'espansione protestante favorita dalla sostituzione di papa Leone X con papi conservatori come Paolo IV  e Pio V (il papa santo). La Controriforma valorizzò inoltre il "senso dei miracoli" e l'eroismo dei santi. Anche la sessualità venne colpita da questa particolare  idea di ascetismo, e si affermò che potesse essere praticata solo all'interno del matrimonio e a fine riproduttivo. Il peccato legato alla sessualità divenne il peccato per eccellenza e sulla stessa cadde una sorta di velo triste se non addirittura repulsivo.

 

LA  RIFORMA  PROTESTANTE

Nel  XVI sec. la condizione della Chiesa , in tutta Europa, era insostenibile. Le alte gerarchie ecclesiastiche  pensavano a  trascorrere piacevolmente i loro giorni tra feste e banchetti  trascurando le diocesi.  I preti, non essendo ancora istituiti i seminari, brillavano per la loro ignoranza, nascondendola dietro parole latine che il popolo (e spesso non solo lui) non capiva, mentre il peso delle decime richieste aumentava insieme alla corruzione dilagante. Tutto questo facilitava il prosperare di movimenti eretici che predicavano il ritorno alla umiltà.  I monasteri guadagnavano fornendo alloggio ai pellegrini ed erano interessati a spingere i credenti a lasciare in eredità alla Chiesa i loro possedimenti.

Ma cio' che fece scattare la molla della reazione in un frate tedesco di nome MARTIN  LUTERO, fu quando papa Leone X, avendo assoluto bisogno di denaro, si mise a vendere le indulgenze come sanatoria per l'espiazione di peccati commessi o addirittura da commettere, e anche in favore delle anime di defunti. In origine un credente poteva ottenere il perdono per i propri peccati con il pentimento e la preghiera, ma a partire dal XVI secolo questa pratica cambiò diventando un vero e proprio mercato in quanto le indulgenze potevano essere acquistate. Gia' una richiesta di riforma della Chiesa Cattolica era stata avanzata da John Wycliffe (che aveva tradotto la Bibbia in inglese), in Inghilterra.  Martin Lutero  il 31 ottobre del 1517 affisse alla porta della cattedrale di Wittenberg le sue famose 95 tesi (argomenti) contro la Chiesa. Egli chiedeva, tra l'altro, la fine del mercato delle indulgenze, la possibilità del popolo di potere leggere nella propria lingua la Bibbia , la possibilita' per ognuno di stabilire un proprio patto con Dio, senza intermediari di sorta, e vivere secondo la Fede, (egli ridimensionava il ruolo del Papa e della Chiesa, in quanto non di origine divina).

Ancora prima, nel XV sec.  Jan Hus, prete boemo, chiese una riforma della Chiesa, ma a quei tempi chiunque osasse sfidare il potere ecclesiastico correva il rischio di essere dichiarato eretico ed essere, di conseguenza, scomunicato, espulso ,o arso vivo (cosa che appunto capitò a Jan Hus). La Riforma iniziata da Lutero , invece, approfittando della filosofia dell'Umanesimo che rivalutava il ruolo dell'uomo, e dell'invenzione della stampa a caratteri mobili che  permetteva una diffusione dei libri in un numero di copie che solo pochi anni prima era impensabile, pur passando attraverso una condanna di eresia per Lutero (accusato di essere hussita  fu salvato da Federico il Saggio Principe di Sassonia, che lo nascose nel suo castello di Warburg), ebbe modo di espandersi a macchia d'olio in tutta Europa.  Parti' dalla Germania professando  lo studio della Bibbia e la professione per Fede, che ognuno doveva stabilire direttamente con Dio, e dalla Svizzera, con Matteo Calvino (teoria della predestinazione), per poi allargarsi in Francia, Olanda e Inghilterra.

Enrico VIII, volendo sposare Anna Bolena , ma non avendo avuto il permesso al divorzio dal Papa, colse l'occasione per abbracciare la riforma luterana che permetteva a lui come ad altri principi di annettersi terre di proprietà della Chiesa e di non pagare piu' le gravose decime. Questa situazione diede luogo ad una vera e propria guerra tra gli stati cattolici e quelli protestanti, che si concluse solo con la pace di Augusta  nel 1555, con cui si permise ai popoli luterani di abbracciare  la loro fede. La convivenza tra i seguaci delle due fedi cristiane non fu  indolore e mentre gli  Stati nordici come Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda si convertirono senza particolari traumi, nel resto d'Europa non fu cosi', ed e' restata celebre la " notte di San Bartolomeo", 24 Agosto 1572, quando in Francia, complice la regina Caterina de' Medici ed il figlio Enrico di Navarra, si  compì il cosiddetto "massacro degli Ugonotti", in cui migliaia di protestanti, per lo piu' calvinisti, vennero trucidati senza pieta'.

In Inghilterra Enrico VIII abolì l'autorità papale e da quel momento il re divenne anche capo della Chiesa protestante. Maria la Sanguinaria cercò di ripristinare il cattolicesimo perseguitando i protestanti, ma con sua sorella   Elisabetta I si ritornò definitivamente a quella che e' ancora adesso la Chiesa Anglicana.

Tre sono i principi fondamentali della Riforma secondo Lutero:  I°) Il libero esame, e cioe' la possibilita' di leggere e esaminare la Bibbia in modo autonomo.  2°) Ogni uomo e' responsabile della propria fede che non demanda a nessun altro.  3°) L a  salvezza dipende solo dalla Fede e non dalle Opere  o dalle offerte alla Chiesa.

Martin Lutero tradusse la Bibbia in tedesco perche' ognuno potesse leggerla senza l'intermediazione della Chiesa , contribuendo in maniera sostanziale, tra l'altro, al crollo dell'analfabetismo in Germania.

Nel 1492 vi era stata la scoperta dell'America, e la Riforma  non manco' di estendersi largamente anche nel Nuovo Mondo.

La Chiesa si rese conto che perdurando tale situazione, la sua autorita' era fatalmente destinata a diminuire progressivamente, e la sua reazione va sotto il nome di "Contro Riforma".

 

OSPEDALE

Etimologicamente la parola ospedale deriva dal latino "hospitalis", ed indicava genericamente il tipo di assistenza caritatevole riservata ai malati e ai pellegrini, e comunque a tutti quelli in qualche modo sofferenti o bisognosi, che veniva prestata , nel Medioevo, presso le cosiddette  "fraternite". Naturalmente si trattava di un tipo di accoglienza che si fondava essenzialmente sul fornire ricovero, cibo e riparo,quindi a carattere sociale e non medico,risvolto che invece cominciò ad acquistare rilevanza  nel quattrocento, quando si adottarono per la prima volta specifiche specializzazioni. Fu a causa della terribile Peste Nera del 1348  che si comprese la necessità di potere contare su strutture più funzionali, attrezzate e rivolte non tanto ai pellegrini di passaggio,bensì direttamente a tutti i cittadini.

In realtà si ha notizia di quelli che potremmo definire ospedali in tempi anche di molto più remoti. In Oriente  sappiamo che già nel 437 a.C. , a Ceylon, erano predisposti dei luoghi dedicati alla cura dei malati, e addirittura in India si erano creati ospedali per la cura di uomini ed animali. Famosa e' l'arte medica degli antichi egizi, che veniva svolta all'interno dei templi di Iside e di Serapeo, mentre Romani e  Greci, negli asclepiei  (dedicati ad Esculapio), cercavano di interpretare  gli indizi dei sogni di chi dormiva al loro interno, per alleviare dolore e sofferenze (incubatio). E comunque gli asclepiei erano posti in luoghi piacevoli, spesso in riva al mare, potendo disporre di abbondante acqua per bagni e massaggi e di palestre per la fortificazione del corpo, (una specie di centri benessere ante-litteram ).Spesso disponevano dello "iatreo", locale addetto alle visite e allo studio (quelli che Platone suggeriva di aprire  a tutti in caso di epidemie). Anche i legionari romani disponevano di loro infermerie. E le grandi famiglie di Roma potevano permettersi i "Valetudinari" (infermerie private). Giuliano l'apostata , nel 362, creo' degli ospedali (chiamati xenodochi) per la cura non solo dei pagani, ma di chiunque.

Al Cairo , nel 707, il califfo Al Walid I creo' un famoso ospedale con divisione per uomini donne e malati di mente, e successivamente Al Mansur organizzò un ospedale per partorienti , ciechi, feriti e con annessa una divisione per l'insegnamento. Il Nord Europa, nel XVI sec., fu influenzato dalla Riforma Protestante e le amministrazioni governative furono coinvolte nella organizzazione degli ospedali, mentre al Sud si formò una maggiore specializzazione degli ospedali in senso medico. Questi cambiamenti comportarono una diretta cooperazione tra ospedali e amministrazione civica, nonchè  la caratterizzazione del medicus-physicus  affiancato al medico-chirurgo. E' all'interno dell'ospedale, quindi, che il medico può sperimentare , imparare, crescere professionalmente, parallelamente alla creazione di spazi terapeutici dedicati. Anche economicamente ai medici la professione in ospedale , gradatamente , cominciò a rivelarsi più conveniente dell'esercizio privato.

E' ovvio che l'arte medica cominciò a intrecciarsi fortemente ai bisogni sociali, e  strutturalmente gli ospedali, man mano, come una volta le cattedrali, assunsero all'interno delle città aspetti facilmente identificabili per tutti. Ed anche la preghiera e l'invocazione, prima riservata al sacerdote di turno, piano piano si andò spostando verso mani , sicuramente più terrene, in grado di dare sempre più risposte al bisogno di "salute".

La medicina esce dal tempio, insomma. Ed è con Ippocrate che la malattia inizia ad essere considerata come una cosa assolutamente naturale (secondo lui, infatti, la salute risultava dall'equilibrio di quattro umori fondamentali, mentre la malattia derivava da una alterazione di detto equilibrio) .Purtroppo le cure, a quel tempo ,si riducevano soltanto a purghe, salassi e poco altro. Questa visione   durò molto tempo e l'interprete di assoluto riferimento fu  senz'altro  Galeno (129 d.C.) con il suo ponderoso  "Corpus Galenicus" .Anche molte abbazie divennero famose per le cure offerte (come quelle benedettine di Salerno e di Montecassino). Spesso però, i locali dedicati  erano situati in posti poco aerati, accanto a latrine scoperte e in assoluta promiscuità, dove era possibile entrare per ferite superficiali e contrarre morbi ben più gravi, prima che fosse colta la necessità di provvedere a nozioni minime di igiene ed a opportune specializzazioni. Occorse aspettare il Rinascimento (anche qui come in molte altre cose), perchè l'ospedale uscisse dal monopolio della "pietà cristiana "della Chiesa per entrare nell'impegno sociale del Re, che vedeva un proprio riconoscimento in edifici (spesso di notevole pregio) dedicati alla salute pubblica. Fu così che l'ospedale, nel suo concetto, entrò nel paradigma  "laico" della Sanità.

In ogni caso si deve alla drammaticità della peste del 1348 se  l'Italia potè, probabilmente prima in Europa, dotarsi di una vera e propria "programmazione ospedaliera" che prevedeva per un determinato numero di pazienti  uno spazio di vita correttamente curato, ventilato, ed igienicamente protetto ( ricordiamo i dieci ragazzi del Decamerone di Boccaccio che per evitare la peste si isolarono in campagna raccontandosi le famose cento novelle). Sono essenzialmente tre i profili ( come sostiene il Rampini) che determinano l'esistenza di un ospedale : "l'aspetto giuridico- amministrativo, che regola i criteri di gestione; l'aspetto  etico- economico,che riporta a dimensioni piu' reali l'assistenza non più solo religiosa;l'aspetto sanitario-sociale, che stabilisce modi e competenze per il godimento dell'assistenza stessa. Con  Vesalio, nel 1500, il medico abbandona i concetti di Galeno, anche se deve ancora disfarsi di presunzioni ed arroganze mirabilmente messe in ridicolo da Moliere nel suo "Malato immaginario".

Da ricordare ospedali particolari, che avevano più che altro lo scopo non tanto di curare, (cosa praticamente impossibile a quei tempi), ma solo di "allontanare" per evitare il contagio , come i "lebbrosari" tipici del periodo delle Crociate (in Europa se ne contarono fino a quasi 20.000) o i "lazzaretti "(chiamati anche ospedali degli incurabili). Entrambi erano situati fuori dalle città in luoghi isolati. Importanza rilevante ebbero anche gli ospedali degli Ordini Militari, come i Gerosolimitani o i Cavalieri di Malta. Oggi gli ospedali si trovano stretti tra l'insufficienza delle risorse (sempre meno) e l'aumento dei bisogni (sempre maggiori). J.R.Hampton ebbe a dire "Se non abbiamo sufficienti risorse  per fare tutto ciò che tecnicamente è possibile, allora la cura deve limitarsi a ciò che è dimostrato essere realmente efficace, e la personale valutazione dovrà essere messa da parte".

LA RELIGIONE MITRAICA E IL CRISTIANESIMO

Lo Zoroastrismo  (che alcuni chiamano anche Mazdeismo ) e' un pensiero filosofico nato nell'antica Persia nel VII  sec.  a. C. e basato sulle teorie del profeta Zoroastro . Lo Zoroastrismo e' professato dagli adoratori del Dio  Ahura Mazda che impersonifica il pensiero originale da cui tutto deriva. Tutto si basa, essenzialmente, sull'eterna lotta tra bene e male, laddove Mazda e' opposto a Ahriman, dio delle tenebre. Questo concetto dualistico, come anche quello di Paradiso e Inferno, diede origine, sempre in Persia, alla nascita del pensiero manicheo (ispirato al dio Mani) nel III se. a.C. Gli storici concordano sul fatto che i tre  saggi che portarono omaggio a Gesu' fossero tre Magi  Zoroastriani.                                                                          In qualche modo la religione cosiddetta "mitraica "  si forma in Iran  alla fine delle dinastie persiane dei   Sasanidi e  degli Achemenidi, mescolandosi in seguito con l'ellenismo dando luogo ad un sincretismo in cui Mitra si identifica con Apollo e con Helios , cosi' come Ahura Mazda con Zeus .

Il  Mitraismo  arrivò a Roma ed in Italia a partire dalla fine del I sec d. C. e rapidamente si diffuse in tutta l'Europa portato dalle milizie romane ,fra le quali dominava incontrastato.  Al contrario dello Zoroastrismo, chiaramente monoteistico, il culto mitraico era misterico ed iniziatico. Non ostante l'adorazione del sole, le riunioni di coloro che si  professavano  seguaci di Mitra avvenivano in luoghi oscuri e sotterranei, chiamati mitrei, non particolarmente  grandi e sprovvisti di finestre, tutt'ora visitabili a Roma come in numerosi siti europei. All'ingresso normalmente si trovava  scolpita  nella roccia  o su di una lapide l'immagine della "Tauroctonia", cioè Mitra che uccide un toro con la spada,  mentre un cane e un serpente ne leccano il sangue, e uno scorpione e una formica cercano di morderne i genitali. Nel rito Mitraico il toro rappresenta  l'animale  cosmico che morendo da' origine alla vita. Il periodo di maggiore grandezza del mitraismo fu tra la fine del III sec. e l'inizio del IV, quando arrivo' ad identificarsi con l'adorazione del Sole (ricordiamo il culto del "Sol Invictus"  di Aureliano e di Costantino). Successivamente declino' con l'affermarsi del cristianesimo, e dopo un timido risveglio sotto Giuliano, con Teodosio spari' quasi del tutto.

Molti sono coloro, pero', che vedono nel cristianesimo una perpetuazione della religione mitraica da cui avrebbe attinto buona parte delle sue origini.

In effetti Mitra era detto "figlio di Dio",nato da una vergine, battezzato con abluzione, morto e poi risorto. Per questo e per altro si penso' che il cristianesimo fosse una derivazione del mitraismo.

Mitra era uno dei tanti dei indo/iraniani,   di natura pacifica e donava la pioggia agli uomini

In realta' il Mitra romano era diverso dal Mitra iraniano, e molti storici pensano che , al contrario, sia stato il cristianesimo ad influenzare in diversi aspetti il mitraismo (come l'uso di diversi termini e  di analoghi riferimenti astrologici), tenuto conto che il Vecchio Testamento conteneva gia' le caratteristiche del cristianesimo ben prima di Cristo e di Mitra, e normalmente e' la religione successiva a copiare da quella precedente,e non il contrario.

Oggi si e' portati a credere che determinate analogie, come la scelta della data del 25 dicembre per la nascita di Mitra, anch'essa avvenuta in una grotta, da una vergine e con la presenza di pastori, siano in realta' state adottate dal mitraismo per sopravvivere alla diffusione del culto cristiano sovrapponendosi ad esso.

Differenze notevoli comunque permangono.  L'abluzione (battesimo) che nel cristianesimo viene effettuata con acqua, nel mitraismo viene compiuta  col sangue di toro (ma ricordiamo che nella simbologia cristiana l'acqua indicava il sangue di Cristo). La resurrezione di Gesu' non trova riscontro in una analoga resurrezione di Mitra che,nato gia' adulto (pare da una roccia), non muore mai ma che indica nel sacrificio del toro il ciclo della trasformazione. Ambedue i culti credono in un Inferno e in un Paradiso nonche' in un "Giudizio Finale" con una battaglia tra bene e male alla fine dei tempi. Vi era l'usanza che l'immagine di Mitra venisse sepolta all'interno di una grotta, da cui ogni anno veniva ritualisticamente rimossa simboleggiando il miracolo della resurrezione. Invero non si ha notizia di un sacrificio di Mitra, che tutt'al piu' compiva il gesto eroico di uccidere il "grande toro del sole". Sono molti,in ogni caso, a credere che il Cristianesimo derivi dal Mitraismo soprattutto nella  continuità del concetto di lotta contro il male e di "militia" (anche S. Paolo parlava di "miles christianus"). Ernest Renan, nel suo libro "La fin du monde antique" pone alla pari cristianesimo e mitraismo e arriva a dire testualmente " Se il cristianesimo al suo inizio fosse stato per qualche motivo fermato, il mondo sarebbe diventato mitraico e con tutta probabilita' lo sarebbe ancora".  E per finire, il gran Maestro che celebrava la liturgia nel mitraismo veniva chiamato "Pater", recava un bastone pastorale ricurvo e il copricapo arcivescovile ancora oggi viene  chiamato Mitra. E la nascita del Bambino Gesu' in una grotta  puo' essere frutto di una sovrapposizione ad  una precedente venerazione.

PRETE GIANNI

Il  Medioevo splendido, non quello cupo e disperato di certa tradizione, e'  intriso di fantasie e di invenzioni che, credute del tutto vere,  vivevano la loro vita in simbiosi con tutte le altre avventure reali che attraversavano quei tempi, occupando la mente di popoli che , forse per evadere da un   presente difficile, non esitavano a  dare credito a storie grandiose  e lontane. Bastava infatti poco perche' accadimenti normali assumessero dimensioni  impensate e simbologie anche spesso molto diverse tra loro. Un esempio di quanto sopra (ma se ne potrebbero fare molti) e' quello della  leggenda di Prete Gianni. Il  favoloso regno orientale di Prete Gianni (Presbyter Johannes, in latino), nelle credenze  Medioevali costituiva  un luogo di ricchezza e di felicita' situato al di la' delle terre islamiche, ma potenziale alleato della cristianita'. Non si sa se il nome si riferisse ad un monarca in particolare o se il titolo di Presbyter  toccasse di diritto al re di turno.

L'imprecisione  della localizzazione del regno di Prete Gianni fece si che molti narratori lo situassero in diverse posizioni che si andavano spostando allontanandosi progressivamente man mano che si aprivano nuove vie verso l'Oriente, fino a quando fu necessario  spostarsi in Africa, ponendolo in Etiopia, (considerata allora una delle "tre Indie"). La fantasia senza limite degli autori  dell'epoca fece coincidere la figura di Prete Gianni ora con Gengis Khan (alcuni sostengono invece che Gengis Khan, offeso perche' non accettato come marito di una figlia di Prete Gianni, sia sceso in guerra contro di lui, sconfiggendolo), ora con un importante principe cinese. Secondo altri, invece, sarebbe stato  un principe mongolo, mentre per Marco Polo ,che di lui parlo' nel suo "Milione" (1299 ), era un sovrano convertito al Cristianesimo Nestoriano  ( nestoriani erano coloro che sostenevano la duplicita' della natura, umana e divina, di Gesu'), ed i tartari erano suoi sudditi sino alla ribellione di Gengis Khan.

Oltre che nel Milione, Prete Gianni fa la sua comparsa in altre importanti opere del Medioevo , come ad esempio nella ben nota opera di Andrea da Barberino il "Guerin meschino" o anche nell'Orlando Furioso. Addirittura alcuni romanzi del ciclo bretone  fanno del suo regno il luogo dove potrebbe essere  nascosto il Santo Graal.  Nel XVI sec.  Prete Gianni era il nome con cui i Portoghesi indicavano l'imperatore d'Etiopia. La prima notizia di Prete Gianni e del suo regno deriva da una lettera recapitata intorno al 1165 all'imperatore bizantino Emanuele I Comneno   e firmata da "Giovanni, Presbitero, Re dei Re e sovrano dei Sovrani", lettera che fu subito girata al Papa Alessandro IV e a Federico Barbarossa. La missiva,  con  tutta probabilita' un falso, descriveva in maniera mirabolante il regno da cui si diceva provenire. Faceva una lunga descrizione delle immense terre ( le tre Indie) su cui regnava Prete Gianni, terre dove abbondavano oro e pietre preziose che potevano essere facilmente raccolte lungo i loro  fiumi, mentre il palazzo reale accoglieva giornalmente non meno di diecimila invitati  ad ognuno dei quali  veniva offerto un dono, e  re, duchi e conti fungevano da camerieri (insieme a giganti, folletti, blemmi, minotauri, ecc.., anch'essi protagonisti di tante leggende medioevali). Inutile dire che il Papa, pur con evidente perplessita', rispose ( non poteva non rispondere ad un re, per giunta prete), chiedendo maggiori chiarimenti, con una lettera che non si sa "dove " fu mandata e comunque la spedizione incaricata del recapito svani' nel deserto iracheno senza lasciare traccia.

In ogni modo sono molte le caratteristiche che contrassegnavano il regno di Prete  Gianni. Anzitutto una parte della popolazione di quel regno avrebbe avuto inclinazioni cannibalesche ,usata contro i nemici e segregata in tempo di pace. Si viveva all'insegna della giustizia e dell'onesta'. Le donne si accoppiavano solo quattro volte l'anno e solo per procreare .All'interno della reggia ci sarebbe stata una fonte la cui acqua faceva allungare la vita e conoscere la data della propria morte. Nella piazza principale  era posto uno specchio in cui il re poteva osservare tutto cio' che avveniva nelle sue terre. Le stanze erano interamente coperte di smeraldi, ametista , onice  e zaffiri.   Un secondo palazzo,  il Quasidio, permetteva a chi vi entrava di essere esente da fame e malattie. Ed altre piacevolezze del genere.                                                                                                                       

Nella "Historia trium Regum " (storia dei tre re Magi),si dice che sarebbero stati loro, di ritorno in Oriente dal viaggio a Betlemme,ad imporre il titolo di Prete Gianni a re e principi, confermandone   l'origine manichea  (Zoroastriana) basata sulla contrapposizione tra bene e male. In questo caso la figura di Prete Gianni non sarebbe riferita ad una persona ,bensi' ad una istituzione manichea. Secondo gli studi del dott. Oppert, Prete Gianni sarebbe stato un re della dinastia Liao che regno' in Cina, presso il lago Aral, fino al 1125. Alcuni riferimenti di carattere storico sono da ricercare anche in alcune mappe dell'epoca, come nel  " Globo di Behaim".

Col tempo la figura di Prete Gianni e' scomparsa sia storicamente che religiosamente, e sopravvive solo in fumettistiche storie di fantasia. Prete Gianni ,con il suo regno fantastico, e' immaginato situarsi in Asia, la' dove i desideri di felicita', di giustizia e di prosperita' sembrano effettivamente diventare veri , accompagnati da una serie di scritti  che tentano  in qualche modo  di cristianizzare (come S. Agostino) il naturalismo pagano , cosa in cui  eccelse il primo enciclopedista,  Isidoro di Siviglia, nel suo "Ethymologiae".

 Si puo' banalizzare leggende di questo tipo, ma sarebbe come minimizzare i sogni e le aspirazioni degli uomini di tutti i tempi. Nelle terre di Prete Gianni sono condensate tutte  le aspirazioni di bene e perfezione che si possono desiderare. Un sogno, dopotutto. Un sogno grandioso quanto irraggiungibile di cui sarebbe grave doverci privare. E che oggi , forse, rivolgiamo all'Universo ignoto o a popoli alieni.

RELIGIOSITA'  RELIGIONE   E FEDE

Religiosità, religione e fede sono i vertici di un particolarissimo triangolo, il cui significato non sempre risulta chiaro come dovrebbe essere. In realtà sono termini,ma meglio sarebbe dire concetti, a cui spesso ognuno di noi attribuisce un senso del tutto personale, che rende difficile una completa e reciproca comprensione nelle discussioni con gli altri.

Vincent Van Gogh, in una delle tante lettere che scrisse al fratello Theo, in un passo ebbe a dire: "Quando ho voglia di religiosità, esco la notte all'aperto e guardo le stelle". Senza che fosse  sua intenzione, il grande pittore ha reso bene il concetto. E'  In momenti come quello, quando osservando il cosmo ci si rende conto di far parte di qualcosa di grande,di infinito, con cui si stabilisce un rapporto unico e particolare, che si intuisce in esso la presenza di qualcosa di profondo e di misterioso. Qualcosa che riusciamo a intuire, a coglierne il significato, anche se non a farlo del tutto nostro.

La RELIGIOSITA'  rappresenta in sostanza la "predisposizione" dell'uomo a scorgere nelle cose che lo circondano, e anche dentro di lui, tutto ciò che lo unisce armonicamente all'universo e con cui costituisce un tutt'uno. Sono i momenti in cui si definiscono in maniera più evidente i confini tra bene e male, tra il giusto e l'ingiusto, tra la vita e la morte.  Per Norberto Bobbio la religiosità era "Avere il senso dei propri limiti rispetto alla grandiosità dell'universo".  Si tratta di riuscire a intravedere qualcosa di superiore a tutto, persino alla religione, qualunque sia, che diciamo di professare . E' qualcosa  connaturata con la condizione umana, che ci parla, che ci gonfia il petto, che ci indica la bellezza e la grandiosità di un mistero imperscrutabile che e' alla base di ogni esperienza religiosa e di ogni religione. Per questi motivi la religiosità (intesa anche come spiritualità o consapevolezza di sè), e' naturalmente "laica", cioè al di fuori di ogni contestualizzazione religiosa.

La RELIGIONE (dal latino religio, col significato di legare ,relazionare), anche se sarebbe corretto dire "Religioni", non esistendo la religione in quanto tale, invece e' un "sistema storico" che propone una piattaforma di relazioni con la divinità.Di conseguenza , mentre la "religiosità" indica un principio creativo, la "religione"  indica un principio normativo. Ogni religione ha una sua storia e una sua tradizione. Ogni religione professa un suo particolare "credo" (l'idea comune che presenta di Dio), esercita particolari "forme di culto" per venerare la divinità,  pratica numerosi "riti" per propiziarsi il favore della stessa, possiede un suo "codice morale di comportamento" che prevede concessioni e divieti, e possiede libri e testi sacri che contengono gli insegnamenti a cui bisogna ispirarsi.

In pratica, mentre la religiosità configura un valore personale che nasce con l'uomo , la religione, fenomeno collettivo,  ha bisogno di una sua storia e di una sua tradizione per formarsi.  Le religioni sono  dunque la sommatoria delle  diverse proposte storiche a cui l'uomo può scegliere di aderire. Esse uniscono le  persone usando il vincolo di usanze e dottrine comuni, offrendo loro una stessa concezione della vita.

La FEDE, atteggiamento intimo e personale,e' quella attraverso la quale un uomo si riconosce in una proposta religiosa, accettandone riti e codici. Ogni fede risponde in qualche modo ad un messaggio universale. Per la fede cristiana si tratta del messaggio di Gesù Cristo, per altre quello di Allah, Buddha, ecc... , per questo molti sostengono che la fede sia il credere in qualcuno, piuttosto che in qualcosa. Non può esistere una fede che non si appoggi ad una religione (per questo si parla di "fede cristiana" o "fede islamica" e così via), perchè  questo comporterebbe che invece di identificarsi in  una comunità, si andrebbe verso la solitudine e l'isolamento.

La Fede deve quindi, sempre, tradursi  nella scelta di una religione.

Tutti gli uomini, da sempre, si sono posti le stesse domande sui grandi temi, tra cui la vita e la morte, il bene e il male , il giusto e l'ingiusto. Per rispondere a queste domande si è scelto spesso  di farlo in termini religiosi e le varie religioni, diverse per storie e tradizioni, hanno fornito di conseguenza risposte diverse tra loro.

Tutti, indistintamente, hanno un sentimento religioso. Anche coloro i quali asseriscono di non appartenere ad alcuna religione, come ad esempio gli atei e gli agnostici i quali , pur ponendosi  comunque le stesse domande, non accettano le soluzioni proposte dalle religioni, affidandosi a   quelli che in maniera concreta definiscono "principi  etici".

 In un periodo di profonda crisi spirituale come quello che stiamo adesso  attraversando, in cui si può toccare con mano la crisi della vocazione religiosa, non è da pensare che i giovani non si pongano il problema della fede, solo che con più difficoltà lo traducono in una appartenenza religiosa. I giovani si pongono domande a cui  spesso viene risposto  in maniera "istituzionale " da parte dei corpi religiosi, e questo ,evidentemente ,comincia a non bastare . Le religioni non riescono più a coinvolgere pienamente  coloro che  forse non attenderebbero altro,  facendo sì che prenda sempre più piede il rapporto "individuale " con la dimensione divina. Probabilmente il senso di religiosità  è abbastanza diffuso  anche tra i giovani che, però , avrebbero bisogno di  una guida più chiara. Come sostengono in molti: " Non manca l'obiettivo, mancano i mezzi per raggiungerlo". Non si possono usare parole come  amore, speranza, fede, quando rischiano di restare appunto solo parole se non si giunge  alla "Sostanza" e al "Concreto" che si cela dietro di esse. Solo in questo modo  il triangolo può essere chiuso.

RICCARDO  CUOR DI LEONE E IL FEROCE SALDINO

Nel 1934 alla giovane EIAR  (che doveva poi diventare la RAI) venne l'idea di proporre uno show radiofonico basato su una versione comico musicale del famosissimo "I tre moschettieri" , di Dumas, anche se con il titolo cambiato in "I 4 moschettieri". Gli autori erano Nizza e Morbelli . Si trattava della prima esperienza  di rivista radiofonica ed ebbe un successo travolgente. Pensate che per farlo ascoltare la domenica pomeriggio si dovettero posticipare di un'ora le cronache delle partite di calcio, e che gli abbonamenti ebbero un picco assolutamente vertiginoso. Se ne trasse in seguito un film che resta l'unico esempio di lungometraggio di marionette in Italia. Insomma fu proprio  un fenomeno collettivo. Aiutato,e non poco , da quello che fu il primo esempio di sponsorizzazione. Infatti la Buitoni -Perugina  bandì un concorso che prevedeva la raccolta della figurine dei personaggi (e la raccolta della Panini era ancora di là da venire), inserite nelle confezioni dei suoi prodotti. Tutta l'Italia impazzì, sopratutto per la ricerca dell'introvabile figurina num. 20, quella del "Feroce Saladino", che acquistò un  enorme valore di scambio. Forse è addebitabile a questo il fatto che al nome Saladino si suole ancora oggi accoppiare l'aggettivo "feroce".

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 Il programma ed il concorso furono aboliti nel 1937 dal Ministero delle Finanze per le proteste delle aziende concorrenti.  Ma in realtà è discutibile che  storicamente Saladino possa essere considerato veramente "feroce". Intendiamoci, non è che fosse un santarellino, e chi mai lo era a quei tempi?  Saladino è stato  il  fondatore della dinastia degliAyyubidied è annoverato tra i più grandi strateghi di tutti i tempi. E' stato lui l'oppositore più fiero de guerrieri crociati durante lo svolgersi della III crociata (1189-1192). Ed il suo nome, invariabilmente, si intreccia con quello di Riccardo I d'Inghilterra, soprannominato per il suo coraggio "Cuor di Leone". Che avesse un alto senso dell'onore lo dimostra il fatto che durante uno dei numerosi scontri (tra l'altro tutti perduti) che ebbe con Riccardo , presso Giaffa, vedendo che una freccia aveva colpito il cavallo del suo avversario costringendolo a combattere appiedato, gli fece recapitare (durante la battaglia) una coppia di splendidi destrieri arabi, perchè non poteva sopportare che un guerriero nobile come lui, anche se nemico, non potesse battersi adeguatamente.  Ben più feroce, se per questo, lo stesso Riccardo, che durante l'assedio di Acri, al sopravveniente Saladino mostrò sulle mura le teste mozzate e impalate di tutti i 3000 prigionieri musulmani che deteneva.

Fu per poco che Riccardo non riuscì a riconquistare Gerusalemme, suo obiettivo principale, ma le continue pur se vittoriose battaglie avevano progressivamente assottigliato il suo esercito che non disponeva di rinforzi, mentre il Saladino, che dopotutto giocava in casa,ricostituiva  più facilmente le sue truppe. Fu così che  Saladino, che aveva conquistato la Palestina vincendo la famosa battaglia di Hattin nel 1187 contro le armate cristiane guidate dal conte Raimondo di Tripoli, potè rimanere governatore di Gerusalemme, mentre Riccardo Cuor di Leone, magnifico guerriero ma meno abile diplomatico,  (pensate che aveva programmato di fare sposare sua sorella Giovanna con il Saladino, cosa che andò a monte perchè la stessa si rifiutò di sposare un musulmano) riuscì comunque a firmare un trattato con Saladino, che morì poco tempo dopo colpito da  una freccia. Nel rientrare in Inghilterra Riccardo fu catturato da Leopoldo d'Austria,che per vendicarsi di torti subiti lo consegnò a Enrico VI di Svevia che lo tenne prigioniero a lungo prima che gli fosse pagato il cospicuo riscatto richiesto, consentendo in tal modo a suo fratello (Giovanni senza terra), di spadroneggiare in Inghilterra  fino a quando il ritorno di Riccardo non lo costrinse a fare atto d'obbedienza. Il non completo successo della Terza Crociata indusse Innocenzo III ad indirne un'altra, la Quarta, che però non riuscì nemmeno ad arrivare in Terra Santa.

IL   DIAVOLO

Nell'Antico Testamento il Diavolo non esiste. La sua comparsa è legata al Nuovo Testamento  e intesa come principio del Male. La parola Diavolo viene dal latino "Diabolus"  (calunniatore). Esso è visto come contrapposizione al regno di Dio con il quale è in continua lotta e che dovrebbe essere  definitivamente sconfitto nella battaglia finale del Giudizio Universale (Armageddon) quando le armate del Bene e del Male si dovranno scontrare per l'ultima volta. Spesso si identifica il termine Armageddon con l'evento che rappresenta, mentre in realtà esso indica una vasta pianura non molto lontano da Gerusalemme, teatro nei secoli  di epiche battaglie  che lì hanno avuto luogo, sin dai tempi del faraone Tutmose in poi, e  combattute con armi diverse, dalle frecce ai cannoni.  Quale scenario migliore quindi per immaginare la battaglia finale  se non presso il monte di Megiddo - in ebraico,"Har Megiddo" (da cui Armageddon). Per altro lo scontro  allora  si immaginava tra truppe a cavallo  con spade e lance, mentre adesso per l'occasione si potrebbe immaginare, se proprio si vuole, fatto con miracoli e sortilegi.  Il terrore del Diavolo (o Satana), inteso come Anti Cristo, fu una vera e propria ossessione nel Medioevo. E' nell'Apocalisse che il Diavolo ha la sua prima rappresentazione: un essere con sette teste e dieci corna, figura che poi si è semplificata, mantenendo l'attributo delle corna, simbolo pagano, a volte con l'aggiunta delle ali . Al contrario di quanto accade con i santi, sempre e comunque perfettamente caratterizzati, il Diavolo, a simboleggiare la sua doppiezza, si presenta sempre con aspetti e sembianze multiformi,anche se sempre riconducibili alle sue due caratteristiche fondamentali di "tentatore" e di "torturatore infernale". Nel primo caso spesso assume forme femminili. Il Diavolo è chiamato con molti nomi , tra cui Lucifero "portatore di luce" descritto come angelo bellissimo  che per superbia volle equipararsi a Dio, venendo cacciato dal Paradiso, e poi Belzebù "il Signore delle mosche" , ma più sovente come Satana (letteralmente avversario). Inizialmente, ma sempre prima dell'anno Mille, esso fu rappresentato come una figura ridicola, grottesca, tale da essere deriso e schernito, solo dopo prese le sembianze di essere mostruoso, a volte peloso, scuro come la notte o rosso come il sangue. Il primo ad affermare l'esistenza del Diavolo fu S. Agostino, ma occorsero diversi secoli perchè entrasse  nella credenza popolare.  Dopo la peste del IV sec. assunse aspetti tenebrosi resi egregiamente nelle pitture di Bruegel e di Bosch. Resta famosa la narrazione del "Patto col Diavolo" ,trattato con grande efficacia nel Faust di Goethe, mentre la presenza del Diavolo è stata alla base della Santa Inquisizione e della caccia alle streghe (la principale accusa era infatti quella di "giacere  col  Diavolo"). 

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L'immagine proposta è quella che per lungo tempo ha influenzato  pittori e letterati, cioè quella del Diavolo insaziabile che si ciba di anime per poi espellerle.  Anche Dante, nella sua Commedia, fornisce una sua rappresentazione del Lucifero infernale che con tre bocche stritola tre celebri traditori (Giuda, Bruto e Cassio). Successivamente, verso il XIV  sec. il Diavolo comincia ad essere visto anche come una metafora dei vizi umani e in esso si rispecchieranno le immagini spaventose del licantropo, del vampiro, del lupo e di numerose figure simili. Essendo Dio creatore di tutto, viene naturalmente negata una esistenza autonoma al male e quindi al Diavolo che , anche lui, deve la propria esistenza alla presenza del Bene tanto da essere stato raffigurato anche come un essere mostruoso che divora le sue vittime  mentre piange di rabbia impotente. Nel Medioevo dunque il Diavolo e' tentatore quando convince e seduce le vittime per conquistarne le anime, mentre e' torturatore quando tra le fiamme  dell'inferno dispensa le pene più disparate per l'eternità.  Divertente risulta l'importante casistica in cui i diversi dannati vengono  cotti, cucinati e divorati da Lucifero. Esiste del resto anche una figura di Diavolo dialogante che spesso si intrattiene in dispute dialettiche con la controparte angelica  per contendere il possesso di qualche anima, come nel Morgante del Pulci, dove il demone Astarotte sostiene (facendo scandalo) che la salvezza e' possibile anche per chi, pur non conoscendo il messaggio evangelico, si comporti rettamente. Con la cacciata di Lucifero e dei suoi , che avrebbe causato la separazione della luce dalle tenebre, si sarebbero, secondo Agostino, creati dei " troni vacanti"  e gli uomini sarebbero stati creati per occuparli.  L'idea del Male contrapposto al Bene e' stata comunque da sempre una concezione che ha accompagnato l'uomo nella sua evoluzione sin da tempi lontanissimi. Da sempre infatti si è ringraziato il Dio buono per quanto di positivo potesse capitare ,mentre si è incolpato il Dio cattivo di qualunque disgrazia, cercando di ingraziarsi il primo e di fuggire il secondo. Senza la pretesa di nominarli tutti, potremmo ricordare Horus contro Seth nell'antico Egitto, il mesopotamico Marduk contro Tiamat, Zeus contro Dioniso, il Dio cananeo Baal contro Mot, il babilonese Gilgamesh contro il mostro Huwawa. Naturalmente il Diavolo è entrato nel folklore e nelle fiabe di molti paesi,apparendo come un essere malvagio  piuttosto che come personificazione del male, ma anche oggi esistono sette , cosiddette "sataniste" , che adorano il Diavolo a volte come Dio antagonista, a volte come espressione di rivolta e ribellione. Naturalmente la stessa visione del Male può, ed è, essere del tutto soggettiva, ed infatti mentre ad esempio per l'Occidente esso può essere rappresentato da quei terroristi che con estrema efferatezza compiono in tutto il mondo attentati contro donne inermi e bambini, rovesciando l'immagine, per quegli stessi terroristi  il Male può coincidere con quell'Occidente ricco e arrogante che per troppo tempo ha sfruttato territori lontani (magari per carpirne risorse  ingenti -una su tutte il petrolio-) e gente troppo debole per potersi difendere. Oggi la Chiesa sostiene che il Diavolo esiste, ma molti sono convinti che esso risieda e si identifichi con la "parte oscura " che si trova dentro ognuno di noi e che spesso ci porta a prendere, consapevolmente, decisioni sbagliate.

GIULIANO L'APOSTATA

Flavio Claudio Giuliano e' ricordato dai piu' solo per essere stato imperatore , filosofo e Apostata .

In realtà , pur essendo stato tutte queste cose, e' stato molto di piu'.

Nipote di Costantino I, ebbe sin da piccolo (nacque nel 330) una educazione cristiana (dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia), ma successivamente si appassiono' agli studi neoplatonici e alla cultura classica. Per meriti militari fu eletto imperatore dai suoi stessi soldati e pose la capitale del suo regno a Lutezia (l'odierna Parigi). Dopo nemmeno tre anni dalla sua elezione mori' durante una campagna contro i Sasanidi, ucciso da un soldato cristiano nel 363 (venerato come santo dalla chiesa copta). E' proprio per questo che molti storici affermano che solo per il breve tempo che ebbe a sua disposizione, la sua veduta di "un altro impero" , non incontrò quella sorte che altrimenti, in altre condizione, avrebbe potuto prefigurare. Ma se le valutazioni della Chiesa tendono a minimizzare il ruolo avuto nella storia da Giuliano, citandolo solo per la sua "apostasia" , e' da notare che la stessa Chiesa , nonostante abbia applicato il Perdono universalmente in pratica a tutti -anche a quelli che avevano crocifisso Gesù-, mai ha avuto una parola di perdono per Giuliano , al contrario umiliato e offeso.

Forse per quello che "avrebbe potuto" rappresentare. E dire che Giuliano tutto era tranne che un persecutore di cristiani . Infatti lui non li combatteva, bensì "li discuteva". La sua profonda convinzione , da studioso e filosofo, era che il declino dei costumi e della potenza imperiale dipendesse dall'avere abbandonato la cultura degli avi. Trovava strano che una setta giudaica, emarginata dagli stessi giudei, negasse il valore e il rispetto dovuto agli antichi Dei. Peraltro consapevole della difficolta' di cancellare l'ormai affermata organizzazione cristiana, cercò di imitarne la gerarchia, facendo riferimento ad una unità di cui l'imperatore doveva costituire il "pontifex maximus". Ispirandosi alle "ipostasie" ( entita' immutabili) del neoplatonico Giamblico, immaginava che ogni sacerdote dovesse presiedere ad ogni ipostasi (manifestazione degli dei).

Non fu mai intenzione di Giuliano quella di convertire i cristiani, a cui assicurò ogni libertà di culto e verso cui proibì ogni violenza. Però esplicitava le sue convinzioni politiche e religiose nei suoi scritti di cui fu autore fecondo e prolifico. Scrisse "Contro i cristiani" evidenziando le molteplici contraddizioni del giovane credo ( "e' a causa della loro demenza che tutto e' stato sovvertito" ). Scrisse anche " Contro i galilei" , testo che ci e' pervenuto pressoche' integro per la critica che ad esso fece Cirillo vescovo di Alessandria ( il mandante dell'uccisione di Ipazia) e a cui si deve l'attribuzione a Giuliano del termine "Apostata" (nel senso di chi rinnega la propria religione), con cui sarebbe stato per sempre ricordato. Numerose sono le altre sue opere, che fanno di lui un pensatore e un filosofo di enorme grandezza ed oggi da molti storici ampiamente rivalutato.

Interessante la sua opinione sull'uso religioso delle icone , come lui stesso dice nella lettera al sacerdote Teodoro : «gli avi hanno voluto erigere statue e altari e, in generale, ci hanno trasmesso ogni sorta di simboli della presenza degli dèi, non perché li adorassimo come tali, ma perché adorassimo gli dèi attraverso le immagini». E come le icone delle divinità, anche «le raffigurazioni degli imperatori non sono semplici pezzi di legno, di pietra o di rame, e ancor meno s'identificano con gli imperatori stessi».

Naturalmente il fallimento del suo tentativo di restaurazione della religione pagana non può essere negato da nessuno, anche se lui si illuse che bastasse contrapporre una organizzazione gerarchica diversa a quella cristiana per assicurarsi la supremazia. Ma era solo un sogno, perchè le cose erano andate ormai troppo avanti. Oggi si riconosce che questo sogno non fu quello reazionario di che e' innamorato patologicamente della cultura ellenica, ma piuttosto di chi seguendo Socrate ("gli uomini diventano cattivi per colpa delle cattive compagnie e della cattiva educazione"' ), era convinto che la "paideia" (cura dei fanciulli come imprescindibile sinonimo di cultura) fosse il collante dell'unita' e della forza dell'impero.

A ben vedere però', le sue idee erano del tutto organiche a quelle bizantine, con cui si identificavano per la stessa ricerca per l'unita', l'integrità e l'ordine, e quindi e' quasi paradossale che sia stato proprio lui a rendere definitivamente superate le antiche forme religiose e di governo.

Il Cristianesimo stava conquistando ricchi e poveri, nobili e plebei, e questa fu la causa del disfacimento della cultura greca. Di questo Giuliano forse non ebbe una precisa cognizione, cercando di rimettere insieme i pezzi di una " paganità " che ormai stava sparendo.

Con alcune osservazione che poneva al cristianesimo, tanto per dirne alcune, sosteneva che i profeti non hanno mai parlato di "Figlio unigenito di Dio" (ne parlò solo Giovanni), e si chiedeva perchè si dovesse infierire sulle usanze pagane se neanche di questo si parla nel Vangelo, e poi ancora perchè mai Giovanni prima dice che Dio e' invisibile e poi che si manifesta agli uomini come "figlio" ?

Ciò non ostante, qualunque sia la rappresentazione che di Giuliano venga data, non e' certo quella di persecutore di cristiani, a meno che non si voglia parlare di una "persecuzione intellettuale", che non e' assolutamente paragonabile a quella feroce dei suoi predecessori.

Durante il suo (breve ) regno vi fu tolleranza verso tutte le religioni, cristianesimo compreso, che pure, da buon filosofo e scrittore di ispirazione neoplatonica, non mancò di criticare aspramente all'interno della sua copiosa produzione letteraria ( che riguardò argomenti politici,religiosi e celebrativi) . Chissà cosa sarebbe potuto accadere se la sua vita non fosse stata interrotta da un colpo di lancia che gli diede la morte in una peraltro inutile campagna contro i Persiani....

LA  TORRE DI  BABELE

Con la frase "Torre di Babele" normalmente intendiamo, in modo superficiale e sbrigativo, un modo di fare confusione e di incomprensione reciproca, rifacendoci a quanto riportato da una frettolosa interpretazione di alcuni passi biblici  (Genesi). Secondo questa, l'aspirazione a costruire una piramide  alta tanto  da cercare di raggiungere Dio  avrebbe provocato ,come punizione di tanta arroganza, una  mescolanza di lingue tale da rendere impossibile la realizzazione dell'opera. Abbandonando la versione mitica, chiediamoci cosa in effetti e' stata la "Torre di Babele".  Anzitutto occorre precisare che così come in tutto il mondo, anche nell'antica Mesopotamia si sono costruiti, diverse migliaia di anni prima di Cristo, dei templi sacrificali a forma di piramide, caratterizzati da una notevole altezza per avvicinarli quanto più possibile alla divinità (che secondo le credenze stava  "in alto") e per officiare i propri riti in suo onore (nell'antico Egitto vennero usate  come tombe).

Al tempo dei Sumeri queste piramidi (ne sono state individuate ad oggi una dozzina) avevano una base di forma quadrangolare ed erano provviste di gradoni  sovrapposti, sempre più piccoli fino ad un ultimo piano in cui era collocato un piccolo tempietto (torre) con la statua del Dio a cui era dedicato. Queste costruzioni vengono oggi denominate, secondo una derivazione semitica,   "Ziggurrat" , che probabilmente vuol dire "costruire alto". La più antica Ziggurrat e' stata scoperta presso la città di Ur (dove nacque Abramo)  e si fa risalire al 2100 a.C., mentre l'ultima in ordine  di tempo sarebbe la Ziggurrat  scoperta a Babilonia che si identifica con la torre di Babele (dall'antico nome di Babilonia, Babilu, la porta divina), la cui costruzione ,cominciata da Nabucodonosor I, fu poi completata da Nabucodonosor II intorno al 590 a. C. Dalla pianta della piramide, l'unica cosa ad oggi rimasta, si calcola che la torre, originariamente, potesse raggiungere al massimo un'altezza di circa 60 metri.

Poco per arrivare al cielo, ma comunque un'altezza ragguardevole per quei tempi. Il nome con cui la torre era nota era  "Etemenanki", che voleva dire " Casa del fondamento del cielo e della terra" e che faceva parte del tempio Esagil di Babele. Il tempio, e la torre, erano dedicati al più grande Dio locale dell'epoca , Marduk. Attualmente si sostiene la tesi per cui il racconto biblico abbia avuto origine dalla deportazione degli ebrei in Mesopotamia, effettuata per ordine di Nabucodonosor II, e che in tale modo abbia avuto diffusione e notorietà. E' senz'altro strano, in ogni caso, che l'atto di volersi avvicinare il più possibile al Dio venerato, a parte la sua evidente ingenuità ,possa essere stato interpretato come un segno di arroganza e non per quello che era,  cioè un atto di profonda devozione. Lo stesso re  seguiva l'avanzamento dei lavori con preghiere quotidiane. Fu il re persiano Serse a distruggere la "Torre di Babele" e ad asportare la statua di Marduk, nel  485 a. C., in occasione di un assedio alla città.

Per costruire  edifici di tale rilevanza occorreva un materiale al tempo resistente e facile da reperire , ed in tal senso uno stuolo di operai era adibito alla realizzazione di mattoni , realizzati con un impasto di terra argillosa, acqua e paglia, che in parte venivano asciugati al sole (adobe) in parte essiccati in forni appositi, per  poi farli aderire insieme con fango o bitume. Con questo metodo si ottenevano costruzioni estremamente resistenti , e spesso ,invece che il tempo,erano gli stessi uomini ad essere responsabili della loro distruzione. E' stato fatto un calcolo secondo il quale un operaio di allora era in grado di fornire oltre cento mattoni al giorno, e siccome la mano d'opera non mancava  (i sindacati erano di là da venire) il numero di mattoni procurati era assolutamente impressionante. Si pensa che la ziggurrat di Babele sia stata edificata su di un'altra preesistente, e che inoltre per la cottura dei mattoni siano stati bruciati l'equivalente in legno di circa 200.000 alberi (una vera deforestazione).

L'idea di realizzare forme piramidali per avvicinarsi al cielo e' sempre stata patrimonio di tutte le civiltà antiche, che le hanno sempre, ovviamente, dedicate a culti religiosi e alla pratica dei riti collegati. Costruzioni di questo tipo sono tutt'ora ammirabili in diversi parti del mondo, come in Messico, e addirittura in Cina.  Naturalmente questo era dovuto al fatto che si riteneva che le Divinità avessero una vita propria separata dal mondo sul quale esercitavano la loro influenza ma in cui non erano presenti direttamente. Solo in un secondo tempo, con l'evoluzione della religione, maturò la convinzione che le divinità permeassero  con la loro presenza qualunque cosa esistesse, e quindi anche l'uomo.

I PALADINI DI FRANCIA   E  L'OPERA DEI PUPI

Non ci vuole molto perchè fatti e avvenimenti a prima vista anche di secondaria importanza, assumano nell'immaginario collettivo una valenza ben più ampia che li consegna addirittura alla leggenda.  Tutti conosciamo i famosi "Paladini di Francia", così come le gesta di Orlando e Rinaldo, gli amori di Angelica e Bradamante,  le magie di Malagigi e i tradimenti di Gano di Maganza.

E su tutti la figura fondamentale di Carlo Magno. I Paladini,  nome che deriva da "conte palatino" ossia difensore del palazzo  (in latino "palatium"),  passarono alla storia come i cavalieri senza paura che facevano parte della guardia nobile del Re, valorosi combattenti contro i Mori e difensori di deboli e perseguitati. I racconti dei Paladini nascono intorno al 780 d.C. nel pieno dello svolgimento della conquista della Spagna, e di parte della Francia, da parte dell'Islam di el-Andalus.

Essi assunsero dignità letteraria comparendo in genere nelle Chansons de Geste e in quella "Chanson de Roland " che canta la battaglia di Roncisvalle, tramandata da un anonimo troviero (i trovieri componevano in langue d'oil, mentre i trovatori in langue d'oc) e successivamente nelle Opere di Ludovico Ariosto e di Torquato Tasso.

L'epopea di Carlo Magno e dei suoi Paladini coincise con una rinascita cristiana che nelle sue lotte si contrapponeva alla crudeltà degli infedeli Saraceni. Il cosiddetto "ciclo carolingio" durò a lungo finchè non si sovrappose a quello arturiano e dei cavalieri della "Tavola Rotonda". Anche loro , naturalmente, erano in dodici, numero mutuato dai dodici apostoli e presente in entrambi i cicli.

Per renderli immortali occorreva una morte gloriosa, e così fu a Roncisvalle, quando la retroguardia dell'esercito di Carlo Magno fu travolta dalle popolazioni basche ansiose di compiacere gli arabi ( e per vendicarsi dell'assedio di Saragozza) e in cui trovarono la morte i piu' valorosi Paladini, fra cui Orlando con la sua epica Durlindana e sul suo cavallo Brigliadoro (nome che gli diede Matteo Maria Boiardo). In realtà non si trattò di una grande battaglia, forse tutt'al più una scaramuccia di qualche ora, un semplice fatto d'armi, ma tanto bastò per divenire leggenda.

Il fatto è che le imprese dei cavalieri francesi furono , per merito anche di opere come "La Gerusalemme liberata" e l'Orlando furioso", rappresentati da maschere dette marionette e arrivate prima a Napoli e Roma, e quindi in Sicilia dove vennero animate diventando "Pupi", dando luogo ad una particolare forma di teatro popolare  dove la lotta tra cristiani e arabi divenne nei tempi patrimonio culturale siciliano.  Ipupi sicilianisi distinguono dalle altre marionette essenzialmente per la loro peculiare meccanica di manovra e per il repertorio, costituito  praticamente per intero da narrazioni cavalleresche derivate   da romanzi e poemi del ciclo carolingio.

L'opera dei Pupi si diffuse in tutta la Sicilia a partire dalla seconda metà dell'800, rappresentata in piccoli teatri o, più spesso, all'aperto, nelle piazze. E proprio lì una figura particolare, il "Cantastorie", senza l'aiuto di alcuno strumento musicale,ma solo seguendo le indicazioni del cartello  che raffigurava l'argomento in trattazione, declamava le imprese dei Paladini e dei Saraceni , a volte con puntate che andavano continuando di sera in sera, tramandandole di generazione in generazione, ed esaltando oltre che gli eroi anche i valori morali occidentali  facendoli assurgere a patrimonio popolare .

Quanti duelli tra  Rodomonte, Agramante, Ferraù  e Ruggiero, quante lotte d'amore con Angelica, Rinaldo, Astolfo e tanti altri hanno gonfiato d'orgoglio i petti  degli spettatori grandi e piccoli di tutta la Sicilia!

 Vi erano diverse scuole nella tradizione del teatro dei Pupi, e le principali erano quella Catanese e quella Palermitana. Nella prima i Pupi erano sostanzialmente più grandi e pesanti, per il movimento dei quali da parte dei "manianti" ( manovratori), occorreva quasi sempre una struttura teatrale per permettere di operare dall'alto. Le voci dei Pupi in questo caso erano affidate ai Parlatori, che spesso usavano andare a ruota libera piuttosto che appoggiarsi a copioni ben definiti.

    Da tenere in conto il pregio artistico dei Pupi, realizzati in legno nella struttura e in  cera nei volti ,e delle meravigliose armature realizzate con artigianale e splendida tecnica a sbalzo.

Nella scuola Palermitana i Pupi erano, invece, di dimensioni e peso minori, e piu' facilmente manovrabili nelle piazze. Intere famiglie si dedicarono a quest'arte (famosi i Greco a Palermo e i Grasso a Catania, cui si deve l'invenzione dei cosiddetti "Pupi armati"). I "capiscuola" insegnavano poi ai "carusi" l'arte e il mestiere  che così aveva modo di tramandarsi negli anni. Vi sono in Sicilia svariati Musei dei Pupi, in cui sono conservate antiche e preziose marionette che raccontano anche una loro particolare storia, come al Museo delle marionette di Palermo, ma anche al Museo Pitrè  o a Randazzo  e a Caltagirone.

 Da un punto di vista puramente storico, in realtà all'inizio i Paladini non accompagnavano Carlo Magno, bensì il suo suddito Rolando, con riferimento a Hruoland, signore della marca bretone morto a Roncisvalle. Fu solo dalla fine del XII sec. che essi vennero considerati come cavalieri  dell'imperatore. Inoltre non e' chiaro se l'episodio di Roncisvalle possa essere considerato parte della "reconquista", in quanto la stessa fu opera della popolazione spagnola di fede cristiana, mentre quello di Carlo Magno era  soprattutto un tentativo di ampliamento del suo impero.

In ogni caso nel 2001 l'Unesco ha dichiarato l'Opera dei Pupi capolavoro del patrimonio orale e materiale dell'umanità.

NIKOLA  TESLA     - genio dimenticato-

Anche se adesso sembra essere in atto un processo di rivalutazione e di riscoperta dell'opera di Nikola Tesla, in realta' per lunghi anni il suo nome e' stato come dimenticato e nascosto al grande pubblico e alla comunita' scientifica. Eppure le applicazioni delle sue intuizioni furono molteplici ed ancora oggi ne godiamo in larga parte i benefici. Tesla nacque a Smilijan, in Croazia, nel 1856, e fu gia' a14 anni, pare accarezzando il pelo del suo gatto  e vedendo il formarsi di alcune scintille (normale effetto elettrostatico), che maturo' un forte interesse per l'elettricita' che non l'abbandono' per tutta la sua vita.

Il  suo nome e'  legato all'unita' di misura dell'induzione elettromagnetica, ma a parte questo nei libri anche specializzati non gli viene riservato alcun particolare riguardo. Eppure l'elenco delle sue scoperte costituisce il panorama piu' stupefacente delle conquiste tecnologiche del XX sec. Si deve a lui la realizzazione della prima centrale idroelettrica al mondo ( alle cascate del Niagara), come i motori a campo magnetico rotante  in uso in tutti gli odierni elettrodomestici , le lampadine a vuoto luminescenti (tubi al neon), i tubi catodici dei vecchi televisori, il radar per il controllo aereo, i sistemi a corrente alternata delle nostre reti elettriche, il contachilometri delle nostre auto e addirittura la radio. Bisogna dire che i nostri libri inneggiano da sempre a Guglielmo Marconi come inventore del telegrafo senza fili (cosi' si chiamava una volta la radio), ma una ben precisa sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti riconosce che il vero inventore della radio e' stato in realtà   Nikola Tesla.

Non ostante tutto cio', e quello che abbiamo elencato e' solo una parte delle sue realizzazioni, a Tesla non viene generalmente dedicato, anche nei libri specializzati, niente piu' che brevi trafiletti.  Ci siamo dimenticati come nel recente 2007 i ricercatori del MIT  (Massachussets Institute of Tecnology)  hanno dovuto ammettere di essere riusciti a trasmettere energia elettrica senza fili facendo uso  delle tecniche di risonanza  scoperte da Tesla  oltre un secolo prima?  Il fatto  e' che la mente di Tesla aveva una caratteristica che lo rendeva unico nel suo genere. Il suo modo di pensare gli permetteva  di "vedere "  tutte le realizzazioni che immaginava, senza riuscire piu' a distinguere la realtà dal virtuale. Ed i suoi interessi erano solo quelli di riuscire a mettere in pratica le sue sperimentazioni, senza badare ne' a fama ne' a denaro. Non sapeva vendersi, ecco tutto.

Per anni cerco' di ottenere i finanziamenti adatti  a realizzare le sue invenzioni, mentre nella sua mente si accavallavano progetti e  migliorie che lui riusciva a "vedere"  chiaramente senza alcun bisogno di prototipi di alcun tipo . Non dava alcuna importanza al denaro  se non per quello che atteneva al suo lavoro. E cosi' passava dalla intuizione direttamente alla realizzazione, gia' completa di tutti i particolari. Alcuni sostenevano che fosse un ingegnere visionario che riceveva le sue intuizioni da uno stato di astrazione mentale. Quando scopri' le onde di fondo dello spazio ( e fu il primo a scoprire quello che ora si chiama "rumore di fondo dell'Universo") tutti, compresa la comunita' scientifica, lo presero in giro facendosi beffa di lui, mentre ora si riconosce che fu con grande anticipo sugli altri che ebbe a scoprire il segnale radio proveniente dalla profondità del Cosmo. Si dedico' con perseveranza allo studio sulla corrente alternata ,in competizione con Thomas Alva  Edison che era un fautore dell'uso della corrente continua. Ando' in America per entrare nella squadra di Edison (a quell'epoca ricco e celebrato), sperando di ottenere i mezzi per proseguire le sue sperimentazioni, e la lettera di presentazione scritta dal migliore ingegnere di Edison diceva testualmente  "Nella mia vita ho conosciuto solo due grandi uomini, uno e' lei , l'altro ce lo ha di fronte".

Edison non credette minimamente alla teoria della corrente alternata ma, con una stretta di mano, promise al giovane Tesla una ricompensa di 50000 dollari se fosse riuscito a ricondizionare i generatori a corrente continua. Quando, pero', Tesla in breve tempo riusci' nel compito, non mantenne la promesse dicendogli ."Mr. Tesla , voi non capite l'humour americano".

Dopo di ciò' Tesla lavoro' come operaio per qualche tempo fino a quando strinse un sodalizio con  George Westinghouse, che si imbarco' in una guerra dispendiosa contro la corrente continua di Edison, guerra che vinse, ma rischiando di fallire per gli enormi costi sostenuti, tanto che Tesla, che avrebbe potuto rivendicare grosse royalties, vi rinuncio' per venirgli incontro. Da allora si può affermare che iniziò l'era moderna, e la corrente continua, costosa e non  distribuibile oltre i 3 km, venne sostituita da quella alternata, distribuibile a grandi distanze con la  bobina a circuito risonante (in pratica un trasformatore ad alto voltaggio).

Per Tesla cio' che contava era la condivisione dei benefici ottenuti dalle sue scoperte con il resto del genere umano, contribuendo al progresso inteso come visione di un futuro nel quale l'opera degli scienziati doveva servire non a risultati immediati,ma ad indicare la strada a quelli che sarebbero venuti dopo. Tesla sostenne di avere scoperto nello spazio una fonte inesauribile e gratuita di energia, cosa per la quale fu definito folle, ma adesso tale energia  e' stata scoperta , come energia del vuoto quantistico (e misurata con il cosiddetto effetto Casimir)

Il grande intento di Tesla era quello di potere inviare energia elettrica senza fili in qualunque parte del mondo, scopo che teneva nascosto perche' il suo finanziatore dell'epoca, il banchiere J.P. Morgan, non aveva interesse a dare qualcosa gratuitamente, bensi' era  quello di lucrare sulla distribuzione. E fu così che tagliò i fondi quando Tesla annuncio' che era in grado di illuminare Parigi dal suo trasmettitore di Warderclyffe. E con lui tutti i finanzieri rifiutarono ulteriori sovvenzioni. Nel 1912 in ogni caso gli venne offerto il premio Nobel per la fisica, ma lo rifiutò perche'  avrebbe dovuto, secondo lui ,riceverlo nel 1909 al posto di Marconi ( la sentenza della Corte Suprema del 1943 avrebbe imposto la restituzione del Nobel a Tesla ), e lo rifiutò  anche nel 1915  perche' avrebbe dovuto condividerlo con Edison , e il risultato fu che non venne assegnato a nessuno dei due. La sua coerenza di vita e il rifuggire da qualunque tentazione materiale restano un esempio per ogni uomo di scienza.

Quando morì, all'età di 86 anni, viveva solo in una cameretta d'albergo. Diverse migliaia di persone seguirono il suo funerale a Manhatthan.  Tutto quello che aveva nella sua stanza (documenti, appunti,studi, idee,disegni, e chissà cos'altro), venne requisito da una non meglio precisata agenzia governativa e da allora non se ne e' saputo più nulla.

LA  KA'BA

La  Ka'ba  (o Kaaba), è un grande edificio di forma cubica, simbolo della Mecca, che il Corano dice essere stato  costruito da Adamo e successivamente ricostruito da Abramo e da suo figlio Ismaele.  Oggi costituisce senz'altro il luogo più sacro della religione musulmana ed attorno ad esso  e' stata  costruita la Grande Moschea , con un cortile capace di ospitare circa  2 milioni di persone, specie in occasione dello hajj, il pellegrinaggio che ogni musulmano è tenuto ad effettuare almeno una volta nella vita. I riti dello hajj vengono svolti  in cinque giorni durante il cosiddetto Dhul-Hijjah (mese dello hajj) , che e' l'ultimo mese del calendario lunare islamico.

La Mecca e' la città di nascita di Maometto (si pensa nel 570) e non è lontana dalle rive del Mar Rosso, in territorio  Saudita, e dalla citta' di Medina (luogo dove Maometto morì nel  632). I pellegrini che visitano La Mecca hanno l'abitudine di vestire un mantello bianco (ihram) che li presenta come uguali di fronte ad Allah ed insieme officiano diversi riti tra cui rilevante  è quello della  "lapidazione del Diavolo", durante il quale i fedeli lanciano sassolini verso tre muri che simboleggiano il Diavolo  che tenta di allontanarli da Dio. La Mecca dal 1925 si trova   in territorio appartenente all' Arabia Saudita, e anche se oggi vi si può andare facilmente per la avvenuta realizzazione di strade e  di facilitazioni adatte a favorire l'accesso dei pellegrini (si ricorda che lo stesso e' consentito, come anche a Medina, solo ai musulmani), nei secoli scorsi arrivarvi  era una vera impresa, non dissimile da quella che i cristiani dovevano affrontare per raggiungere Gerusalemme.

La modernizzazione sta cambiando l'aspetto della Grande Moschea, facendola diventare sempre più attrezzata e funzionale. Notevoli sono le sette torri dell'Abraj Al Bait che circondano l'imponente Torre dell'Orologio (un grattacielo di oltre 600 metri di altezza, con la più estesa superficie calpestabile del mondo), mentre si sta procedendo alla realizzazione di una strada sospesa  larga dodici metri in modo da consentire anche ai disabili di compiere il cammino attorno alla Ka'ba. L'importanza della Mecca è talmente cresciuta  da fare passare in secondo piano altri luoghi di culto importanti ,come la stessa casa in cui si dice sia nato il Profeta.

Quando Maometto ,che aveva avuto la sua celebre visione in una grotta nei pressi  della Mecca, cominciò la sua missione di predicatore, la Ka'ba in verità era dedicata a divinità arabe pagane.   Solo in un secondo tempo,dopo la fuga del Profeta  a Medina (avvenimento  che si chiamò "Egira" e dalla cui data  partì la datazione del calendario arabo) ed il suo ritorno combattente, venne ridedicata  ad Allah. Infatti prima dell'avvento dell'Islam, la Ka'ba, che misura  10x12 metri di lato per 15 di altezza,sotto la tribù dei Quraysh  era aperta sia al culto principale della divinità pagana Hubal, che a  quello di altre divinità minori dato che la Mecca era  punto di incontro carovaniero  per gente di diverse professioni religiose.

Nell'angolo sud-est dell'edificio, circa ad un metro da terra, è incastonata la cosiddetta "Pietra Nera",(  che gode di grande sacralità  e che tutti i pellegrini tengono a toccare e baciare). La pietra è probabilmente di origine meteoritica, ma  la tradizione sostiene essere un pezzo della Ka'ba sopravvissuta alla distruzione dovuta al Diluvio Universale,  che sarebbe stata data dall'Angelo Gabriele  ad Ismaele.

E' proprio verso la Ka'ba che ogni musulmano si rivolge in occasione delle sue preghiere quotidiane.

 Si deve sempre a Maometto, in occasione della conquista della Mecca (nel 630),  l'eliminazione  di qualunque idolo pagano all'interno della Ka'ba e l'istituzione del pellegrinaggio annuale, stabilendone modalità e riti. Tutto l'edificio e' stabilmente ricoperto da un ricco paramento nero (kiswa), con scritte tratte dal Corano, che ogni anno viene rinnovato, mentre quello vecchio viene tagliato in strisce che, date ai pellegrini, vengono conservate come reliquie. Accanto alla Ka'ba vi e' poi un luogo sacro in cui si ritiene che siano sepolti Ismaele e la madre, mentre un altro spazio è dedicato inoltre ai numerosi profeti che avrebbero preceduto Maometto.

Nell'arco dei secoli molte sono state le offese che la Ka'ba ha dovuto sopportare, in larga parte dovute a incendi o guerre, a cui si è fatto fronte con interventi non sempre solo conservativi, ma tendenti a migliorare sia le capacità ricettive che le possibilità di esercizio del culto.

LE ANTICHE OLIMPIADI GRECHE

 

 Oggi si fa un gran parlare di Olimpiadi. Si devono fare o no , conviene farle o la corruzione, inevitabilmente, ne fa solo un grande affare per i soliti noti ? Lo spirito con cui vengono vissute , poi, e' sempre lo stesso di una volta o sono altre le cose che contano ? Le prime Olimpiadi (cosi' chiamate perche' si svolsero ad Olimpia, nell'Elide), in realta' si tennero  nel 776 a. C. per consacrare un periodo di non belligeranza tra Licurgo , re di Sparta ,e Ifito, re  dell'Elide, e consistettero di una sola gara  , quella della corsa ,disputata su una distanza di circa 200 metri.

 

Naturalmente quella Olimpiade come tutte le altre che seguirono era svolta in onore di Zeus, che godeva di un famoso tempio ad Olimpia  che fu distrutto molto tempo dopo da Teodosio II. Col passare del tempo il numero delle gare, che avevano luogo ogni quattro anni, ando' via via aumentando, ed alla corsa si aggiunsero il pugilato, il pentathlon, la lotta ecc.. fino a diventare venti ,compreso il "pancrazio", il gioco piu' violento, che consisteva in una lotta in cui tutto era permesso tranne cavare gli occhi all'avversario. Secondo Pindaro (500 a.C. circa), si trattava alle origini di un gioco funebre dedicato a Pelope (mitico eroe che diede il nome al Peloponneso) e che si rifa' alle leggenda di Enomao che  non volendo concedere in moglie sua figlia, perche' una profezia gli aveva rivelato che sarebbe stato ucciso dal genero, sfidava i pretendenti in una corsa coi carri, contando sul fatto che i suoi cavalli erano un dono divino e quindi imbattibili, fino a quando appunto Pelope corruppe l'auriga di Enomao che manomise i mozzi del suo carro   facendolo perire nella gara .

 

Questa potrebbe essere una delle tante storie che nella Grecia antica coinvolgevano eroi e Dei, se non fosse per il fatto che sin dall'inizio fu subito chiaro che nei giochi la cosa fondamentale era "vincere" e non "partecipare" come detto da De Coubertin  in occasione della fondazione delle Olimpiadi moderne. In realta' col termine Olimpiade si intendeva il periodo che intercorreva tra due giochi successivi, e tanta fu l'importanza che gli venne attribuito , che  le citta' greche interrompevano tutte le guerre in corso tra loro in occasione dello svolgimento dei giochi (Tregua olimpica). Coloro che potevano partecipare ai giochi dovevano essere greci che  vantavano antenati greci, ed e' evidente che , per i duri e necessari allenamenti, solo coloro che appartenevano a ceti agiati vi si  potevano dedicare. Anche l'alimentazione, come fu in seguito per i gladiatori romani, aveva certe caratteristiche, abbondando di legumi e carne.

 

Ai giochi non potevano partecipare ladri, assassini,schiavi e donne. Dal momento della conquista romana, i giochi andarono perdendo la loro importanza, e quando la religione cristiana divenne religione imperiale, vennero visti come riti pagani di cui liberarsi, e fu Teodosio II (forse su sollecitazione di Ambrogio vescovo di Milano) , nel 393 d.C. ,a vietarli  del tutto, distruggendo il tempio di Zeus a Olimpia. Contava vincere, dunque, e gli atleti imploravano Zeus di dare loro la vittoria o la morte. La vittoria, del resto, voleva dire conquistare fama e gloria, avere diritto ad una statua che li rappresentasse ,e l'accesso a cariche importanti, anche di governo. Per chi perdeva c'era solo l'oblio.

 

 Alcune gare (lotta ,corsa e pugilato) erano riservate anche a ragazzi  sino a 18 anni e ,per la verita' si ha notizia di una gara  tra donne giovani e nubili in onore di Era (le cui partecipanti con tutta probabilita' erano spartane, essendo Sparta l'unica citta' in cui tutti i giovani, indipendentemente dal sesso , venivano addestrati militarmente). Durante le  competizioni gli atleti erano completamente nudi, cosparsi di olio per sfuggire piu' facilmente alla presa dell'avversario , e del tutto depilati (veniva usata una polvere finissima di pomice che strofinata sulla pelle sembra che tornasse molto utile allo scopo).

 

 I Giochi Olimpici furono senz'altro i piu' importanti, ma non furono i soli. E con i giochi Istmici, Nemei e Pitici costituivano l'insieme dei Giochi "panellenici" .  E' rimasto famoso l'episodio in cui Nerone (nel 67 d.C.)  dopo aver ritardato di ben due anni lo svolgimento dell'olimpiade per potervi partecipare personalmente,  vinse in ben sei gare (nessuno osava batterlo, ovviamente). L'Olimpiade greca non fu pero' mai capita realmente dai romani che consideravano lo spettacolo ludico un' occasione di divertimento e non la ricerca della vittoria e della gloria fine a se stessa. A parte l'episodio di Nerone, comunque, le gare olimpiche erano note per la mancanza assoluta di corruzione.

 

Non bisogna dimenticare che le olimpiadi erano  occasione di incontro per poeti, scrittori, musici e oratori, e famosa e' rimasta la cosiddetta "ecatombe" (sacrificio di cento buoi), che precedeva il sorteggio degli atleti che dovevano scendere in campo.

 

Talmente importanti erano le Olimpiadi che addirittura la data della prima Olimpiade fu presa come data di inizio del calendario greco.

 

Numerose sono poi le ispirazioni che a scultori famosi hanno offerto i corpi degli atleti olimpici. Il Discobolo di Mirone e' forse tra le sculture piu' celebri di tutti i tempi, come anche il Diadumeno di Policleto.

 

 Cosa dire, adesso. Le olimpiadi vivono certo delle imprese di uomini che ancora oggi dedicano tutta la loro vita alla conquista di un oro olimpico che costituisce il realizzarsi di una alta e pura ambizione, ma spesso attorno a loro gravita un mondo fatto di interessi economici e politici che li strumentalizza e che poco hanno a che vedere con i valori eterni e grandiosi che, tanti anni fa, hanno visto accendersi il fuoco di Olimpia.

 

IL   CELIBATO DEI   PRETI             

Ha suscitato molto interesse la risposta  di Papa Francesco di ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa ad una  precisa domanda di un giornalista che gli chiedeva lumi sull'annosa questione del celibato dei preti.

Infatti le sue precise parole sono state : " il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre la porta aperta»".         Sull'argomento si sono, nel tempo, versati fiumi di parole  e  si sono intersecate opinioni di tutti i tipi , sia laiche che religiose, accomunando spesso concetti anche diversi tra loro, come ad esempio celibato , castità e continenza sessuale.

Celibato, in senso stretto , essendo una condizione civile, significa "non essere sposato", mentre nella casa cristiana il termine assume un significato molto più vasto. Un prete potrebbe essere celibe ma nello stesso tempo andare a donne, mentre lo "sposarsi" con Cristo implica una virtuale castità terrena e una purezza di cuore e di dedizione che dovrebbe impedire un qualsivoglia legame affettivo o carnale che possa distoglierlo dalla sua vocazione.

Eppure una volta i preti erano sposati . Lo era S.Pietro, San Giovanni era celibe e vergine, mentre San Paolo (notate la differenza) era solo celibe . S. Agostino aveva addirittura una concubina, e cosi' via dicendo.

Nel Medioevo comparve anche una connotazione di tipo economico. Infatti i preti venivano spesso retribuiti, a parte le ovvie elemosine dei credenti, con la concessione di pezzi di terra che alla loro  morte  restavano in possesso dei loro eredi. Venendo a mancare il matrimonio, la terra tornava invece nella disponibilità ecclesiale. Una vera e propria "regola" chiaramente scritta in realtà e' piuttosto recente ( Codice di Diritto Canonico del 1917 e successivi aggiornamenti)  e stabilisce che lo stato coniugale impedisce l'accesso alla sacra ordinazione.

Naturalmente il conferimento di uno stato sacerdotale attribuisce uno stato di grazia che lega "esclusivamente" al Signore , in conseguenza del quale, si sia celibi o sposati, da quel momento ci si consacra a quella che viene  chiamata "continenza". Ne discende che se un ordinato e'celibe si impegna alla castità (si tratta di una osservanza morale e non scritta), mentre qualche problema nasce se l'ordinato e' sposato, perchè la continenza in quel caso e' di difficile mantenimento (che succede se una moglie , ad esempio, resta incinta? )

Nel IV sec. venne espressamente vietato ai ministri coniugati di convivere con la propria moglie. Agli inizi la Chiesa non ebbe il problema se ordinare celibi o sposati, bensì come regolamentare "la castità". In pratica la "legge del celibato" veniva a coincidere con la "legge della castità ".  I secoli sono pieni di esempi in cui questo principio e' stato ampiamente violato.  E' noto di conventi in cui i rapporti carnali erano all'ordine del giorno, per non parlare di Papi dissoluti che non si facevano mancare svaghi sessuali di ogni tipo. Anche ai giorni nostri non e' diverso, e amori per donne, rapporti omosessuali e pedofilia irrobustiscono le notizie dei vari quotidiani.  La Chiesa ha cercato di porre un argine a queste cose continuando a prediligere i celibi (confidando nella purezza della loro ispirazione), anche se troppo spesso ha dovuto scontrarsi con la realtà che pone il prete a scoprire, a volte, la propria natura umana con tutte le sue debolezze.

Nella Chiesa greca sono permessi i rapporti carnali ai ministri sposati  (tranne ai vescovi), mentre e' noto a tutti che i preti protestanti possono sposarsi liberamente. In ultima analisi, il celibato nella Chiesa non viene dalla parola di Dio ma e' regolamentato da norme ecclesiastiche.

Una ultima notazione e' che se e' possibile  che alcuni uomini sposati vengano ordinati preti (come abbiamo visto per le usanze greche e anglicane), nessun ordinamento prevede il passo contrario. E quindi il ministro che volesse sposarsi deve obbligatoriamente spretarsi.

 

ATEISMO E   AGNOSTICISMO

Oggi siamo abituati a vivere in una società che ,per quanto dichiaratamente  laica, professa una sua religione determinata dalla sua storia e dalla sua geografia. E' evidente a tutti  che nascere in Europa comporterà un'alta probabilità di diventare cattolico o protestante, mentre nascere  a Calcutta  vorrà dire quasi sicuramente, adorare Brahma, Shiva e Visnu', come nascendo a Baghdad  si conoscerà il Corano, Allah e Maometto, e cosi' via . Dal che ne segue che spesso la fede non dipende da una scelta ma dalla semplice adesione a quella che ,chiamata "fede di tradizione", e' praticata nel paese in cui, per caso , si viene a nascere.  Una volta gli antichi Romani avevano un grande rispetto per le religioni degli altri, e la prima cosa che facevano dopo avere piegato un popolo era quella di onorare le sue divinità .Questo in base al principio secondo il quale  "Ogni popolo sta bene con i propri Dei". In verità, la saggezza dei Romani e' stata ben presto nel tempo dimenticata e si e' passati attraverso lunghi secoli in cui l'unica occupazione delle religioni e' stata quella di cercare di convertire gli altri tramite la violenza, la tortura, le guerre.   Ogni fedele crede nella propria fede, e' convinto che non solo sia quella vera, ma che sia " l'unica" vera, e che quindi, di conseguenza, tutte le altre debbano essere false. Questo e' il motivo per cui "gli altri" vengono da sempre e reciprocamente chiamati "infedeli" o "atei". E spesso, ipocritamente ,ci si accontenta di una conversione estorta con un coltello alla gola. Ogni religione professa il bene comune, il rispetto verso gli altri, la bontà e l'amore, ma se ci guardiamo intorno ancora oggi di guerre a matrici religiose certo non ne mancano. Cattolici contro protestanti, ebrei contro musulmani, sciiti contro sunniti, sette di ogni estrazione e tipologia, ognuno teso a vincere con le armi lotte che andrebbero vissute con la parola e con l'esempio.

Nel mondo, pero', oltre ai "credenti",  esistono altre due grandi categorie di pensiero a cui ogni uomo può ascriversi : gli "atei" e gli "agnostici". I primi sono quelli che ,come dice il nome  (dal greco  "a-teos", senza Dio), per qualche motivo, filosofico o culturale, sono convinti che non esista una presenza trascendentale che abbia creato il mondo e che regoli le nostre vite. In pratica non credono a nulla oltre al mondo in cui  viviamo e che possiamo in qualche modo "toccare".  Niente Inferno e Paradiso, insomma. I secondi (dal greco "a-gnosis", senza conoscenza) convinti che non sia possibile dimostrare ne' la presenza ne' l'assenza di un Dio, preferiscono sospendere il giudizio. Alla fine entrambi conducono la loro vita prescindendo  comunque dalla credenza in un essere sovrannaturale .Pero' le cose non sono cosi' semplici. Certo, chi non " crede" e' assolutamente libero di operare le proprie scelte, non dovendo dare conto (a parte alla Legge dello Stato sociale)  ad alcun ministro di culto, ne' a particolari timori ultraterreni. Anticamente (ma in realtà accade ancora ai giorni nostri ) per "ateo" si indicava chi credeva in una fede diversa dalla propria. I Romani davano dell'ateo ai cristiani, i musulmani danno dell'ateo ai cattolici, i cattolici danno dell'ateo ai taoisti, ecc... In definitiva essere credente, ma in una fede diversa, poteva automaticamente configurare il reato di eresia. Gli Atei non si considerano dei non credenti, solo che dicono di credere in cose ragionevoli e dimostrabili, non in quelle che definiscono favolette inventate. All'Ateismo si oppongono altre forme di credenze, come il "Panteismo", il "Politeismo", il "Monoteismo". Esiste un "ateismo  pratico"-di chi non discute Dio e Dogmi ma si comporta prescindendone- e un "ateismo teorico"- di chi a prescindere dal proprio comportamento, non crede nella divinità trascendente. Esiste anche  l'Apateismo, riassunto nella famosa frase :- Dio esiste? Non lo so e non m'interessa-. Nell'antichità si dava (e per alcuni vale anche oggi) un valore dispregiativo al termine "ateo", attribuendolo a persone immorali e cattive o potenzialmente eversive (lo stesso Platone, nel dialogo "Le Leggi", proponeva per loro  pesanti pene). Ateismo del resto non significa "anticlericalismo" ( proprio di chi si oppone ad una eccessiva intromissione della Chiesa nella vita di tutti i giorni), e addirittura si parla di "atei devoti" -coloro che pur credendo e sposando i valori cristiani, non per questo credono in Dio-. Si possono evidenziare anche un "ateismo forte"  (non credere in alcun Dio) e in un "ateismo debole"  (non credere, ad esempio, nel Dio biblico). In genere l'ateismo e l'agnosticismo non sono particolarmente organizzati, e si ritiene che esistano tanti ateismi e tanti agnosticismi per quanti atei e agnostici si possano contare, in quanto benchè uniti da un comune scetticismo, non confluiscono in un "pensiero unico". Una cosa da rilevare e' comunque che mentre nei secoli sono milioni i morti in nome della affermazione e della supremazia di una fede su di un'altra, una cosa del genere non è sicuramente imputabile all'ateismo ne', a maggior ragione , per ovvi motivi, all'agnosticismo, che  avranno pure fatto le loro guerre, ma sicuramente non per motivi religiosi.                                                                                                  All'uomo e' sempre piaciuto distinguere ed etichettare, e quindi, per completezza, bisogna anche precisare che esiste anche un  "Ateismo agnostico", che si riferisce a chi e' ateo in quanto non crede all'esistenza di Dio, ma e' altresì  convinto che tale esistenza sia assolutamente e perennemente inconoscibile.

 

IL PAPA  MAGO

Oggi siamo abituati a storie di fantasia romanzesca, piu' o meno tinte non solo di giallo, ma spesso di mistero e di horror, piene di effetti speciali e di invenzioni geniali tutte tese a stupire il lettore o lo spettatore.  In realta' non abbiamo bisogno di tanto sforzarci  perche' a guardar bene nella storia di situazioni del genere non ne mancano , solo che una volta erano vestite col sapore della verita', impregnate di credenze ataviche e di pratiche magiche che adesso, smaliziati come supponiamo di essere,  ci fanno soltanto sorridere.   Eppure abbiamo dimenticato come alle soglie del Duemila abbiamo scoperto che c'era ancora chi credeva alla fine del mondo o almeno, in maniera piu' semplice, che i nostri computers non avrebbero retto al cambio di data? Ed allora pensate, portandovi indietro nel tempo, cosa poteva aver significato, per i nostri avi , all'approssimarsi dell'anno 1000, il credere che Satana, secondo le fosche previsioni dell'Apocalisse, si sarebbe svegliato per guidare gli eserciti del male contro le armate celesti?  O anche, piu' semplicemente, dato che erano in uso i numeri romani, dovere inventare, al posto di numeri lunghissimi come   DCCCCXCIX  (999)  una semplice M indicante il numero 1000? Infatti  in quell'anno successe un po' di tutto, furono avvistati mostri, esplosero carestie ,si verificarono eclissi ecc... Orbene, a traghettare il mondo cristiano oltre la soglia dell'anno 1000 fu un Papa molto particolare. Innanzitutto fu il primo Papa francese, si chiamava Gerberto  d'Aurrillac e prese il nome di Silvestro II  (in omaggio  all'imperatore Ottone III, che nutriva l'ambizione di ricostituire l'impero romano d'occidente, per   emulare in qualche modo gli stessi rapporti che Silvestro I ebbe con Costantino il Grande).In secondo luogo fu una delle menti piu' eccelse di tutto il Medioevo. Il suo desiderio di sapere era illimitato, per accrescere il suo bagaglio   di conoscenze era disposto a tutto. Parlava correntemente e con tale competenza di matematica ,  astronomia  e  scienze, in modo tale che si era portati a credere che solo un mago potesse tanto. Fu un profondo conoscitore delle arti liberali del trivio  (grammatica,dialettica ,retorica) e del quadrivio (aritmetica ,geometria ,musica e astronomia) Era talmente eclettico che porto'  in occidente molta della cultura islamica con cui venne a contatto. Si dice che durante la sua permanenza a Barcellona di Spagna ( nel  pieno del periodo della Reconquista) , fosse stato disposto a convertirsi all'islamismo pur di ottenere l'accesso a misteriose pubblicazioni . In ogni caso si deve a lui l'introduzione dell'uso dell'orologio, la costruzione di una sirena a vapore, la realizzazione di un organo  con aria pompata mano, come anche l'ideazione di un planetario per le sue lezioni a Reims e inoltre contribui' fortemente agli studi su Abaco e Astrolabio, tanto per dire solo di alcuni dei suoi studi  . Tra l'altro fu lui , ancora prima di Urbano II, ad invocare una Crociata in Palestina.  Ma nonostante cio' non e' per questo che di lui si ha memoria. Molti sostengono fosse un negromante esoterico e fattucchiere. Ed in fondo per sostenere cio' di materiale non ne manca. Gerberto nasce in Avernia (nota come Terra dei Maghi) nel 950, e tralasciando le vicende politiche e religiose, che in fondo nulla hanno di particolare,  si  cimenta in studi profondi che alimentano le voci di una sua stretta vicinanza  col mondo della magia  e di un singolare rapporto con il Diavolo.  La tradizione vuole che un demone donna di nome Meridiana  gli sarebbe apparsa dopo che lui aveva vinto il papato giocando a dadi con il Diavolo e gli avrebbe predetto che sarebbe morto dopo essere stato a Gerusalemme. Lui non aveva la benche' minima intenzione di recarsi a Gerusalemme, solo che nel 1003, avendo detto messa a Santa Croce in Roma, fu il diavolo che venne a prenderlo, perche' il nome  completo della Chiesa era "Santa Croce in Gerusalemme".  Si riteneva che Gerberto, assiduo frequentatore della famosa biblioteca di Ripoll vicino a Barcellona, piena di misteriosi testi arabi ,  avesse trafugato un importante libro di incantesimi ad un filosofo mago spagnolo che lo cerco' per cielo e per terra, ma lui non si fece trovare appendendosi con una corda sopra un fiume (ne' in cielo, ne' in terra) .  La cosa piu' sorprendente, in ogni caso, fu la costruzione a lui attribuita, di una grande testa metallica con un meccanismo binario  interno , capace di rispondere con un  si' o un no a qualunque domanda ( quasi una specie di computer ante-litteram).  Questa testa fu oggetto di ricerca per molti anni,  (alcuni sostenevano che dentro di essa  fosse rinchiuso uno spirito asservito a Gerberto, che rispondeva con assoluta verita'), ma si suppone che fosse proprio essa quel "Baphomet" che i cavalieri templari furono accusati di adorare durante il processo che si svolse nel 1313, a riprova dell'accusa di eresia. Sembra che riferimenti all'esistenza della testa siano presenti ancora oggi nella Biblioteca Vaticana. Stupefacente il fatto che  quando mori' la carrozza che portava la sua bara venne, come lui stesso aveva raccomandato di fare, lasciata libera di andare dove volesse per seppellirlo la' dove si fosse fermata. Inutile dire che la carrozza, senza guida alcuna, ando' la' dove doveva andare, e cioe'  a San Giovanni in Laterano.  Inoltre  pare che basti osservare la sua tomba per vederla inumidire alla morte di un cardinale e addirittura spandere acqua alla morte di un Papa.  Quando poi, diverse centinaia di anni dopo, la sua tomba fu aperta, Gerberto apparve perfettamente in buono stato, come appena sepolto, solo che dopo un po' scomparve polverizzandosi completamente. Per tornare a quanto detto prima, non vi sembra che anche adesso vi sia sufficiente materiale per un film horror?

IL POLITEISMO

Il  Politeismo, letteralmente, e' una forma di religione caratterizzata dalla venerazione di piu' divinita'.

Normalmente si considera in opposizione al monoteismo, che nella storia del mondo e' stato rappresentato fondamentalmente da solo 4 religioni , e cioe' lo Zoroastrismo, il Cristianesimo, l'Ebraismo e l'Islam.

 Bisogna considerare che ogni cosa, da che il mondo esiste, ha avuto modo di evolversi e cambiare. E questo vale anche per la religione (evoluzionismo religioso). Sin dal suo apparire l'uomo ha sentito il bisogno di rivolgersi a qualcuno o a qualcosa  piu' grande di lui, a cui chiedere aiuto e protezione.

Inizialmente non ha identificato degli Dei veri e propri, rivolgendosi a oggetti inanimati (cosiddetti feticci), per poi passare a  puri spiriti, magari anonimi ( animismo) , o a forze impersonali (come i Mana ). Si dovette superare questa fase perche' si arrivasse a identificare diverse divinita' ognuna con un carattere ben distinto. Inizialmente si comincio'  ad attribuire  un Dio a manifestazioni legati a fenomeni della natura (Dio della pioggia, Dio del vento,Dio del sole, ecc...) e solo in un secondo tempo si comincio' a "concentrare" queste esperienze ( i molti "Dei degli alberi" divennero il "Dio della foresta", come anche si comincio' a vedere il politeismo come una forma decadente di un primigenio monoteismo che si sarebbe manifestato sotto molteplici forme.

L'idea di Politeismo e' legata ad antiche civilta', come quelle Mesopotamiche,  Greche, Egiziane, Romane, e in cui, in ogni caso, ai  grandi Dei  si accompagna una piu' o meno grande moltitudine di dei minori, demoni, spiriti, ognuno con una sua precisa connotazione , anche se solitamente una figura divina cerca sempre di prevalere sulle altre. E cosi' nel passaggio da politeismo a monoteismo si e' attraversato " l'enoteismo"  (la supremazia di un dio su tutti gli altri, pur ammettendo la possibilita' di adorarne altri minori ) e la "monolatria" (adorazione di un solo Dio senza per questo giungere a negare  l'esistenza di altri Dei). E' rimasto tipico, nella storia ,il tentativo del faraone  Amenhotep IV nel XIV sec a.C. di chiudere tutti i templi dedicati alle piu' svariate divinita', attribuendoli ad un unico Dio (Rha, il dio Sole),tentativo che falli' con la sua morte, non avendo ulteriore continuita'.

Il Politeismo diede luogo al monoteismo (anche se esistono ancora religioni politeistiche ,come in India) e cronologicamente a forme dette giudaismo, cristianesimo, Islam, dove il secondo deriva dal primo ed il terzo da entrambi  gli altri. Solitamente, quando una religione si trasforma in un'altra, determinate tradizioni o riti, anziche' venire rifiutati in toto, vengono assorbiti e fatti propri in una sorta di sincretismo religioso ampiamente applicato nei secoli, per cui determinate abitudini mantengono le stesse caratteristiche pur, per cosi' dire, mutando il proprio credo di riferimento.

Singolare e' quello che accade nel Cristianesimo, dove viene adorata una pletora di Santi (vere  e proprie divinita' minori), in templi (chiese ) ad essi dedicati sia localmente ( i patroni di borghi e citta') sia per l'attivita' ed i meriti specifici che conquistarono in vita. Si ricorda che all'inizio i cristiani adoravano solo Dio (lo stesso Gesu' non volle essere considerato oggetto di Culto ), mentre il Culto dei Santi e degli Angeli venne introdotto nella Chiesa nel  375.  E fu soltanto nel 431  (Concilio di Efeso) che di fronte alle proteste popolari che lamentavano l'assenza di una figura femminile, si proclamo' Maria "MADRE DI DIO", che venne cosi' a sostituire nei riti le varie Dee pagane che venivano sino ad allora venerate  (come Diana, Artemide, Ishtar, Iside...).

E' convinzione comune quindi, che il culto dei Santi  sia stato assorbito nel Cristianesimo derivando dalla religiosita' popolare che risentiva delle antiche credenze pagane, e che la nuova religione ha trovato piu' semplice riconoscere ed inglobare. Del resto anche vescovi importanti li riconobbero  (come ad esempio S. Ambrogio nel caso di San Gervasio), santificandone le reliquie. Nel passato molti hanno accusato di Politeismo la Chiesa, identificando la molteplicita' divina con la Trinita',  ma tale accusa e' sempre stata respinta con decisione.

In ogni caso il  l'1 Novembre e'il giorno (festa di Ognissanti) in cui si ricordano, tutti insieme, gli oltre undicimila Santi della tradizione cristiana. Ed ognuno di essi  gode della facolta' di elargire grazie  e protezione nella sfera di sua specifica competenza intercedendo, quasi in una sorta di "raccomandazione celeste", presso il Signore per l'accoglimento delle suppliche. In realta' non sapremmo immaginare un napoletano che si rivolge direttamente a Dio, perche' non si sognerebbe mai di bypassare  San Gennaro.

E cosi' ogni Santo ha i suoi "protetti", e tanto per dirne alcuni, si passa da Nobili protettori, come Santa Caterina e San Francesco , patroni d'Italia, ad altri piu' particolari, come San Lorenzo (che fu bruciato vivo su una graticola) protettore dei rosticcieri, San Cristoforo (che trasporto'  Gesu' sulle spalle ) protettore di facchini e automobilisti, San Gabriele (quello dell'Annunciazione) protettore degli edicolanti, Santa Veronica (che avvolse Gesu' nel sudario in cui rimase la sua effigie) protettrice dei fotografi, San Giuseppe da Copertino (che si dice levitasse), protettore di aviatori e astronauti, e perche' no?, anche Saint Honore' (Santo Onorato, vescovo del VI sec.) che non poteva che essere il protettore dei pasticceri.

 

IL FUOCO GRECO

Attraverso i secoli abbiamo assistito a scoperte tecnologiche che molto hanno influenzato tempi in cui hanno rivestito una importanza assolutamente fondamentale e che adesso sono del tutto dimenticate. Ora, mentre e' del tutto prevedibile che tali scoperte (in realta' qualunque scoperta) , venissero prima o poi superate dal naturale processo evolutivo dovuto alla ricerca ed alla modernizzazione, non altrettanto naturale e' il fatto che molte, anche alcune delle piu' importanti, abbiano lasciato soltanto una notazione storica e che non siano piu' ne' spiegabili ne' ricreabili, al giorno d'oggi, nemmeno con le risorse ed il sapere attualmente disponibili.

Tanto per nominarne qualcuna, oggi non si sa riprodurre le qualita' del vetro colorato che tanto hanno meravigliato nelle finestre policrome delle Cattedrali gotiche, ne' si sa come fossero utilizzate le famose "Batterie di Baghdad" (sorta di celle galvaniche di oltre 2000 anni fa), per non parlare dell'irriproducibile             "Acciaio di Damasco " (un tipo di metallo con cui venivano forgiate lame durissime e dal taglio particolarmente affilato). E che dire del meccanismo detto di Antikytera ( utilizzato , si presume, per calcolare posizioni astronomiche). Bisogna anche considerare che oggi una novita' tecnologica e' praticamente da subito posta alla conoscenza di tutti tramite riviste specializzate o meccanismi tipo Internet, mentre una volta determinate abilita' venivano custodite gelosamente per trarne potere e circondarsi di un alone di mistero e magia.

Uno dei fenomeni piu' stupefacenti fu quello che ,usato come arma, consenti' ai Bizantini di vincere molte battaglie e , addirittura , di prolungare di circa 5 secoli l' esistenza dell'impero romano d'oriente. S i tratta di quello che passo' alla storia col nome di "Fuoco Greco".

In sostanza si trattava di un liquido dalla composizione misteriosa che, gettato dall'alto delle mura di una citta' assediata o, meglio ancora ,spruzzato sulle navi nemiche, bruciava in modo incontrollato e non estinguibile. La leggenda racconta che nel 678 d.C. Costantinopoli, assediata da preponderanti forze arabe, , sembrava destinata a soccombere quando un certo Kallinikos, siriano in fuga da Eliopolis e probabilmente chimico alchimista, si presento' all'imperatore Costantino IV, insegnando alle sue armate non solo a preparare il "fuoco greco", ma anche una particolare tecnica per  spruzzarlo sulle armate nemiche. Teofane racconta che la flotta romana nel IX sec. uso' per la prima volta , dirigendoli tramite appositi macchinari, getti di un liquido che a contatto con l'acqua prendeva fuoco e che non era assolutamente possibile spegnere. Pare che vi si potesse riuscire solo con la sabbia e le urine.

Probabilmente la figura di Kallinikos e' solo il risultato di una storia mitica, ma certo che il fuoco greco esistette realmente e la sua corretta composizione e' forse uno dei segreti meglio conservati nel tempo. Solo l'imperatore e pochi fedelissimi sapevano come esattamente miscelare le sostanze occorrenti a preparare la micidiale arma capace, da sola, a vincere soprattutto importanti battaglie navali. E questo anche per il terrore che riusciva a suscitare nelle milizie avverse. Tra l'altro esso non cadde mai in mani nemiche. L'unica volta accadde nel 814 quando predoni bulgari riuscirono ad impadronirsi di ben trentasei sifoni e di una notevole quantita' di fuoco greco che non riuscirono ad utilizzare perche' non capirono come farli funzionare. Bisogna arrivare alla fine del XIII sec. per avere un'ipotesi della composizione del fuoco greco, che venne pubblicata in un testo dallo strano titolo " Libro dei fuochi per bruciare i nemici".

In realta' sembra che il fuoco greco da solo non fosse sufficiente, e che per farlo funzionare occorresse tutta una apparecchiatura che veniva allocata in un dromon (specie di battellino che avvicinava le navi nemiche e attraverso un tubo prendeva il fuoco greco da un calderone o da un otre spremibile (specie di lanciafiamme ante-litteram) innaffiando il mare attorno alla nave nemica, che prendeva istantaneamente fuoco. Tucidide racconta che anche durante la guerra del Peloponneso (addirittura nel 450 a.C.), nell'attacco alla citta' di Delio, si sarebbero usate miscele incendiarie lanciate oltre le mura della citta' tramite catapulte . Sui componenti del fuoco greco sono state fatte diverse ipotesi. Una sostiene si trattasse di petrolio grezzo e di resina di pino (motivo per cui si attaccava alla pelle). Un altra , piu' probabile, che fosse una miscela di zolfo, petrolio e calce viva, il che spiegherebbe perche ' non fosse possibile spegnerla (la calce viva a contatto con l'acqua forma idrossido di calcio, reazione esotermica che sviluppa calore alimentando vieppiu' le fiamme) Insomma un precursore dell'odierno "napalm". Inoltre nessuno poteva salvarsi nemmeno gettandosi a mare perche', galleggiando, continuava a bruciare anche sulla sua superficie .

E' facile capire perche' un'arma del genere fosse assolutamente devastante per quei tempi, mentre quello che stupisce e' come i Bizantini siano riusciti a mantenere il loro segreto per tanto tempo,riuscendo addirittura a farlo cadere nella dimenticanza (Il segreto si perse con la fine dell'impero), mantenendo il mistero in modo tale che si mantiene ancora ai nostri giorni.

QUALE   BARABBA "E COSI', SI CROCIFIGGA GESU' E SI LIBERI BARABBA! "

Questo, in sostanza, si ricorda come raccontato nei Vangeli. Generalmente non si va' oltre. E probabilmente ci si accontenta solo di una verita' parziale, forse anche manipolata. Leggendo Matteo si scopre che: "Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba", mentre la Bibbia (ed. Paoline ,1964) dice:"A quel tempo era in prigione un certo Barabba, un carcerato famoso". Vi e' naturalmente differenza tra "detto" e "un certo". Lascia spazio a due interpretazioni: o si tratta di un soprannome o di un nome vero e proprio. L'originale greco riporta "leghomenon barabban", cioe' "chiamato" Barabba. E prosegue specificando che sarebbe stato detenuto perche' arrestato insieme ai quei ribelli che in un tumulto avrebbero commesso un omicidio. Quindi non responsabile di omicidio in prima persona. Ci dice anche che si trattava di un personaggio famoso. Ma nel Novum Testamentum (nota 16) viene riportata l'espressione Iesoun Barabba (cioe' Gesu' Barabba), il che chiarisce che il suo nome fosse Gesu' (molto comune all'epoca), e che Barabba fosse in realta' solo un titolo affiancato.

In pratica ,dovremmo dedurre che Ponzio Pilato avrebbe presentato al popolo due prigionieri, uno di nome Gesu' da condannare perche' aveva osato definirsi "figlio di Dio", ed un altro Gesu', molto noto a tutti e che godeva del titolo di Barabba. E' certo possibile che i trascrittori abbiano eliminato il nome Gesu' al secondo Barabba per evitare confusione e per esigenze di chiarezza, pero' non si puo' trascurare un fatto determinante:Qual'era il significato della parola Barabba? A questo punto e' necessario mettere dei punti fermi. Anzitutto era assolutamente vietato, praticamente un tabu', agli esseni, di nominare la parola "Dio", a cui si riferivano con nomi diversi (come Eloah, o Adonai), o con espressioni come "il Signore", o "il Padre". In ebraico Barabba e' composto da due parole: bar (che vuol dire figlio) e abba' (che vuol dire padre). In pratica Barabba vuol dire "Figlio del Padre", e questa e' la forma che si e' potuta usare ai tempi. La frase con cui Caifa apostrofa Gesu' e gli chiede "Sei tu il figlio di Dio?" e a cui Lui avrebbe risposto "Sei tu che lo dici", e' quindi possibile solo nella traduzione italiana, che non ha tabu' di sorta. In realta' l'uso di parole contratte con il prefisso "bar" e' frequente anche ai giorni nostri (come ad esempio Bartolomeo o Barnaba) mantenendo il significato di "il figlio di". Un altra stranezza e' nella anomalia di un processo confusionario e frettoloso che doveva porre il "sedizioso Gesu'" nelle mani dei romani che desideravano liberarsene. E per l'appunto non dobbiamo dimenticare che il processo era "romano", e che i romani non avevano l'abitudine di liberare prigionieri, tra l'altro non romani, in occasioni tipo la Pasqua "ebraica".

Proseguendo nel ragionamento, si arriva alla paradossale situazione per cui ci sarebbe un Gesu' noto come "figlio di Dio" e cioe' Barabba,che sarebbe stato condannato, ed un Barabba di nome Gesu' che sarebbe stato graziato.

Ora e' sinceramente troppo credere che ci siano stati due prigionieri con lo stesso nome, o nemmeno che ci sia stata una duplicazione di personalita'. E inoltre e' veramente fuori dalla logica storica che Ponzio Pilato abbia permesso lo svolgersi di un processo farsa e cosi' al di fuori dalle abitudini ferree che regolavano la giustizia romana.

E allora? quale motivo poteva giustificare tutta la storia?

Occorre rammentare che i Vangeli del Nuovo Testamento furono scritti entro il 90 d.C., in un epoca in cui quasi tutti gli evangelisti si erano spostati a Roma (come racconta Giuseppe Flavio) e che la costruenda Chiesa cattolica era ormai in mano a Saulo di T

Tarso (S.Paolo), e che la diaspora ebraica aveva gia' avuto luogo (nel 70 d.C.) .

L'ipotesi, tutt'altro che campata in aria, di molti studiosi, e' che si sia voluto narrare una serie di avvenimenti tesi a spostare la responsabilita' della crocifissione dai romani verso gli ebrei. E sarebbe possibile che tutto sia stato messo un pratica da S. Paolo, notoriamente acerrimo nemico di Simone e Giacomo, fornendo una versione antiessena e antimessianica degli avvenimenti,successivamente sviluppata anche dai suoi eredi spirituali, che avrebbe dato origine alla virulenta campagna contro gli ebrei, giungendo a far diventare HYAVE' (esseno), re dei cristiani.

Naturalmente gli scrittori evangelici non erano ebrei e scrivevano per gente non ebrea. La conclusione e' che i Romani escono non colpevoli della morte di Gesu', i cui responsabili sarebbero solo ed esclusivamente gli ebrei ,accusa che porteranno sempre sulle loro spalle e che tanti lutti ha loro causato nei secoli.

In ogni caso il mistero dei due Barabba continua ad esistere ed ha dato luogo a congetture e interpretazioni le piu' disparate. Se c'e' stata l'intenzione di mascherare l'identita' dell'uomo che venne crocifisso, vi e' stata dunque l'intenzione di contraffare le verita' storiche? E se Gesu' Barabba e' stato liberato, qualcuno non potrebbe giungere alla conclusione, come del resto sostiene la tradizione coranica,che Gesu', addirittura, non sarebbe mai stato crocifisso?

 

ORIGINE DELLO ZERO

Lo Zero ci ha sempre imbarazzato. Il mondo occidentale ha sempre nutrito una sostanziale diffidenza verso quello che al di la' dell'essere considerato un semplice numero, in realta' rappresenta un'idea, ed esattamente quella del nulla o del vuoto. Tutt'oggi, che sappiamo perfettamente che la numerazione comincia dallo Zero, se guardiamo la tastiera del nostro computer o del nostro telefonino, vediamo come esso sia messo per ultimo, in disparte, quasi come a marcare una differenza con gli altri numeri "normali". E negli ascensori il piano terra non viene quasi mai indicato da uno Zero, ma da una T. E se l'orologio comincia a contare da zero, noi continuiamo a contare da uno. Nel Medioevo si era soliti affermare " Ma se una cosa non esiste, e quindi non c'e', come si puo' pretendere di rappresentarla?" Invero il concetto di zero,di cui per secoli gli antichi greci e romani non hanno sentito il bisogno, e' qualcosa che va affidato alla comprensione di matematici e di filosofi, perche' implica conoscenze non solo pratiche , ma anche, addirittura, teologiche. Laotse, nel Tao Te King, uno dei grandi libri dell’Antica Cina, per rappresentare la sua idea di Assoluto, cosi' lo descrive:

"Lo guardi e non lo vedi-lo ascolti e non lo senti- ma se lo adoperi e' inesauribile". Bene queste parole si adattano perfettamente alla rappresentazione dello Zero. Ed e' attraverso lo Zero che superando la matematica, si arriva alla conoscenza dell'infinito e del calcolo infinitesimale. Vi ricorderete il panico che colse gli informatici di mezzo mondo in occasione del cambio di numerazione dell'anno Duemila ? Questo non sarebbe capitato se avessimo scelto come  numerazione quella del calendario Maya che dello Zero faceva corrente uso.   Naturalmente le proprieta' particolari dello Zero balzano subito agli occhi: pensate che non e' ne' positivo ne' negativo, che di per se' non e' ne' pari ne' dispari, che pur non rappresentando altro che il niente, se messo dopo una cifra ne decuplica il valore . Ma come, e quando, si e' arrivati a concepire lo Zero? Noi in Occidente siamo arrivati molto tardi, ma addirittura i Babilonesi nella loro scrittura cuneiforme, quando dovevano indicare quello che secoli dopo si sarebbe chiamato Zero, lasciavano una posizione vuota, in linea col concetto di Nulla. Tolomeo, astronomo alessandrino, indicava lo Zero con la lettera greca "omicron " iniziale della parola Nulla . Nell'antica Cina , nel 1247 circa , per la prima volta apparve in un trattato di matematica la rappresentazione dello Zero come specifico numerale, e non, come nei Babilonesi, come la "mancanza di qualcosa" . In ogni caso lo Zero comincio' il suo cammino nel IX sec. dall'India, che fu la prima a dare un simbolo allo zero, per arrivare, dopo essere passato attraverso gli arabi e la cultura che essi avevano portato nella Spagna di El Andalus, nella riottosa Europa. Molti pensano che si debba a Gerberto d'Aurillac, destinato a divenire Papa col nome di Silvestro II (meglio noto come il Papa Mago), la diffusione del numero Zero, che lui ebbe modo di studiare sui testi arabi della biblioteca di Ripoll, vicino a Barcellona.

Altri, che cio' si debba a Leonardo Fibonacci, nel 1202, che approfittando della sua professione di mercante e dei suoi conseguenti contatti col mondo arabo, abbia scritto il famoso testo "Liber Abaci", nel quale rivela l'uso indiano dei numeri e in particolare del Cephyrum , che poi sarebbe stato chiamato Zefiro e quindi in dialetto veneto "Zero", mentre col termine "cifra" si sarebbe indicata, appunto, qualunque cifra. Per molto tempo ancora , pero', lo Zero sarebbe stato indicato come il "numero del Diavolo" e Guglielmo di Malsbury lo indicava come "pericolosa magia saracena". Dal concetto di Zero, successivamente, si e' arrivato a definire matematicamente anche il concetto di "Infinito" . Seife, in un suo libro, sostiene che siano le due facce di una stessa medaglia, per cui moltiplicando qualsiasi numero per zero si ottiene zero, mentre moltiplicando qualunque numero per infinito si ottiene infinito. Al contrario attenzione particolare occorre dare alle divisioni per zero. Infatti anche le moderne calcolatrici danno per impossibile tale calcolo . Occorse tutto l'ingegno di Newton e di Leibnitz   per risolvere i problemi legati agli infinitesimi e all'infinito : il cosiddetto "Calcolo infinitesimale" .

Ma per tornare allo Zero come idea del Nulla, anche per dare una giustificazione alle difficolta' affrontate nell'accettarlo, occorre ricordare che sin dall'antichita' i filosofi greci combattevano l'ipotesi dell'esistenza del Nulla, e Talete diceva che non puo' verificarsi che "qualcosa" provenga dal niente. E che dire "  dell'Horror vacui "aristotelico? La convinzione era che la Natura aborrisse il vuoto, e tale convincimento duro' sino al ventesimo secolo, e ci si invento' un "etere" solo per poterlo riempire . E poi c'e' da domandarsi, la Genesi non dice che Dio creo' il mondo "ab nihil" , cioe' dal Nulla? Problema profondo, che porto' all'accusa di nichilismo per eminenti studiosi ,come ad esempio Martin Heidegger, per avere posto in un certo senso il Nulla in contrapposizione con Dio . Addirittura il filosofo tedesco Jakob Bohme sosteneva in una sua riflessione, che secondo la religione cristiana prima della creazione non esisteva nulla, e quindi neanche Dio e allora, si chiedeva, come si e' potuto creare Dio?

Il concetto di zero, cosi' come quello di infinito ,si muove su una linea di confine tra matematica e filosofia, e forse li comprende entrambi, idea di non immediata comprensione che spesso ci fa smarrire in quella apparente semplicita' che man mano si trasforma in qualcosa di sempre piu' difficile e complesso, ma in ogni caso ogni volta che nella nostra vita quotidiana avremo a che fare con lo Zero, anche se rappresenta il Niente, dovremmo guardarlo con meno superficialita' e maggior rispetto.

    

LE VIE DEI PELLEGRINAGGI

Il fenomeno del pellegrinaggio e' comune a praticamente tutte le religioni. Per quanto riguarda quello cristiano esso e' da far risalire al Medioevo. Si hanno notizie di pellegrinaggi risalenti al sec. VIII, anche se in quel caso si trattava essenzialmente di cammini "penitenziali" imposti soprattutto ad ecclesiastici, non soggetti a leggi secolari, da autorita' religiose per fare espiare una colpa piu' o meno grave (che poteva andare dall'incesto all'omicidio). Si tramanda infatti di pellegrini obbligati a percorrere il loro cammino scalzi, o con catene,e che dovevano vivere solo di elemosine. Piu' in generale il pellegrinaggio "devozionale" consiste in un cammino prestabilito e diretto verso un determinato luogo ritenuto sacro alla ricerca di un beneficio spirituale, dedicando un certo periodo della propria vita a una esperienza tesa alla ricerca di se stessi e ad un riconoscimento metafisico.  

Il nome pellegrino deriva dal latino "peregrinus" (per ager-campo), indicando una sorta di "non cittadino" e quindi per estensione uno "straniero". Motivo per cui il pellegrino si rendeva immediatamente riconoscibile, portando quella che era in definitiva una sua divisa, consistente nel "bordone" (bastone), nella "bisaccia", nella "pazienza" (cordone in vita"), nella "schiavina"(sorta di lungo mantello), ed evidenziando il luogo del suo pellegrinaggio (come ad esempio una palma per Gerusalemme, una conchiglia per Santiago di Compostela, una chiave o una croce per Roma).     In realta' i pellegrinaggi penitenziali finirono col confondersi con quelli devozionali, anche perche', in definitiva, entrambi portavano a cercare una sorta di medesima espiazione. Inizialmente, come all'epoca di Carlo Magno, si cerco' di arginare questo fenomeno, (anche molte abbazie erano restie a che i loro frati andassero in giro e non restassero in quella che chiamavano "stabilitas loci") arrivando a sostenere che "Gerusalemme" andasse ricercata all'interno del cuore di ciascuno, ma successivamente si favori' e si cerco' di facilitare questi percorsi, creando vie prestabilite e istituendo luoghi di accoglienza e di riposo per i pellegrini di passaggio.

Naturalmente Roma costituiva la meta piu' facilmente raggiungibile, mentre non era cosi' per la Terra Santa, in mano a Califfi musulmani egizi (sciiti) o di Baghdad (sunniti), per cui occorreva comprare un lasciapassare, e che poi fu tra le ragioni che diedero origine alla Crociate. L'altra importante meta fu in pratica voluta dalla abbazia di Cluny che favori' il cammino verso Santiago di Compostela, sede della tomba di San Giacomo (detto anche "matamoros"- uccisore di mori) , che si inquadrava perfettamente in quel processo bellico/religioso che fu la "Reconquista spagnola". Dante, nella "Vita Nova" da il nome di "palmeri", da palma, a coloro che andavano in Terra Santa, di "romei" a coloro che andavano a Roma, e semplicemente di "pellegrini" a coloro che sceglievano di andare verso la Galizia. Fu con l'avvento dell'anno 1000, quando tutti credevano nella fine del mondo, che si impose una forte ripresa della fede religiosa, e si cerco' di espiare le proprie colpe o con punizioni corporali ( flagellazioni e cilicio) o, appunto, con pellegrinaggi devozionali.                                                                                  

Naturalmente tanti altri luoghi ritenuti "sacri" sono oggetto di pellegrinaggi secondari, ma non meno importanti. In Europa , ad esempio, come dimenticare Lourdes, Medjugorie o Fatima, ed in Italia Assisi, Loreto, San Giovanni Rotondo. Anche molti santuari crearono una sorta di rete che implicava un cammino particolare, come Mont San Michel, Chartres, Lucca, Monte S.Angelo ,ecc... Similmente alla religione cattolica , anche l'Islam impone a tutti i musulmani, almeno una volta nella vita, un pellegrinaggio alla pietra sacra della Mecca detto "Hajj", che va compiuto nell'ultimo mese dell'anno islamico, anche se prevede, per chi puo' permetterselo, un pellegrinaggio per surroga, a pagamento (i vantaggi spirituali sarebbero riservati a chi paga).

Gli ebrei, ovviamente, hanno Gerusalemme come meta principale del loro pellegrinaggio, che effettuano preferibilmente nei giorni festivi della Pesach (Pasqua), della Shavuot (giorno di rivelazione della Torah) e della Sukkot (festa dei tabernacoli). Ovviamente dopo la distruzione del secondo Tempio, avvenuta nel 70 d.C. ad opera dell'imperatore Tito , gli ebrei utilizzano come meta finale del loro percorso cio' che dell'antico Tempio e' sopravvissuto, e cioe' il muro occidentale (muro del pianto). Altre mete sono "La tomba di Giuseppe" , "La tomba di Rachele", ed altre. Anche il Buddismo ha i suoi pellegrinaggi nelle zone in cui Buddha visse e mori' , e famosi sono i percorsi Indu', Bahai e Giapponesi (come quello Henro dell'isola di Shikoku).                                                                                                                                                                                    

Non bisogna trascurare i diversi significati che oggi puo' assumere la parola "pellegrinaggio". Quante volte sentiamo il bisogno di rivisitare i luoghi che hanno visto, ad esempio, la nostra infanzia, cercando di rivivere esperienze passate? Non si tratta di veri e propri "Pellegrinaggi della memoria"? O parole come "Samsara", di origine sanscrita, non indicano un "percorso" di rinascita tra vita e morte nella filosofia orientale?                                                     Oggi i cammini sono effettuati in modi certo piu' comodi di una volta. C'e' ancora chi li fa a piedi, programmando pero'soste prestabilite in alberghi e trattorie, c'e' chi li effettua in bicicletta o a cavallo. In ogni caso la progressiva "desacralizzazione" moderna ha portato ad un turismo di massa (turismo religioso) nel quale il lato spirituale e' spesso del tutto secondario rispetto a quello economico finanziario promosso dalle agenzie di viaggio.

 

INDICE DEI LIBRI PROIBITI

" Non la penso come te, ma darei la vita perche' tu possa continuare a esprimere le tue idee" . Questa frase attribuita, forse erroneamente, a Voltaire, da' comunque la misura di come il pensiero abbia il costante bisogno del confronto per essere libero e democratico. Purtroppo, da sempre, si e' ricorso invece alla soppressione e alla distorsione delle idee degli altri per affermare quelle proprie che, evidentemente, non avevano altro modo per emergere. Sin dall'antico mondo greco vi sono esempi addirittura di filosofi che bruciavano i libri di altri filosofi ritenuti indegni , esercitando, magari solo per vanita' o invidia, una sorta di censura delle tesi diverse dalle proprie. Ma successivamente anche Paolo di Tarso invito' i cristiani a mettere al rogo i libri pagani. Ogni volta che nella storia si e' verificato un mutamento, l'ordine vincente ha sempre cercato di cancellare la memoria del passato eliminando fisicamente le scritture e, piu' in generale , le opere dell'ordine soccombente. Diocleziano, durante le sue feroci persecuzioni, fece distruggere i libri cristiani ed ebraici. Costantino, nel Concilio di Nicea del 325 ordino' che si bruciassero tutte gli scritti ariani e cosi' via nel tempo.

Chi non ricorda il celebre rogo dei libri nel film "Farenheit 451" e come dimenticare la distruzione dei monumenti a lui precedenti operata da Ceausescu a Budapest o l'odio distruttivo dell'Isis dei nostri giorni ? A volte alle stese cose si e' finito per attribuire un significato diverso, e templi pagani divennero templi cristiani e ricorrenze pagane furono dedicate a santi cristiani ( ad esempio papa Gelasio I in pratica creo' un nuovo santo -San Valentino- per il 14 febbraio perche' la festa dell'amore pagano divenisse semplicemente "la festa degli innamorati"). Quindi non c'e' poi tanto da meravigliarsi se nel 1550 Paolo IV creo' l'indice dei libri proibiti ("Index librorum prohibitorum") col dichiarato intento di proibire ai cattolici cio' che era da considerare pericoloso per la fede, ma segretamente per fornire loro un'unica e sola voce, indiscussa e assoluta.

Naturalmente questo e' perfettamente logico, se vogliamo, per un'istituzione come la Chiesa,da cui e' sempre stato bandito il concetto di "democrazia" . Quindi , non solo devi accettare in assoluta umilta' tutto cio' che la Chiesa dice, ma contemporaneamente devi rifiutare qualunque possibilita' di contaminazione di discussione e confronto. In quest'ottica l'indice dei libri proibiti e' assolutamente naturale. L'indice Paolino e' compilato dalla Sacra Inquisizione e risulta il piu' drastico e severo di tutta la storia. Esso si puo' dividere in tre parti principali : la prima si riferisce a quegli autori di cui sono censurate sempre e comunque tutte le opere, anche quelle di carattere non religioso, la seconda e' un elenco di opere e autori (e fa meraviglia che vi siano incluse numerose edizioni della stessa Bibbia), nonche ' di diversi tipografi. Inoltre sono banditi i testi di astronomia , di religione , di astrologia e di magia, nonche' se stampati presso tipografi considerati eretici. Vengono cosi' bandite le opere di Machiavelli, di Rabelais, di Erasmo da Rotterdam, per non parlare di opere come il Decamerone.

Addirittura vengono bloccate tutte le opere scritte in volgare. La scienza e' molto colpita e tutto cio' che mette in pericolo la consolidata cultura scolastico/aristotelica viene considerato pericoloso. Nel 1616 la Congregazione dell'Indice bandisce tutti gli scritti che parlano " de mobilitate terrae et de immobilitate solis", cosi' che anche Copernico, i cui trattati circolavano gia' da decine di anni, ne paga le conseguenze. Nel 1600 viene bruciato vivo Giordano Bruno e nel 1633 inizia il processo a Galileo. Bisogna aspettare il 1778 perche' venga abolito il divieto di lettura della Bibbia nelle lingue nazionali. Occorre ricordare che dopo il 1559, nel periodo piu' oscuro dell'Inquisizione, era sufficiente il solo possesso di qualsivoglia libro perche' si potesse incorrere in una denuncia al famigerato tribunale. Evidentemente la Chiesa, a quei tempi, confidava sull'ignoranza dei propri fedeli. La Congregazione dell'Indice nel 1917 passa le propri competenze all'Inquisizione, che nel frattempo, nel 1908, e' stata rinominata "Sant'Uffizio". L'Indice, che ha operato per ben quattrocento anni, e' stato aggiornato circa una ventina di volte (l'ultima nel 1948) e le forme di controllo prevedevano una forma di "censura preventiva " che poteva o meno concedere il famoso "Imprimatur" (autorizzazione alla pubblicazione), o di una condanna a posteriori che ne giustificava l'ingresso nell'Indice.

Tanto per fare qualche nome, nell'elenco figuravano artisti quali Cartesio, Flaubert, Hugo, Montesquieu, Stendhal, Voltaire, Dumas padre e figlio,Zola, Rousseau, Balzac, Montaigne, Sartre, Gide, ecc... Anche tra gli italiani furono molti a soffrire di tali metri di giudizio, come Dante, Boccaccio, Alfieri, D'Annunzio, Foscolo, Settembrini,Leopardi, Machiavelli, Moravia, Petrarca, Galilei, Savonarola , e tanti altri.

L'Indice dei libri proibiti venne abolito nel 1966, durante il Concilio Vaticano II, sotto il papato di Paolo VI, ma ancora circola, sotto forma di "guida" ,all'interno dell'Opus Dei (prelatura personale della Chiesa Cattolica).

                           

IL  CODICE  DI  HAMMURABI

Hammurabi ( date presunte 1792-1750) fu il sesto re di Babilonia , grande politico e guerriero, che riusci' ad unificare tutta la bassa Mesopotamia e che passo' alla storia per la sua fondamentale opera di legislatore.

Chi volesse, visitando il museo del Louvre a Parigi, potrebbe sfruttare l'occasione per andare a vedere una stele scolpita in un unico blocco di basalto (diorite), alta circa 2,30 mt, incisa con figure e scrittura cuneiforme, conosciuta come "Codice di Hammurabi".

In realta' si tratta di un'opera risalente al XVIII sec. a.C. che rappresenta la piu' antica raccolta di leggi di cui l'uomo sia mai entrato in possesso (nel 1947 fu scoperta a Ur una tavoletta riportante leggi risalente al 2100 a. C., ma niente di paragonabile) . Chi pensasse che i "Dieci Comandamenti" costituiscano una novita' ebraica nel Vecchio Testamento, correrebbe il rischio di cadere in un grave errore storico. Infatti le somiglianze tra Codice di Hammurabi e Dieci comandamenti sono assolutamente stupefacenti, sia nella realizzazione (entrambi sono in pietra ed entrambi hanno in fondo la stessa giustificazione) sia nelle motivazioni che ne hanno determinato l'esistenza, il che starebbe ad indicare che il modo di porsi dei re verso i propri popoli, in fondo, sia rimasto lo stesso attraverso i secoli.                          

Il Codice di Hammurabi era collocato nella citta' di Sappar, all'interno del tempio dedicato al dio Shamash (dio sole della giustizia), anche se, probabilmente, ancora prima era posto a Babilonia nel tempio del dio Marduk. Nel XII sec. a.C. fu portato via come bottino di guerra dal sovrano elamita Shutruk e venne ritrovato a Susa (l'antica Persepoli) durante scavi archeologici francesi all'inizio del XX sec.

Nella parte superiore della stele vi e' scolpita l'immagine dell'imperatore Hammurabi che presenta le sue leggi al Dio Sole, per riceverne la legittimazione e per trarne la verga e l'anello che ne determinano l'autorita'. La legittimazione da parte della divinita', a quei tempi, era assolutamente necessaria perche' mentre un re puo' ammalarsi, morire ,essere sconfitto in battaglia,e dimostrarsi dunque del tutto "passeggero", la vidimazione del Dio dona alle Leggi un valore trascendente e imperituro.

E allora la prima cosa da fare era quella di chiarire che qualunque cosa si stesse dicendo, non aveva origine terrena ma divina. La stessa cosa avviene con i Comandamenti, che cominciano con l'imprimatur divino  "Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all'infuori di me, ecc... Il testo della stele e' composto da circa quattromila righe, scritte in lingua akkadica e con scrittura cuneiforme procedente dall'alto in basso e da destra verso sinistra.

Mentre il prologo e l'epilogo sono scritte con andamento pomposo e ricercato, il centro della composizione , quello diretto al popolo (anche se in quel periodo erano davvero pochi coloro che potevano permettersi di sapere leggere), era scritto con parole semplici e di facile comprensione.

In pratica contenevano la parte "legale" con l'indicazione dei precetti da seguire e le sanzioni relative in caso di trasgressione ( e' qui che trova applicazione per la prima volta la legge del taglione "occhio per occhio dente per dente"). Anche nei Comandamenti succede la stessa cosa, e la seconda parte e' un elenco dei crimini (essenzialmente di natura sociale) che non bisogna commettere per non incorrere nelle ire divine (non rubare, non uccidere, ecc...).

Il Codice di Hammurabi fu reperito in piu' copie, in versioni piu' semplici e a volte con leggere modifiche, in svariati villaggi della Mesopotamia, quasi a testimoniare,come farebbe un moderno manifesto, la volonta' di trasmettere lo stesso messaggio a tutta la popolazione. In effetti esso costituisce una specie di esempio letterario o, se vogliamo ,una specie di testamento politico per i futuri re. In esso vengono descritte le cose non come sono ma come dovrebbero essere, in un contesto di giustizia ed equita' ed espresse da un sovrano illuminato e legittimo.

Non dimentichiamo che in quel periodo tutto cio' che era scritto veniva guardato come attraverso un alone di magia (la scrittura stessa era magica) e che quindi assumeva un sapore di assoluta realta' a cui uniformarsi senza riserve, e l'idea che si voleva trasmettere era quella di una nazione prospera e felice perche' ben governata da un re abile, giusto e protetto dagli Dei.

In ogni caso si deve riconoscere che il Codice di Hammurabi e' il primo contesto di Leggi in cui si tiene conto del valore della persona che ne costituisce il centro portante. In pratica, e' vero che il Dio legittima le regole, ma e' l'uomo che resta al centro di tutto e la cui socialita' non deve andare dispersa.

Nei Comandamenti, invece, si obbedisce alle regole (anche a quelle di natura puramente sociale) in quanto cio' che conta e' l'obbedienza al Dio che le ha imposte. Detto questo, non e' che il " Codice " fosse perfetto. Anzitutto le pene cambiavano a seconda dello stato sociale del cittadino (all'epoca venivano riconosciute tre differenti classi sociali), e le pene di morte erano molto diffuse (si poteva essere arsi vivi, annegati o impalati a seconda del delitto commesso) e lo schiavo valeva meno del nobile, ma al suo interno si trovano anche norme di comportamento giuridico ed addirittura un ingegnoso sistema di "assegni" che quasi prefiguravano la piu' nota "lettera di credito" .

Un mercante infatti poteva farsi rilasciare una tavoletta di argilla con incisa la quantita' del suo guadagno, potendola girare per i suoi pagamenti. E lo stato si rendeva garante sia dei pagamenti sia che non si incorresse in usura. Altre norme ,poi, proteggevano la donna in caso di matrimoni non felici, nonche' i figli anche illegittimi, che non potevano essere disconosciuti se non in casi gravissimi.

Il codice di Hammurabi non e' molto conosciuto e sono rare le pubblicazioni che lo riportano, e questo e' strano perche' e' stato fondamentale per formare il corpo giuridico di ebrei, greci, romani, ecc.. restando il documento legislativo piu' importante dell'antica Mesopotamia. In realta' costituisce anche un riferimento unico per la conoscenza di usi e costumi dell'epoca, ma e' una giurisdizione che ha costituito la base di un diritto social/economico la cui validita' continua ad accompagnarci sino ai nostri giorni.

 

ADRIANOPOLI     E   TEODOSIO

La storia si ripete. Questo e' un vecchio concetto che vuole che guardando indietro alla cose successe anche tanto tempo fa, si possa in qualche modo trarne utile insegnamento. Ebbene, e' di oggi il problema europeo legato alla immigrazione e allo spostamento di masse provenienti da paesi stranieri e assolutamente difficile da controllare. Potremmo trovare nel nostro passato delle vicende analoghe da paragonare a questa ? Certamente si, e sicuramente piu' di una. Prendiamo ad esempio quello che accadde nel 378 in seguito alla battaglia di Adrianopoli (citta' della Tracia). Nel 376 gruppi di Goti, sotto la spinta di tribu' Unne, chiesero all'imperatore d'Oriente Valente di potere attraversare il Danubio. L'imperatore, superando qualche perplessita', ma sperando di potere contare su nuovi lavoratori e nuove milizie, diede il suo assenso ponendo la condizione che si convertissero al Cristianesimo e consegnassero armi e ostaggi. Raggiunto l'accordo, esso non fu pero' rispettato, essendo i Goti (in massima parte per la corruzione dei preposti romani) ridotti in condizioni miserabili e dovendo subire il tentativo di assassinio da parte del comandante delle truppe imperiali ,Lupicino, del loro condottiero Fritigerno e di tutti i capi tribu'. A questo punto la ribellione non poteva non scoppiare, e i Goti diedero inizio a forme di rappresaglia feroce, in attesa di aiuto dagli Alani. Lupicino, presuntuosamente, penso' di risolvere da solo la questione, ma fu sconfitto nella battaglia di Marcianopoli. A questo punto Valente, dopo avere chiesto aiuto all'imperatore di Occidente Graziano, organizzo' un esercito che si attesto' nei pressi di Adrianopoli. Forse fu il fatto di non volere comunque condividere con Graziano quella che lui considerava una vittoria certa, a spingerlo ad attaccare Fritigerno, ed in una epica battaglia le truppe imperiali ( che constavano di 50.000 uomini) furono sbaragliate e lo stesso Valente fu ucciso. In seguito alla grave sconfitta (che gli storici giudicano seconda solo alla battaglia di Canne) , che vide i Goti invadere e saccheggiare completamente la Tracia, l'imperatore Graziano chiamò Teodosio alla guida dell'impero d'Oriente, come Augustus . Questa fu l'occasione, data l'incapacita' di imporsi militarmente, di adottare una diversa strategia nei confronti degli invasori, mirante alla integrazione dei barbari (cosiddetta foederatio) in un clima di ospitalita' (hospitalitatis). Da questo episodio ebbe inizio il fatto che causo' tanti problemi all'Impero Romano, in quanto l'esercito non fu piu' composto da romani e dal loro orgoglio, ma da mercenari non sempre fedeli all'impero e che spesso costituivano "eserciti all'interno dell' esercito ", armati e dipendenti da vari capi-tribu'.Questa situazione sicuramente non fu la sola causa , ma contribui' enormemente alla caduta dell'Impero Romano d' Occidente, avvenuta non molto tempo dopo, nel 476, quando il barbaro Odoacre depose Romolo Augustolo, ultimo degli imperatori romani, che non venne ucciso solo per la sua giovanissima eta'. Al contrario l'impero d'oriente si diede un assetto piu' stabile , frutto comunque di svariati compromessi e di numerose concessioni, e Teodosio puo' tranquillamente essere ricordato come l'ultimo grande imperatore di Roma. La sua reggenza fu densa di avvenimenti e di importanti conseguenze . Anzitutto bisogna dire che era profondamente cristiano ed aveva fortissimi legami con Ambrogio , vescovo di Milano. Dopo l'editto di Milano con cui Costantino il grande rese possibile la pratica della religione cristiana, Teodosio, insieme con Graziano, introdusse l'Editto di Tessalonica (oggi Salonicco), con cui la religione cristiana diventava obbligatoriamente l'unica. Dopo avere superato l'opposizione dell'imperatore Giuliano ,da poco eletto e che risiedeva a Lutezia (Parigi), di fede pagana, e per questo soprannominato l'Apostata, che sosteneva che tutti i mali dell'impero erano causa di una religione che rinnegava il passato e la grandezza degli avi, con Teodosio si passo' alla distruzione di tutti i templi pagani, o alla loro conversione al cristianesimo, e alle posizioni apicali furono messi esclusivamente uomini di chiara fede cristiana. La persecuzione cristiana , con la stessa ferocia e crudelta' venne sostituita dalla persecuzione pagana. Addirittura, poiche' aveva proceduto ad abolire le Olimpiadi considerate pagane suscitando violenti dissensi, decise di troncare gli oppositori organizzando a Tessalonica una gara di bighe, e quando lo stadio fu pieno, fece chiudere le porte uccidendo tutte le persone presenti (si dice circa 7.000). Lo stesso Ambrogio, scandalizzato per questa crudelta' lo escluse per otto mesi dalla comunione e pretese un pubblico pentimento. Teodosio, per la sua fede sicuramente, ma anche per ragioni di ordine pubblico, impose con violenza e crudelta' la religione cristiana, ed in questo quadro e' difficile comprendere il grande impegno profuso (ancora oggi si discute di come sia potuto riuscire nell'impresa) per trasportare il grande obelisco egiziano di Tutmosis III sino a Costantinopoli, dove fa ancora adesso bella mostra di se' nell' ippodromo.

Naturalmente il pentimento preteso da Ambrogio non impedi' a Teodosio di emanare i cosiddetti "editti teodosiani", che riguardavano l'attuazione dell'Editto di Tessalonica, tra cui la proibizione di praticare altri culti , di adorare statue e di riconvertirsi al paganesimo. Molti templi pagani, anche di primaria importanza, vennero distrutti e memorabile fu il caso che vide un tempio pagano dedicato a Dioniso, ad Alessandria d'Egitto ,trasformato in Chiesa per ordine del vescovo Teofilo. La rivolta che ne segui' sfocio' nel sangue e , come ritorsione, nella distruzione del famoso Serapeo (che si trovava all'interno della biblioteca), dedicato alle divinita' egizie di Osiride e di Api.

 

I BESTIARI DEL MEDIOEVO

Nel Medioevo le speculazioni filosofico/religiose diedero vita ad una grande tradizione enciclopedica,tutta tesa a descrivere il mondo naturale attraverso il quale comprendere quello trascendente. Probabilmente il capostipite di questo modo di fare cultura puo' identificarsi con Isidoro di Siviglia (600 ca.) con la sua opera "Etymologiae".

Ovviamente ci si puo' rifare anche a Plinio (I sec.) (Naturalis Historia), ma un esempio importante e' dato da Beda il venerabile (700 ca.) col suo "De rerum natura", che cerca di dare un senso alle allegorie e ai simbolismi sacri. Del genere enciclopedico sono parte anche i cosiddetti "bestiari" medievali che in realta' fanno in qualche modo tutti riferimento ad un'opera scritta in greco in un periodo stimato dal II al IV sec. dopo Cristo e realizzata ad Alessandria di Egitto da autore ignoto. Quest'opera e' conosciuta col nome di Physiologos (il Naturalista) e descrive in modo didascalico le caratteristiche , reali o fantastiche, di una serie di animali. In verita' nel Medioevo non si parla solo di animali, ma raccolte analoghe descrivono mineralogia (i Lapidari), piante, soprattutto medicinali, (gli Erbari ) ,o uccelli (gli Aviari). Non trascurabile e' il corredo di pregevolissime miniature che solitamente vantano queste pubblicazioni.

Gli animali descritti sono tutt'altro che fedeli e aderenti alla realta' zoologica anzi, tutt'altro. Si tratta spesso infatti di figure composte, studiate, inventate e rispondenti a scopi che con la realta' poco hanno a che vedere. Sembrano, a volte, illustrazioni create per libri per bambini, a corredo di fiabe o favole, ma saremmo ingiusti se le liquidassimo con ragionamenti cosi' superficiali. Bisogna calarsi nel periodo in cui queste cose venivano scritte e, di conseguenza, lette. Il fatto e' che l'uomo medievale non credeva assolutamente nell'impossibile. La convinzione diffusa era che anche se certe attribuzioni erano di norma precluse alla gente comune, poiche' Dio poteva tutto, tutto in definitiva era possibile, e questo li portava ad accettare tranquillamente l'idea che esistessero animali normali con proprieta' trascendenti, o addirittura animali dalle forme stupefacenti e con poteri meravigliosi, anche se poi nessuno poteva sostenere di averli mai visti. E cosi' si credeva con tranquillita' alla esistenza di Grifoni, dell'Ippogrifo, dell'Unicorno, della Sirena,del Centauro, e via dicendo.

Anche agli animali piu' comuni, per cosi' dire, era riservata una trattazione particolare. Gli atteggiamenti abituali venivano presi ad esempio e allegoricamente indicati con significati simbolici subito trasferiti all'ambito religioso. IL Fisiologo, con tutte le sue modifiche successive, non e' da intendere in senso strettamente naturalista, non ostante il suo nome, bensi' come interprete della natura mediante la morale e costituente una strada di avvicinamento ai principi divini. L'esigenza di separare il fantastico dal reale e' molto recente, e viaggiatori venuti da terre lontane (come il Nuovo Mondo), portavano sempre con se' la narrazione di animali e mostri terrificanti che arricchivano le loro storie . Fu con S.Tommaso che si comincio' a cambiare lentamente, quando ebbe a dire (Summa Theologiae) che nemmeno Dio puo' cambiare cio' che e' stato. I piu' noti compositori di "bestiari", per citarne alcuni, sono Pierre de Beauvais , Richard de Fournival, Michele Scoto, Brunetto Latini. Esiste anche un bestiario a sfondo erotico.

Di ogni animale e' considerata la parte che si vuole sottolineare, cosi' del leone (esaltato anche dai Salmi e dai Libri dei Profeti) la criniera e le zampe forti, dell'asino la pigrizia la lussuria (e la puzza), della colomba la purezza, del coccodrillo la doppiezza, della volpe la furbizia (famoso il libro "le Roman de Renart, protagonista appunto una volpe),le caratteristiche demoniache del lupo e del cinghiale, le qualita' di compagno dell'uomo del cavallo valorizzate anche dalle "Chansons de geste" ( questo animale convive con l'uomo e la sua carne, nel Medioevo, non e' mai mangiata). In ogni caso per ciascun animale vengono esaltate quelle qualita' che possono essere propedeutiche all'insegnamento morale, e quindi l'aderenza alla realta' raramente viene tenuta nel debito conto, perche' la storia culturale,nel Medioevo, sovrasta sempre quella naturale. Sovente si dividono gli animali per classi, quali i quadrupedi, i pesci, gli insetti ,i serpenti i vermi,gli animali marini e terrestri, incorrendo spesso in gustose interpretazioni (l'ostrica sarebbe un pesce dentro ad una conchiglia). Nel XV sec. le anguille del lago Lemano furono scomunicate dal vescovo di Losanna perche' si riproducevano eccessivamente. Un caso a parte merita il gatto, che da sempre abbinato a pratiche magiche e demoniache (sin dall'antico Egitto), venne successivamente rivalutato quando , in occasione della peste nera (1348-1353) che causo' la morte di un terzo della popolazione europea, ci si rese conto che costituiva forse l'unica difesa contro la diffusione del contagio operata dai topi.

Una raccolta di figure talmente strana e spesso mostruosa, col tempo fini' per costituire una categoria a se stante inquadrata, sempre nel contesto dei "bestiari", in un libro chiamato "Liber monstrorun" che comprendeva tutte le meraviglie straordinarie, essenzialmente copiate per lo piu' da manoscritti provenienti dall'Oriente o da terre lontane e poco conosciute , in un crescendo di fantasia bizzarra e senza limiti. Bisogna tenere conto anche che in quel periodo la malformazione umana veniva interpretata secondo precise indicazioni magiche e religiose. E cosi' prendono vita gli "sciapodi" (che hanno un unico piede talmente grande che puo' riparare dal sole), gli antipodi (che hanno i piedi all'incontrario),i cinocefali (dalla testa di cane), i blemmi (senza testa e con bocca e occhi nel torace), gli astomi (senza bocca) ed tanti altri ancora. La scienza medievale (se mai di scienza si puo' parlare) non cerca di dare una spiegazione alla natura che osserva, ma solo di comprendere per quale motivo si verifichino certi accadimenti. Essa in definitiva,in decisa opposizione al modo di intendere la scienza oggi, da' gran peso alla autorita' e alla tradizione e quindi se qualcosa gode di antico credito, non ha bisogno di ulteriori conferme, in questo finendo per scivolare in concetti totalmente fideisticiLA NASCITA DELLA SCRITTURA

La storia nasce con la scrittura. Tutto ciop' che c'era prima costituisce la preistoria. Quello di riuscire a tramandare le proprie notizie in maniera organizzata e permanente e' un successo straordinario per l'uomo. Superiore, perfino, all'invenzione della ruota. Non e' da credere che un atto per noi adesso cosi' normale, sia nato e sia entrato nella abitudini quotidiane da un momento all'altro. Decine di migliaia di anni fa l'uomo era in grado, tutt'al piu', di lasciare goffi segni sulle pietre (pittogrammi). Per potere parlare di segni codificati, invece, dobbiamo risalire a circa 5/6 mila anni fa, e dobbiamo fare riferimento sempre alla stessa popolazione cui dobbiamo tanto (non ultima la scoperta dell'agricoltura): i Sumeri. Certo, indipendentemente ma comunque in tempi successivi, la scrittura puo' darsi che abbia avuto un suo inizio anche in altre parti della Terra, come quei segni che in Messico hanno dato origine ai Glifi Maia, o quegli ideogrammi cinesi in uso nel XII sec. a.C. , ma torniamo ai Sumeri, che gia' 8000 anni prima di Cristo adottavano un sistema di nota commerciale tramite gettoni di argilla detti "Calculi" per le merci che venivano scambiate, e che successivamente usarono racchiudere tali gettoni in sfere cave di argilla chiamate "Bullae", marchiate esternamente. Il passo successivo fu di sostituire le Bullae con tavolette (rinvenute per la prima volta a Uruk nel 3300 a.C.), sempre di creta ma questa volta piatte, incidendo la superficie con la punta di una canna (codice bidimensionale) e sottoponendole a cottura per rendere stabili i segni.

Poiche' sulla creta non era particolarmente agevole imprimere segni curvi, ci si accontento' di linee elementari, che presero il nome di scrittura cuneiforme. Questo tipo di scrittura , che si rammenta aveva essenzialmente un uso commerciale,si diffuse rapidamente anche al di fuori dei territori sumerici e perfino gli Ittiti ne fecero uso, ma le esigenze di una maggiore efficacia di comunicazione, aumentava con l'aumentare della grandezza delle citta' e col moltiplicarsi degli scambi tra i vari paesi. Questa necessita' diede impulso alla nascita di altre forme di linguaggio, come quella dei geroglifici (segni sacri) egiziani, la cui invenzione si attribuiva al dio Toth o come le famose scritture lineari A e B minoica e micenea. Furono sempre i sacerdoti sumeri , che sentendo il bisogno di dare un nome agli oggetti che trattavano, scomposero in sillabe il loro linguaggio, attribuendo un simbolo ad ogni sillaba (alfabeto sillabico). Un importante passo avanti si fece quando alla scrittura fenicia, composta di sole consonanti, nel VIII sec . a.C. vennero aggiunte le vocali (alfabeto fonetico greco) rendendo possibile la composizione dei poemi omerici così come li conosciamo. Siccome, pero' la lettura e la scrittura di leggi e norme era tutt'altro che facile, la situazione favori' il nascere di una potente e rispettata congrega : quella degli scribi , che amministravano la cosa pubblica e assistevano il Re in ogni sua decisione. Nella scrittura egiziana i geroglifici erano la composizione di pittogrammi (un segno = un oggetto), di ideogrammi (un segno =un'idea) e di semplici fonemi. Scrivere in questo modo era tutt'altro che facile e gli scribi dovevano essere necessariamente molto bravi. Per fortuna furono aiutati dall'uso dei fogli di papiro, pianta che abbondava lungo il Nilo e con cui gli egiziani costruivano di tutto, perfino barche. I fogli di papiro , una volta scritti, venivano arrotolati attorno a due bacchette (Umbilicus) fissate alle estremita' . Per convenzione un papiro (o rotolo), era di lunghezza tale da poter contenere un dialogo di Platone.

Successivamente, quando il papiro comincio' a scarseggiare (l'Egitto giunse a vietarne l'esportazione), si fece uso di pelli animali. La pergamena (usata per la prima volta appunto nei pressi della citta' di Pergamo), detta anche carta-pecora, fu raccolta a strati, contribuendo alla nascita dei Codici, e cioe' di libri formati da pagine e fogli, così come ora. Ovviamente la scrittura ha subito molti cambiamenti nel tempo e da quella chiamata "Onciale ", composta di sole maiuscole e chiamata anche "scrittura della Chiesa" o di San Girolamo che la adoperava d'abitudine, si passo' a scritture piu' semplici e scorrevoli, come la minuscola corsiva latina e quindi la minuscola carolina (da Carlo Magno). Inutile dire che la scrittura e' in continua evoluzione, ed oggi siamo abituati all'uso di mezzi tecnici che fanno della stessa un sistema di facile espressione e di facile interscambio tra lingue diverse. Certo che quasi non ci rendiamo conto che ogni attivita' pratica e di pensiero oggi e' testimoniata dalla scrittura, che possiamo tramandare senza piu' l'intermediazione di un oratore che lo faccia per noi. Dobbiamo riflettere, pero' ,che la scrittura non e' solo un modo di fissare e rendere permanente un linguaggio, ma e' molto di piu'. Nella scrittura ci siamo noi, con il nostro presente e con tutto il nostro passato. E' un modo per dire che ci siamo o che ci siamo stati, una maniera per raccontarci e non sparire per sempre nell'oblio. E' la testimonianza lasciata a chi verra' dopo, di tutto quello che , sin dall'inizio, abbiamo fatto ,pensato, creato, Nella scrittura sono mescolate le azioni, le idee e i sentimenti di una moltitudine di uomini che pur se non hanno potuto incontrarsi per ovvi motivi di spazio e di tempo, hanno pur trovato un modo straordinario e immortale di unire nel tempo le loro vite . Non tutta la scrittura e' pero' degna di essere letta. Se noi oggi guardiamo al passato ,abbiamo la fortuna di leggere Omero e Platone (del passato si salvavano solo le opere meritevoli), mentre se immaginiamo un ipotetico nostro discendente tra cento o mille anni , dovremmo chiederci che opinione di noi si farebbe dovendo leggere la quantita' enorme di "scrittura" che invade una nostra biblioteca. Dovrebbe saper cogliere fior da fiore. Sempre che abbia il tempo di farlo...

 

La nascita del Conclave

L'elezione del Papa nei primi due secoli della Chiesa Cristiana, per quanto se ne sa, avveniva solitamente per designazione del papa regnante. Tale pratica venne condannata dal concilio di Antiochia nel 341, e sappiamo che ,nel 440, Leone I Magno " fu eletto con i voti del popolo, dei chierici e dei notabili".

Successivamente, fino ai primi anni del secondo millennio, era necessario attendere l'approvazione obbligatoria dell'imperatore d'Oriente, il che provocava spesso sedi vacanti e nascita di antipapi.

Interessante l'episodio di Leone IX, nel 1049, a cui non basto' il volere del suo elettore Enrico III, ma pretese la ratifica del clero e del popolo. Ma tutto il mondo e' paese, e Nicolo' II, per essere eletto, organizzo' a Roma una vera e propria insurrezione popolare per cacciare l'antipapa Benedetto X. In seguito, da approvazione popolare allargata si passo' ad un voto oligarchico in cui veniva preso in considerazione solo quello dei cardinali e dei vescovi. Resta importante il consenso della cittadinanza spesso ,pero' , organizzata con cura da sobillatori e notabili come successe per Gregorio VII , nel 1073, quando un decreto elettivo preparato con molto anticipo fu accompagnato da orchestrate ovazioni e manifestazioni di giubilo da parte di una folla acclamante. Naturalmente una folla cosi' nascondeva in se' pur sempre un pericolo per quelli che potremmo chiamare "i grandi elettori", che quindi preferirono rinchiudersi in localita' nascoste, soprattutto monasteri , provvedendo alla elezione papale in gran segreto e chiusi "a chiave" (cum clave, da cui conclave), come avvenne, ad esempio, per Innocenzo II o Eugenio III.

Naturalmente le proteste del popolo non si fecero attendere, reclamando con forza la sua partecipazione diretta all'elezione , facendo si' che numerosi diventassero gli antipapi. Questa situazione porto' alla base votante composta solo da tutti i cardinali, voluta da parte di Alessandro III che stabili' che per la validita' di una elezione si dovessero necessariamente raggiungere i due terzi dei votanti. E' a questo punto che nasce il Conclave, come manifestazione violenta , e anche parzialmente ricattatoria, da parte del popolo che sentendosi escluso dal diritto all'elezione diretta del papa, mette sotto chiave i cardinali riuniti per il voto. Questo succede a Perugia nel 1216, nel 1241 si ripete a Roma (famosa la contestatissima elezione di Celestino IV), fino a toccare la sua apoteosi a Viterbo, nel 1268, allorche' 18 cardinali riuniti non riescono a trovare un accordo, spaccati come sono in due fazioni contrapposte, l'una che sostiene il volere di Carlo d'Angio' (per un papa francese) e l'altra desiderosa di limitare il potere angioino ( con un papa italiano). Nemmeno le forti e numerose pressioni di esponenti sia del potere temporale come di quello religioso riescono a sbloccare la situazione, tanto che i viterbesi, esasperati e convinti dal generale dei francescani Bonaventura da Bagnoreggio, nel 1280 chiudono nel palazzo vescovile i cardinali, murando tutte le uscite e ponendo della guardie che passeranno alla storia come i "marescialli del conclave". Passando ancora inutilmente del tempo, si giunge a scoperchiare il tetto della sala in cui sono riuniti i cardinali, permettendo al sole e alla pioggia di farla da padrone. Un conclave a cielo aperto, insomma.

Anche i rifornimenti delle vivande vengono radicalmente ridotti e si arriva a fare entrare solo pane e acqua. Incredibilmente, pero', i porporati continuano tetragoni a non raggiungere un'intesa, ed inevitabilmente la situazione sfocia nel dramma. Il cardinale Enrico da Susa si ammala gravemente, ma non viene data l'autorizzazione alla sua uscita , e anche alla morte del cardinale Giacomo Pirunto, gli stanchi ma non domi elettori sono costretti a tenerselo. Intanto gli avvenimenti precipitano. I ghibellini, un po' dovunque, alzano la voce, Carlo d'Angio' comincia a battere moneta e a legiferare pro domo sua (sfruttando la sua carica di vicario imperiale), Guido e Simone di Monfort uccidono Enrico di Cornovaglia nella chiesa di S. Silvestro . Ed e' durante una caldissima estate che i prelati, ormai ridotti allo stremo, eleggono una personalita' non facente parte del Sacro Collegio, certo Tebaldo Visconti, arcidiacono e italianissimo , che prende il nome di Gregorio X.

E' da quel momento che il Conclave viene istituzionalizzato, e si stabilisce che la riunione dei cardinali avvenga presso la casa del papa defunto, assolutamente senza alcun contatto col mondo esterno, e che dopo cinque giorni il pasto sara' nuovamente solo pane e acqua. Curiosa la tradizione che vuole che al popolo, quasi per tacitarlo, venga concesso l'assalto alla casa del nuovo eletto, potendola saccheggiare impunemente, sempre che risponda alle esigenze dei saccheggiatori che, se non soddisfatti, possono continuare la loro opera presso altre case di porporati. Nel 1447 ben tre palazzi diversi (di proprieta' di altrettanti prelati) vennero invasi e depredati di ogni cosa. In seguito gli assalti terminarono solo perche' sostituiti da regalie concesse dal papa eletto. In pratica la partecipazione del popolo venne ridotta ad una vergognosa mancia data a mo' di contentino e che peraltro , sotto forma di indennita' resistette fino alla fine del Novecento. L'unica voce che rimase al popolo, insomma, fu quella anonima e satirica affidata alla statua "parlante" di Pasquino.

 

RAPANUI - L'ISOLA  DI  PASQUA

 Nel Pacifico meridionale, a non meno di 2000 km dalla terra piu' vicina , e a ben 3600 dal Cile, da cui adesso dipende, si trova una piccola e alquanto inospitale isoletta di forma triangolare, chiamata  Rapanui dai suoi  (pochi ) abitanti , e conosciuta come Isola di Pasqua dagli occidentali, perche' fu proprio nel giorno di Pasqua del 1722  che il capitano  olandese Jakob Roggeveen, per primo tra gli occidentali, vi mise piede. In realta' sembra che sia stato il pirata Edward Davis ad avvistarla per primo nel 1687, pur senza sbarcarvi e non capendo nemmeno  che si trattava di un'isola. Bisogna riconoscere che Rapanui e' un insieme di misteri  che da tempo ormai intrigano storici, archeologi, botanici e biologi, ponendo delle domande che a tutt'oggi non hanno trovato una risposta soddisfacente. Il primo e piu' evidente quesito e' posto dalla presenza  delle enormi statue (chiamate Moai) raffiguranti delle teste di pietra con strani  copricapi ,alte da due fino a 21 metri e pesanti sino a 85 tonnellate. Svariate sono state le ipotesi sul significato di tali presenze, nonche' di come si sia potuto costruirle e trasportare. Molti credono che commemorino il passaggio dalla vita terrena alla morte dei vari re che si sarebbero succeduti nel tempo. Una sorta di monumenti tombali, in definitiva. Altri che siano delle sentinelle a guardia dell'isola, ma smentiti dal fatto che tutte le statue sono poste con le spalle rivolte al mare  (esattamente il contrario di cio' che dovrebbe fare una sentinella)  e tutte allineate fra di loro. Da notare che i copricapi sono di pietra-rossa- diversa  e posti sulla sommita' dei Moai solo  in un secondo tempo, non ostante il notevole peso. Sembra che a una frenesia costruttiva di tali statue (sono state reperite, in una cava, almeno una quarantina di Moai in avviata fase di costruzione) sia subentrata una improvvisa interruzione di tali costruzione e della conseguente posa. Si fa risalire tale evento alla lotta tra due tribu', quella delle "orecchie lunghe " e quella delle "orecchie corte", una che costruiva i Moai perche' bene augurali ed un'altra che li distruggeva. Entrambe le due tribu' avrebbero dovuto poi soccombere all'arrivo dei marinai invasori.  Misterioso sarebbe anche il sistema di trasporto delle pesanti statue, tenendo presente che anche se in un lontano passato  l'isola si ritiene fosse coperta da gigantesche palme, in realta' le stesse scomparvero  a causa dei ratti che ne mangiavano i semi, privando gli abitanti dell'unico rifornimento ligneo possibile. Un' antica tradizione vuole che le statue fossero capaci di muoversi da sole    e che prendessero posizione in modo tale da sorvegliare l'isola e raccontare se stesse.   Invero sono diversi i popoli antichi le cui  tradizioni sostengono che  determinati suoni potevano provocare lo spostamento di blocchi di pietra, e gli egiziani chiamavano   hekau una sorta di forza mentale capace anche di tali cose. Del resto fa parte dei miti la storia dell'uomo uccello venuto dal cielo e che viene ricordato nell'annuale impresa del tuffo dalla scogliera per andare a prendere, nuotando tra famelici squali, l'uovo appena deposto da un particolare uccello in un isolotto vicino, per incoronare il nuovo re. Nella storia dell'isola, assolutamente priva di contatti con altre terre, lotte e malattie, alcune portate dai pochi marinai che ebbero il coraggio di approdarvi, ridussero gli abitanti, nel 1800, ad appena 111 persone. I pochi esempi di scrittura, detta  Rongorongo ,letteralmente "scritto per la recitazione", di difficile traduzione, furono resi  rari dal fatto che i primi preti sbarcati nell'isola  si impegnarono a distruggere le tavolette relative nella loro indiscriminata opera di epurazione. La scrittura e' sorprendente in quanto  bustrofedica capovolta,(viene  cioe'scritta in righe che quando raggiungono il bordo della tavoletta tornano indietro rovesciate  e occorre quindi capovolgere la tavolettaper proseguire la lettura) e meraviglia che una popolazione cosi' piccola sentisse il bisogno di una scrittura, ancorche'  evidentemente sacra se occorreva conservarla. Gli indigeni si ritenevano discendenti da una popolazione di carnagione bianca e di capelli rossi, facente parte di un continente scomparso .  In realta' non si  sa,   ad oggi, cosa rappresentino i Moai, chi erano gli abitanti dell'isola e qual'era la loro origine, come venissero usate le imponenti grotte e gallerie che abbondano un po' dovunque (una delle leggende di cui l'isola abbonda dice che siano collegamenti con Asia e America), come mai sono soltanto due le varieta' vegetali endemiche e  cosi' via. Indagini genetiche sembrerebbero confermare una  origine polinesiana degli abitanti, resa pero' anche piu' sorprendente per l'enorme distanza che li separava da altre terre che in passato non erano assolutamente raggiungibili  (la stessa Polinesia dista oltre 4000 Km).

Una affascinante teoria proposta dallo studioso Churchward vuole che Rapanui ( il cui vecchio nome "Te pito" o anche "Te henua" puo' anche tradursi come "ombelico del mondo") costituisca il centro dell'ormai scomparso e leggendario continente MU, portando come prova il fatto che i lemuri (proscimmie dalla coda ad anelli) si trovano oltre che nell'isola di Pasqua, anche in Africa, in Madagascar e in India (indicazione controversa)  e che abbiano lo stesso grado di evoluzione, contraddicendo il principio evoluzionistico di Darwin, e facendo quindi riferimento al fatto che i lemuri ( le-MU-ri) facessero parte di uno stesso continente. Addirittura,  facendo comparazioni con le  tavolette  Nacaal  ritrovate in Tibet (di cui fornisce soltanto una descrizione)  giunse alla conclusione che Atlantide faceva parte di un piu' grande continente  (MU, appunto) e che i Lemuriani fossero gli abitanti piu' antichi della Terra (per i Romani i lemuri erano le anime dei defunti).In pratica ipotizzava l'esistenza di collegamenti (come dei ponti ,ma forse anche di continenti) che col tempo erano sprofondati negli abissi.  La teoria, pure accattivante, e' contraddetta dalle spiegazioni che vennero date in seguito allo studio sulla Pangea e sulla deriva dei continenti. Del resto e' da notare il fatto  che i segni della scrittura Rongo rongo,  desunti dalle uniche 21 tavolette rimaste, siano assolutamente simili ai geroglifici rinvenuti nella citta' indiana  di Mohenio-Daro.

La teoria di Churchward metterebbe in comunicazione le Americhe con lo Yucatan (dove e' stato trovato il famoso Teschio di cristallo)  e addirittura con L'Egitto, affermando che il dio Osiride nato ad Atlantide, sarebbe stato educato a MU (piu' civile) e che sempre a MU sarebbe nato Thot, dio della scrittura egiziano.

 Ovviamente a Rapanui si intrecciano storia e leggende e difficilmente  si riesce a capire dove finisca l'una  e comincino le altre. Gli unici muti testimoni di un passato ormai perduto forse per sempre sono i volti un po' alla Modigliani dei Moai che con la loro imperturbabile espressione sembrano in eterna attesa di potere parlare e raccontarci come veramente sono andate le cose.

 

L'ANTICA    MESOPOTAMIA

Nel 1840 c'era ancora la convinzione che la culla della civilta' fosse l'Egitto. In quale altro posto, infatti, potevano trovarsi importanti vestigia a testimonianza di un antico passato? Si deve alla costanza di un archeologo franco -italiano, di nome  Paul Emile Botta, e alle immediatamente successive ricerche  dell'inglese Henry Layard, sulla scorta degli ottimi risultati del Botta, se nella sterminata distesa desertica della terra chiamata Mesopotamia  (letteralmente terra tra i due fiumi, Tigri ed Eufrate) cominciarono a venire alla luce mura di citta' e reperti archeologici databili almeno 800 anni a. C.   Cercavano i resti dell'antica citta' di Ninive, ma invece trovarono il palazzo di  Sargon II, re assiro che aveva conquistato Babilonia intorno al  710 a. C. Dopo di loro altri archeologi condussero scavi che portarono alla luce reperti risalenti ad oltre 3000 anni prima di Cristo.  La Mesopotamia e' un vastissimo territorio che si estende da quello che oggi e' l 'Iraq fino alle sponde del golfo Persico. Ed e' qui che adesso si concorda che la civilta' abbia avuto il suo primo e incontrastato impulso. I primi abitanti della Mesopotamia furono, al tempo della protostoria e fino al 1950 a. C.,  senz'altro i Sumeri, ed e' assolutamente inutile chiedersi da dove venissero, in quanto sino ad oggi, nessuna ipotesi in tal senso puo' essere  fatta. Sappiamo pero' che il loro grado di civilta' fu addirittura sensazionale per quei tempi, e che fu facile per loro imporsi alle tribu' incolte che abitavano quelle zone. Pensate che in quel tratto di terra  e' nata la scrittura cuneiforme (tavolette di creta incise con la punte di una canna e poi cotte per rendere stabili i segni), ha fatto la sua comparsa l'agricoltura, e' stato messo a punto un efficientissimo sistema di irrigazione (da cui anche il nome di "Mezzaluna fertile") hanno prodotto una ricca letteratura epica/religiosa (come il "Poema di Gilgamesh"  o "l'Enuma Elish") hanno realizzato i famosi "Ziggurat" (una sorta di piramidi a gradoni), e sembra che uno di questi, costruito in onore del dio Marduk, abbia dato origine alla storia della  famosa Torre di Babele. I loro Dei erano molteplici, ed oltre a MarduK, forse il piu' importante, c'era anche Inanna, dea legata all'alternarsi delle stagioni, che poi fu chiamata Ishtar dai babilonesi (e che ricorda le stesse tradizioni greche , con Persefone, e romane ,con Proserpina).La regione sumerica si trova nel sud della Mesopotamia, la' dove c'erano le citta' mitiche di Uruk e di Ur (la patria di Abramo). Potendolo fare, si dovrebbero leggere i libri di Zacharia  Sitchin, archeologo russo studioso della scrittura cuneiforme a cui si deve la traduzione di numerosissime   tavolette,   e che da esse riporta, tra l'altro, la storia  dei Nephilim- menzionati anche dalla Bibbia nel libro  di Enoch-, sorta di giganti venuti fuori dall'accoppiamento degli dei con le figlie degli uomini, ed anche la storia di Nibiru, il dodicesimo pianeta, degli Elohim e degli Annunaki ed altro ancora.  Successivamente al periodo sumerico, vi furono l'impero babilonese, seguito da quello ittita (sino al 1000 a.C.) e infine da quello assiro. L'Assiria si trova nel Nord della Mesopotamia e la sua capitale era Assur  (che era il nome anche del suo Dio) ma ben piu' famosa era Ninive, celebre per il suo sfarzo e la sua ricchezza. Del babilonese Hammurabi ci resta un famoso "Codice" in pietra che  e' la summa delle regole e delle leggi da lui imposte al suo popolo (analogamente alla tavole della Legge di Mose'), attualmente esposto al Louvre. Il grande Re assiro   Assurbanipal, per tramandare tutto il sapere suo e degli antenati, fece copiare ad una moltitudine di scribi tutte le opere allora esistenti, per un totale , pare, di oltre centomila tavolette. Questo patrimonio ando' perduto quando Ninive fu assalita e conquistata dai caldei, causando la fine dell'impero assiro. In ogni caso le storie  tradotte dalle comunque numerose tavolette sopravvissute  (pare circa 25000), insieme ad altri importanti rinvenimenti in svariate parti del mondo,come ad esempio quello dei rotoli di Qumran, del Mar Morto, avvenuto intorno al 1950, hanno contribuito  a dar vita ad una rivisitazione dell'origine e dell'evoluzione dell'uomo. Oggi, mescolando insieme archeologia, astronomia, paranormale, religione ed esoterismo, si sono  venute a formare nuove discipline non convenzionali, basate sulle teorie di valenti archeologi come von Daniken, Peter Kolosimo, Graham Hancock e lo stesso Sitchin, e sempre piu' spesso si sente parlare di "esobiologia" (intervento antico di civilta' aliene), "clipeologia"( presenze extraterrestri)," criptozoologia" (studio di animali scomparsi), ecc... E tutto questo, si badi bene, tenendo conto di studi assolutamente meticolosi e dei paralleli tra numerose storie  simili tramandate da tutti i popoli, anche da quelli che mai avrebbero avuto la possibilita' di incontrarsi e scambiarsi miti o leggende. Anche i Nephilim  , tanto per fare un esempio, sono decritti nella Genesi Biblica. Per non parlare di fenomeni come i racconti del Diluvio Universale e cosi' via dicendo.  Leonard Wolley, archeologo che scopri' il cimitero di Ur e le usanze funebri sumere che imponevano alla numerosa corte del Re di lasciarsi morire con lui tramite un suicidio rituale, aveva un assistente, Max Mallowan, che doveva risultare uno dei piu' abili studiosi delle usanze sumere, ma che in realta'  passo' alla storia  per essere stato il marito della famosa scrittrice Agatha Christie .

Naturalmente e' facile, dato l'argomento, scivolare verso la conoscenza mitica di un sapere a lungo nascosto e che si cerca solo oggi di decifrare. E questo anche per la difficolta' di superare convinzioni radicate e immobili teologismi. Un esempio per tutti quello di Giordano Bruno, che ebbe l'ardire di affermare che potevano esistere  altri mondi abitati. E che dire delle similitudini esistenti  tra piramidi, ziggurat e costruzioni Maya, tutte orientate secondo ben precisi orientamenti astronomici? E si potrebbe naturalmente continuare. La Mesopotamia e' ancora oggi un sito archeologico tutto da scoprire, ed  occorrera' superare una grande quantita' di ostacoli ambientali e di ostilita' politiche per portare alla luce tutte le reliquie e tutte le verita' nascoste in citta' come Babilonia, Ninive , Nimrud ,Nippur, Assur e tante altre.  Una piacevole realta' e' costituita dal sito di Gobekle Tepe, molto recente, da cui sembra lecito aspettarsi ritrovamenti e rivelazioni molto importanti. Non dimentichiamoci che, dopotutto, il famoso Eden  o  Paradiso terrestre, dovrebbe trovarsi proprio da quelle parti.  Certo che  continuando a scavare e tornando sempre piu' indietro nella storia, arrivando all'inizio della civilta' sumera,  si giunge a trovare singolari sovrapposizioni con le storie descritte nella Genesi biblica .E chissa' quante sorprese  sono ancora tutte da scoprire, nascoste sotto la sabbia di quella terra in gran parte ancora misteriosa che e' la Mesopotamia.

 

LA   MASSONERIA

Dire in poche parole cosa sia la Massoneria e' impresa tutt'altro che facile. Anche perche' non e' semplice separare notizie storiche da avvenimenti  che in realta'  si offrono a molteplici interpretazioni, nonche' dall'idea che nell'immaginario collettivo si e' formata col tempo su questo argomento.

Anzitutto mi sembra opportuno fare distinzione tra  cio' che e' "essoterico" e  cio' che invece e' "esoterico".

 In breve, per "essoterico" si intende tutto quello che appare, quello che risulta evidente, la forma e il significato che si mostra per quello che e' ed e' visibile nello stesso modo a tutti.

 Al contrario,con la parola   "esoterico"  ci si riferisce a tutte quelle informazioni, a quelle nozioni ed anche ai riti  che da sempre ,per qualche motivo, un insieme di persone riunite in una congrega, una setta, una religione o comunque una associazione nella quale gli appartenenti condividono gli stessi principi,  cui possono accedere solo quegli "eletti" disposti a percorrere un "cammino iniziatico" che possa condurli  in maniera mistica e per gradi ,ad una conoscenza sempre piu' completa. In pratica si rende attuale la frase  "non tutto cio' che appare e', e non tutto cio' che e' appare".Una interpretazione romantica dell'origine della Massoneria la fa risalire a quando, dopo il diluvio Universale, diciassette uomini saggi costruirono gli antichi monumenti (compresi quelli dell'Egitto, di Roma e della Grecia), sotto l'Occhio del Grande Architetto Universale che sorvegliava la costruzione del mondo perfetto di Dio. In questo contesto sono numerosi i riferimenti alla costruzione del Tempio di Re Salomone ( le due colonne -Joachin e Boaz-, la scala a sette gradini, il pavimento a quadri bianchi e neri, l'Arca dell'Alleanza, ecc..) e all'architetto fenicio che l' avrebbe effettuata  ( Hiram  Abiff, importante in due dei tre Gradi massonici ,che la tradizione vuole finisse assassinato, anche se di questo non vi e' prova alcuna). Anche gli artigiani tagliatori di pietre, come del resto i Cavalieri Templari, nonche' i princìpi fondatori dei Culti Misterici  antichi, sono stati invocati come origine dei valori massonici, ma in realta' le basi filosofiche dei frammassoni  ( associazioni dei liberi muratori) nascono da tradizioni come la Cabala e l'Ermetismo che si sarebbero vestite dei simboli propri delle Corporazioni Medievali. 

Secondo molti, fu proprio  durante il Rinascimento che si sarebbero codificate le tradizioni risalenti all'ermetismo ( nome derivato da Ermete Trismegisto - tre volte grande- e considerato  contemporaneo di Mose') e alla Cabala (che invece affonda le sue radici nella tradizione mistica ebraica). Sono in effetti numerosi i filosofi del periodo, come Agrippa, John Dee, Ashmole, a teorizzare   che   fosse lo stesso  gruppo di iniziati che facevano parte del movimento "Illuminismo Rosacrociano" (molto oscuro di per sè ) a portare anche alla nascita della Massoneria. In definitiva molti riti massonici in verita' non si ispirerebbero direttamente ad analoghi riti antichi  (come ad esempio i Riti Egizi) , bensi' alla caratteristica peculiare  della  riscoperta dell'antichita' propria del Rinascimento.  

La segretezza che coinvolge i massoni deriverebbe dal fatto che i tagliapietre del medioevo, per potersi spostare  in diversi luoghi di lavoro, facevano uso di parole di riconoscimento. La geometria e l'architettura, sempre nel medioevo, venivano considerate di  attribuzione divina e molti simboli relativi (come la squadretta e il righello), sono mescolati a simboli mistici di derivazione molto piu' antica e la  somma costituiva i cosiddetti "simboli massonici".

 In ogni caso la prima Gran Loggia fu fondata nel 1717  in una birreria di Londra e in tale data nasce formalmente l'Ordine della Massoneria. In soli trent'anni  si diffuse in Europa e anche in America, e malgrado le varie persecuzioni (La Chiesa evidentemente, ma anche un certo potere politico,  non gradivano il proliferare di sette esoteriche ), in breve divenne un fenomeno di dimensione mondiale. L'uso di parole segrete ed il loro continuo cambiamento per accedere alle logge locali, diede vita al nascere di nuove Logge, che via via prendevano nomi diversi (Gran Loggia Antica, Loggia Moderna ecc...), che introducevano anche variazioni alle pratiche rituali, causando spesso incomprensioni e attriti. Nel 1776 in Francia vennero proibite tutte le riunioni massoniche perche', si diceva, potevano costituire una minaccia per la monarchia, ma ben presto vennero riprese e partecipate dai piu' alti ingegni della cultura francese, quali Montesquieu, Voltaire, Lavoisier, ecc..

Da precisare, inoltre, che nonostante la Massoneria sia diffusa in tutto il mondo, non si puo' parlare di essa come di un 'unica organizzazione,  il che comporta la questione della "regolarita'" (come si fa ad appurare che il massone in visita presso una Loggia sia in regola?). C'e' da dire, pero', che i princìpi di ispirazione   sono essenzialmente gli  stessi,  cioe' che gli appartenenti devono credere in un essere superiore e scegliere singolarmente come venerarlo,  devono prestare giuramento sul Libro sacro della Legge, devono astenersi dal trattare, all'interno della Loggia, di argomenti politici o religiosi  e devono essere solo di sesso maschile .  Occorre precisare che  le donne sono state comunque coinvolte nella massoneria, anzi la prima  donna massone  e' stata, proprio nel 1717, Elizabeth  Aldworth, irlandese, che avendo spiato una cerimonia di iniziazione fu ammessa all'Ordine per legarla al segreto. Comunque divenne Maestro  Venerabile. Le logge miste agivano sotto la direzione di una loggia regolare. Recentemente logge esclusivamente femminili sono state fondate (come The Women's Grand Lodge of Belgium ed altre) con connotazioni maschili (le donne massone tra loro si chiamano "fratello"). Alcune  riforme sociali favorite dall'Ordine, come la diffusione dell'insegnamento laico, sono state di grande importanza, ma la sua popolarita' , col tempo, e' grandemente diminuita  da quando l'interesse dei massoni  si e' rivolto verso azioni di beneficenza e di attivita' sociale, mettendo in secondo piano gli insegnamenti filosofico/esoterici . Sia la Germania che l'Austria sono state molto aperte alla Massoneria  (addirittura qualche Loggia e' stata creata con decreto reale). Nessuno viene invitato a diventare massone, ma la partecipazione deve essere richiesta e frutto di un personale convincimento. In Italia, dove la Massoneria  si diffuse soprattutto nel periodo napoleonico, per essere proibita durante il fascismo, oggi si contano tre Obbedienze principali : Il Grande Oriente d'Italia, La Gran Loggia d'Italia degli Antichi Liberi Muratori, e la Gran Loggia Regolare d'Italia. In America la massoneria ebbe la grande capacita' di attrarre  milioni di persone  di cui molte erano personalita' di primissimo piano. Sembra che la stessa citta' di Washington D.C., sia stata progettata e costruita con criteri  massonici  (fu il massone George Washington a porre la prima pietra del palazzo del Campidoglio, chiaramente ispirato a geometrie massoniche), e la stessa banconota da 1 dollaro abbonda di simboli massonici (fra cui il famoso Occhio Onniveggente).  Spesso,  pero', la segretezza e il mistero che aleggia intorno alla massoneria fa sì che facilmente sorgano periodicamente ipotesi di complotti e di manovre di destabilizzazione, essendo percepita come un'associazione esclusiva in grado di muovere interessi nascosti. In effetti la storia dell'antimassoneria risale praticamente alla fondazione dell'Ordine.

Dopo la bolla papale del 1738, che la proibiva categoricamente, il sospetto, in determinati settori della  societa' , e' rimasto  soprattutto perche' sono in molti a credere che se gruppi di persone si riuniscono in privato e in segreto facendo uso anche di cifrari per la loro posta, e' molto difficile che lo facciano per il bene comune. All'origine la Libera Muratoria  perseguiva i sentimenti di condivisione dell'amicizia e della fratellanza, in un sistema assolutamente equalitario.  In via teorica chiunque puo' far parte dell'Ordine, ma I personaggi famosi che si sono fregiati del titolo di massone sono assolutamente tanti, e comprendono anche Papi , Re, Imperatori e nobili di ogni grado, ma anche grandi uomini, per dirne solo alcuni, come Garibaldi, Oscar Wilde,Amadeus Mozart, Gershwin, Roosvelt, Churchill, Simon Bolivar e addirittura Stan Laurel e Oliver Hardy (Stanlio e ollio).  Occorre comunque precisare  che ,contrariamente a quanto possono credere alcuni, la Massoneria non è una religione, in quanto non ha una sua propria teologia, non dispensa sacramenti e non promette una vita dopo la morte.

 

NOSTRADAMUS

Michel de Nostredame, meglio noto come Nostradamus, e' nato a Saint Remy de Provence nel 1503 ed e' conosciuto da tutti come il piu' famoso veggente della storia, paragonabile solo, forse, al biblico Malachia.

Le sue previsioni, descritte nel libro "Le Profezie" ( che consiste in una raccolta di quartine in rima) hanno per molti qualcosa di miracoloso, anche se vengono poste in termini oscuri che abbisognano sovente di interpretazioni per lo piu' chiaramente forzate.

Lui stesso dichiara apertamente ""E gli uomini che verranno dopo di me conosceranno la verità di ciò che dico, perché avranno visto che infallibilmente si realizzeranno vari avvenimenti predetti da me."

Stranamente, nonostante i suoi scritti ondeggiassero tra il magico e il profetico, non entro' mai in polemica con la Chiesa del tempo, e la Santa Inquisizione, che pure ne avrebbe avuto motivo, non si interesso' mai a lui. Di professione era astrologo, scrittore e speziale.

Nostradamus era un appassionato di cultura egiziana e si dice che riuscisse a vedere il futuro passando intere notti guardando instancabilmente, e senza mai sbattere le palpebre, un liquido particolare contenuto in un vaso di rame .

La lettura delle sue profezie e' di difficile interpretazione, e spesso solo "a posteriori" esse vengono collegate all'avvenimento che si suppone volessero descrivere. Una delle profezie che piu' di tutte ha fatto discutere recentemente e' quella che col dire " A 5 e 40 gradi il cielo brucerà, e il fuoco
si approssimerà alla grande Città Nuova" ,pare abbia indicato nell'attentato delle Torri Gemelle la tragedia terroristica di New York (La citta' nuova, appunto). Sembra attuale pure la previsione dei tragici avvenimenti accaduti recentemente a Parigi e rivendicati dall'Isis, quando, ben cinque secoli fa, Nostradamus diceva " La grande guerra iniziera' in Francia e poi tutta l'Europa sara' colpita" (e si rammenta che oggi alta e' la paura di un attentato persino a Roma) "Ci saranno tanti cavalli dei cosacchi che berranno nelle fontane di Roma".Fa impressione la Profezia di Nostradamus sul Papa Nero, identificato dai piu' in Francesco Bergoglio. Infatti, a parte una evidente imprecisione di date a cui comunque molti hanno trovato piu' o meno fantasiose spiegazioni, la Quartina 91, Centuria X, cosi' recita : "Il Clero Romano all'inizio dell'anno fara' elezione di un grigio e nero uscito dalla Compagnia di Gesu' e giammai ci fu qualcuno cosi' malvagio". In effetti Papa Bergoglio e' il primo e dunque per ora l'unico Papa proveniente da quell'Ordine religioso caratterizzato dalla tonaca nera ( mentre il grigio sarebbe dovuto al colore dei suoi capelli), il cui Superiore veniva indicato da sempre con l'appellativo di Papa Nero (collegamento con la profezia di Malachia), mentre la "malvagita' risiederebbe nel fatto che il nuovo Papa stravolgerebbe la tradizione della Chiesa intervenendo su aborto, divorzio, omosessualita', unioni civili, ecc..

Le prime profezie di Nostradamus in ordine di tempo sono contenute in uno scritto chiamato "I Secoli",mentre la prima profezia in assoluto che gli viene attribuita fu quando si inginocchio' di fronte ad un umile monaco di nome Peretti, chiamandolo Santita', e che solo ben 19 anni dopo la sua morte sarebbe diventato Papa col nome di Sisto V. Inoltre , arrivo' a predire i nomi dei re di Francia, la morte di numerosi Papi, nonche' l'esistenza di Hitler e Bonaparte, solo per dirne qualcuna, giungendo a preannunciare l'assassinio di John Kennedy ( si precisa sempre con interpretazioni successive all'evento). In ogni caso alcune predizioni hanno del miracoloso , come quella relativa a Napoleone . "Un imperatore nascera' vicino all'Italia,da semplice soldato arrivera' all'Impero, manterra' il controllo assoluto sulla Chiesa, per quattordici anni manterra' il comando". Tutto di una precisione sconvolgente. Avrebbe previsto l'invenzione del sottomarino (che chiama pesce di ferro), e dell'aeroplano, nonche' il lancio della bomba atomica su Hiroshima : "Nel Sole nascente si vedra' un gran fuoco,nel circolo dell'esplosione regnera' la morte e si sentiranno le grida, questa morte sara' per guerra, per fuoco e per fame". Per quanto riguarda il nostro immediato futuro, Nostradamus avrebbe previsto una invasione dell'Europa da parte degli arabi, e perfino una terribile terza guerra mondiale ATOMICA con conseguenze disastrose , e puntigliosamente descritte, per l'Italia la Francia e l'Inghilterra oltre che per le principali citta' del mondo, e si sarebbe spinto a prevedere addirittura una scomparsa del pagamento delle tasse. Bisogna dire che tutti gli studiosi dell'opera di Nostradamus sono concordi sulla reale possibilita' di una guerra, ma nessuno crede che le tasse possano mai sparire, anzi...

 

GOBEKLE  TEPE, IL MONTE ARARAT, IL DILUVIO UNIVERSALE

GOBEKLE TEPE  e' il sito archeologico di strutture megalitiche in cui sono  recentemente venuti alla luce  i reperti piu' antichi mai ritrovati sinora.  Il sito si trova nella regione mesopotamica  (tra i due fiumi Tigri ed Eufrate) nel sud-est della Turchia. 

Si tratta di costruzioni ad anello che si sviluppano per estensioni enormi gia' individuate dai radar geotermici ma non ancora del tutto dissepolte. Cio' che colpisce  e' che via via che si scava in profondita', vengono alla luce dei manufatti , delle colonne e dei megaliti sempre piu' perfetti e  decorati, indicanti conoscenze tecniche e ingegneristiche che vanno ben al di la' di quelle proprie di una societa'  primitiva.

In pratica, mentre scavando ci si dovrebbe aspettare un'organizzazione piu' semplice e approssimata che va via via  evolvendosi verso gli strati piu' superficiali, in realta' accade l'esatto contrario, come se certe conoscenze si fossero progressivamente perdute negli strati piu'recenti andando verso una progressiva involuzione (qualcosa del genere e' stato riscontrato anche nelle piramidi egiziane).

Occorre fare una doverosa premessa. I geologi indicano nel "Big Five" le grandi glaciazioni  (appunto cinque) che hanno colpito la terra nel corso dei millenni, comportando la scomparsa ,ogni volta, di numerose specie viventi. L'ultima di queste glaciazioni si sarebbe conclusa 12800 anni fa , ma proprio quando si stava gia' stabilizzando un clima piu' mite, sarebbe intervenuto un nuovo improvviso raffreddamento, durato circa 1300 anni.

Questo periodo prese il nome di "Dryas recente" e duro' sino al 11500. In questo periodo scomparvero numerose specie (come ad esempio i  mammuth). Alcuni archeologi, anche in contrasto  con parte della nomenclatura ufficiale, avanzano l'ipotesi che in quel lasso di tempo possa essere scomparsa anche una intera generazione umana che aveva raggiunto un elevato grado di civilizzazione e che non fu in grado di trasmettere le proprie conoscenze alle generazioni future.

In questi pochissimi anni  (geologicamente parlando), qualcosa (alcuni propongono lo schema del meteorite che avrebbe colpito la Terra) avrebbe causato un rapido innalzamento della temperatura dovuto al forte calore,provocando lo scioglimento del ghiaccio della calotta polare,e causando un innalzamento violento delle acque dell'oceano, con inondazioni di vaste proporzioni che sarebbero il motivo della scomparsa di intere popolazioni,  citta' e specie animali.

Le tradizioni dei nativi americani riportano quasi tutte la nozione  di un diluvio perso nella memoria degli avi. Cosi' gli Innuit dell'Alaska, gli Uroni, gli Algonchini, i Luiseno della California ed altri ancora, e tutti indicano i pochi sopravvissuti in coloro che riuscirono a rifugiarsi in posti abbastanza alti da non essere raggiunti dal livello del mare. I Cowichan della Columbia britannica narrano una storia di alcuni che si salvarono solo perche' costruirono una zattera in grado di galleggiare e di attendere la fine dell'inondazione, che li vide unici superstiti in una terra devastata (e questo dovrebbe ricordarci qualcosa, dopotutto).

E fatti del genere danno un valida ragione del nascere di miti come quello di Atlantide (la cui posizione viene posta in tanti luoghi e continenti diversi, e che invece potrebbero trattare di una storia ripetuta tante volte con le stesse caratteristiche e mutuata con lo stesso nome).Il mito del diluvio universale non nasce con l'Antico Testamento, ma molto prima ed e' di origine sumera.

Presso il Museo Archeologico dell'Universita' della Pennsylvania e nella collezione privata Schoyen in Norvegia, sono custodite, scritte in caratteri cuneiformi e purtroppo in forma non completa, le due versioni piu' antiche di quello che noi chiamiamo "il Diluvio Universale".

La storia di Noe', che comunque tante indicazioni ha fornito agli studiosi, narra che l'Arca, piena di animali e vivande ,si sia arenata sulle pendici del monte Ararat (non troppo lontano da Gobekle Tepe ), ma oggi tutti i geologi sono concordi nell'affermare che il monte Ararat , alto 5137 metri, non e' mai stato raggiunto, sin dal momento della sua formazione, da acque alluvionali oceaniche.

Altra considerazione puo' essere fatta se si considera il racconto biblico come una allegoria del fatto che una comunita' composta da uomini e animali abbia deciso di raggiungere un posto abbastanza alto e sicuro per salvarsi. E questo potrebbe essere accaduto anche a Gobekle Tepe che ,in questo caso, si potrebbe considerare, per similitudine, come una gigantesca "Arca di Pietra".

Quindi, anche se l'Arca di Noe' non avrebbe mai potuto raggiungere le altezze del monte Ararat, sicuramente lo stesso monte e la catena del Tauro, potevano costituire ottimi luoghi di rifugio. Tra l'altro questa zona dell'Armenia sarebbe quella stessa in cui sarebbe avvenuta  "l'invenzione dell'agricoltura" ( cosa che avrebbe trasformato in stanziali le popolazioni altrimenti nomadi), e le raffigurazioni delle sculture megalitiche di Gobekle Tepe ripropongono gli stessi animali descritti nella Genesi (scorpioni, serpenti, uccelli, volpi, pecore,ecc..)

Da ricordare che Noe', alla fine dell'inondazione, sacrifico', in segno di ringraziamento, alcuni animali a Dio. Ebbene, a Gobekle Tepe sono stati rinvenuti resti di animali macellati, corrispondenti a quelli raffigurati sulle strutture megalitiche.

 

RAIMONDO DI SANGRO PRINCIPE DI SAN SEVERO

Mi auguro che molti conoscano la splendida Cappella di San Severo detta anche Santa Maria della Pieta', oggi senz'altro uno dei musei piu' importanti di Napoli,  che si trova nei pressi di  piazza San Domenico Maggiore. Essa risale al 1590, costruita da da Giovan Francesco in ringraziamento per la  guarigione da una grave malattia, cosa che lo stesso  attribui' alla Vergine Maria, ma le importanti modifiche che la hanno resa quella che si puo' ammirare attualmente  sono dovute all'opera di Raimondo di  Sangro marchese di San Severo (1710-1771). La famiglia di Sangro vantava un'impressionante serie di titoli nobiliari e si diceva che discendesse, attraverso il ramo di Oderisio, addirittura da Carlo Magno. Fu a 16 anni che Raimondo eredito' il titolo del nonno divenendo Principe di San Severo, e fu a soli vent'anni che, provvisto di una solidissima cultura di origine gesuitica, ando' ad abitare nel palazzo Ducale  Sangro . La sua casata pote' contare  legami di parentela con ben quattro Papi (Innocenzo III, Gregorio IX -che istitui' la Santa Inquisizione-Paolo IV e Benedetto XIII). Quando nel 1734 Carlo III di Borbone  entro' trionfalmente a Napoli per prendere possesso del regno delle due Sicilie, per circondarsi di tutte le personalita' di cui un nuovo monarca aveva bisogno, fondo' l'ordine di San Gennaro, di cui si proclamo'  Gran Maestro, e al quale fu chiesto di partecipare sin da subito al Principe di Sangro (che gli regalo' un graditissimo mantello impermeabile di sua invenzione) . La sua cultura era assolutamente enciclopedica (sembra che conoscesse tutte le lingue europee), e fu uno dei piu' alti ingegni di tutto l'illuminismo europeo, ma si distinse anche in campo militare  (libero' la citta' di Velletri dall'occupazione austriaca), ma i suoi interessi spaziavano in diversi settori ( invento' un cannone in lega di ferro, in un periodo in cui le armi erano in bronzo, nonche' un fucile a retrocarica che fu a tutti gli effetti una anticipazione di quello di Lefacheux, ed una carrozza anfibia senza cavalli, una lampada provvista di un composto chimico che chiamo' "luce perpetua " che funzionava piu' a lungo di qualunque altra , ecc...) .  C'e' da chiedersi come mai, dunque, ancora adesso  i napoletani quando sentono il suo nome si fanno il segno della croce quasi sentissero nominare il Diavolo.

In effetti il Principe sembra che avesse allestito nel suo palazzo un laboratorio in cui si dilettava di esperimenti che definire misteriosi e' di sicuro inadeguato e dal quale spesso si sentivano provenire rumori e odori strani, a volte addirittura lamenti. C'e' da dire che il Principe, la cui casata aveva avuto forti rapporti con i cavaliere Templari,  strinse legami con la Massoneria  di cui divenne Gran Maestro ( sembra del resto che tutta la Cappella sia un manifesto massonico), dedicandosi a pratiche alchemiche e a riti esoterici che esercito' con particolare approfondimento. Pare che usasse acquistare da alcuni  genitori dei giovanetti per avviarli al bel canto dopo averli fatti  castrare (le famose "femminelle"), e questo in ossequio al concetto rosacrociano del ritorno " all 'androgino primordiale". Pero' in quel periodo per la Santa Inquisizione il confine tra ricerca scientifica e stregoneria era assolutamente indefinito, e quando Carlo III, su indicazione di Papa Benedetto XIV, emise una ordinanza  anti-massonica, il Principe riusci' a non avere guai solo consegnando la lista dei fratelli massoni  e cavandosela  con una ramanzina, pur passando da traditore (nel 1751 si diede ai massoni la colpa della mancata liquefazione del sangue di San Gennaro). Per i lavori nella Cappella, per i quali giunse ad indebitarsi, si servi' di scultori eccezionali come Giuseppe Sanmartino, che realizzo'  la famosa statua "Il Cristo velato",  dove il marmo che rappresenta il Cristo si vede  al di al' di  un velo anch'esso di marmo  ma assolutamente trasparente. Ancora oggi nessuno ha mai saputo riprodurre questo effetto che resta quindi unico al mondo nella storia  della scultura e che  alcuni ascrivono ad un misterioso processo di "marmorizzazione " di un normale velo posto sopra la figura del Cristo. Nella Cappella possono essere visti anche due corpi, chiamati "macchine anatomiche", dovuti alla collaborazione col  medico anatomista Giuseppe Salerno, che consistono di due figure scarnificate ( scheletri di un uomo e una donna) che mostrano l'albero sanguigno in blu e in rosso, che il principe avrebbe ottenuto iniettando nei corpi ancora vivi dei due malcapitati, una soluzione che sfruttando l'effetto "pompa" del cuore avrebbe preso il posto del liquido sanguigno, per poi "metallizzarsi".   Ed occorre rammentare che le siringhe ipodermiche non erano state ancora inventate. Il Principe mori'nel 1771, probabilmente per avere inalato qualcosa di tossico prodotto durante i suoi esperimenti. Esiste una leggenda che vuole che il Principe avesse incaricato un suo servitore di tagliare a pezzi il suo corpo dopo la morte e di porlo in un baule con una soluzione che avrebbe dovuto ridargli la vita se aperto esattamente dopo un tempo prestabilito. Pero' i suoi parenti, curiosi, avrebbero aperto tale baule troppo presto causando il dissolvimento del corpo solo parzialmente ricomposto. La leggenda e' alimentata del fatto che  dietro la lapide nella Cappella la salma in realta' non c'e', e nessuno sa dove sia finita.

Persino il Conte di Cagliostro ha affermato di avere appreso le sue cognizioni alchemiche dai rosacrociani e da un Principe"molto amante della chimica".

Del resto, Benedetto Croce nel suo "Storie e leggende napoletane" dice testualmente, parlando del Principe di Sansevero,  "Ammazzo'  sette cardinali e con le loro ossa  costrui'  altrettante seggiole, mentre con la pelle, opportunamente conciata, ricopri' i sedili......".

 

LO "IUS PRIMAE NOCTIS"

Molti secoli fa tradizioni mesopotamiche  risalenti addirittura all'epoca del favoloso poema di Gilgamesh (circa 2000 a.C.),  o ancora dopo  Marco Polo nel suo "Il  Milione", raccontavano di quello che oggi viene chiamato "il diritto della prima notte", anche  se nel primo caso si tratterebbe di un diritto del "Signore " di possedere la sposa di un altro uomo, mentre nel secondo il viaggiatore veneziano racconta che nel Tibet la gente non gradiva sposare donne ancora vergini. In ogni caso molti sono convinti che si tratterebbe di una usanza medievale che assicurerebbe al potente di turno ( signore feudale) il privilegio di violare la sposa di un altro uomo, in ogni caso di rango inferiore (servo della gleba).

In francese e 'riportato come " le droit du Seigneur", ma in realta' faceva riferimento ad una ampia gamma di diritti che il Signore, appunto, poteva accampare nei confronti di chi, stando alle sue dipendenze, manifestava l'intenzione di sposarsi. Ma ci si riferiva, per lo piu',a tasse riconducibili alla caccia, all'agricoltura, e a servizi di vario tipo. In realta' la credenza del ius primae noctis, diffusasi durante il medioevo, e la sua effettiva applicazione , e' sempre stata una questione molto controversa. E' vero che il servo della gleba era legato al suo padrone,e di conseguenza alla  terra che coltivava, ed ogni aspetto della vita sociale, come anche il matrimonio, era soggetto ad un tributo per ottenerne il consenso, ed in questo contesto si e' pensato che la concessione della moglie potesse rientrare in tali tributi ma , a ben cercare, non esistono fonti storiche che avallino l'esistenza di tale diritto nell'eta' medievale. E non esistono disposizioni ne' da parte di autorita' ecclesiastiche (che difficilmente si sarebbero potute spiegare), ne' da parte di autorita'  laiche( re o imperatori).

La storia conosce perfettamente la legislazione dei regni romano -barbarici, longobardi e carolingi,  nonche' quella del Sacro Romano Impero e quella dei Comuni, ed in nessuna si fa parola  di qualcosa che, nemmeno lontanamente, somigli allo ius primae noctis . Come ha potuto, allora, prendere consistenza una tale invenzione? E il pericolo e' stato che nel tardo medioevo,  tale convinzione   potesse realmente essere messa  in pratica, anche se non se ne ha notizia. Esisteva ed e' documentato, questo si', il tributo che il servitore doveva, quale indennizzo al padrone, se in seguito al matrimonio si trasferiva in altro feudo. Pertanto si parlava di tributi esclusivamente di natura economica.

Una causa puo' ricondursi alle espressioni  "maritagium " o "foris maritagium ", scambiate come un diritto di rivalsa del feudatario sugli sposi, mentre si trattava di un indennizzo  che il padre della sposa versava  per ottenere una dote per la figlia (normalmente si trattava di terreni).

Un altro elemento che pote' portare ulteriore confusione fu la tassa che i coniugi dovevano pagare alla Chiesa per potere consumare il matrimonio la prima notte di nozze. Infatti in ossequio ad una benedizione speciale del sacerdote c'era l'usanza di astenersi in tale notte dai rapporti coniugali .

Alcuni, peraltro, ritengono che la credenza dello ius si rifaccia al XVI sec. quando un filosofo (certo Boece) riporto' un decreto attribuito al re scozzese Evenio III che permetteva al padrone di disporre della verginita' di tutte le ragazze del regno.  Peccato che re Evenio non sia mai esistito e che tutta la faccenda sia stata inventata di sana pianta.

C'e da dire che  diverse cittadine italiane fanno accenno, nelle loro tradizioni, allo ius, come ad esempio Fiuggi, S.Agata di Puglia ed altri. Addirittura la leggenda vuole che il primo nucleo abitativo di Montalto Ligure si sia formato in seguito ad un espediente che impedi' al Conte di Ventimiglia di esercitare il suo (presunto) diritto, consentendo ai due giovani sposi di potersi unire.

Non ci e' dato sapere se qualche signorotto abbia mai voluto approfittare di quella che altro non e' che una millantata diceria, ma in ogni caso non si puo' parlare  dello ius primae noctis come di un fenomeno generalizzato della giurisdizione medievale. Certo che vi e' completo disaccordo, tra gli storici, sull'effettivo significato simbolico collegato a questo presunto diritto, anche se ormai prevale largamente  la convinzione che  l' applicazione  di tale diritto sia  soltanto un mito moderno che nulla abbia a che fare con il medioevo.

Per completezza non si puo' comunque tralasciare il fatto che da sempre la verginita', in tutte le tradizioni, ha costituito un tabu' molto forte che soltanto un personaggio molto potente (un re o uno stregone) poteva rimuovere, in tal caso ricoprendo una funzione rituale di allontanamento del male e propiziatorio della fertilita'.

 

LA RELIGIONE CRISTIANA ED IL CIBO

Oggi abbiamo, nei confronti del cibo, un atteggiamento che definire aterosclerotico e' fin troppo generoso.

Nelle nostre televisioni si alternano a rimo vorticoso trasmissioni che ci insegnano a mangiare di tutto e di piu' ed il modo migliore per cucinarlo, seguite immediatamente da altre che con piglio scientifico ci dimostrano come qualunque alimento sia inquinato, poco controllato e causa di malattia.

Del resto fare presa con questi argomenti e' piuttosto facile, e l'audience cresce quando si parla di qualcosa con cui , volenti o nolenti, abbiamo a che fare ogni giorno, e piu' volte al giorno.
Spesso  assistiamo a dibattiti  che sostengono le ragioni di onnivori, vegetariani, vegani ecc.. i quali in sostanza si prefiggono lo scopo comune di raggiungere un perfetto equilibrio psico-fisico.

Ma in realta' il cibo ha sempre avuto, da che mondo e' mondo, un intimo rapporto con tutti i sistemi mitico-religiosi  .La funzione del consumo del cibo si e' sempre collegata al simbolismo sacrale del rito. Tipica e' la configurazione dell'offerta del cibo alla Divinita', chiamata sacrificio, e l'usanza diffusa del ringraziamento

all'inizio del pasto, che fornisce all'atto del cibarsi un importante collegamento divino. Nella Bibbia Abele e Caino sacrificano al Dio l'uno frutta , l'altro carne (e non a caso e' il secondo che uccide il primo). Le culture e le tradizioni , cosi' come le religioni, si differenziano , tra le altre cose, anche e soprattutto per le indicazioni di carattere alimentare, a cui viene data una importanza fondamentale, costituendo riferimento igienico e di tutela della propria identita' . Tanto per fare un esempio, nel Medioevo i cristiani, all'atto del bere, sorseggiavano cinque volte perche' erano cinque le piaghe di Gesu', e dividevano ogni boccone in quattro parti che indicavano la Trinita' e Maria, madre di Gesu'.In tutte le religioni il cibo non è solo un elemento naturale e materiale ma è considerato un dono di Dio o degli Dei, e l’atto di alimentarsi diventa, per questo motivo, un atto sacro, anche di ringraziamento all’Entità superiore che l’ha donato.  Come atto sacro l’assunzione di cibo deve anche rispondere all’esigenza spirituale di moderazione e virtù propria di ciascuna religione.

Fondamentale e' nel cristianesimo l'idea di "rispetto della vita, di tutte le vite, di qualunque tipo esse siano" in ossequio al concetto di Universalita' , concetto peraltro, come vedremo, spesso travisato. E' essenziale fare riferimento a due cose essenzialmente, e cioe' alla tradizione e alla manipolazione dei Vangeli. Per quanto riguarda la prima, basta ricordare cio' che dichiaro' Benedetto XVI nel 2007, parlando al Laterano, riferendosi all' Ultima Cena. Infatti il Santo Padre ricordo' che Gesu' era un Esseno, e che tale comunita'  praticava una dieta strettamente vegetariana, tanto che il giorno prima della Pasqua, notoriamente dedicato al sacrificio degli agnelli, Gesu' la celebro' "senza agnelli", come la comunita' di Qumran era solita fare. Del resto nella Genesi e' detto testualmente che Dio disse "Io vi do ogni erba e ogni albero che produce frutto:saranno il vostro cibo. E a tutti gli esseri che hanno alito di vita do in cibo ogni erba verde". Ed infatti numerose sono le testimonianze che sostengono che i cristiani si astenessero dal cibarsi di animali uccisi (fra cui quelle di Eusebio di Cesarea, Tertulliano, Porfirio di Tiro e molti altri). Le cose cambiarono con la comparsa dell'imperatore Costantino, il quale impose a tutti i sudditi, cristiani compresi , l'obbligo di consumare la carne, e addirittura si arrivo' all'estremo di punire con la morte chi si rifiutava di farlo, facendogli bere del piombo fuso. Chi sostiene che occorra essere vegetariano fa notare che nemmeno nel Paradiso terrestre ci si cibava di animali (ne' si beveva vino), al contrario altri fanno notare che il mangiare vegetariano non ha valenza dottrinale, essendo importante solo l'atteggiamento della penitenza e del digiuno in quanto tali. In ogni caso fu prima col sinodo di Ancyra (314) e poi col concilio di Nicea (325), che si stabili' che chi rifiutava di cibarsi di carne di animali uccisi si dovesse allontanare dall'ordine clericale. (Naturalmente si disse che cio' era dovuto alla necessita' di favorire l'accesso al cristianesimo di coloro che erano ancora pagani). Adirittura durante il sinodo di Braga (567) fu deciso di gettare anatema su chi si fosse astenuto dal consumare carne. E ancora successivamente, nel concilio di Aquisgrana (816) si disse testualmente: "i membri del clero che aborriscono le carni, e perfino gli ortaggi che si cuociono con esse, devono essere allontanati dall'ordina religioso". I Catari, movimento agnostico che si sviluppo' nel sud della Francia, viveva in purezza e castita', non mangiando carne  (mangiavano pesce in quanto non sapevano come si riproducesse) e anche per questo suscito' il sospetto di Innocenzo III che contro di loro organizzo' una crociata che causo' la morte di circa 80.000 uomini, tra catari e non. Da ricordare che papa Damaso, al tempo di Costantino,fece adattare i Vangeli in modo da rispettare la volonta' dell'imperatore (quello di rimaneggiare i Vangeli non era una pratica rara, basti ricordare come si arrivo' addirittura  a modificare i Dieci Comandamenti per rendere lecito il culto delle immagini (Nicea II-787). Naturalmente non mancarono personaggi religiosi importanti che preferirono comunque uniformarsi al messaggio di Cristo, e tanto per citarne alcuni, Bernardo di Chiaravalle,Filippo Neri, Francesco di Paola, Guglielmo Savonarola,Giordano Bruno,ecc..., per non tacere di numerosi grandi filosofi  e artisti come Platone, Socrate, Pitagora, Leonardo da Vinci, Einstein . Pero' , ancora nel XIII sec. , personaggi come Tommaso d'Aquino ( il famoso dott. Angelicus), in linea con il pensiero Aristotelico, affermava che animali e donne  non possedessero anima e quindi non si commetteva peccato nell'infliggere ad essi sofferenza o morte. Poco ci manco' insomma, a dichiarare commestibile anche il corpo femminile! Ma ancora dopo, nel XVII sec. un filosofo importante come Rene' Descartes (Cartesio) sostenne che gli animali non potevano provare dolore o sentimenti, essendo del tutto privi di ragione e coscienza (meccanicismo). Le cose cominciarono a cambiare, per quanto riguarda la religione cristiana, col Concilio Vaticano II (quindi molto recentemente) , quando si affermo' che lo stesso soffio vitale che anima gli uomini anima anche gli animali .Molte sono le religioni al mondo che consigliano un comportamento ispirato alla purezza che comporta determinate regole alimentari. I musulmani considerano impuro il sangue che deve essere eliminato completamente dall'animale prima di potersene cibare. In ogni caso numerose sono le religioni o, se vogliamo, le filosofie che indirizzano verso canoni di assoluta purezza considerando tassativa l'astensione da carni provenienti dall'uccisione di esseri viventi. Fra queste sicuramente l'induismo (come dimenticare la sacralita' delle mucche),il Buddismo, lo Zoroastrismo, il Confucianesimo, il Manicheismo, anche se non e' da sottacere il fatto che ognuna di esse, come del resto anche  il Cristianesimo, si scompone in diversi rivoli caratterizzati da piu' o meno rigore o permissivismo.

 

IL "MALLEUS MALEFICARUM".

L'uomo ha da sempre considerato come minaccia tutto quello che non conosce e nel tempo ha attribuito poteri soprannaturali a creature capaci di condizionarne la vita e il futuro. Questo vale per le stesse cognizioni di bene e male. Cosi' le paure si configurano come cedimenti al maligno, mentre le speranze vengono rivolte a chi persegue il bene. E' in questa alquanto ingarbugliata messe di credenze e superstizioni che si inquadra perfettamente la figura della strega, della maga , di colei che pratica il maleficio. L'immaginario collettivo e' stato per secoli e secoli plasmato dalla politica della Chiesa, individuata, a torto o a ragione come depositaria del bene, ed e' per questo che la sorte delle donne e'stata posta, in un periodo di oscurita'e ignoranza, nelle mani di chi intendeva perseguitare "l'altro".I libri, quasi tutti, danno vita propria ai concetti e alle opinioni. Insomma, sono una delle nostre risorse più grandi, ma purtroppo esistono testi risultati, poi, ingannevoli o totalmente falsi. E in tal caso possono portare con se conseguenze di morte e dolore.

Uno dei piu' drammatici esempi di quanto sopra e' senz'altro il "MALLEUS MALEFICARUM" (il martello delle streghe), scritto in latino nel 1487 ,particolarissimo manuale di comportamento il cui scopo doveva essere quello di combattere l'eresia, la stregoneria e il paganesimo. L'incarico era stato dato tre anni prima da Innocenzo VIII con la bolla "Summis desiderantes affectibus" a due monaci domenicani, Sprenger e Kramer , ma i due scrittori (monaci inquisitori) andarono ampiamente oltre l'incarico ricevuto ed anche oltre l'Approbatio (approvazione) di una commissione di teologi della Universita' di Colonia (rivelatasi successivamente un falso). L'intento era quello di aiutare gli inquisitori nei loro processi, ed il libro ebbe da subito un enorme successo . Si calcola che in tre secoli venne stampato in circa 35.000 copie (un numero enorme per il periodo) per 21 edizioni (insomma il libro piu' letto in assoluto secondo solo alla Bibbia). L'idea non era del tutto nuova, esistendo gia' gli scritti di altri monaci grandi inquisitori come Nider (il Fornicarium) , Nicolas Eymerich (il Directorium Inquisitorum) e il francese Bernardo Gui (importante personaggio che compare anche nel "Il nome della Rosa"). Ricordiamo che questo e' il periodo in cui si comincia a dare alla stregoneria un significato satanico. In quegli anni erano molti a dubitare dell'esistenza delle streghe . In pratica questo libro sanci' l'equazione che fosse "cattolico" credere alle streghe e che chi non ci credeva era di conseguenza eretico e quindi perseguibile . Il Malleus si distingue per la sua particolare crudelta', descrivendo nei dettagli come estorcere una confessione e con quali torture , nonche' per il suo taglio assolutamente misogino (lo stesso titolo infatti si riferisce alle "Maleficarum" (al femminile), mentre alcuni arrivavano a credere che la parola femina (donna) derivasse, erroneamente , da fe-minus (fede minore) .Per quanto riguarda la superstizione ( "superstitio" ) , veniva considerata come una devianza dalla "religio", perche' contraddiceva indicazioni religiose, e Sant'Agostino la identificava con il paganesimo, creando uno stretto legame tra demonologia e superstizione. Il Medioevo fu sempre considerato "superstizioso", questo perché l' istituzione ecclesiastica per eccellenza, la Chiesa, sanciva in maniera netta i limiti del proprio universo, Chiunque vivesse al di fuori di tali "confini" era considerato un peccatore e fra questi molti erano i superstiziosi.

I due autori sono convinti che le donne siano piu' facilmente preda del demonio in quanto "mas occasionatus" (aventi piu' occasioni) , rifacendosi ad un pensiero Aristotelico. Grande parte del libro è dedicato alla descrizione di tecniche di estorsione delle confessioni e alla pratica della tortura durante gli interrogatori. In particolare è raccomandato l'uso del ferro infuocato per la rasatura dell'intero corpo delle accusate, al fine di trovare il famoso stigma diaboli, che ne proverebbe la colpevolezza. Per tre secoli questo libro apparve alla sinistra di tutti i giudici e magistrati e fu senz'altro il responsabile della tortura e della morte di centinaia di migliaia di vittime, con la tacita approvazione di circa 70 Papi. . Alle vittime venivano stritolati in una morsa i pollici, le dita dei piedi e le gambe; poi venivano frustate fino a sanguinare. Curiosamente le frustate, lo schiacciamento dei pollici e perfino la ruota erano considerati soltanto parte dei preliminari, e non erano classificati come "vere torture". L'Arcivescovo di Colonia redasse un Tariffario delle Torture elencando quarantanove voci e i prezzi relativi che dovevano essere pagati al torturatore dalla famiglia della vittima.

Le cosiddette streghe non avevano alcun diritto, essendo colpevoli "a prescindere" (era sufficiente che due testimoni giurassero contro una persona perche' l'accusa fosse comunque ritenuta valida). Una delle prove piu' tristemente famose consisteva nella "pietra al collo". Praticamente il reo veniva buttato in acqua da un ponte , legato ad una pietra. Se annegava era innocente, se invece restava a galla (cosa piuttosto difficile) era eretico e quindi doveva essere arso vivo. In ogni caso moriva. I beni dei condannati venivano sequestrati e divisi tra l'autorita' secolare e quella sacerdotale, ben prima che fosse celebrato il processo, perche' tanto, la conclusione non poteva che essere una. Il Malleus trae le sue origini dal fatto che fra il 1227 e il 1235, con una serie di decreti papali venne instaurata l'Inquisizione contro le "streghe" e contro gli "eretici": la bolla Ad extirpanda del 1252, di Papa Innocenzo IV aveva autorizzato l'uso della tortura per estorcere confessioni di stregoneria da parte di donne sospettate. Occorre tuttavia precisare che, storicamente, l'istituto dell'Inquisizione vide la luce già nel Concilio presieduto a Verona nel 1184 da papa Lucio III e dall'imperatore Federico Barbarossa, con la costituzione Ad abolendam diversarum haeresum pravitatem. Fu introdotta con lo scopo, da una parte, di reprimere il neonato movimento cataro, un movimento religioso diffusosi nella Francia meridionale e nell'Italia settentrionale, dall'altra per controllare diversi movimenti spirituali allora attivi.

Dal 1257 al 1816 l'Inquisizione torturò e bruciò sul rogo una quantita' stupefacente di persone innocenti (le stime vanno da qualche centinaio di migliaia per finire a chi sostiene che superassero il milione) accusate di stregoneria e di eresia contro i dogmi religiosi e giudicate, spesso senza processo e in segreto, col terrore della tortura. Se confessavano erano dichiarate colpevoli, se invece non lo facevano erano considerate eretiche, e poi arse sul rogo. Impossibile sfuggire. Dal libro trasuda una profonda avversione verso il mondo femminile che assumeva livelli cosi' alti da divenire ossessione delirante, tale da far dimenticare ,addirittura, il problema fondamentale che era quello di Dio e del Diavolo. Lo stesso Sabba ( rito orgiastico che si supponeva fosse celebrato la notte del sabato in onore di Satana) non venne piu' considerato come un "sogno" ispirato dal Diavolo, ma una realta' effettiva in cui le streghe si muovevano volando nell'aere.

A ben vedere il problema delle streghe non riguarda, come molti forse credono ,il Medio Evo, bensi' l'era Moderna. Nell'alto medioevo, infatti, non si parlava di Diavolo, perche' il maleficio, tutt'al piu' si riduceva alla credenza dell'imposizione del malocchio sul vicino o sul suo raccolto,mentre fu dal XIII secolo che streghe e stregoni strinsero il patto col diavolo, divenendone complici. Il fenomeno, del resto, duro' sino alla meta' del 700, quando comincio' il percorso verso l'illuminismo e la rinascita della ragione. La lettura del Malleus e' possibile solo a persone dotate di forte "stomaco", in quanto sono assolutamente impressionanti le descrizioni di torture tipo "l'Annodamento" , "La sedia delle streghe", "Il triangolo " e via dicendo che dimostrano solo quanto possa essere profondo il baratro della perversione umana.

Si dice che e' osservando il passato si possa meglio comprendere il presente. Il nostro e' un passato macchiato di sangue, che ha relegato la donna ad essere inferiore. E' appunto nel continente Europeo che la crudelta' verso la donna ha raggiunto i suoi piu' alti vertici, e dobbiamo tenerlo presente qualora pensassimo che le radici culturali e religiose dell'Europa Cristiana siano moralmente superiori a quelle di altre religioni al mondo. Talmente assorta ad ardere donne e bambini, la Chiesa in realta' fu poi presa alla sprovvista dalla minaccia ben piu' perniciosa rappresentata da un monaco di nome Martin Lutero, anche se, bisogna dirlo, anche la Chiesa protestante pratico' la caccia alle streghe. Durante la Guerra dei Trent'anni l'arcivescovo di Treviri , quello di Ginevra,e quello di Bamberga, insieme totalizzarono oltre duemila roghi, mentre in due villaggi tedeschi, nel1585, scamparono alla morte solo due donne.

La frenesia isterica si propago' anche al di la' dell'Oceano , dove sono ancora tristemente famosi i processi di Salem, che ispirarono l'omonimo romanzo di Arthur Miller.

Il Malleus Maleficarum non fu mai inserito nella lista dei libri proibiti.

Non credo sia sbagliato terminare queste brevi riflessioni ricordando una celebre frase di Ezra Pound:

"Una religione confessa la sue estrema impotenza il giorno in cui brucia il primo eretico".

 

LA STORIA A TAVOLA

La storia puo' essere raccontata in svariate forme, pur senza trascurare fedelta'  e accuratezza.   E cosi' qualunque aspetto o tema , in definitiva, puo' essere preso a pretesto per trovare i giusti riferimenti storici. E anche la tavola e il cibo, ( anch'essi protagonisti di una loro storia  oggi ampiamente  rivalutata) possono trovare appigli con momenti importanti del nostro passato.

·         Sicuramente sono in molti a sapere, ad esempio, che la PIZZA MARGHERITA  fu chiamata cosi perche' un pizzaiolo napoletano (che non poteva non chiamarsi che Raffaele Esposito), condendola con i colori della bandiera italiana ( pomodoro mozzarella e basilico) la dedico' a Margherita di Savoia in visita alla citta' di Napoli. Ma quanti sanno che il " POLLO ALLA MARENGO" deve il suo nome al fatto che dopo l'omonima battaglia  nientemeno che Napoleone Bonaparte, dopo avere sconfitto gli austriaci nel 1800, chiese al suo chef personale -certo Dunand- di preparargli la cena, che fu in un certo modo condizionata dal fatto che gli unici ingredienti reperibili furono essenzialmente  dei gamberetti ed una gallina, a parte degli aromi. Il risultato fu talmente buono che Napoleone ordino' che dopo ogni battaglia fosse quello il piatto da cucinare e da portargli in tavola. E che dire della bistecca alla BIsmarck , che prende il nome dal cancelliere protagonista della politica europea sino al 1890, passato alla storia (gastronomica)  per il suo amore per le uova  (era capace di  divorarne   fino a dodici al giorno, in un'epoca in cui non ci si preoccupava molto del colesterolo). Era un formidabile mangiatore e buongustaio, e alla sua tavola non mancavano mai ostriche , caviale e champagne, ma nutriva una speciale predilezione per ogni tipo di carne che, immancabilmente, faceva coprire con  un uovo fritto , come la famosa bistecca che da lui prese il nome.  IL piatto piu' noto della cucina russa  (secondo solo, forse, alla celebre insalata) e' poi il " FILETTO ALLA  STROGONOFF" che fa riferimento ad un medico che aveva la singolare abitudine di curare i suoi malati con carne di manzo, cipolla e panna acida.  Curiosa e' poi la nascita delle   "TAGLIATELLE" , che sembra derivino dalle trecce bionde di Lucrezia Borgia, figlia di Papa Alessandro VI e sorella di Cesare, figura molto discussa  del rinascimento. Ebbe nove figli (tra legittimi e non), numerosi mariti ed amanti e si dice che nel suo anello recasse con se'  della polvere di arsenico pronta ad essere  usata in bevande e cibo a danno del malcapitato di turno che pagava con la morte una sua carezza.  Nonostante  cio' i suoi capelli ispirarono un cuoco bolognese che invento' un tipo di pasta ,le  tagliatelle appunto, in occasione del  matrimonio della bella Lucrezia col duca Alfonso D'Este nel 1502.

Bisogna risalire alla prima meta' dell'ottocento per dare nome agli "GNOCCHI DI ZUCCA " e alla " COTOLETTA ALLA MILANESE" , entrambi attribuiti per lunga pezza al feldmaresciallo Radetzky (che ne era molto ghiotto) .Osannato in Austria e spesso denigrato in Italia,  oggi  forse e' piu' noto per la celebre "marcia" che ogni Capodanno viene eseguita durante il  concerto di Vienna.  La paternita' della Cotoletta (o costoletta) alla Milanese diede origine ad una feroce disputa con i lombardi che non vedevano di buon occhio una intrusione austriaca nella loro cucina( ma del resto in quel periodo l'Austria era solita impadronirsi della paternita' gastronomica di molte ricette di varie parti del regno , come il goulash ungherese o le palacinke balcaniche), tale che lo stesso Radeztky  ebbe a scriverne  al Conte Attems (aiutante di campo di Francesco Giuseppe) che   esclamo'  la celebre frase  " Una cotoletta puo' far piu' male al regno che  le "Mie Prigioni" di Silvio Pellico".

Perfino il comune "BIANCOMANGIARE" gode di un riferimento storico. Apprezzato , soprattutto dai ceti sociali  piu' alti, col suo colore  faceva riferimento a canoni di candore e purezza,   ed esisteva in piu' varianti dolci e salate. Si ritiene sia nato in Francia, ma la sua notorieta' risale al fatto che Matilde di Canossa lo mise nel menu' offerto al Papa e all'imperatore in occasione del famoso pranzo che doveva celebrare la loro riappacificazione. Oggi e' tipico piatto di poche regioni, tra cui la Sicilia.

Varie sono  le chiavi di lettura per un famoso drink chiamato BLOODY MARY. Forse e' nato per merito di un barista di quello che si chiamava a Parigi  "New York bar"  e che doveva in seguito divenire l'Harry's bar" nei primi del '900.. Altri sostengono faccia riferimento ad un bar americano che si chiamava Bloody Bucket in cui lavorava una affascinante cameriera di nome Mary, altri ancora narrano del fantasma di una bimba di nome Mary che venne seppellita ancora viva  e che comparirebbe  ogni tanto quando evocata di fronte ad uno specchio, ma la storia piu' interessante e' quella che giustifica questa denominazione col riferimento a Maria Tudor, cattolica, che per avere messo a morte i suoi oppositori protestanti viene tutt'ora ricordata come Maria la  Sanguinaria (da cui il colore rosso del cocktail  che fa uso di abbondante   succo di pomodoro). Certo fu famoso in America, noto anche con la sua versione con gin  (in quanto la vodka non era sempre disponibile) ,e per essere il preferito di molti presidenti statunitensi, nonche' di alcuni celebri gangsters, come Frank Costello.

Molte pietanze sono legate a celebri personaggi del mondo della lirica. I "TOURNEDOS" alla Rossini fu un piatto dedicato al compositore  , notoriamente   gran mangiatore , da uno chef francese e la ricetta appari' nel famoso film "La vie en rose". Al contrario il tenore Caruso si fece da solo i "Bucatini alla Caruso" anche se, in polemica con Napoli che non lo aveva accolto bene, giuro' di tornarvi solo per mangiarvi i gustosi piatti di pasta di cui era ghiotto.

Anche a Giuseppe Verdi fu dedicato un piatto, esattamente un "risotto alla Verdi", da uno chef della piu' importante scuola di cucina francese  (Cordon bleu), fatto con ingredienti rigorosamente della terra dell'augusto compositore (e quindi formaggio reggiano, prosciutto di Parma, asparagi, ecc...) . Anche Maria Callas pare amasse cucinare una splendida Torta Paradiso

Non poteva mancare Giuseppe Mazzini.  IL padre della Patria ebbe la sorte di essere amato da tante donne per cui soleva cucinare soprattutto dolci. Il grande amore della sua vita fu, pero' ,Giuditta Belleri Sidoli, conosciuta a Marsiglia e frequentata durante il suo esilio in Svizzera, con la quale fondo' il giornale "Giovane Italia". Per lei amava cucinare i suoi manicaretti tra cui non mancava mai  la sua famosa torta alla mandorle.  

In qualunque ricettario contemporaneo c'e' un ingrediente che la fa da padrone, ed e' il pomodoro, (chiamato  dai francesi "pomme d'amour" e dagli inglesi  "apple of love".) In realta' il pomodoro venne usato a lungo come pianta ornamentale, dopo essere arrivato in Europa a meta' del XVI sec. portato da  Ferdinando Cortes, gli Atzechi ne erano infatti forti consumatori , ed il primo  elenco di ricette contenenti  pomodoro e' relativamente recente, risalendo ai primi dell'ottocento . Del resto anche la patata  fu importata dal Nuovo Mondo intorno al 1520 da Francisco Pizzarro.

L'elenco di piatti famosi e' lungo e, perche' no, anche curioso e divertente, e  quello appena presentato non e' certo esaustivo, ma si ricorda che cercando bene, per chi ne avesse voglia, e' anche possibile risalire ai particolari delle ricette indicate, qualora si volesse ricreare nella propria cucina qualcuno di quei sapori divenuti celebri ed entrati a pieno titolo nella storia.

IL PLAUSO.

di Maurizio Pagliaro

Egregio direttore, approfitto del suo giornale, per ringraziare il dott. Lelio Finocchiaro per la sua rubrica storica. Da ristoratore, quale sono, un plauso particolare per " la storia a tavola" che ci insegna e ci sprona a guardare nel classico e nella tradizione. Lasciamo, e lo dico ai colleghi ristoratori, fast food mac donald e similari, abbiamo di ( molto ) meglio nel nostro passato.

 

DA GALENO A VESALIO

Galeno, medico e filosofo nato a Priamo nel 129 d.c. ma vissuto a Roma per gran parte della sua vita, e' stato senza alcun dubbio il ricercatore scientifico-sanitario piu' importante che la scienza medica ebbe per diversi secoli, sino al Rinascimento. Fu lui a dare voce a quella che ancora oggi va sotto il nome di "galenica", e cioe' dell'arte di preparare i farmaci da parte del farmacista all'interno della propria bottega.

Galeno fu medico personale prima di Marco Aurelio e poi di Commodo e di Settimio Severo ed ha tramandato una impressionante messe di scritti , osservazioni e deduzioni, che hanno condizionato la scienza medica per molto tempo dopo di lui. Figurarsi che al tempo in cui ogni sapiente nascondeva con cura le proprie scoperte e intuizioni egli, credendo fortemente in quella che oggi chiameremmo "divulgazione", per tramandare quella sterminata raccolta di testi che e' nota col nome di "Corpus Galenicus" si faceva sempre accompagnare da oltre una ventina di scrivani il cui unico compito era quello di annotare con cura qualunque cosa dicesse. E questo lo porto' a suscitare la profonda invidia di molti dei suoi "colleghi", al punto che fu costretto per un certo periodo a lasciare Roma per luoghi piu' sicuri. Sosteneva, anche se oggi puo' sembrare banale, che lo scopo dell'arte medica e' la salute, mentre il fine e' ottenerla. A 14 anni si instrado ' nello studio della filosofia e fu attratto dalla precisione della geometria euclidea l'unica , a suo dire , che gli forniva sicuri e affidabili riferimenti. A sedici anni inizio' lo studio della medicina e fu anche medico dei gladiatori , le cui ferite defini' come le "finestre nel corpo". In realta' non abbandono' mai completamente lo studio filosofico. Esegui' vivisezione e studi su animali, comparandoli con il corpo umano Ma la sua fondamentale importanza va ben oltre l'avere indicato le basi della anatomia, della diagnostica, della terapeutica e della farmacologia. A lui si devono le linee guida a cui omologare i comportamenti e l'ethos (etica ) del bravo medico, che non deve mai smettere di studiare e migliorarsi, rifuggendo comunque dalle vanita'. Spesso suoi riferimenti seguono Platone ( come lui credeva nelle tre anime -De Repubblica) e in definitiva era un dogmatico( pur rifiutando il dogmatismo delle sette flosofiche), che dava pero' maggiore importanza alla unita' dei riferimenti matematici piuttosto che alla frammentarizzazione dei concetti filosofici. Credette fermamente alla teoria degli elementi (aria, acqua, terra fuoco) che comunque faceva risalire ad Ippocrate e, come Aristotele, si affidava alla logica ed al sillogismo. Al contrario della scuola empiristica che si basava sulla esperienza pratica del medico (peira) e sull'osservazione delle diverse terapie adottate, la medicina proposta da Galeno e' piu' razionale basandosi sulla ricerca delle cause evidenti come delle origini sconosciute della malattia e si contava, come metodo conoscitivo, sulla dissezione di uomini e animali morti e vivi (dogmatismo secondo Erofilo ed Erasistrato) . Nella scienza , pero' ,non si puo' mai pensare di adagiarsi su convinzioni immutabili, anche se in uso da lungo tempo. Il progresso e' inevitabile e prima o poi ulteriori passi cambiano o mettono in discussione quanto potrebbe ormai essere dato per assodato. Occorse attendere il 1543 (in pieno "secolo d'oro"), perche' con il risveglio della mente le cose venissero viste con approccio differente. Il primo e forse più importante frutto della collaborazione tra artisti e scienziati è l'opera " De humani corporis fabrica" del medico fiammingo Andrea Vesalio. Si tratta di un'opera di straordinaria importanza, tanto che è stata più volte sottolineata la coincidenza dell'anno di pubblicazione di tale opera con quella del " De revolutionibus orbium coelestium" di Nicolo' Copernico, nella quale il sole, e non più la terra, è posto al centro dell'universo. Entrambe le opere segnerebbero una "rivoluzione", l'una nell'anatomia, l'altra nell'astronomia, offrendo all'uomo nuove immagini del suo stesso corpo e dell'universo. Vesalio, chirurgo presso l'universita' di Padova, con la sua opera confuta in circa duecento punti l'opera di Galeno, facendo uso delle magnifiche tavole anatomiche (circa 300) disegnate per lui da Stephan van Calcar (allievo di Tiziano) con cui viene sviluppata la dissezione di un corpo umano, fornendone la definitiva immagine ossea e venosa. La rivoluzione operata dal Vesalio fu meno traumatica di quella Copernicana e si affermo' quasi naturalmente, a parte qualche prevedibile resistenza, nella pratica e nella teoria medica. Venne quindi abbandonata l'idea che il medico aveva del corpo umano, basata solo sulla descrizione riportata nei testi "autorevoli" degli antichi medici, Ippocrate e Galeno . L'anatomia raccontata con parole, fino ad allora redatta essenzialmente a partire dalle indagini effettuate sugli animali e poi traslate, per analogia, all'uomo, nel Rinascimento,complice il rinnovamento culturale dell'arte e della scienza, , forni' una nuova visione del corpo dell'uomo. Le rappresentazioni grafiche poi, ebbero grande diffusione giovandosi anche dell'uso della neonata stampa, con cui , a tutti gli effetti, prende inizio la moderna era dell'illustrazione medica.

 

SUL  CONCETTO  DI  STORIA

Per noi comuni mortali la Storia e' senz'altro quella che abbiamo letto sui libri di scuola e alla quale ci siamo totalmente  (e forse anche un po' ingenuamente ) appoggiati per formare quelle conoscenze e quelle convinzioni che costituiscono, oggi, le nostre certezze e i nostri riferimenti.                                                              Abbiamo fatto bene? E' proprio quella la storia vera? E' proprio quello il reale svolgimento di accadimenti , di fatti  e di interpretazioni che si sono succeduti negli anni?                                                                                         Per cercare di dare una risposta occorre anzitutto fare una distinzione. Gli storiografi possono essere divisi in due grandi categorie : quelli del presente e quelli del passato. Per secoli, fin dall'antichita', storici  famosi come il greco Tucidide e molti dopo di lui, hanno sostenuto che per descrivere un evento storico  bisognasse  viverlo, sentirne direttamente il profumo e provarne, anche su  se stessi, le reali sensazioni.  Infatti, superato quel momento, gli eventi non potevano che essere guardati attraverso  una lente che ne distorceva inevitabilmente la visione a discapito della realta'. Insomma ,il massimo riconoscimento andrebbe allo storico che poteva vantarsi dicendo "io c'ero". I sostenitori di questa teoria sono dunque gli storici del presente, che pero' hanno il torto, per lo piu' , di rappresentare la storia di alcuni gruppi dirigenti del periodo descritto , e della loro  politica, gruppi che lo storico sosteneva o avversava, e di cui spesso faceva egli stesso parte , e di conseguenza la consideravano come l'unica degna di essere tramandata.   Questo il motivo per cui molti, gli storiografi del passato, appunto, hanno ritenuto necessario  che dovesse passare  del tempo, prima di essere in grado di descrivere un avvenimento storico in modo asettico e obbiettivo, senza subire l'influenza delle emozioni del momento. Ed e' per rispettare questo principio che anche i libri di storia si fermano sino ad una certa data e non arrivano mai alla "storia attuale".                   Questo potrebbe sembrare, in un primo momento, un approccio vantaggioso, ma anche qui, per lo storico che volesse descrivere seriamente  eventi  "a distanza",  nascono grossi  problemi. Infatti in questo caso non possono  fare a meno di dipendere da quelli che potremmo chiamare genericamente "gli archivi". In effetti, qualunque sia la ricerca che dovessimo intraprendere, le nostre conoscenze dipenderebbero in toto dalla quantita' e dalla qualita' dei documenti che il governo del momento che gestisce quella parte di se stesso che  chiama " archivi" decide di mettere a nostra disposizione. Le limitazioni imposte sulla libera consultazione degli archivi sono invero molteplici e a volte incomprensibilmente complicate. Anzitutto i documenti non sono disponibili se non e' intercorso un congruo lasso di tempo ( in Inghilterra gli archivi tengono solo per se'  i documenti per almeno quarant'anni, il Vaticano ha liberalizzato gli accessi-e non per tutti- al 1939 e non oltre, in Italia il "Tribunale speciale per la difesa dello Stato" ha segretato i propri documenti per 70 anni, quasi fosse un processo penale e cosi' via). In secondo luogo e' incontrovertibile che ogni stato ha la possibilita' di conservare tutta la documentazione disponibile mentre ha la possibilita' ( non e' detto che lo faccia, ma sicuramente che "puo' farlo") di scegliere quali documenti, dopo un certo tempo, possono essere resi accessibili e a chi.                                                       In pratica si renderebbe vero l'assioma che sarebbe " il vincitore " a  scrivere  la Storia. Questo darebbe spiegazione del perche'  storie del passato   a partire dall'antica Atene   passando dalla Rivoluzione d'ottobre e dalle lotte arabo-palestinesi, hanno potuto godere di descrizioni e "interpretazioni" anche sensibilmente  differenti tra loro.

Descrizioni e interpretazioni, si badi bene, assolutamente vere , destinate a essere smentite solo nel caso sostenessero di essere le "uniche " vere. In definitiva il ragionamento appena fatto porta alla conclusione che lo storiografo, sia esso del presente come del passato, in  realta' difficilmente puo' sostenere di essere esaustivo, mentre ne fa risaltare la propria  relativita'.  Dal che ne deriva che ogni evento storico, dal piu' antico e misterioso al piu' recentemente analizzato e descritto, in realta' non e' mai realmente esaurito , restando in attesa di una possibile e prevedibile nuova trattazione  capace di fornire nuova luce ad avvenimenti superficialmente e frettolosamente classificati come acquisiti.

 

IPAZIA

Nella storia la donna e' sempre stata vittima di usanze e di credi religiosi che la hanno relegata al ruolo di comprimaria se non, addirittura, a quello di essere inferiore. Oggi, nel mondo occidentale, le donne stanno faticosamente conquistandosi un posto rilevante nella politica nell'arte nella moda e in tanti altri aspetti della vita contemporanea, ma ricordiamoci che il diritto al voto per le donne e' cosa recentissima. La prima nazione al mondo che riconobbe questo diritto è stata la Nuova Zelanda nel 1893, mentre in Italia si e' dovuto attendere il 1946. Oggi e' ufficialmente sancito da quando le Nazioni Unite adottarono la "DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO " nel 1948. Questo per quanto riguarda, ovviamente ,il mondo occidentale. Diverso e' il discorso per quanto concerne i comportamenti delle religioni, notoriamente lente ad accettare quei cambiamenti della societa' che potrebbero influire su tradizioni codificate da tempo immemore (ci vollero 360 anni perche' la Chiesa ammettesse il suo enorme errore nei confronti di Galileo, certificando una verita' che da secoli ormai era palese a tutti) Sicuramente , a dispetto di tanti discorsi basati sulla bonta' ,sulla uguaglianza e sulla misericordia, la donna e il suo concetto hanno fatto pochi passi nell'idea religiosa. E' sufficiente risalire a S.Paolo e S.Agostino per verificare come la donna sia stata ideologicamente condannata a mansioni puramente domestiche, senza speranza alcuna di potere influire sulla vita quotidiana e in totale sottomissione all'uomo. Anche nella gerarchia ecclesiastica , alla donna sono solo riservati ruoli di basso livello, ancorche' importanti , potendo essere presenti solo in scuole, ospedali e conventi ma in nessuna investitura apicale. Anticamente non era cosi'. Fu per mera sfortuna che una donna di enorme sapere e di non comune intelligenza si trovasse a vivere proprio nel periodo di transizione tra il paganesimo e l'avvento del Cristianesimo. Si chiamava Ipazia, e visse ad Alessandria d'Egitto tra il 360 (data incerta) e il 415 d.c. Ipazia, figlia del matematico Teone, ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza e nella astronomia da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone e di Plotino, lei spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni. Purtroppo per lei, a quel tempo si stava attraversando un periodo di transizione, e la religione cristiana si stava affermando come religione imperiale. Non che non ci fossero cristiani colti che sapessero apprezzare le qualita' di Ipazia, ma anche qui come sempre il fondamentalismo religioso, e la forte invidia e gelosia umana, non poteva ammettere che una donna , in qualsivoglia materia, osasse affermare una sua pur evidente superiorita' . La sua profonda conoscenza ed il suo modo di porgere le cose ad un tempo comprensibile a tutti e soprattutto razionale e competente , faceva si che potesse prendere la parola in riunioni maschili e nei tribunali (Agora'), e anche i capi cittadini, prima di prendere decisioni importanti, avevano preso l'abitudine di consultarla. Lo stesso padre Teone insigne matematico, ammise che le sue opere venivano visionate e corrette dalla figlia. Tutto questo non poteva lasciare indifferenti quei radicali insofferenti alla vista di quella che consideravano non una scienziata di chiaro valore, ma solo una donna che si permetteva di raggiungere posizioni che secondo loro, non le spettavano e che potevano costituire un precedente inammissibile. A questa profonda gelosia non sfuggi' nemmeno Cirillo, vescovo della citta' , geloso per la folla che ogni giorno si ammassava alla porta della casa di Ipazia per poterle parlare. Col clima che si viveva in quei giorni, fu quasi inevitabile che le cose andassero come poi andarono. Filostorgio e Socrate Scolastico nella sua " Historia ecclesiastica" non si fecero scrupolo nell'indicare nel vescovo il mandante di un crimine destinato a rimanere nella storia per la sua efferatezza. Fu cosi' che un popolino cristiano fatto di monaci fanatici chiamati parabalani guidato da un lettore di nome Pietro, addebitandole anche le incomprensioni tra il prefetto della citta' Oreste( che soleva seguire i consigli di Ipazia) e lo stesso Cirillo, le tese un'imboscata e strappandola dalla carrozza in cui viaggiava la portarono nella chiesa chiamata Caesareum e, dopo averla denudata, la uccisero a colpi di tegole. Non paghi di cio' ne fecero a pezzi il corpo e , dopo averli trasportati in un luogo chiamato Cinaron, li diedero alle fiamme, dimostrando un odio cieco e profondo. Come sostiene Silvia Ronchey nel suo saggio "Ipazia, l'intellettuale", "se nella fase di passaggio tra il paganesimo e il cristianesimo i compiti del filosofo e del vescovo (che per definizione deve avere il monopolio della liberta' di parola e di azione - parrhesia-) vengono a sovrapporsi, cosa puo' fare il vescovo se non eliminare il filosofo?Ovviamente gli elementi in conflitto non sono solo paganesimo e cristianesimo, ma anche le classi dirigenti locale e romana, nonche' le categorie sociali (antica aristocrazia e "burocrazia ecclesiale"). Anche Voltaire ebbe a parlare di eccesso di fanatismo. In ogni caso durante la Controriforma Cirillo viene dalla Chiesa assolto da ogni colpa e riconosciuto come santo. A lui e' dedicata una parrocchia a Tor Sapienza in Roma. Naturalmente non e' da passare sotto silenzio le molte (sicuramente troppe) realta' nel mondo in cui il concetto quantomeno di " rispetto " verso la donna, ancora adesso, non e'nemmeno concepibile.

 

DIONIGI IL PICCOLO

Quando Cristoforo Colombo parti' per il suo famoso viaggio guidando le ben note tre caravelle, non intendeva certo " scoprire l'America" di cui non conosceva l'esistenza, ma ben piu' semplicemente cercava di raggiungere le Indie per aprire nuove rotte commerciali (da qui il nome di "indiani" dato alle tribu' pellerossa americane). In pratica ottenne un risultato enormemente piu' importante di quello che poteva mai aspettarsi e che segno' tutta la storia dopo di lui. Qualcosa di analogo, anche se inspiegabilmente non assurto alla stessa notorieta' , successe ad un colto monaco (V-VI secolo), nato nella Scizia (contravvenendo alla allora comune credenza che gli sciti fossero un popolo "rozzo") e successivamente stabilitosi a Roma. Il suo nome era Dionysius Exiguus, ma l'aggettivo fu una sua personale aggiunta in segno di modestia. Infatti circa nell'anno 525 Dionigi ebbe un incarico comunque importante dal Papa Giovanni I, che consisteva nel calcolare il piu' esattamente possibile la data della Pasqua (fino ad allora stabilita dal concilio di Nicea secondo la "regola alessandrina") in modo da poterla prevedere negli anni. Bisogna precisare che la Pasqua cristiana, sino ad allora,doveva sottostare a dei vincoli ben precisi e veniva calcolata di anno in anno dalla Chiesa di Roma che la comunicava alle Chiese di Alessandria, Costantinopoli e Antiochia . Tutto dipendeva dal fatto che la Pasqua è legata all'anno lunare, più breve rispetto a quello solare di 11 giorni e sei ore circa, per cui i giorni mancanti al ciclo della luna devono essere raccolti in un mese supplementare (o "embolismico") secondo periodi che sono appunto difficili da definire, ed inoltre non doveva assolutamente coincidere con quella ebraica. Altro motivo di confusione era che il tempo veniva fatto decorrere dall 'anno della fondazione di Roma , o anche dalla data dell'inizio del regno di Diocleziano, o anche da date vagamente indicate dai patriarchi biblici . Dionigi, poiche' non giudicava degni di tale onore i romani e in particolare Diocleziano ( forse il piu' grande persecutore di cristiani in assoluto) decise di fare partire il suo computo dalla nascita di Gesu' (Ab incarnatione Domini) che calcolo' fosse nel 753 dalla fondazione di Roma. Nell' eseguire i suoi calcoli Dionigi scopri' che nel calendario Giuliano all'ora in uso, la data della Pasqua si ripeteva ciclicamente ogni 532 anni e compilo' una tabella che comprendeva tutte le date pasquali in quell'intervallo. L a Chiesa Romana adotto' questa tabella sino a quando non entro' in uso il calendario gregoriano, mentre la Chiesa ortodossa lo adopera ancora adesso.( Il calendario gregoriano corresse anche il fatto che quello giuliano prevedeva piu' giorni bisestili del dovuto, e provvedette a cancellare in una volta 11 giorni stabilendo che gli anni secolari fossero bisestili solo se divisibili per 400) In pratica Dionigi stabili' una volta per tutte l'inizio dell'era cristiana ed il suo calcolo e' attualmente quello piu' adottato al mondo (insieme a quello gregoriano del 1582). Come si vede, il risultato ottenuto da Dionigi va molto oltre l'incarico che gli era stato assegnato, e dobbiamo a lui se ora il tempo viene diviso in prima e dopo di Cristo ( a.C. e d.C.), e la data da lui indicata come nascita di Gesu' costituisce un vero e proprio spartiacque per qualsiasi riferimento storico e religioso. E dopotutto poco importa se il suo calcolo reca con se' qualche evidente errore. Anzitutto ,ma questo non fu certo per colpa sua , non conoscendo ancora lo "Zero" ( che, pur essendo scoperto in India nel 600 circa, ed essendo anche entrato in uso successivamente nella cultura araba, in Europa venne introdotto da Leonardo Fibonacci nel suo "Liber Abaci" nel 1202) , nel suo calcolo si passa dall'anno -1 a quello +1 saltando a pie' pari l'anno zero, e poi oggi tutti gli studiosi sono concordi che in realta' Gesu' sarebbe nato in un anno tra il 7 e il 4 a. C. essendo nato mentre era ancora in vita Erode che mori' (e questo e' abbastanza certo) nel 4 a.C. Tra l'altro bisogna dire che per "Incarnazione " la consuetudine cristiana intende il momento del concepimento e non quello della nascita vera e propria. Per fortuna concepimento (Annunciazione ,25marzo) e nascita (Natale, 25 Dicembre), esattamente nove mesi, sono da assegnare allo stesso anno.

Altro errore commise nella fissazione del giorno del plenilunio del primo mese e nel considerare immutabili le fasi lunari di diciannove anni per tutti i secoli. Il terzo errore, forse il più grave è quello di aver scritto che Gesù Cristo "fu crocifisso venerdì, luna XV" e ovvero il 15 Nisan, che secondo l'uso ebraico pero', non può mai cadere di venerdì. il 15 Nisan è il giorno della celebrazione della Pasqua ebraica e quindi sono vietate esecuzioni capitali . Non puo'sfuggire la grande importanza del lavoro di Dionigi il Piccolo, comunque al netto delle imprecisioni, sia per essere stato il fondatore dell'era cristiana, sia per avere assegnato al mondo e alla storia un nuovo inizio con Gesu' . Certo che oggi e' lecito chiedersi , dato il pacifico dialogo esistente tra cattolicesimo ed ebraismo, se e' ancora di qualche validita' la distinzione di data tra Pasqua ebraica e Pasqua cristiana. E' innegabile che il concilio di Nicea volle escludere qualsiasi commistione con l'ebraismo , ma oggi non sarebbe il caso di rivedere qualcosa? In fondo non si tratta nemmeno , propriamente, di questioni dogmatiche. Del resto anche al tempo del concilio di Nicea alcuni cristiani, detti "quartodecimani" erano a favore dell'unificazione delle date pasquali.

Se poi volessimo essere fiscali, dovremmo ammettere che di svarioni ne hanno commessi anche personalita' quali S. Agostino e S. Ambrogio, che sostenevano che l'incarnazione coincideva con il giorno della crocifissione..( 1a.C. -anno zero- e non anno 1). Interessante fu la disputa a distanza tra Teofilo di Cesarea, dottore antico vicino ai dettami apostolici, e Beda il venerabile, quasi contemporaneo di Dionigi, sulla data della nascita di Gesu', il quale che faceva notare come i Galli celebrassero la Pasqua il 25 marzo qualunque fosse il giorno della settimana, perche' quella era, a loro avviso, la data della resurrezione. Laddove si volesse veramente affrontare la questione, in realta', si dovrebbe celebrare la Pasqua nella data in cui e' realmente avvenuta, come facevano i Galli, altrimenti si potrebbe lasciare le cose come stanno, uniformando pero' i calendari di tutte le Chiese. Continuando a celebrare la stessa cosa in settimane diverse solo per differenziarsi, anche se simbolicamente puo' essere fatto, storicamente non puo' essere condivisibile. Dionigi, la cui opera venne accettata anche per il sostegno che ebbe da Cassiodoro e Beda il Venerabile, (l'uso del riferimento alla data di nascita di Gesu' anche per il passato entro' in uso sin dal VIII sec), prese molti riferimenti dal calcolo delle datazioni fatte da Cirillo d'Alessandria, che pero' si basava su datazioni riferite al regno di Diocleziano. In definitiva non e' accettando e tanto meno correggendo gli errori di Dionigi che possiamo influire sulla sua straordinaria importanza. E' con lui che si e' messo Gesu' a imperituro riferimento di tutta la storia prima e dopo di lui ed e' lui che nonostante la sua grandezza e' voluto passare ai posteri come "il Piccolo". Ed in fondo per lui che voleva soltanto regolare le date pasquali non e' sbagliato ricordarne il parallelo con Cristoforo Colombo che voleva "solo" arrivare alla Indie.

 

ZENOBIA,  REGINA DI PALMIRA

L'uomo  non finisce mai di sorprendere per la sua  stupidita'  ancora adesso, in un'epoca in cui il progresso  culturale  e l'avanzamento tecnologico dovrebbero avere imbrigliato certi istinti distruttivi primordiali intesi come bieca opera di violenza e di potere.  Eppure certe manifestazioni continuano a ripetersi nella vana convinzione che distruggendo le vestigia del passato, si possa in qualche modo negarlo e sopprimerlo. Ricordiamo che prima di essere deposto nel 1989, Ceausescu  aveva distrutto quasi  mezza  citta' di Bucarest per fare scomparire palazzi e monumenti  che avevano il solo torto di parlare di una storia prima di lui.  Cosi' adesso la furia dell'Isis, ai giorni nostri, cancella ogni testimonianza  storica ovunque passi, distruggendo  statue  e templi  che avevano resistito per millenni a testimonianza di un passato che appartiene a tutti.  Una delle ultime di queste imprese negative e' la distruzione del sito archeologico di Palmira.

 Palmira ( il nome deriva da palma) e' una citta' della Siria che conserva  (o conservava?) un insieme di vestigia archeologiche tanto importanti da essere annoverata  tra i siti mondiali dell'Unesco. Per secoli  la sua importanza ando' via via aumentando ( parliamo del III sec. d.C.)  visto che si trovava al crocevia d'incontro delle piste carovaniere che dalla Persia e dall'india si univano con quelle che portavano a Roma, quindi centro commerciale di primaria importanza. Assunse  rilievo militare  per la sua posizione periferica dell'impero romano e  per le sue battaglie contro  i Sasanidi (Persiani), specie per opera  di Odenato , che era governatore della provincia della Siria e che per le sue battaglie contro i Persiani ricevette addirittura il titolo  onorifico di "re dei re" . Seconda moglie di Odenato fu Zenobia, donna dalla bellezza eccezionale  (si dice fosse piu' bella di Cleopatra),   dal carattere  forte e ribelle e dalla profonda cultura che le permetteva di conoscere l'egiziano , il greco  e il latino . Alla morte di Odenato, alla quale pare non fosse del tutto estranea, nel  267 Zenobia  prese il potere e si  proclamo'  regina di Palmira dicendosi "discendente  di  Semiramide e Cleopatra", e cercando di di affrancarsi dalla sudditanza verso Roma,  consolidando anzitutto il gia' vasto territorio ereditato dal marito,  che comprendeva ,oltre la Siria , anche l'Arabia la Mesopotamia e la Cilicia.  Roma non vedeva di buon occhio questo regno che rafforzandosi sempre piu' ed affermando la sua indipendenza, si sottraeva alla sua influeza e metteva a rischio i suoi confini. Del resto le imprese militari di Zenobia ,sopranominata  la "regina guerriera " perche'   non disdegnava di dividere il cibo  con i propri soldati e di cavalcare alla loro testa aiutata da un abilissimo generale di nome Zabdas, davano alla stessa fama di regina capace di competere anche con l'impero romano. Addirittura l'imperatore Gallieno avrebbe inviato una spedizione agli ordini  di Eracliano, per ridurre la regina a piu' miti   ambizioni, ma fu sconfitto dalle truppe palmirene. Del resto i romani ,in quel periodo, erano occupati a difendere i propri confini da tentativi  seri di invasione da parte dei Goti e, ancora piu' terribili, degli Eruli. Nel 270  divenne imperatore Aureliano che, un po' perche' costretto, un po' perche' riconosceva a Zenobia particolari doti di condottiera e di amministratrice, la nomino'  "Augusta e Regina d'Egitto". Pero' proprio la conquista dell'Egitto, e quella della Bitinia, alla fine fu la causa che determino' l'intervento militare di Valeriano.  Infatti l'Egitto  costituiva il granaio dell'impero, e Roma non poteva lasciarlo in mano ad altri. E oltretutto Zenobia aveva cominciato a farsi chiamare  Imperatrix   romanorum e, cosa di non poco conto, a battere moneta con la sua effigie il che sicuramente infastidi' Valeriano il quale, essendosi in qualche modo alleggeriti i suoi problemi in Italia, organizzo'  una spedizione militare, anche perche' ritenne troppo stretti  i legami che il regno di Palmira stava intrattenendo  con la Persia e col suo re Sapore I. Dopo avere ripreso Egitto e Bitinia quasi senza colpo ferire, Valeriano  si scontro' ad Immae  con l'esercito palmireno, sconfiggendolo, e poi si preparo' ad assediare la stessa Palmira.  Offri' una resa onorevole a Zenobia ,che sdegnosamente  rifiuto', ma la stessa fu presa prigioniera dalla cavalleria romana che la sorprese mentre tentava di traversare l'Eufrate per andare a chiedere aiuto a Sapore I.  Dopo la sconfitta , Palmira perse gran parte della sua importanza, relegata al ruolo di semplice avamposto militare.  Per quanto riguarda  Zenobia, da quel momento la storia passa , per alcuni aspetti, al tono "rosa". Infatti  se , come d'abitudine, i vinti venivano fatti  sfilare  lungo i Fori imperiali , tra le ovazioni della folla osannante,  per glorificare le imprese dell'esercito  e del suo condottiero, e questo accadde anche in questo caso,  e' anche vero che le fonti riportano come Valeriano sia stato in qualche modo conquistato dalla bellezza e dal fiero carattere della Regina, nutrendo per lei qualcosa di piu' di un semplice rispetto. E cosi' probabilmente fu  l'unico caso in cui una prigioniera vinta  fu fatta sfilare incatenata con catene d'oro, dopo di che non solo non venne giustiziata , ma non subi' nemmeno l'onta della prigionia. Infatti a  Zenobia fu riconosciuta una lussuosa sistemazione in una importante villa nei dintorni di Tivoli (dove in seguito fu sepolta nella villa Adriana),  potendo continuare una vita sociale e ricevendo, dicono i maligni , frequenti visite da parte dell'imperatore da cui, pare, potrebbe avere avuto  anche dei figli ....

 

LEGGENDE E MITI

Se qualcuno crede che leggende e miti facciano parte di un mondo virtuale, che riguarda il passato o che e' immerso in una dimensione fantastica che non tocca la nostra mente razionale, forse dovrebbe rivedere le sue convinzioni. Bisogna considerare il fatto che in verita' tutti noi siamo cresciuti in mezzo a favole, fiabe e leggende che hanno arricchito spesso le nostre conoscenze, ma che in qualche modo si sono stratificate nella nostra coscienza, finendo col far parte integrante di quello che siamo  ora.                                                   Le leggende rappresentano un tipo di narrazione molto antico, nate con l'uomo, e che appartengono alla tradizione  orale di tutte le civilta', in cui si mescolano intimamente elementi reali ed elementi fantastici.                   Etimologicamente la parola leggenda deriva dal latino ed indica qualcosa che merita di essere letta (anche se, come si e' detto, si tratta di una tradizione tramandata oralmente), e anticamente si riferiva alla vita di un Santo e dei suoi miracoli. Normalmente non raccontano un fatto puramente inventato, bensi' qualcosa di vero che col tempo e col passare di bocca in bocca, ha assunto contorni sempre piu' ricchi di particolari aggiunti e fantasiosi. Spesso in passato, quando veniva difficile spiegarsi  il perche' di certi eventi, si ricorreva alla fantasia per fornire comunque una spiegazione (per esempio il fatto  che il sole e la luna non si vedessero mai insieme, fu spiegato immaginando  che si trattasse  di due fratelli che avendo litigato non volevano incontrarsi mai). Cosi', quando ancora la scienza non aveva mosso i primi passi, si tendeva a personalizzare, ad esempio, addirittura gli agenti atmosferici, facendoli diventare Dei che muovevano a loro piacimento pioggia e vento, favorendo od ostacolando la normale  attivita' dell'uomo. Alcune leggende sono strettamente  legate al paese in cui sono nate  (come la leggenda di Guglielmo Tell ) , altre si sono diffuse in numerosissime nazioni diventando patrimonio comune (come la leggenda di Babbo Natale o della Befana). La fantasia degli scrittori, poi, ha contribuito a arricchire fatti reali con particolari e dettagli destinati a renderli piu' interessanti , contribuendo a fornire modi nuovi di guardare  cose che la quotidianita' ci avrebbe impedito di fare.  Il fatto di non essere immuni alla stessa mentalita' che una volta alimentava il racconto leggendario ci viene da quelle che vanno sotto il nome di "leggende metropolitane", storie spesso alimentate dai mass media che riportano notizie  su avvenimenti o persone, in genere in modo alquanto generico, tali da spacciare per veri avvenimenti che assurgono  quasi a verita' per soddisfare il bisogno naturale della gente a lasciarsi coinvolgere in storie solo in apparenza reali. Spesso in questo modo ,si  finisce con l'attribuire a quaqlcuno abitudini e atteggiamenti non corrispondenti al vero (e questo a volte addirittura nei confronti  di gruppi religiosi o etnici ) .                  Interessanti sono le leggende storiche come ad esempio la leggenda della fantastica terra dell'Eldorado (una sorta di felice paradiso terrestre), o della fontana della giovinezza (ricercata in Florida dalla spedizione di Ponce de Leon), per non parlare dell'antico continente di Atlantide (descritta nei dialoghi di Platone) che da secoli  tiene occupati stuoli di storici intenti a ricercarne l'esatta collocazione. Le leggende storiche , poi, riempiono un numero ragguardevole di libri, comprendendo quelle che vanno da re Artu' e i suoi cavalieri al cavallo di Troia, da Dracula e i vampiri agli UFO e gli extraterrestri, e cosi' continuando. Il genere leggendario non e' estraneo neanche a scritti religiosi come la Bibbia, dove testi  nati con intenzione  spesso filosofica o squisitamente letteraria, hanno finito per assumere una valenza storica. Moderni archeologi e studiosi biblici, in effetti, oggi sono concordi nel ritenere leggendarie le figure di Giosue', di Salomone e perfino di Mose' con l'episodio delle acque del mar Rosso che si aprirono al suo passaggio,mentre  le storie, specie quelle della Genesi (ma non solo) sarebbero solo metafore bella bonta' divina e della pochezza umana. E' famosa anche la leggenda dell' Arpa Eoliana chiamata anche "organo di Eolo" che, si narra, suonasse diversamente a seconda del tipo di vento (in realta' sarebbe un calidarium scoperto negli anni '80 a Piana dei Greci e in cui il vento entrando nelle intercapedini produceva dei suoni particolari). Ovviamente  anche l'amore ha ispirato leggende immortali e la piu' bella e' senz'altro quella di "Amore e Psiche",  che Apuleio nel II sec. racconto'  nel suo romanzo " Le Metamorfosi", (che da S. Agostino fu ribattezzato "L'asino d'oro") e che meriterebbe essere letto integralmente. Diversamente, i miti sono qualcosa di piu' profondo, perche' cercano di dare risposte  a quelli che sono gli interrogativi  fondamentali dell'uomo.  Quindi attraverso il mito (o racconto ) si entra nella dimensione universale della ricerca del perche' della vita , del suo scopo e della relazione con gli dei, ed e' interessante notare come tutte le popolazioni, nei secoli ,abbiano sviluppato miti e credenze che, anche  in assenza di contatti reciproci , presentano numerose analogie, dimostrando come i bisogni e le curiosita' ancestrali dell'uomo, indipendentemente dalle latitudini, alla base siano sempre  uguali. I protagonisti dei miti sono generalmente eroi, o Dei, in grado di compiere imprese epiche destinate a rimanere impresse nella memoria. Come non ricordare  le analogie tra la Bibbia e "il poema di Gilgamesh", e come si puo' sottacere il fatto che alcuni miti, come quello che narra del diluvio universale, sono presenti in tutte le culture. L'origine dei miti affonda in un lontano passato, posto quasi sempre all'inizio dei tempi, ma che in qualche modo da' conto di come e perche' siano accadute determinate cose piuttosto che altre. I miti piu' famosi in assoluto sono forse i miti greci, con la rappresentazione di un mondo popolato di divinita'  che rappresentano in maniera evidente, pur se trasferiti in un inaccessibile Olimpo,  tutte le virtu' e i difetti  umani . Da sempre i miti greci hanno affascinato intere generazioni  nella lettura di racconti come quelli, giusto per citarne alcuni, di Orfeo ed Euridice, di Teseo e Arianna ,di Scilla e Cariddi, di Sisifo,   di Dedalo e Icaro, di Narciso ecc.. Miti che sono nati con l'uomo e che non moriranno mai. Giusto per completezza di trattazione occorre , a questo punto, precisare anche il significato di fiaba e favola. La prima consiste in un racconto popolare, in cui non manca mai l'elemento magico, i cui protagonisti sono in genere streghe ,maghi ,orchi, draghi e fate, ed in cui il lieto fine e' sempre assicurato e  costituiscono la gran parte del patrimonio delle letture giovanili di tutto il mondo (celeberrime sono  Cenerentola, Biancaneve, La bella e la bestia, Pollicino, ecc...). Le favole, invece, sono racconti brevi che hanno per protagonisti generalmente degli animali con caratteristiche umane che racchiudono , alla fine, una morale o un proverbio. Il piu' antico autore di fiabe e' senz'altro Esopo,  e di alcune di esse  tutt'ora  manteniamo frasi  tipo "al lupo,al lupo ", oppure  "la volpe e l'uva" o ancora  "la cicala e la formica".....

 

LA SESSUALITA' FRA GLI ANTICHI ROMANI

0ggi siamo ormai abituati a leggere notizie quotidiane in qualche modo legate al concetto attuale di sessualita', e quindi discettiamo di omosessualita', di pedofilia, di prostituzione, di unioni civili ecc.. In realta' questi sono concetti che nei secoli hanno subito piu' o meno lenti, ma comunque notevoli, processi di cambiamento, alternando periodi di stretto rigore morale con altri di sfrenata liberta'.

E' interessante paragonare Il modello tradizionale di moralita' a cui oggi siamo abituati , con quello presente nell'antichita', per constatare come gli stessi comportamenti possono essere vissuti ed interpretati in maniera decisamente differente. Nell'antica Roma, ad esempio, intorno al I sec ., esisteva una grande diversita' tra amore e sesso (inteso come piacere). La religione romana riteneva che la sessualità fosse uno degli aspetti fondamentali di prosperità per l'intero Stato e la prostituzione era legale, pubblica e diffusa. Soggetti artistici pornografici erano ampiamente presenti tra le collezioni d'arte delle famiglie più rispettabili . Il fatto che un uomo adulto potesse essere attratto indifferentemente da adolescenti di entrambi i sessi era accettato come cosa senza alcuna rilevanza morale, e la differenza tra " eterosessuale" ed "omosessuale" non era assolutamente percepita (addirittura , in latino non esistono termini analoghi a quelli in uso oggi per indicare un particolare orientamento sessuale) . Qualunque signore avesse schiavi o liberti (ex schiavi), poteva intrattenere con loro liberamente rapporti sessuali, l'unica cosa era fare attenzione a che il ricco e potente non assumesse " posizioni servili" (differenza tra attivo e passivo). Era prassi comune che la povera gente vendesse i propri figli ai potenti di turno , considerandolo a volte un onore, che venivano avviati alla schiavitu' (i maschi) o alla prostituzione (le donne). Si faceva invece molta attenzione alle " effeminatezze", considerandole una "diminutio" di virilita' spesso degna di scherno e invettiva. Di tali accuse furono bersaglio personalita' importanti come Cesare e Catilina.

Nel matrimonio, raramente esito di amore condiviso, il piacere era escluso , e uomo e donna si accoppiavano spesso al buio e assolutamente vestiti. SIa l'uno che l'altra pero' cercavano il piacere al di fuori del matrimonio, dove sfogavano la loro disinibita sessualita'. Molte sono le donne che sono passate alla storia per aver portato fuori dal rapporto matrimoniale i loro bisogni affettivi e sensuali, (come non ricordare la famosa Clodia, infelice amore di Catullo, che la divideva con uno stuolo di altri amanti, per non parlare di altre numerose matrone tra cui la moglie di Pompeo , Mucia, e la Sempronia di Sallustio, solo per nominarne alcune).

Fino al II secolo i testi riguardanti la sessualità, scritti sia in lingua greca che in lingua latina,sono stati numerosi ( come ad esempio quelli di Virgilio e di Ovidio) ma poi questo tema scompare nella letteratura successiva , essendo riservata a testi medici o di teologia cristiana. Nel III sec il cristianesimo, fedele all'equazione sessualita' uguale peccato , sostenne che il sesso dovesse essere riservato solo alla vita matrimoniale e con l'esclusivo fine della procreazione.

La "CASTITAS" (castita') indicava una purezza morale e fisica solitamente in un contesto religioso. L'"INCESTUM" (incesto) , cioe' "non castum", indicava qualcosa di infausto, e ad esempio la Vestale che perdeva la sua castita' era motivo di cattivo presagio per tutta la popolazione. Il "RAPTUS " (ratto) era sinonimo di strappo o lacerazione e di sequestro spesso a scopo matrimoniale (ratto delle Sabine). Con "STUPRUM" (stupro) si intendeva l'atto sessuale illecito,ma solo se commesso verso un cittadino, in quanto se commesso verso un non cittadino o verso uno schiavo era pubblicamente ammesso. Del resto era pratica comune, come atto di vittoria, sodomizzare il nemico vinto in battaglia. Addirittura alcuni romani ricorrevano alla castrazione dei loro schiavi per preservarne il piu' a lungo possibile l'aspetto giovanile (come fece Nerone con il suo amato schiavo Sporo, che addirittura sposo' pubblicamente).

Molto documentati sono i gusti erotici, in particolare, di quasi tutti gli imperatori, da Tiberio a Caligola, da Galba a Vitellio ,da Domiziano a Traiano. Adriano giunse al punto di dedicare una intera citta' al suo amato Antinoo (Antinopoli).

Da notare come l'uomo nelle sculture greco-romane venisse rappresentato generalmente del tutto nudo a mostrare la sua possanza di eroe o di semidio,contrariamente alla donna che era sempre piu' o meno coperta da veli che semmai lasciavano trapelare un seno, segno di maternita' e fecondita'. I romani conoscevano tre tipi di bacio. OSCULUM era il bacio non passionale, dato a labbra chiuse (da "os" bocca),da utilizzare in pubblico o nelle cerimonie, e comunque un obbligo giornaliero per una donna verso il marito, per dimostrare che non "sapeva di vino" (indizio di un possibile adulterio). SAVIUM, invece , era il bacio erotico e passionale (da savio, dolce) , che oggi chiameremmo "alla francese". E infine il BASIUM (da cui bacio), con caratteristiche affettuose (il bacio che si da' ai propri figli). Quest'ultima denominazione e' stata quella che e' sopravvissuta all'epoca romana ed e' l'unica giunta sino a noi che non curiamo queste distinzioni. A volte, come a Pompei, e' scritto con la "v", e infatti ancora oggi a Napoli si dice "damme nu vaso". Il culto fallico (impersonato dal dio Priapo) , spesso portava al riso, e falli enormi come rappresentati nella suburra pompeiana, spesso assumevano un significato apotropaico (come amuleti per scacciare le negativita' ). Ad ogni modo, a parte qualche caso di poesia letteraria, nell'amore romano non c'e', in genere, molto spazio per l'idillio e per quelle che noi chiameremmo "coccole". La sessualita' veniva vissuta come affermazione e come atto di dominio, in se' violento e totalizzante.

 

LE " ALTRE CROCIATE "

Quando si parla di Crociate si intende riferirsi , generalmente, a quella sequela di guerre sante , o di religione, indette dal Papa con la collaborazione di re ed imperatori ed aventi come scopo dichiarato quello di liberare dagli infedeli i luoghi della Terra Santa, anche se nascondevano l'interesse a controllare l'ingente commercio con l'oriente. Le Crociate in tutto furono otto e cominciarono nel 1095 per finire nel 1274. In relta' la storia narra di altre spedizioni (almeno quattro), che pur andando poco correttamente sotto il nome di crociate , non vengono menzionate frequentemente per i risultati poco edificanti che ebbero a ottenere che rischiavano di oscurare i nobili intenti e l'eroismo delle Crociate propriamente dette. Anzitutto, come si diceva, non sono, a rigor di termini, delle vere e proprie crociate, in quanto non sponsorizzate dal Papa e non armate. In realta', spinte dallo spirito millenaristico di quel tempo, sfruttavano la credenza spesso cieca del popolo piu' povero e sprovveduto, nonche' il fondamentalismo di chi si metteva alla loro guida. E' il 1095 l'anno in cui Urbano II , al grido di "Deus vult", promettendo la remissione dei peccati, giustificando l'uso delle armi e l'uccisione di altri uomini in quanto di guerra santa trattasi, promuove la prima Crociata, ma contemporaneamente , al grido di "Deus lo volt", una specie di latino distorto, Pietro d'Amiens detto l'Eremita, lancia una missione del tutto religiosa, raccogliendo intorno a se' fino a 30000 tra preti donne e bambini non armati perche' sicuramente Cristo li avrebbe condotti alla vittoria, in quella che passo' alla storia come la " crociata dei pezzenti" , conducendoli verso Costantinopoli dove pero' non giunsero mai. Infatti la colonna di diseredati ( che nel frattempo aveva anche assunto una precisa connotazione antiebraica in quanto agli ebrei veniva imputata l'accusa di deicidio) , abbandonandosi a saccheggi e ruberie in cerca di quel cibo che non avevano, venne facilmente dispersa dalla cavalleria turca presso Nicea. Dal 1212, invero, furono almeno tre quelle che ,poi, presero il nome di "Crociate dei bambini".

In tale anno, infatti,un certo Stefano di Cloyes, sostenendo che Dio in persona glielo aveva ordinato, inizio' a raccogliere fedeli per una crociata in Palestina, promettendo che il mare si sarebbe aperto dinanzi a loro come il mar Rosso fece con Mose', e che quindi sarebbero giunti a destinazione senza bagnarsi i piedi "siccis pedibus". A rispondere furono soprattutto bambini e poveri (circa 30000) . Non e' escluso che nel tempo si possa aver fatto confusione tra "puer " (fanciullo) e " pauper" (povero). Quando la "crociata" giunse al porto di Marsiglia, pero', visto che le acque non intendevano aprirsi, molti tornarono indietro, altri accettarono il "passaggio" di mercanti su sette navi in partenza, delle quali due affondarono per una tempesta, mentre le altre portarono i giovincelli ad essere venduti come schiavi ai Saraceni. Contemporaneamente a questa parti' dalla Germania un'altra "crociata di bambini", guidata da un dodicenne di nome Nicholaus e composta da circa 8000 fanciulli. Anche in questo caso molti furono quelli che perirono durante il viaggio, di alcuni che trovarono un imbarco non si seppe piu' nulla,mentre gli altri tornarono mestamente indietro. La terza, conosciuta anche come la "crociata dei pastorelli", si formo' in Francia nel 1251, allorquando diverse migliaia di fanciulli si mossero verso la Palestina guidati da un vecchio, certo Giacobbe, maestro d'Ungheria. A Gerusalemme ,anche loro, non giunsero mai, in quanto attraversando la Francia si abbandonarono a saccheggi , indifferentemente, di proprieta' di ebrei, del clero e dei baroni, finche' furono uccisi ,anche dietro impiccagione, dagli stessi cavalieri di Francia. Sembra che da questo episodio abbia avuto origine la famosa favola del Pifferaio di Hamelin .

   

LA VENDITA DELLE INDULGENZE

Le indulgenze derivano dal fatto  che per qualche misterioso motivo si era imposta la convinzione che la Vergine i Santi e Cristo stesso, durante la loro vita, avessero   messo da parte, per cosi' dire, un eccesso praticamente infinito di benemerenze  e meriti,  che la Chiesa poteva amministrare  distribuendoli a quei peccatori che per cancellare le loro malefatte erano disposti a confessare i peccati e a sopportare una penitenza. La remissione dei peccati poteva essere parziale o totale (indulgenza plenaria). Diciamo subito che questa usanza  derivava da una forzatura interpretativa delle sacre scritture che , infatti, fu rifiutata da tutte le chiese tranne quella cristiana . Per un certo periodo , pero', si preferi'  far pagare la remissione dei peccati,  sostituendo la confessione con un emolumento in danaro. Insomma , scambiando purezza con soldi, si potevano piu' facilmente evitare lunghi soggiorni in Purgatorio. Tale pratica, discutibile di per se', raggiunse  i suoi livelli piu'  altamente deprecabili sotto il pontificato di Leone X (1513-1521).   Sotto questo Papa venne infatti lanciata una spregiudicata politica di strumentalizzazione delle indulgenze istituendo una vera e propria rete di  "piazzisti" che provvisti  di quelle che venivano chiamate "lettere di indulgenza" girarono in lungo e in largo l'Europa, vendendole senza nessuno scrupolo a chiunque ne facesse richiesta. In alcuni casi si toccarono vette di corruzione assolutamente impensabili, ed e' famoso il caso del domenicano Tetzel che per denaro era disposto a scrivere qualunque cosa nelle "lettere " che rilasciava. Addirittura fu capace di vendere indulgenze per peccati futuri ancora da compiere, assicurando l'impunita' celeste. Si diceva che avesse redento piu' anime lui con le indulgenze che San Pietro con le sue prediche.  Fu Martin Lutero, scandalizzato da questa pratica, che per stigmatizzare  cio' che stava accadendo ebbe a dire che in questo modo anche chi avesse messo incinta la Vergine Maria, avrebbe avuto il perdono dietro esborso di una adeguata somma. E dopotutto non esagerava.  Nel  1517 fu pubblicata la  "TAXA CAMARAE", un preciso tariffario dove per ogni peccato da lavare era prevista la relativa somma da sborsare.  Il  tariffario era composto di  35 voci e meriterebbe di essere letto tutto per capire come agisse a 360°, ma qui , per ovvia brevita', ne vengono riportate solo alcune  maggiormente qualificanti e degne di attenzione.

NUM.1: L'ecclesiastico che incorresse in peccato carnale sia con suore, che con cugine, nipoti o figliocce, sara' assolto con il pagamento di 67 libbre NUM.2   :Se l'ecclesiastico chiedesse di essere assolto anche dal peccato contro natura o di bestialita', paghera' 219 libbre  "MA SE COMMETTE PECCATO CONTRO BAMBINI O BESTIE E NON CON UNA DONNA, PAGHERA' SOLO 131 libbre".  NUM.5   :I sacerdoti che volessero vivere in concubinato con i loro parenti , pagheranno 1 soldo , "PER GLI INCESTI SI AGGIUNGA A COSCIENZA  4 LIBBRE" . NUM.9    :Per l'assassinio di un laico , si  paghera' 4 soldi.                                 NUM.10  : SE L'ASSASSINO METTE A MORTE DUE O PIU' UOMINI LO STESSO GIORNO, PAGHERA' COME SE NE AVESSE UCCISO UNO SOLO . NUM.16   : Se l'assassino da' la morte a piu' sacerdoti, paghera' 6 soldi per la prima uccisione, e la meta' per quelle successive.  NUM.18   :COLUI CHE IN ANTICIPO  VOLESSE COMPRARE L'ASSOLUZIONE PER OGNI OMICIDIO CHE POTESSE PERPETRARE IN FUTURO, PAGHERA' 15 SOLDI.                                                                                                       NUM.25   : Il frate che per miglior convenienza o gusto volesse passare la vita in un eremo con una donna, paghera' 19 soldi.            NUM.31   : I laici contraffatti o deformi che vogliano ricevere ordini sacri e possedere beneficenze pagheranno 2 soldi.                       NUM .32  : uguale somma paghera' il guercio dell'occhio destro , mentre il guercio dell'occhio sinistro paghera'  7 soldi. Gli strabici pagheranno 3 soldi. NUM.34   : Colui che per simonia volesse acquistare uno o piu' benefici, vada presso i tesorieri del Papa, che gli venderanno i diritti ad un prezzo modico .

Ecc...Ecc....Ecc...

 

COSTANTINO IL GRANDE,  VERO  CATTOLICO O ASTUTO POLITICO ?

La Chiesa  racconta di Costantino primo come grande benemerito cristiano e come colui che, essendosi convertito alla fede,  trasformo'  la Chiesa in Chiesa Imperiale. Secondo molti storici le cose pero' non starebbero  esattamente  cosi' .  In  realta'  l'imperatore che diede il suo nome a Bisanzio (Costantinopoli) era per sua natura ambizioso e, in piu',  abile condottiero e diplomatico.  Durante l'impero di Diocleziano, quando le persecuzioni contro i cristiani raggiunsero le vette piu' alte, lo stesso, che regno' fino al 305,creo'  in un primo tempo una diarchia dividendo l'impero con Massimiano nominandolo Augusto,  conservando comunque per se' una autorita'   superiore.  Nomino' quindi due Cesari (intendendoli come due vice-Augusti) dando vita alla famosa tetrarchia. Di questa faceva parte il padre di Costantino, Costanzo Cloro (il pallido). Quando Diocleziano e Massimiano  abdicarono, divennero Augusti   Galerio e Costanzo Cloro. Per la morte di quest'ultimo venne eletto al suo posto, per acclamazione delle truppe, il figlio  dell'imperatore, per l'appunto Costantino, illeggittimo in quanto figlio di Elena ,una concubina  di misere origine  e indicata come stabularia (che si occupa delle stalle ) , mentre a Roma i pretoriani eleggevano Massenzio.  Pare che Costantino, nel frattempo, abbia ucciso, o comunque convinto al suicidio il suocero Massimiano  (ne aveva sposato la figlia Fausta), che voleva ritornare a ricoprire il ruolo lasciato. Ad un certo punto si creo' una situazione per cui Costantino, Licinio (in Illiria) , Massimino Daia  e Galerio  (in Oriente) si considerarono tutti Augusti, con in piu' in Italia e Africa, Massenzio considerato usurpatore. Galerio mori' nel 311, e i tre Augusti rimasti sconfissero Massenzio nella famosa battaglia di Ponte Milvio, (quella per intenderci in cui Costantino avrebbe avuto la famosa visione  "in hoc signo vinces"). Successivamente, con la morte di Daia restarono solo in due , Costantino e Licinio . E' allora che il Costantino politico prende il sopravvento su quello militare. L'impero romano ha raggiunto ragguardevoli  dimensioni, e i confini sono estremamente vasti e sempre piu' difficili da difendere. A Nord le tribu' germaniche e a sud-est i Parti costituiscono terribili minacce, e Costantino si rende conto che se vuole difendere Roma deve anzitutto pacificarla al suo interno.  Per questo convince Licinio a sottoscrivere il famoso Editto di Milano ( anche dandogli in moglie la propria figlia Costanza ) , con il quale si concede a tutti i cittadini (e quindi anche ai cristiani), di professare liberamente la propria fede. Rinnegando patti e promesse, pero', Costantino  dopo poco entro' in guerra con Licinio, sconfiggendolo e, nonostante gli avesse garantito salva la vita, lo uccise insieme al  lui figlio undicenne , accusandolo di complotto. Nel giro di pochi mesi uccise anche la propria moglie e il proprio figlio (in aggiunta ad una discreta quantita' di dignitari), accusandoli di incesto e invocando su di loro la "damnatio memoriae" L'incesto peraltro non fu mai provato. Rimase cosi' l'unico grande imperatore di tutto l'impero romano. Un uomo così, per la verita', e' molto difficile che abbia mai recepito i valori evangelici del cristianesimo. Del resto, pur fornendo aiuti economici per la costruzione di nuove chiese, e pur  (col Concilio di Nicea ) fatto si che il Cristianesimo divenisse in pratica la religione di Stato, non smise mai di credere a tradizioni pagane, come quella del "Sol invictus", battendo moneta con la sua effige da un lato ed il Sol invictus dall'altro e omettendo di sospendere sovvenzioni e contributi ai templi pagani. Addirittura accetto' come dono dal Senato romano una statua che lo ritraeva con le fattezze di Apollo. E' vero che proibi' le crocifissioni, ma  le sostitui'  con l'impalatura .  Non abbandono' mai il titolo di Pontifex Maximus e, quando inauguro' il famoso arco che porta il suo nome, ringrazio'  "una divinita' " senza specificare quale. Anche il famoso crismon  XP non e' dopo tutto una invenzione in quanto lo stesso e' stato ritrovato negli scavi di Pompei, risalente a circa due secoli prima.     La verita' e' che la Chiesa, in quel periodo, ricavo' un enorme vantaggio  da Costantino, almeno quanto Costantino ne ebbe in cambio.  Importante e' sicuramente il ruolo rivestito dalla madre Elena, che nel suo viaggio in Oriente,  dove Costantino non ando' mai, oltre alla fondamentale opera di diffusione religiosa,( la tradizione vuole che abbia scoperto la croce su cui fu crocifisso  Gesu '), svolse una importante azione di rappresentanza del potere dell'imperatore, (disponendo di cospicui fondi)  e contribui' a costruire  a Gerusalemme importanti chiese  (come la Basilica della Nativita').

In  realta' sembra evidente che Costantino non avesse preferenze per una religione piuttosto che per un'altra, (paganesimo e cristianesimo). In definitiva sembra piu' interessato a che le religioni,tutte e qualsiasi , fossero un tutt'uno a sostegno dell'unita' dell'impero romano. Affronto' anche il problema dei donatisti ,eretici che sostenevano che i sacramenti non avevano valore di per se, ma dipendevano dalla purezza di chi li somministrava) e degli ariani, in un periodo in cui la religione piu' diffusa tra le truppe era quella mitraica. Per questo invito' i  Cristiani a tollerare i donatisti, nel quadro principale di conservazione dell'ordine pubblico. E questa e' senz'altro da considerare una grande intuizione non facile da afferrare, forse, a quei tempi :e cioe' che la legge degli uomini potesse convivere con la legge di Dio. Sempre con lo stesso spirito durante il Concilio di Nicea  in realta'  fuse, per molti aspetti, la religione mitraica e il cristianesimo ( istituendo la domenica festiva  , mantenendo la data del 25 dicembre e altre tradizioni mitraiche) e ordino' che tutte le scritture  non ricadenti tra quelle che stabili' dovessero costituire  il Vangelo, andassero distrutte definitivamente.  Certo, visto che sotto Diocleziano analoga disposizione era stata data per qualunque scritto  cristiano, in assenza di comparazione poteva venire facile, osservano alcuni studiosi, inserire in quelle "pagine  scelte", eventuali alterazioni o aggiunte atte a convalidare meglio le tesi sostenute. Anche le notizie sul suo battesimo meritano qualche considerazione   in piu'. Non tanto perche' sarebbe avvenuto alla vigilia della sua morte (pratica comune a quei tempi, come del resto fece anche suo figlio Costanzo II,  cristiano convinto), quanto per la notazione riportata da Eusebio di Cesarea nel suo trattato "Vita di Costantino",   e nel suo evidente impegno nell'indicare questo momento come il culmine di un percorso ascetico  di rigenerazione e purificazione. Molte furono, del resto,   le interpretazioni  successive , basate  sull'ambiguita'  sia per la mancanza nel trattato della parola "cristianizzazione",  sia perche' Costantino, che si trovava in viaggio per la campagna militare contro il re persiano  Shabur decise, sentendo avvicinarsi la sua ora, di fermarsi a Nicomedia  dove fu il vescovo locale Eusebio (di Nicomedia, appunto), indicato come ariano, che avrebbe raccolto la sua conversione. Persino Ambrogio e Agostino, pur lodando l'Imperatore per la sua decisione, evitano di commentare le circostanze della cerimonia.   Del resto e' comunque interessante una lettura laica dell'evento  prima citato e che riguarda il famoso "in hoc signo vinces".  Infatti, ci si domanda, allorche' i due eserciti (quello di Costantino e quello di Massenzio) furono di fronte per la battaglia decisiva, e con Costantino in evidente inferiorita' numerica,non potrebbe darsi che Costantino si sia posto la domanda sul perche' le sue truppe avrebbero dovuto credere che gli stessi dei pagani in cui credeva anche l'esercito nemico, avrebbero dovuto parteggiare per loro piuttosto che per gli avversari? Non era meglio, per il morale delle truppe, fornire un nuovo Dio che si ergesse a loro unico protettore e in nome del quale combattere e magari morire, ma a cui dedicare la vittoria, anche sugli altri dei ?

                                       

IL MISTERO DI  RENNES-LE CHATEAU 

Nel 1885   un certo  Berenger  Sauniere, che pareva destinato ad una carriera  ben diversa, venne nominato parroco di  Rennes- le -Chateau   ,una piccola cittadina dei Pirenei orientali che in tutto contava duecento anime. Per sei anni Sauniere tiro' avanti con le elemosine dei fedeli ed un esiguo appannaggio pari a circa sei sterline annue di oggi. Ad accudirlo una  contadina diciottenne di nome  Maria Denarnaud.  C'e' da dire che i dintorni della cittadina erano molto importanti dal punto di vista storico. Infatti  nell'arco di pochi chilometri c'erano i resti della fortezza templare  di Bèzu,  nonche' l'antica dimora di Bertrand de Blanchefort, quarto Gran Maestro templare. Inoltre  si trovava sul percorso che i pellegrini provenienti  dall'Europa settentrionale percorrevano per andare a Santiago de Compostela.  Nel 1891 Sauniere, prendendo a prestito fondi  comunali, inizio' un peraltro modesto restauro  della Chiesa di Rennes, ma durante i lavori scopri'  che uno dei pilastri visigoti che sorreggevano l'altare era cavo e all'interno vi erano quattro pergamene, presumibilmente poste li' da un suo predecessore, l'abate Bigou.  Due di queste pergamene,all'apparenza brani del Nuovo Testamento, in realta' presentavano  delle anomalie tali (parole troncate a meta', lettere fuori riga, ecc..) che facevano supporre nascondessero un testo criptato non decifrabile in mancanza di una chiave di lettura apposita. Il curato, rendendosi conto di avere in mano qualcosa che poteva essere importante, la porto' al vescovo di Carcassonne, che lo invio' a Parigi dove,

presso il seminario di Saint Sulpice, si trovava uno dei piu' importanti centri cristiani di linguistica, crittografia e paleografia. Il nipote del direttore del  seminario era un certo Hoffet, che intratteneva stretti rapporti con gruppi esoterici e occultisti che in quel periodo a Parigi proliferavano. E faceva parte di un famoso circolo culturale che comprendeva persone del calibro di Mallarme', Maeterlinck e Debussy . Fu li' che Sauniere ebbe modo di conoscere la famosa cantante Emma Calve' ( la Callas di allora). Fatto sta che il parroco di Rennes-le -Chateau  fu trattato con tutti gli onori  e si dice diventasse l'amante della Calve'. Quando torno' nella sua cittadina e riprese i lavori, trovo' altre lapidi e incisioni ,specie nel cimitero,  sulla tomba  della marchesa  d'Hautpoul de Blanchefort dove ,inciso, trovo' un anagramma del messaggio nascosto nelle pergamene , che si affretto' a cancellare (non sapendo che era gia' stato copiato), il quale faceva riferimento a un dipinto di Poussin- importante pittore francese del XVII sec . -  di cui, mentre era a Parigi , si era procurato una copia , che riportava la frase "ET IN ARCADIA EGO", la stessa che compare nel quadro di Poussin "Les bergers d'Arcadie". Da non passare sotto silenzio cio' che accadde nel 1656 al fratello dell'abate Louis Fouquet, Nicolas .Infatti poco dopo  avere ricevuto dallo stesso  una lettera che descriveva un incontro con il  pittore Poussin, fu da Luigi XIV messo in carcere, dove mori' , ( alcuni sostengono che sia lui "l'Uomo dalla Maschera di ferro") . Il re  inoltre,  fece di tutto per procurarsi l'originale del quadro dei "Bergers" che poi praticamente nascose nei suoi appartamenti privati a Versailles. In ogni caso Sauniere dal momento del suo ritorno a Rennes -le-Chateau    prese a spendere a piene mani dimostrando di possedere risorse assolutamente insospettate: costrui' una strada nuova per giungere al villaggio, fece costruire una torre  (Torre Magdala) e una splendida villa (villa Bethania), nella quale, pero' non abito' mai. Mise insieme una importante biblioteca.  Estremamente bizzarri , poi, i rifacimenti all'interno della Chiesa, dove abbondano immagini di diavoli, come l'enorme Asmodeo nell'acquasantiera all'ingresso , e interpretazioni  spesso  incoerenti, per non dire inspiegabili, delle tavole della Via Crucis.

Inizio' una fitta corrispondenza con personaggi sparsi un po' dovunque in Europa (si calcola che solo di francobolli spendesse piu' di quanto  gli potesse garantire il reddito annuo di un tempo). Ricevette visite  di personaggi importanti  come  la Calve', emissari di grandi banche e  Giovanni D'Asburgo, che gli intesto' cospicue somme. Le autorita' ecclesiastiche locali , ad un certo punto, gli chiesero conto del suo comportamento, ma lui si rifiuto' di fornire spiegazioni, e quando fu sospeso dalle funzioni, si rivolse direttamente al Papa, che lo scagiono'  e lo reintegro'. Il 17 Gennaio 1917 Sauniere nel pieno delle sue forze, improvvisamente , muore. La data coincide con quella incisa sulla tomba della marchesa d'Hautpaul e con la festa di Saint Sulpice.  Strano che il 12 Gennaio, Maria Denarnaud avesse ordinato una bara per il curato. Certo che poco prima di morire il prete chiamato per raccogliere l'ultima confessione del moribondo usci' profondamente sconvolto dalla sua stanza , a sentire i testimoni oculari, e  si  rifiuto' di impartirgli l'estrema unzione. Dal suo testamento risulto' completamente povero, ma quando dopo la seconda guerra mondiale il governo francese batte' una nuova moneta, furono in molti a sostenere di avere visto Maria, che aveva continuato a vivere agiatamente a villa Bethania,  bruciare enormi mucchi di vecchie banconote. Maria mori' nel 1953 senza peraltro rivelare ,come aveva invece promesso ,quel segreto che avrebbe reso ricco e potente il nuovo compratore di villa Bethania  (un certo Corbu). Sono molte le illazioni  sulla provenienza dell'improvvisa ricchezza di Berenger  Sauniere. Naturalmente, come al solito,una era  che avesse trovato un tesoro,  e di motivi certo non ne mancavano. Rennes-le -Chateau nel VI secolo contava oltre 30.000 abitanti e per un po' pare fosse la capitale  settentrionale  del regno dei Visigoti, e fu poi per 500 anni una importante contea (Razès). Dopo le atrocita' commesse durante la cosiddetta Crociata contro gli Albigesi fu conquistata e divenne un feudo. Si parlava poi del tesoro scomparso dei Templari per cui il Gran Maestro  de Blanchefort aveva ordinato numerosi scavi. C'erano inoltre le allusioni a "Sion" contenute nella pergamena scoperta da Sauniere, nonche' le tradizioni Merovingie e le indicazioni, sempre sulle pergamene, a Dagoberto II. Del resto i Visigoti  dopo il sacco di Roma del 410 d.C. avevano portato con  se' il  tesoro che l'imperatore Tito aveva  razziato  in occasione della distruzione del tempio di Salomone nel 70 d.C.  Quindi i presupposti per credere che  Sauniere avesse scoperto un tesoro in fondo non mancavano. Pero'  non era  meno fondata l'ipotesi che avesse scoperto un segreto che andava conservato. Come si spiegherebbe altrimenti la sua accoglienza in ambienti e circoli riservatissimi,  nonche' il  grande interesse riservatogli dalla Chiesa  e  il suo interagire direttamente con il Papa ? Era come se la sua ricchezza derivasse in qualche modo  dalla conoscenza di qualcosa  di assolutamente  eccezionale   e costituisse il prezzo del suo silenzio. Qualcuno arrivo' a dire che le somme elargite dall'arciduca Giovanni   fossero in fornite dal Vaticano.

I codici contenuti nelle pergamene si basavano su anagrammi e trasposizioni, e la frase " ET IN ARCADIA EGO"  (letteralmente "E IN ARCADIA IO"), potrebbe anagrammarsi in  in "I TEGO ARCANA DEI" , e cioe'

"VATTENE! IO NASCONDO I SEGRETI DI DIO".

I misteri di Rennes-le-Chateau hanno attirato l'attenzione di studiosi, storici e anche di semplici curiosi in numero veramente impressionante tanto che , all'ingresso del paese , le autorita' comunali hanno ritenuto necessario accompagnare i soliti cartelli di benvenuto con altri contenenti una ferma e precisa  intimazione:

"VIETATO SCAVARE".

 

ORIGINI   DEL   GIOCO   DEL   LOTTO

Oggi  siamo tutti abituati al gioco del Lotto o, ancor piu' , al famoso gioco natalizio della "tombola", pero' e' singolare  scoprire come questa usanza sia nata e si sia tanto fortemente radicata negli usi popolari.

Nel 1576 Andrea Doria, a Genova , introdusse la modalita' del sorteggio per eleggere cinque membri dei Serenissimi  Collegi della Repubblica, in sostituzione di altrettanti che ne uscivano. I candidati erano inizialmente 120, ridottisi poi a 90, i cui nomi venivano posti in un urna (detta Seminario") e abbinati ad un numero. Fu un patrizio genovese, certo Benedetto Gentile, ad avere l'idea di  associare alla nomina una scommessa, dietro il pagamento di una quota, laddove coloro che indovinavano i nomi ricevevano un premio. Il gioco, naturalmente , era effettuato nascostamente e, addirittura , la Repubblica, con apposito decreto, ne proibi' la diffusione. Questo  pero', prima di accorgersi delle grandi   possibilita'  di entrate finanziarie per le proprie casse.  Cosicche'  nel 1643 lo adotto'  ufficialmente e non solo per l'elezione dei Serenissimi Collegi, ma anche al di fuori di essa. Viene istituzionalizzata un'estrazione di cinque numeri dal lotto dei novanta (alcuni sostengono che la parola "lotto" derivi da quel ciottolo che gli antichi aruspici estraevano per prendere decisioni sotto l'influsso divino), e vengono creati premi via via piu' grandi per l'ambo, il terno ,la quaterna e la cinquina. Ovviamente si pagano imposte, ma la Repubblica va ben oltre, diffondendo il gioco anche al di fuori dei propri confini e addirittura dandolo in appalto a privati che poiche' il governo pontificio lo dichiara illegale, lo praticano in case private. Papa Alessandro VII emana una bolla di proibizione che prevede addirittura la scomunica per i giocatori .La persecuzione contro il gioco del lotto dura circa cinquant'anni, mentre i papi si susseguono. Visto che il gioco continua ad essere praticato,  Clemente XI prescrive che le estrazioni avvengano in presenza di un ecclesiastico, un giudice e numerose guardie  finche',  ormai stufo, lo proibisce a Roma e in Toscana. In ogni caso nomina una commissione che gli riferisca  perche' mai e' tanto difficile estirpare il demone del gioco. Risultato: il gioco affascina il popolo e presumibilmente e' impossibile debellarlo. Papa Innocenzo  XIII toglie il divieto e cerca di regolamentare  il gioco, ma muore prima di completare l'opera e il suo successore Benedetto XIII azzera tutto. Occorre aspettare Clemente XII perche' la gestione del gioco venga  garantita dalla Camera Apostolica,  e cosi' vengono stampate liste di novanta zitelle (scelte dai parroci o dal Papa stesso in  rappresentanza dei diversi quartieri cittadini) tra cui le cinque prescelte dalla sorte avrebbero ricevuto  un premio come contributo per il futuro matrimonio.

 Dal "Dizionario " di Gaetano Moroni veniamo a sapere che  in sei mesi nel 1732, in nove estrazioni, a fronte di un'entrata di oltre un milione di scudi, e detratte le spese, al vaticano restano oltre 400.000 scudi. Una vera pacchia! Papa Pio VI dedica tutte le entrate alla bonifica della Paludi Pontine. Via via aumentando l'appetito e non ponendovi piu' alcun freno (in alcuni casi  le estrazioni vengono addirittura effettuate sugli altari di alcune chiese- come quella  della Santissima Concezione in Campo Marzio-) si effettuano in un anno fino a 48 sorteggi tra Roma e la Toscana , sempre di sabato alle ore 12,00. Naturalmente  insieme  al gioco  si e' sviluppato un sistema di propiziazione    numerica non basato su formule matematiche, ma essenzialmente su superstizioni religiose, per  cui determinati numeri " sicuri"  potevano essere  ricavati dalla recita di una Novena particolare , o da determinati  percorsi mistici  come salire con le ginocchia la scalinata  di Santa Maria in Aracoeli.  Non e' da dire, naturalmente , che certe superstizioni legate ai numeri siano  terminate con la fine dello Stato Pontificio.  Anzi , tutt'altro, a sentire come , anche  oggi, si dia importanza ai sogni e alla interpretazione cabalistica. La verita'  e' che certe usanze, specie quelle legate alla possibilita' di  "fare il colpaccio miracoloso", una volta entrate a far parte del folklore popolare  possono modificarsi, forse, ma sono sicuramente dure a morire. Ovviamente tutto cio' non potevea sfuggire all'occhio attento  di Gioachino Belli, che cosi' canzonava i giocatori:

" Ecco ecco che lleggheno er cartello:

ch'ede' ? Ccinquantasei! senti che bbujjia!

Je la potessi fa, sangue de ddina!

Sor cazzo, vorticamo er bussolotto.

Ch'ede'? Ttrenta! Ce ll'ho a l'ottina.

Diesci! ggnente: Sei! ggnente:Disciotto!

ggnente. Peddio! nemmanco stammatina?

Accidentacci a cchi ha inventato er lotto.

 

LA LANCIA DI LONGINO

La Lancia Sacra (in tedesco Heilige Lanze) è uno dei simboli più importanti del Sacro Romano Impero, una delle più significative reliquie del Medioevo ed uno dei più preziosi tra i tesori della corona imperiale austriaca oggi conservati.

La Lancia Sacra è oggi custodita nella Schatzkammer dell'Hofburg di Vienna

Sulla lama è applicata una sezione a forma ovale, lunga 24 cm e larga nel punto massimo 1,5 cm, in cui è inserito un sottile pezzo di ferro ornamentale (la cd. spina) , mancante della parte inferiore. La spina è, secondo la tradizione, uno dei Sacri Chiodi della croce di Cristo .La lancia era il simbolo dell'invincibilità per l'imperatore che rappresentava Cristo sulla terra.

Per rafforzare tale elemento, era però necessario anche un suo collegamento con la storia sacra o quella dei martiri. Dapprima fu allora identificata con la lancia di San Maurizio, celebre condottiero della legione Tebea, martirizzato sotto Massimiano. Attraverso questo, non era così escluso che la lancia poteva essere passata per le mani di Costantino, cosa che acquistava certo rilevanza nella propaganda imperiale. E infatti come lancia di San Maurizio è denominata nella iscrizione sulla fasciatura d'argento inseritavi da Enrico IV.

In questa maniera, dunque, la lancia aveva un doppio significato: simboleggiava un'origine sacerdotale (direttamente da Cristo) ed imperiale (da Costantino). Carlo IV volle confermare questo stato di "doppia reliquia" dal papa, ottenendo anche la proclamazione di una giornata festiva in suo onore (Festa della Sacra Lancia e del Chiodo della Croce), che fu celebrata nel 1354 per la prima volta, e in quell'occasione venne applicata la terza fasciatura in oro.

Agli inizi del XIII secolo, ad ogni modo, la cancelleria papale ormai qualificava la lancia come lancia di Longino, e da questo momento si cominciò ad identificarla in questa maniera.

La lancia sacra venne dunque presto identificata, in ambiente cristiano e romano, come la lancia del legionario che trafisse il corpo di Cristo per accertarsi della sua morte. Non è però questa l'unica lancia sacra che venne assimilata a quella di Longino.

Le cronache della Prima crociata ci parlano infatti di una "lancia sacra di Antiochia": già l'apostolo Giuda Taddeo dal Golgota avrebbe portato con sé in Armenia la lancia di Longino, che avrebbe lasciato nel monastero di Geghard (40 chilometri a sud ovest di Yerevan) da lui fondato (ma in realtà del IV secolo). Nel 1250 il monastero prese infatti il nome di Geghardavank ("Monastero della Sacra Lancia"), ed ancora oggi si chiama così.

Anche il re francese Luigi IX (il santo), che durante le Crociate portò con sé molte reliquie, identificò una di queste con la lancia di Longino. E ancora, nel 1492 il sultano Bajazeth regalò a papa Innocenzo VIII parte di una Lancia che qualificò espressamente come lancia di Longino, conquistata, si disse, a Costantinopoli nel 1453.Quest'ultima venne identificata con la parte inferiore della reliquia di Luigi IX. Se questa "lancia papale" è oggi ancora custodita a San Pietro in Vaticano, la lancia di San Luigi, conservata nella Sainte-Chapelle, andò distrutta durante la Rivoluzione francese.

Tornò invece attuale durante il Nazionalsocialismo, conformemente al sogno della Grande Germania (cioè dell'unità politica di tutti i popoli di lingua tedesca). Adolf Hitler infatti, nel rifondare l'impero (Drittes Reich), si volle presentare come il continuatore di Ottone I, compreso il ruolo di condottiero della guerra contro i barbari dell'est. Per questo fece riportare la reliquia (scevra ormai d'ogni significato cristiano) da Vienna nuovamente a Norimberga, il centro principale del Partito Nazista; ivi venne provvisoriamente collocata nella chiesa di Santa Caterina, (dove fu allestito un vero e proprio santuario mistico-esoterico) e presentata come simbolo della sacralità della missione germanica e ricollegandovi nuovamente un mito di invincibilità.

L'invincibilità non venne tuttavia garantita. Dopo la disfatta di Stalingrado, venne portata in un bunker blindato sotto l'antica fortezza di Norimberga, ma dopo i terribili bombardamenti della città del 13 ottobre 1944 se ne persero le tracce. Qualche giorno dopo l'occupazione della città da parte degli alleati, avvenuta il 20 aprile 1945, in un'operazione di recupero guidata dal generale Patton, la Lancia sacra fu rinvenuta, e nel 1946, infine, fu riportata a Vienna, dove tuttora si trova.

Studi recenti hanno dimostrato che la lancia è stata realizzata tra il VII e VIII sec., si tratta quindi di un importante reperto medievale, non è però plausibile che sia appartenuta a Longino.

Longino è un nome fittizio che deriva dal greco λόγχη ("lònche"), lancia. Nessuno dei Vangeli canonici nomina la figura di Longino, ma Luca, Matteo e Giovanni parlano di un soldato che, prima che il corpo di Cristo fosse concesso a Giuseppe di Arimatea per la sepoltura, per assicurarsi che Gesù fosse morto gli colpì il fianco con la lancia, da cui "uscì sangue e acqua" Nato nel villaggio di Sardial in Cappadocia o, secondo una tradizione medievale italiana presso la città di Anxanum (oggi Lanciano), dove sarebbe tornato in vecchiaia, militò nella Legione Fretense, di stanza in Siria e nella Palestina attorno all'anno 30. Secondo la tradizione fu il centurione romano che al momento della morte di Gesù gridò: "Costui era veramente il figlio di Dio", e che successivamente, quando il corpo di Gesù doveva essere deposto dalla croce perché stava per iniziare il sabato, giorno di festa per gli ebrei, in cui non si potevano lasciare sulla croce i cadaveri dei condannati a morte, per evitare di spezzargli le ossa delle gambe provocando la morte per asfissia, come prescriveva la legge, per un atto di pietà preferì colpirgli il costato con la lancia, dal quale sgorgò sangue e acqua. Pare che Longino fosse malato agli occhi, ma il sangue di Gesù, schizzato su di essi, lo guarì. Potrebbe essere una leggenda popolare nata per dire che la vista del sangue di Cristo, mentre era ai piedi della croce, gli aprì gli occhi alla fede cristiana.

Comandò poi i soldati messi di guardia al sepolcro di Gesù, e dopo la sua Risurrezione, andò assieme alle altre guardie dai sommi sacerdoti a riferire l'accaduto. Questi tentarono di corromperli con doni e promesse affinché testimoniassero falsamente che i soldati di guardia al sepolcro si erano addormentati, permettendo che i seguaci di Gesù ne trafugassero il corpo, per poi dire che era risorto. Mentre gli altri soldati si lasciarono corrompere, Longino rifiutò di dire il falso, anzi contribuì a diffondere a Gerusalemme il resoconto della Resurrezione di Cristo. Per questo motivo cadde in disgrazia agli occhi dei maggiorenti della città, che decisero di farlo uccidere. Il centurione però, avendo scoperto questo disegno, lasciò l'esercito romano assieme a due commilitoni e si rifugiò in Cappadocia.

Anche lì diffuse la notizia della Resurrezione, convertendo al cristianesimo molte persone. La cosa fu notata dalle comunità israelitiche presenti nella regione, che la riferirono subito ai sacerdoti di Gerusalemme, che intervennero presso Pilato chiedendo la condanna a morte di Longino per tradimento. Pilato acconsentì e inviò in Cappadocia due fidati soldati della sua guardia con l'ordine di catturare lui e i suoi due compagni, decapitarli e riportargli indietro le loro teste. Appena giunti questi incontrarono Longino, ma non lo riconobbero, anzi gli chiesero dove potessero rintracciarlo. Il centurione si offrì di aiutarli e li ospitò in casa sua per tre giorni. Quando giunse il momento di accomiatarsi, i due soldati gli chiesero come potevano sdebitarsi dell'ospitalità, egli allora si rivelò dicendo: Sono Longino, che state cercando, sono pronto a morire e il più grande regalo che possiate farmi è di eseguire gli ordini di chi vi ha mandato. I due non volevano credere alle sue parole, ma poi dietro le sue insistenze e per paura della punizione di Pilato, si decisero a eseguire la sentenza su di lui e sui suoi due compagni. Longino raccomandò loro dove dovevano seppellire il suo corpo, si fece portare da un servo una veste bianca, la indossò e si lasciò decapitare.

Le due guardie riportarono a Gerusalemme le teste dei tre condannati, che Pilato fece esporre alle porte della città e poi fece gettare in una discarica. Dopo qualche tempo, una povera donna cieca della Cappadocia, rimasta vedova, si mise in viaggio per Gerusalemme guidata dal figlioletto, per chiedere la grazia di essere guarita. Appena giunse nella città il figlio morì lasciandola sola e senza guida. Le apparve in sogno Longino, incoraggiandola e promettendole che avrebbe pregato per la sua guarigione, le chiese poi di aiutarlo a dare degna sepoltura alla sua testa e le indicò il luogo dove doveva andare a cercarla. La cieca allora, facendosi accompagnare, ritrovò la testa di Longino nella discarica, sotto un mucchio di pietre,e appena la toccò riacquistò la vista. Dopo le riapparve in sogno il santo che la rassicurò, facendole vedere che il figlio era già in paradiso. La pregò poi di riporre la sua testa nella stessa bara del figlio e di seppellirla a Sardial nel suo villaggio natale.

Un'altra tradizione racconta che divenne cristiano, e portò con sé in Italia il sangue raccolto dalla ferita di Gesù in un'ampolla, osservandolo il sangue si liquefaceva (questo particolare sarebbe simile al miracolo del sangue di San Gennaro). Longino sarebbe poi stato martirizzato nei pressi di Mantova. La santificazione del vecchio soldato avvenne il giorno 2 dicembre 1340 sotto il papato di Innocenzo VI.

 

GIUSEPPE FLAVIO

Giuseppe nacque a Gerusalemme nel 37 d. C.  da una nobile famiglia sacerdotale ebrea, anche se risenti' fortemente l'influsso sia della cultura greca che di quella latina, tanto da scrivere le sue opere in greco.

La sua attivita' di scrittore , anche se orientata in senso filo-romano,  e' risultata fondamentale per  le descrizioni accurate che riporta sul periodo immediatamente successivo  alla morte di Gesu', sulle condizioni politico-amministrative della Giudea, sulla guerra giudaica , nonche' sulle varie fazioni, spesso in lotta fra loro, come zeloti, esseni, farisei, ecc...

Le sue principali opere sono "La Guerra Giudaica" e "Antichita'  giudaiche".

Nonostante cio' per i correligionari ebrei Giuseppe e' e resta un apostata e un traditore. Non e' difficile capire il perche'. Infatti , come del resto lui stesso  racconta ne "La Guerra Giudaica", Giuseppe era vicino ai  farisei e lontano dagli estremisti ebraici e dagli zeloti. Quando ando' a Roma nel 64, fu colpito dalla civilta',  dal modo di vita romano e dalla  potenza militare dell'impero. Due anni dopo fu governatore ribelle durante la rivolta contro Roma, e quando gli stessi  galilei capirono che non potevano assolutamente competere contro la superiorita' dell'esercito comandato da Tito Flavio Vespasiano, decisero di suicidarsi in massa. Giuseppe, pero', riusci' con uno stratagemma a convincere tutti dell'immoralita' dell'atto del suicidio, e dell'opportunita' che a turno si perdesse la vita per mano dei compagni. In qualche modo poi, intervenendo nell'ordine della successione delle morti fece si' da rimanere ultimo vivo del suo gruppo ma, invece di suicidarsi, si consegno' ai romani. A questo punto per ottenere salva la vita  chiese un incontro a Tito  cui predisse la nomina ad imperatore. Quando cio' effettivamente si verifico', ottenne la liberta' e visse accanto alla famiglia imperiale assumendo il nome di Flavio.

Nella " Guerra giudaica", importantissima  fonte di notizie sulla storia e sulle credenze degli ebrei, nonche' sulla guerra contro Roma, Giuseppe spiega che la rivolta fu opera di una minoritaria banda di estremisti zeloti, e non gia', come molti ritenevano ,di una rivolta popolare.  Interessante e' anche la descrizione della caduta della fortezza di Masada, considerata imprendibile , che segno' la fine della guerra, conclusasi anch'essa con un suicidio di massa.

Nelle " Antichita' Giudaiche"  vi sono anche accenni alla vita di Gesu', motivo che ne favori' la conservazione  del testo greco da parte delle autorita' cristiane.

In scritti minori sostiene la superiorita' degli ebrei sui greci, e tenta di difendersi dalle accuse di traditore, come, in realta', viene considerato da gran parte degli ebrei contemporanei, ma taluni ritengono che egli, in un periodo nel quale le forze esterne minacciavano la totale distruzione del monoteismo ebraico, abbia perseguito con lucidità il fine della sua conservazione a prezzo di compromessi con il mondo vincente alessandrino/romano.

L'importanza degli scritti di Flavio Giuseppe deriva dal  fatto che non sono molte le testimonianze su quel periodo da parte di scrittori non cristiani, e costituiscono parte delle fonti utilizzate per la ricerca sulla storicita' di Gesu'. Nelle "Antichita' Giudaiche"  vi sono tre riferimenti degni di nota. Il primo descrive la morte di Giovanni Battista, il secondo la morte di Giacomo il Giusto (qualificato come fratello di Gesu' chiamato il Cristo), mentre il terzo e' noto come Testimonium Flavianum e recita letteralmente : "Ci fu verso questo tempo Gesu', uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo, autore di opere straordinarie, che attiro' su di se' molti giudei e che dopo essere stato messo a morte da Pilato, apparve il terzo giorno a coloro che lo avevano amato e che continuavano a farlo. Ancora oggi non e' venuta meno la tribu' di quelli che, da costui , sono chiamati Cristiani".

C'e' da ricordare che l'imperatore Tiberio propose al Senato romano di riconoscere Gesu' come Dio (i romani spesso includevano nel loro pantheon le divinita' dei popoli da loro sottomessi). La proposta fu respinta il che  (secondo Tertulliano che riporta e descrive questo episodio) giustificherebbe giuridicamente le persecuzioni

dei cristiani, in quanto seguaci di un culto "illecito".

 

IL  SERRAGLIO  DEGLI  EBREI

Gli ebrei hanno sempre avuto una vita travagliata.  Dopo la cacciata  da Gerusalemme negli anni 70 d.C. (diaspora) e la  vana ricerca di un rifugio stabile  lungo le coste del Mediterraneo, nel  XIII secolo vengono cacciati dalla Spagna dai sovrani Ferdinando e Isabella. Ma dovunque sono accolti con diffidenza e nel 1555, con odio viscerale papa Paolo IV, con la bolla "Cum nimis absurdum", si scaglia contro di loro definendoli  "insolenti", "deicidi", "che osano vivere in mezzo ai cristiani ,comprano case,  si vestono come loro  e commettono altri misfatti a vergogna del nome cristiano ". Conseguentemente  impone loro l'obbligo di vivere in un certo luogo, separato dalla vista dei cristiani, con la proibizione della proprieta' di immobili, di svolgere attivita' diversa che quella di commercianti e robivecchi e di portare un segno distintivo ( il cosiddetto "sciamanno").

Nonche' impone di abbassare  al 12% l'interesse per i prestatori di denaro.

Cosi' nasce il "Serraglio degli ebrei". Il nome "Ghetto" , di controversa origine, forse proviene da "get"  che in ebraico significa separazione, oppure dalla fonderia (getto, appunto, ) dove furono confinati a Venezia, o da "gettata", il molo di Genova dove furono posti in quarantena.

Un domicilio coatto, insomma, che a Roma fu individuato nel rione Sant'Angelo. Un luogo cinto da mura con porte debitamente piantonate  che si aprivano all'alba e che venivano richiuse la sera. Le stesse sinagoghe fuori dal ghetto vengono chiuse e si stabilisce che all'interno puo' esservene solo una.

Nel 1577 Gregorio XIII istituisce le "prediche coatte" alle quali gli ebrei sono costretti ad assistere ogni sabato, laddove per chi si distrae sono previste pene corporali.

Carestia e inondazioni del Tevere sono in piu' di un'occasione motivo di gravi malanni per i circa 4000

abitanti del ghetto,e nel 1656, con la peste, ( di cui vengono pure incolpati perche' sino ad allora immuni), le porte vengono murate, in modo che sani e malati devono necessariamente convivere , decimando cosi' meta della popolazione.

Sembra che tutto debba cambiare con l'arrivo dei giacobini francesi e con la deposizione di Pio VI, ma tutto torna come prima con l'arrivo dei borboni. Tornano nuovamente i giacobini e poi di nuovo i borboni con successive alternanze di chiusure e riaperture del ghetto. E' Napoleone che decreta  la fine del potere temporale del Papato e proclama nel 1809 Roma citta' dell'Impero, arrestando il Papa. Situazione, questa, che dura in tutto cinque anni circa. Poi, dopo i"Cento giorni",ritorna il Papa ed e' clausura definitiva per gli 8000 ebrei che in quel momento vivono nel Ghetto (molto al di la' della capienza sopportabile). Gregorio XVI, per ottenere dai banchieri ebrei Rothschild il denaro necessario a salvare le finanze papali,  fa notevoli concessioni , mentre e' con Pio IX  che si ottiene la demolizione del muro e delle porte del Ghetto e gli ebrei ottengono di potere partecipare al civico governo. Con Papa Pio XI, pero', si fa nuovamente marcia indietro tornando all'antico. Cosi'  occorre attendere il 1870 perche' Il Ghetto sia definitivamente abolito e che gli ebrei possano andare dove vogliono.

Non e' da pensare che sia solo il papato ad essere contrario alla completa liberta' degli ebrei. Spesso anche la volonta' cittadina si rifletteva in tali decisioni. Prova  di tale atteggiamento  si  trova, ad esempio,in un sonetto di Gioachino Belli, famoso poeta dialettale romano, nell'occasione in cui papa Pio VIII concesse agli ebrei di non portare lo sciamanno:

"Lo volete sape' , 'vvelo dich'io

perche'  Roma se trova in tanti affanni:

ve lo dich'io perche' Ddomminiddio

ce fa piovve sta frega de malanni.

E' perche' er papa s'e' fatto ggiudio

e nun ha piu' de papa che li panni:

e' pperche' li ggiudii da papa Pio

nun porteno piu' in testa li ssciamanni

 

" OAK ISLAND "

Nel XIV secolo Henry Sinclair, principe delle Orcadi, si spinse con le sue navi dalla Scozia verso ovest, scoprendo terre fino ad allora sconosciute. Con lui forse viaggiavano dei cavalieri custodi di un segreto. Erano Templari sopravvissuti alla persecuzione che il re di Francia, Filippo il Bello, mise in pratica contro di loro agli inizi del secolo, dal 1307 al 1314. Poco prima che scattasse la grande operazione coordinata dal re di Francia, alcune navi salparono dal porto francese di La Rochelle, di proprietà templare, per dirigersi chissà dove. Alcune di queste navi se non tutte giunsero in Scozia. Qui i Templari vennero accolti e aiutati a nascondersi e il loro segreto rimase inviolato. Di quale segreto si trattasse nessuno lo seppe mai. Si parla di un tesoro che essi dovettero trovare a Gerusalemme, sotto il Tempio di Re Salomone, ma di preciso non sappiamo che forma avesse: oro, argento, documenti, un pericoloso segreto... Alcuni studiosi credono che questo tesoro, qualsiasi cosa fosse, sia stato portato lontano, in Scozia. E forse, quando anche lì non fu più al sicuro, si decise di portarlo altrove. Qui inizia la storia di Oak Island. Infatti, le navi di Henry Sinclair giunsero in Terranova, nell'attuale Canada, all'incirca un secolo prima di Colombo. Ma se ciò fu possibile, probabilmente, lo si deve alle mappe di cui il principe delle Orcadi era in possesso, mappe tracciate più o meno cinquecento anni prima dai Vichinghi. Questa storia e' confermata dall'archeologia. I coniugi Ingstad, infatti, trascorsero buona parte della loro vita in quelle terre e trovarono prove concreta della presenza dei vichinghi in America molti anni prima dell'esploratore genovese. Nel 1961 scoprirono infatti i resti di un villaggio vichingo a Anse aux Meadows nel Newfoundland. Quindi, Henry Sinclair sapeva bene dove andava. Forse, fu lui a scegliere di portare in Terranova il tesoro dei Templari. Lì, sarebbe stato al sicuro, almeno fino ai nostri giorni. Oakk Island, letteralmente "l'isola della quercia", è una piccola isola situata nel Canada orientale. Tutto ha inizio nel 1795, quando il giovane Daniel McGinnis, durante una passeggiata, venne incuriosito da una depressione del terreno situata vicino a una vecchia quercia, tra i rami della quale spiccava un palanco, cioè una sorta di carrucola simile a quelle usata sulle navi. Il giorno dopo Daniel, in compagnia di due amici che erano al corrente delle leggende locali su pirati e tesori nascosti,( si parlava di un tesoro del pirata capitan Kidd), iniziarono gli scavi.
Ma ben presto si resero conto che quella depressione nascondeva un pozzo molto particolare.
Andando in profondità, ogni tre metri trovarono una piattaforma di tavole in legno di quercia ma, arrivati al terzo strato, furono costretti ad abbandonare l'impresa, troppo faticosa per loro.
Nacque così la leggenda di Oak Island. Quel pozzo, si sarebbe chiamato per sempre "Money Pit", cioè il pozzo del denaro.
Agli inizi del 1800, un'impresa privata, la Onslow Company, creata allo scopo ,riprese gli scavi. Furono trovati anche strati di carbone e di argilla, qualche moneta d'oro ma, soprattutto, fibre di cocco che, sicuramente arrivavano da terre molto lontane, perché in Canada la palma da cocco non cresce. A ventisette metri fu trovata una targa incisa che rimandava ad un tesoro nascosto quaranta piedi ancora piu' giu'.. . . A 27 metri di profondità trovarono una pietra coperta da segni sconosciuti: Era ormai notte quando, sondando il terreno sottostante la lastra con un piede di porco, colpirono qualcosa di resistente. Era forse lo scrigno del tesoro?. Si decise di riprendere il lavoro il giorno seguente, ma nel corso della notte l'acqua dell'Atlantico aveva completamente allagato il pozzo. In realta', superata quella profondita', si era messa in azione una vera e propria trappola che da un collegamento laterale aveva messo in comunicazione il pozzo con l'Oceano, rendendo inutile qualunque opera di svuotamento. Il livello dell'acqua rimaneva costante. Era come se, per svuotare il pozzo, si dovesse svuotare l'intero oceano. Nel corso degli anni furono fatti vari tentativi di cui l'ultimo, in ordine di tempo, è del 1966, anche questo senza risultati soddisfacenti. e questo anche a costo di perdite di vite umane.

Sono state avanzate varie ipotesi sul presunto tesoro che il pozzo di Oak Island custodirebbe, ed alcune veramente fantasiose, come quella che vorrebbe che Francis Bacon vi abbia posto i documenti che proverebbero che sia sua l'identita' che si nasconde sotto il nome di William Shakespeare. Per non parlare dei riferimenti vichinghi. Sicuramente, in ogni caso, le piu' verosimili sono quelle che fanno riferimento ai Templari. Cosa che convinse addirittura il presidente americano Roosevelt che , incuriosito, soggiorno' appositamente sull'isola per un certo periodo.

Cosa nasconde quindi questo pozzo? Sicuramente una serie di trappole e traboccchetti, ideati appositamente per nascondere da centinaia di anni un segreto che non deve essere violato.

Quale che sia la verita' la leggenda di Money Pitt ha fatto di Oak island una meta turistica il che, per i suoi abitanti almeno, e' stato sicuramente come trovare un tesoro.

trivelle, telecamere e sonde avrebbe permesso di appurare che sul fondo del tunnel ci sono delle casse di legno e lo scheletro di un essere umano (anche qui rimaniamo sulla scia dei più classici film sui Pirati) e che la spiaggia nei pressi del pozzo è stata realizzata a ridosso di una diga artificiale di epoca incerta.

 

I PIRATI DEL MEDITERRANEO

La Pirateria e' stata una forma di saccheggio marinaresco che ha afflitto il Mediterraneo sin da qualche secolo prima di Cristo. Fenici, Greci , turchi, razziavano abitualmente le rotte piu' battute.

. Ben noti gli Etruschi ( "Thyrrenoi") che avevano fama di spietati pirati. Anche Plutarco ne parlava. Nel 74 a.C. addirittura Giulio Cesare venne catturato e trascorse 38 giorni in prigionia prima di essere riscattato. Non era salutare, pero', farsi nemico uno come lui, che alla guida di 4 galee e di 500 uomini ando' alla ricerca dei suoi sequestratori, ne distrusse il covo e si riprese, con gli interessi, quanto pagato.

Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente i commerci marittimi diradarono sempre più e, per alcuni secoli, la pirateria scomparve dal Mediterraneo, anche perché nessuna potenza mediterranea era più forte di quella bizantina. Gli unici che, a partire dall'VIII secolo, ebbero il coraggio di compiere incursioni piratesche sui territori bizantini, furono i saraceni che erano considerati fuorilegge dallo stesso Regno Arabo di Spagna. [3]

In quel periodo ripresero i commerci mediterranei fra occidente e oriente, in particolare per opera delle città marinare italiane: Amalfi, Pisa, Genova, Gaeta, Venezia; piccole navi mercantili facevano la spola tra i porti bizantini e quelli delle coste mediterranee meridionali e occidentali dalla Siria alla Catalogna. E con essi riprese la pirateria.

Il contesto storico vede da una parte turchi e barbareschi e dall'altra cristiani. In realtà, di continuo, si formano e si disfanno coalizioni; nazioni cristiane in concorrenza tra loro, come la Francia e l'Inghilterra, appoggiano a turno i corsari turchi piuttosto che darla vinta alla Spagna e viceversa.

Occorre precisare che allora non esisteva la distinzione tra Pirati e Corsari. Col primo termine si intese indicare, in epoca piu' moderna, coloro che per interesse puramente economico e fame di bottino aggredivano indistintamente qualunque battello (banditismo) e che per la "legge del mare", qualora catturati, venivano spesso immediatamente impiccati. Corsari, invece, erano quelli che da una nazione (per lo piu' Francia, Inghilterra o Spagna) venivano forniti di una "lettera di Corsa " con la quale si impegnavano ad aggredire solo il naviglio avversario. In tale caso, ove catturati, potevano godere del trattamento ben diverso riservato ai prigionieri di guerra.

Nel XVI sec. entro' in uso il termine "Pirati barbareschi" facendo riferimento ai berberi ed in generali agli africani del nord, la' dove avevano le piu' importanti basi (Algeri, Tunisi, Orano, Sale' ecc..). Da qui il nome, in uso tutt'ora di "Costa dei Barbari". I corsari barbareschi furono marinai musulmani - nordafricani e ottomani, ma anche rinnegati - stabilmente attivi contro possedimenti, beni e imbarcazioni dell'Europa cristiana a partire dal XVI secolo fino agli inizi del XIX secolo in tutto il Mediterraneo occidentale e lungo le coste atlantiche dell'Europa e dell'Africa.

I musulmani attaccavano le navi cristiane sia per il bottino da razziare, sia per ricavarne schiavi da usare come rematori (solo nella battaglia di Lepanto ne vennero liberati, in una volta sola, circa dodicimila), e per chiedere il riscatto delle persone piu' agiate. Del resto si ricorda come nel 1544 ad Ischia ci furono ben 4000 catturati e deportati, a Lipari furono 9000 (praticamente tutta la popolazione) ,a Vieste 7000 ecc.. Non e' da credere che la cristianita' fosse da meno. Nei porti piu' importanti in Toscana, Liguria e soprattutto in Sicilia a Trapani ,Palermo Messina (anche Lipari aveva la sua flotta di pirati), favoriti dal fatto che da parte musulmana raramente veniva chiesto riscatto, erano fiorenti i mercati di schiavi , per lo piu' adibiti a servitu'. Spesso le incursioni interessavano anche porzioni di territorio a protezione del quale sorsero numerose, lungo la costa, quelle serie di torri di avvistamento di cui molte sopravvivono tutt'ora.

Temibili pirati erano anche gli abitanti di Lipari, che allora appartenevano a Napoli, spesso alleati dei pirati e corsari Saraceni e che assaltavano i legni siciliani, genovesi e quant'altro.

Quando, cosa non troppo rara, la carestia colpiva qualche paese mediterraneo, la pirateria veniva usata per procacciare grano. Nel 1516, il viceré Moncada, per ovviare alla carestia che affliggeva la città di Messina, conferi' il diritto di corsa al nobile Giovanni Enguili e concesse "di predare tutte le vettovaglie che ritrovassero" senza distinzione di nazionalità o religione. Una tale abitudine era diffusa anche tra i turchi, i napoletani e i maltesi.

Nel XVI secolo le scorrerie divennero particolarmente cruente, quando i magrebini (che comprendevano turchi, arabi e anche rinnegati cristiani), alleati della Francia , si accanirono contro le coste meridionali italiane, allora sotto la dominazione spagnola. Da parte cristiana famosi erano i pirati, ( anche se, ovviamente, in questo caso non venivano chiamati cosi' ), riuniti sotto i Cavalieri di Malta e sotto l' Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano ( Ordine Corsaro cristiano di cui il Gran Maestro era il Granduca Ferdinando I de'Medici). Spesso i prigionieri da riscattare erano personaggi famosi e si ricorda, ad esempio, che Miguel Cervantes fu uno di essi. La pirateria non e' comunque solo un fenomeno cristiano o musulmano. Essa veniva in realta' praticata da Trapani, Livorno e Malta, come da Algeri e Tunisi. Il bello e' che le citta' scelte come rifugi corsari divenivano ben presto fiorenti centri commerciali che attorno alla pirateria costruivano un'economia di tutto rispetto . Intorno al 1600 a Trapani era enorme il numero di schiavi in vendita (che potevano pero' anche essere affittati). Pare che l'ottanta per cento degli schiavi fossero donne, e che molte case di trapani fossero dei veri e propri postriboli. Piccante la nota che vuole che fosse il clero che maggiormente facesse uso di personale servile e praticamente tutti gli ecclesiastici avessero schiave. Del resto nel settecento avere uno schiavo musulmano era praticamente uno status symbol.

Alcuni detti famosi risalgono a quell'epoca, come "Mamma li turchi" oppure " Cu pigghia un turcu e' u soi" (chi piglia un turco lo fa proprio) .Il piu' famoso pirata berbero fu senz'altro Khair ed-din, conosciuto come il Barbarossa, che riusci' a conquistare una importante posizione a fianco del Solimano, per cui combatteva.

Per scongiurare il pericolo da lui costuituito Carlo V assedio' Algeri con una flotta di ben 600 navi, costringendolo alla fuga, mentre memorabili sono i suoi scontri con Andrea Doria.

La guerra di Corsa si sposto' anche nella Americhe, mutuando anche li' la lotta soprattutto tra Inghilterra e Spagna, e rendendo celebri i nomi di crudeli Corsari, fra cui spicca senz'altro quello di sir Francis Drake.

Bisognera' attendere i primi dell'ottocento perche' il fenomeno della Pirateria, cosi' come descritto, si attenui e finisca con lo scomparire. Oggi, pero', fenomeni di pirateria si stanno reiterando in diverse parti del mondo, come la Malesia e il Corno d'Africa, con nuovi mezzi e armi moderne, anche se spesso con la stessa immutata crudelta'.

 

CELESTINO  V, IL GRAN RIFIUTO.

Pensiamo per un attimo di trovarci nel 1294. Gia' da 27 mesi (oltre due anni, quindi, ) il Conclave riunito a Perugia non riesce ad eleggere un Papa, dilaniato com'e' da lotte intestine ed interessi  contrastanti (soprattutto tra gli Orsini ed i Colonna), nonche' afflitto dalla concomitante peste.

 E' allora che giunge una lettera che invita alla unione  e alla pacificazione in nome della Chiesa e per evitare castighi divini . A mandare tale lettera e' un monaco eremita, Pietro Angeleri, fondatore dell'Ordine dei Celestini, che da tempo viveva, da solo, in una grotta del monte Morrone, e che godeva fama di santita'.

Le pressioni sul Conclave erano formidabili anche per opera del re di Sicilia Carlo D'Angio', che aveva bisogno della presenza di un papa accondiscendente per dirimere alcune importanti questioni bellico-politiche e che era arrivato al punto di presentarsi con guardie armate al Conclave stesso.                               Fu cosi' che la lettera giunta diede al cardinale decano ( un Orsini), l'idea di far nominare Papa questo eremita che , data l'eta' avanzata,  essendo gia' ottuagenario, avrebbe risolto il problema momentaneo, sarebbe stato facile da manovrare e, prevedibilmente, non avrebbe potuto durare a lungo.                                                                    Tre  vescovi  dovettero salire al suo rifugio sulla Maiella per convincerlo e, dopo un iniziale rifiuto, l'eremita accetto'  la tiara gia' di Innocenzo III,  prendendo il nome di Celestino V  .                                                                    Ma Pietro da Morrone (cosi' era conosciuto) non aveva il carattere adatto all'alta carica.

Infatti era digiuno di scienze teologiche, non conosceva il latino, non aveva esperienza politica e diplomatica , era assoluta preda di cattivi consiglieri, concesse straordinari benefici al re di Napoli (tra cui il prelievo di due decime sui beni della Chiesa francese ed inglese)  e addirittura si parla di Bolle firmate in bianco.            Celestino,  pero', si rese ben presto conto di essere strumentalizzato e,  a sorpresa, dopo solo otto mesi di pontificato,  si dimise.  Abbandono'  Aquila  (che allora si chiamava appunto Aquila, e non come oggi  "L'Aquila "), e per due mesi, contravvenendo ai desideri del nuovo Papa  Caetani  (Bonifacio VIII), che lo voleva a Roma, si nascose sul monte Morrone, cercando di sfuggire  alla cattura in quanto  ormai sapeva troppe cose e poteva essere fonte di disordine popolare.  Tento'  la fuga in Grecia ma,  preso,  fu rinchiuso nel castello di Fumone dove mori' nel 1296. Clemente V lo canonizzo' e le sue reliquie sono conservate nella chiesa di  S.Maria di Collemaggio . Il primo atto  del Papa successore fu di annullare tutti i provvedimenti da lui adottati. Di lui  resta l'istituzione della Cerimonia del Perdono, meglio conosciuta come " Perdonanza", ed ancora oggi il 28 e 29 Agosto di ogni anno si rinnova questo rito che concede  indulgenza plenaria perpetua a tutti i fedeli che vi partecipano.

Alla fama di vilta' che per lunghi anni ha accompagnato il suo nome, non sono estranei Francesco Petrarca e  Dante Alighieri, che nella Divina Commedia lo pone, nel Canto III dell'Inferno, tra gli ignavi come  "Colui che per gran  viltade  fece il gran rifiuto".                A lui il sommo poeta (guelfo bianco ) imputa  il  fatto che lasciando il soglio pontificio  abbia permesso ad un Caetani, di cui disprezzava le molte ingerenze    politiche,  di divenire Papa.    

 Oggi si tende a rivalutare  la figura di Celestino V e molti sono gli studiosi , cattolici e non, che in fondo apprezzano il coraggio di quest'uomo che ha saputo rendersi  drammaticamente conto dei propri limiti .                                               Nel XVII secolo Lelio Marini, Abate Generale della Congregazione dei Celestini, biografo del Santo , cerco'  di dimostrare, con un’accurata e puntigliosa disamina di numerosi reperti storici, che Pietro venne  ucciso per ordine di Bonifacio VIII. Questo fatto sarebbe testimoniato anche dall'immagine a rilievo scolpita sulla campana maggiore della badia di Santo Spirito a Sulmona e in un affresco del XIV sec. nell'eremo di S. Onofrio.Le spoglie di Celestino V furono da Frosinone trasferite a L'Aquila e, recentemente, la sua maschera funebre, di cera, e' stata sostituita con una d'argento.

 

LE PAPESSE.

Nell'organizzazione della Chiesa, sin dall'inizio, seguendo le indicazioni di S. Paolo e di grandi maestri come S. Agostino, le donne non sono state mai tenute in grande considerazione, essendo loro proibite tutte quelle azioni, anche pubbliche, permesse invece agli uomini a cui dovevano essere sottomesse. A loro era solo concesso occuparsi della casa e dell'educazione dei figli. Anche adesso, infatti, se alle suore e' concesso occuparsi di ospedali e conventi, nessun ruolo femminile e' previsto dalla alta gerarchia ecclesiastica.

Figuriamoci diventare Papa! Eppure il termine "Papessa" , seppure con differenti significati, ricorre alcune volte nella storia papale. Il teologo benedettino Mariano Scoto nel 1080 nel Chronicon scrisse che nell' 855 a Papa Leone IV sarebbe successa "Giovanna, donna, per due anni cinque mesi e quattro giorni". Altri benedettini, come Sigisberto di Gembloux e Goffredo di Viterbo, in alcuni scritti avrebbero confermato la circostanza. Sta di fatto che questa tal Giovanna avrebbe nascosto molto bene il proprio sesso , ma dimostrando notevoli doti che le avrebbero permesso di diventare prima cardinale e poi Papa. Sembra pero' che un giorno, salendo a cavallo, partorisse un figlio, cosa per la quale venne subito uccisa mediante lapidazione dal popolo stesso. Un altro scritto di un anonimo francescano farebbe riferimento ad una misteriosa frase caratterizzata da sei "P" che, detta dal Diavolo, svelerebbe i particolari di tale parto. Sarebbe a causa di tale episodio che ,in occasione dell'elezione di un nuovo Papa, entrasse in uso quella che prese il nome di "sedia stercoraria", una sedia aperta di sotto in modo tale che l'ultimo diacono potesse introdurre la mano e accertarsi del sesso del futuro Papa. Inutile dire come tale storia venisse sfruttata dagli scismatici e dai luterani per mettere in imbarazzo la Chiesa la quale sostenne, al contrario, la falsita' della storia riducendola allo stato di favola popolare. Che il potere ,religioso e temporale, sia stato saldamente in mano agli uomini e' fin troppo evidente, ma il Medioevo pontificio riserva molte sorprese. Infatti vescovi, cardinali, monsignori e Papi, furono spesso nelle mani di donne ambiziose e dissolute (quello che gli storici chiamano "il governo delle contesse") dalle quali venivano manovrati in modo assoluto talche' non era ingiustificato pensare a loro come a delle vere e proprie "Papesse". E' il vecchio concetto di donna simbolo di peccato che la Chiesa ha sempre portato con se', per cui la donna , per sete di potere, non ha esitato a entrare nel letto di un Papa per piegarlo ai suoi voleri, divenendo una specie di "favorita" o, se vogliamo , una sorta di "Pompadour" vaticana. Il termine Papessa , allora, faceva riferimento a quelle donne che , in presenza di Pontefici deboli e manovrabili, ne diventavano un vero e proprio alter ego. Le Papesse non sono da confondere con le amanti abituali dei Papi in quel periodo (ricordiamo la miseranda fine di Papa Giovanni XII buttato giu' dalla finestra dal marito di una tale Stefanetta con la quale era stato sorpreso a letto). Papessa era da considerare, invece, Teodora, moglie di Teofilatto ( e ricordata dalle cronache come "impudentissima meretrice") che giunse al punto di spingere le propria figlia Marozia nel letto di Papa Sergio II, per farla rimanere incinta e fare di tale figlio un nuovo papa, (cosa che puntualmente avvenne).

Se vogliamo,l'ultima caso di una papessa medievale, puo' fare riferimento a Matilde di Canossa, anche se il suo nome, (a parte qualche inevitabile maldicenza in occasione della permanenza del papa nella sua casa) , non e' associato alla figura di donna lussuriosa e assetata di potere. Invece e' stata donna sempre al fianco del papato, da Gregorio VII a Pasquale II, verso il quale si prodigo' in termini di assistenza economica e di alleanze politiche. Fu, in altre parole, scudo della Chiesa romana, fortemente devota e ansiosa di imporre a tutti la propria volonta'. Caratteristica tipica di un'autentica papessa.

 

L' ARCA DELL'ALLEANZA.

L'Arca dell'Alleanza, perfettamente descritta nel Libro dell'Esodo, conteneva, secondo la Bibbia, un vaso colmo di "manna", la verga di Aronne e le Tavole della Legge, e costituiva lo strumento attraverso il quale Dio parlava a Mose' e quindi al suo popolo. Sappiamo, sempre dalla Bibbia, in quali circostanze fu affidata a Mose' sul monte Sinai e come venisse usata durante la conquista della terra promessa. Tuttavia ,secondo il Deuteronomio, al momento dell'inaugurazione del tempio di Salomone, conteneva solo le Tavole della Legge. Il compito di trasportare l'arca era riservato ai leviti, e a chiunque altro era vietato toccarla. Quando Davide fece trasportare l'arca a Gerusalemme, durante il viaggio un uomo di nome Uzzà vi si appoggiò per sostenerla, ma cadde morto sul posto ( Samuele ).

In realta' tre sono le domande che accompagnano la storia dell'Arca . La prima : e' davvero esistita?, la seconda : quale sarebbe il suo vero significato?, e terza, dove potrebbe trovarsi ai nostri giorni?

Adolph Hitler credette profondamente nel potere delle reliquie e incarico' il suo fedele Himmler, ed il Colonnello Otto Rahn (che fecero ricerche addirittura in Tibet e Nepal) di cercare l' Arca e il Graal, intriso di quelle ancorche' superficiali conoscenze esoteriche che avrebbero dato vita ad organizzazioni occulte come la Ultima Thule, da cui doveva derivare la tristemente famosa organizzazione militare conosciuta come Schultz Stallfen (S.S.) Non a caso aveva scelto la svastica (simbolo di pace solare) facendola divenire sinistrorsa ed emblema universale di terrore. Leen Ritmayer, l'architetto che durante gli scavi sulla montagna del tempio scopri' il Sancta Santorum, sostiene che le sue dimensioni corrispondono perfettamente a quelle che avrebbe dovuto avere l'Arca. In ogni caso, prima della distruzione del Tempio da parte di Nabuccodonosor, nella Bibbia l'Arca e' nominata piu' di duecento volte, mentre dopo praticamente sparisce.

Forse per ossequiare Geremia (II libro dei Maccabei), che dopo avere nascosto l'Arca in una grotta del monte Nebo profetizzo' : " e non si dira' piu' Arca del Patto del Signore! Perche' non verra' piu' in mente, non se ne avra' ricordo , non si ricerchera' ne' si rifara' piu' ".

L'Arca dell'Alleanza non è solo uno degli oggetti più antichi di cui si tramandi la storia. In effetti è anche uno degli oggetti più sacri per due religioni: la Cristiana e l'Ebraica. Per l'ebraica , dato che contiene le tavole della legge, è da un lato la prova dell'intervento Divino nella storia umana, dall'altro è l'elemento che fa assurgere il popolo ebraico a popolo eletto. Non e' un caso che con la comparsa dell'Arca una banda di poveri pastori sbandati diventa, appunto, il popolo eletto , come non e' un caso che quando scompare, il popolo ebraico viene sottomesso dai babilonesi e portato in cattività a Babilonia.

Da un punto di vista esoterico, l'Arca è lo scrigno del sapere Divino, della conoscenza, della parola perduta. E chi la troverà si impossesserà di questa conoscenza.
Da un punto di vista puramente archeologico, è un reperto particolarmente importante ed antico con una grande valenza religiosa. Per una corrente ebraica e' l'oggetto ritrovato il quale si potra' costruire il terzo Tempio.

Che fine ha fatto l'Arca?

Per molti studiosi sarebbe andata distrutta verso il VI se c a. C., ma sono tutt'ora molte le teorie che, basandosi su piu' o meno attendibili indizi storico-archeologici si dicono sicuri di sapere il luogo in cui potrebbe trovarsi.

Abbiamo gia' detto della possibilita' che si trovi ,nascosta da Geremia, nel monte Nebo (ipotesi biblica),

ma esiste anche una " ipotesi ebraica" secondo cui, in realta', nascosta dai sacerdoti al saccheggio assiro babilonese e successivamente,a Tempio ricostruito, rimessa in loco, si troverebbe ancora a Gerusalemme, dove peraltro le autorita' religiose impediscono di effettuare ulteriori ricerche considerandole profanazioni dei luoghi sacri. Interessante e' "l'ipotesi etiopica", contenuta nel Kebra Nagast ( Libro della gloria dei RE) libro sacro ai falasha (ebrei etiopi) che si rifa' alla storia della Regina di Saba la quale desiderosa di conoscere Salomone , sarebbe andata fino a Gerusalemme e li' avrebbe avuto da lui un figlio, di nome Menelich (figlio dell'uomo saggio), il quale all'eta' di sedici anni , volendo tornare in patria, ricevette dal padre in dono una copia dell'Arca. Ora pare che Menelich abbia sostituito la copia falsa con la vera, portandola con se' in Etiopia. Ancora adesso ad Axum, ogni anno , con una cerimonia che attira migliaia di persone, l'Arca sarebbe portata in processione nascosta , pero', da un pesante drappo, in quanto a nessuno sarebbe concesso vederla, se non alla persona incaricata di custodirla e che dedica a questo compito tutta la sua vita. Ovviamente esiste anche "l'ipotesi Babilonese",secondo la quale Nabuccodonosor avrebbe trovato la reliquia portandola a Babilonia dove si troverebbe ancora.

Intrigante e' poi "l'ipotesi Templare" secondo la quale sarebbe stata trovata durante i loro scavi. O anche quella che racconta come i tesori del Tempio, portati a Roma da Tito dopo la seconda distruzione del Tempio(e quasi tutti scolpiti sulla omonima Colonna, ) venissero poi dai Visigoti, dopo il sacco di Roma del 400, trasferiti nel sud della Francia .

Mille anni prima che gli Ebrei si trovassero nell'area che conosciamo come Egitto, gli Egizi erano in possesso di quella che veniva definita "Ark of the Contract" (L'Arca del Contratto), descritta come una scatola contenente oggetti sacri e testimonianza dell'accordo della divinita' con il faraone. Avrebbe poi mutato il suo nome in Arca dell'Alleanza e sarebbe stato per il furto di questa , perpetrato da Mose' gia' iniziato al culto di Akethon,che il Faraone avrebbe impiegato le sue truppe migliori per inseguire gli ebrei, non certo per la fuga di quelli che venivano considerati dagli egiziani solo un gruppo di straccioni.

L'ultima , ma non certo esaustiva ipotesi e' che la reliquia si possa trovare nella chiesetta di Rennes le Chateau ( di cui avremo modo di parlare in uno dei nostri prossimi appuntamenti).

La leggenda del " SANTO GRAAL"

L'abitudine a venerare i luoghi dove erano sepolti santi e martiri, inizialmente orientale, si diffuse in occidente con la convinzione che i resti che custodivano potessero operare miracoli. Successivamente subentro' il bisogno di " possedere" quelle reliquie (ossa , capelli, abiti ecc..) , per potere in qualche modo impossessarsi di qualcuno di quei poteri. Lo stesso Hitler, per non andare lontano, cerco' affannosamente di recuperare alcune delle reliquie piu' importanti, convinto che il loro possesso gli avrebbe consentito di conquistare il mondo.

E' ancora un mistero come sia nato il mito del Graal.

Il termine Graal deriva , molto probabilmente, dal latino medievale "gradalis", che vorrebbe dire coppa, scodella, catino. Secondo la tradizione sarebbe il calice che Gesu' Cristo uso' nell'ultima cena e nel quale Giuseppe d'Arimatea avrebbe poi raccolto le poche gocce di sangue uscite dal suo costato, e che avrebbe conservato fino alla morte , quando lo consegno' al fratello che lo porto' in Bretagna , nel castello di Corbenic.

Il contatto con il sangue di Gesu' avrebbe trasmesso alla coppa grandi poteri mistici, cosi' come, analogamente, alla lancia del centurione Longino o alla Sacra Sindone. In realta' il termine Graal fa la sua comparsa per la prima volta nel 1190 nel romanzo incompiuto del francese Chretien de Troyes "Parsifal ou le conte du Graal", dove le avventure del giovane cavaliere si mescolano con quelle di re Artu' e del Re Pescatore. E' nel 1202 che Robert de Boron , nel suo " Joseph d'Arimathie, Le roman de l'estone don Graal" abbina il nome alla coppa dell'ultima cena. Nel XIII secolo Wolfran von Eschenbach nel suo "Parzifal" indica il Graal come una pietra magica (Lapsit Exillis) fonte di ogni bene ( e per questa ragione alcuni vi trovano legami con la ricerca della pietra filosofale, concepita da Nicolas Flamel, Gran Maestro del Priorato di Sion dal 1398 al 1418). La storia del Graal, pero', non e' una sola. Secondo molti passa dall'Inghilterra, da Glastonbury (la mitica Avalon), dalla Cornovaglia, ma anche dall'Oriente, dalla Puglia, dalla Francia meridionale ecc..

Il Graal, del resto, non sarebbe solo una reliquia, ma avrebbe un forte significato simbolico ed esoterico, e rappresenterebbe uno strumento di conoscenza e di evoluzione spirituale. E prima di essere un mito cristiano e' stato un mito celtico, come racconta, ad esempio, il Calderone del Dagda, la "Coppa della vita" della tradizione celtica...

Sono innumerevoli i posti in cui viene indicato il nascondiglio del Graal e, tanto per citarne solo alcuni, si potrebbe nascondere in Francia nel castello di Gisors, in quello di Montsegur, nella chiesetta di Rennes le Chateau, o in Italia, come a Torino (citta' magica per eccellenza), o a Castel del Monte (vicino ad Andria)

o addirittura a Oak island, negli Stati Uniti.

Tre scrittori inglesi, Lincoln,Leigh e Baigent hanno ipotizzato una ulteriore versione. Infatti , prendendo in esame la cosiddetta "linea del sangue" ( da SAN GREAL e' facile passare a SANG REAL - sangue reale-) il graal non sarebbe una coppa ma, appunto, la discendenza di Gesu' Cristo. In quest'ottica Gesu' avrebbe avuto dei figli da Maria Maddalena la quale lasciando la Palestina ed approdando in Camargue, avrebbe permesso di dare origine, in Francia, alla dinastia dei Merovingi. Il Graal sarebbe stata, in definitiva, la stessa Maddalena, vero contenitore del sangue di Cristo che continuerebbe a scorrere nelle vene di sedicenti discendenti protetti da un fantomatico "Priorato di Sion". Questa teoria ha dato vita al famoso libro di Dan Brown "Il Codice Da Vinci", successo letterario senza precedenti.

Una fonte molto importante su questi avvenimenti, del resto ,ci e' fornita dai Vangeli gnostici, quei Vangeli che la Chiesa non ha accettato (vangelo di Tommaso, di Maria, di Filippo, ecc..). Da notare che i Vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni sono gli unici a non fare parola del matrimonio di Gesu'.

Colpisce, a tal proposito, la frase del Vangelo di Filippo che, riferendosi a Maria Maddalena dice testualmente: "Cristo la amava piu' di tutti gli altri discepoli, e la baciava spesso sulla bocca."

Come si vede, molte sono le ipotesi su cosa sia o in quale luogo sia nascosto il Graal, e forse prima o poi le tante domande avranno una risposta. Ma probabilmente il suo fascino sta proprio nel fatto di continuare a rimanere un "mistero".

LA DONAZIONE DI COSTANTINO.

La donazione di Costantino (in latino Constitutum Costantini) riproduce un editto attribuito all'imperatore Costantino I in data 313 d.C. e conservato in copia nei Decretali del IX secolo.

In esso l'imperatore stabiliva alcuni punti fondamentali che avrebbero cambiato il corso della storia. Anzitutto concedeva a Papa Silvestro I, (e ai suoi successori), il primato sugli altri patriarcati (Antiochia , Alessandria , Costantinopoli e Gerusalemme) ; attribuiva poi ai pontefici le insegne imperiali e la sovranita' temporale su Roma, l'Italia e l'intero impero Romano d'Occidente, donava proprieta' estese fino in Oriente nonche' la proprieta' del palazzo Lateranense. IL testo, giunto a noi in greco e in latino, e' la dimostrazione di quale fosse la politica della chiesa romana nel periodo Carolingio. Naturalmente nessuno si sogno' di mettere in dubbio tale documento e tutti riconobbero l'autorita' papale anche a discapito di quella imperiale.

Peccato, pero' , che nel 1440 Nicola Cusano e l'umanista Lorenzo Valla, con una celebre dissertazione che tradiva lo sdegno di un uomo nei confronti di una truffa durata secoli, dimostrarono, al di la' di ogni dubbio, tramite analisi storico-linguistiche, come tale documento fosse apocrifo e del tutto privo di alcuna legittimazione. La Donazione di Costantino, insomma, altro non era che un " CLAMOROSO FALSO".

Famoso il giudizio negativo che della donazione diede Dante Alighieri nel "De Monarchia":

"Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre , non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre"

E pensare che ancora nel 1493 papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) intervenne nella disputa tra Spagna e Portogallo, rivendicando le isole del Nuovo Mondo, in quanto "ad occidente di Roma" e quindi ricadenti nella donazione. . La donazione di Costantino includeva infatti le isole della 'parte occidentale' dell'Impero Romano e all'epoca dell'emissione della bolla non era certo ancora noto che i nuovi territori, frutto di recentissime scoperte, si sarebbero rivelati essere un nuovo continente; sicché l'intero oceano Atlantico, con le nuove 'isole', vi era considerato parte dell'antica metà.

D'altre parte che si trattasse di un falso grossolano era evidenziato dall'uso, ad esempio, di parole come Costantinopoli e feudo, ancora di la' da venire.

La Chiesa tardo' moltissimo ad ammettere la falsita' del Documento ed anzi continuo' ad usarlo sostenendo che la Donazione era un ringraziamento di Costantino a Silvestro I che lo aveva guarito dalla lebbra.

La Donazione fu pubblicata solo nel 1517, per giunta in ambiente anglicano, e fu usata in funzione antipapale. Martin Lutero la sfrutto' per definire la chiesa come dominio di Satana.

Nel 1559 lo scritto del Valla venne addirittura inserito nella lista dei libri proibiti perche' pericolosi per la fede.

Chi ha scritto il documento e quando? Non e' semplice rispondere a queste domande. Ci sono due ipotesi principali : sarebbe stato composto all'epoca di papa Stefano II (seconda meta' dell' VIII secolo ) per giustificare la creazione dello Stato della Chiesa, o viceversa ideato in occasione dell'incoronazione di Carlo Magno (800) a imperatore del Sacro Romano Impero. E per secoli tutti hanno creduto che fosse autentico, anche gli avversari del potere temporale dei papi!

La Donazione venne usata dalla Chiesa nel medio-evo per avvalorare i propri diritti sui vasti possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare le proprie mire di carattere temporale ed universalistico.

Restano fortemente discordi le opinioni sull'area di origine della falsificazione, occidentale (Roma; i monasteri di Saint-Denis o di Corbie, in Francia) oppure orientale (l'autore sarebbe un monaco bizantino rifugiato a Roma).

L'argomento fu trattato in modo competente, in alcune sue lezioni di "metodologia storica", dallo storico Federico Chabod, che poi lo riportò in un suo libro, dato alle stampe nel 1969dall'editore Laterza sotto il titolo Lezioni di metodo storico.

" Di vari fiori ad un gran monte passa

ch'ebbe gia' buon odor, or putia forte questo era il dono (se pero' dir lece) che Costantino al buon Silvestro fece. "

" Con questi versi Ludovico Ariosto suggeriva di cercarla sulla Luna. Era lì, secondo la fantasia del poeta, che era andata a finire la Donazione di Costantino, il falso decreto imperiale che legittimava il potere temporale della Chiesa. Quando il paladino Astolfo va alla ricerca del senno di Orlando, si ritrova in una misteriosa valle lunare che custodisce quanto sulla Terra è andato perduto. Ci sono cose come le lacrime e i sospiri degli amanti, la gloria e le corone degli antichi re, ed in mezzo svetta una montagnola di fiori marci. A questo, secondo il poeta, si era ridotta la celebre Donazione: una cianfrusaglia lunare. Destino favoloso e irreale, per un testo che è l'apoteosi del falso. Un falso che ha fatto la storia più di tanti documenti veri. Una vera e propria bugia dalle gambe lunghe.

CHI ERANO I MEROVINGI ?

La dinastia dei Merovingi deriva dai Sicambri, una tribu ' dei Franchi. Il periodo della loro ascesa coincide con l'epoca di re Artu', epoca che costituisce il fondo delle storie sul Santo Graal. La storia non e' prodiga di informazioni su questo popolo, anche perche' la cultura, in quel periodo, era monopolio della chiesa di Roma e le notizie giunte a noi rappresentano degli interessi ben precisi. Il re da cui presero il nome e' immerso in storie mescolate a leggende. Meroveo, infatti, sarebbe figlio di due padri, essendo sua madre, mentre era incinta, stata violentata da un mostro marino chiamato Quinotauro (che forse simboleggia l'incontro con un popolo venuto da oltremare).I Merovingi godevano di fama particolare, circondati da aloni di magia, esoterismo e incantesimo (non a caso contemporanei di mago Merlino). Venivano chiamati spesso "re lungochiomati" o anche "re taumaturghi". Non si tagliavano mai i capelli nei quali, sostenevano, si celava la loro virtu' (come Sansone). Vero o falso che fosse, quando Childerico III fu deposto, gli furono tagliati i capelli per espresso ordine del Papa. Quando morivano veniva praticato sul cranio un foro, forse per consentire all'anima di fuggire per unirsi col divino (e da questa usanza sembra derivare la tonsura pretale).

Simbolo sacro era l'ape (ne furono trovate molte,d'oro, nelle tombe dei re. Del resto anche il mantello di Napoleone era cosparso d'api, simbolo di resurrezione .Sostenevano di discendere dall'antica Troia (il che giustificherebbe nomi troiani come Troyes o Paris ( Paride).I figli dei merovingi erano considerati re non appena compiuti dodici anni . In realta' si trattava di figure rituali, di re-sacerdoti, che regnavano ma non governavano. E per questo motivo erano anche detti "rois faineants -re fannulloni". Che i re definiti in modo ignominioso "fannulloni" fossero dei taumaturghi è dubbio. Nondimeno è sospetta la nonchalance con cui la Chiesa di Roma si affrettò a convalidare l'usurpazione merovingia, come è inquietante lo sterminio di quasi tutti gli eredi della dinastia. Uno degli ultimi discendenti fu Guglielmo di Gellone (morto nell'anno 812), eroe della Chanson de geste che, per alcuni studiosi, edificò la chiesa di Rennes-le-Château nel IX sec. Con Rennes-le-Château
lo scenario si allarga alla Francia pirenaica, mentre il cenno di Gregorio di Tours ai "re pescatori" ci introduce nel mondo meraviglioso del Graal e forse ci porta in Oriente dove, stando a certuni ricercatori, si trovava la città del "re pescatore", Edessa, centro legato alla leggenda del re Abgar che, colpito dalla lebbra, guarì grazie ad un'effigie rappresentante Cristo.

Il piu' importante re merovingio fu senza dubbio Clodoveo, il quale elesse capitale Parigi e, repentinamente, si converti' al Cristianesimo. Questa nuova condizione fu favorita dalla Chiesa che aveva assoluto bisogno di un braccio armato che la rappresentasse (si ha notizia di numerosi incontri di Clodoveo con S. Remigio), che le permettesse di combattere con forza adeguata le eresie e di assumere importanza assoluta alla pari della chiesa di Costantinopoli. Si ricorda che il vescovo di Roma solo dal 390 aveva cominciato a farsi chiamare Papa, ma che la sua importanza non era ancora "supremazia". Il patto tra Clodoveo e la Chiesa ebbe conseguenze fondamentali per la Cristianita'.In quel periodo esisteva una fede gnostica che considerava Gesù creatura umana e la Chiesa di Roma si considerò vincitrice quando Clovis I chiese di essere battezzato sotto le pressioni della moglie Clotilde. Roma cosi' garantiva ai Merovingi il diritto di ereditare il trono per i secoli futuri. La Chiesa si lego' quindi non solo a Clodoveo ma anche ai suoi successori, un po' come il patto che nell'Antico testamento Dio strinse con re Davide, e che non poteva essere infranto. Dopo la morte di Clodoveo furono i cosiddetti "Maestri di palazzo" ad assumere sempre piu' potere (in realta' erano loro ad occuparsi delle questioni del regno ) Nel tempo si moltiplicarono intrighi e lotte segrete, fino a quando, intorno al 660, l'ultimo re Dagoberto II, prima rapito dal maestro di palazzo Grimoaldo, poi fuggito in Irlanda e poi ritornato per sposare Gisele di Razes (il matrimonio avvenne nella chiesa della famosa cittadina di Rennes le Chateau, ) e proclamarsi re d'Austrasia, venne ucciso nel sonno durante una battuta di caccia per volonta' del maestro di palazzo Pipino il Grosso. La Chiesa non ci mise molto ad avallare l'opera degli assassini. Dopo Pipino il Grosso fu la volta di Carlo Martello, nonno di Carlo Magno. Alla sua Morte, nel 741, Pipino il Breve rivendico' il trono che il Papa riconobbe sollecitamente, violando cosi' il patto stipulato con Clodoveo due secoli prima, dando origine alla dinastia dei Pipinidi, cui subentro' rapidamente quella dei Carolingi. Con la deposizione di Childerico III e con l'inconorazione di Pipino III la Chiesa raggiunse contemporaneamente molteplici obbiettivi. Anzitutto , la dinastia Merovingea eliminata.

In secondo luogo dei semplici cortigiani, i Carolingi, assurti a Re e successivamente a imperatori d'Europa. Terzo, L'eliminazione dell'Arianesimo e del Cristianesimo Celtico. Per ultimo, l'affermazione, attraverso i Carolingi, della cosiddetta "Donazione di Costantino" (di cui avremo modo di parlare ) .

IL "LIBRO" BIBBIA ( STORIA DEL "LIBRO" BIBBIA)

Trovandosi nella necessita' di completare un testo come "TMTNT", inserendo le vocali mancanti, si potrebbe ottenere alternativamente, "TI AMO TANTO", oppure "TU MI TENTI", o ancora  "TEMO I TONTI", e chissa' cos'altro.      

Eppure questo e' il problema di chi voglia cimentarsi  nella traduzione degli antichi testi ebraici. Infatti  occorre   ricordare che l'antico ebraico era scritto  con continuita'  (non esistevano spazi tra le parole), senza distinzione tra maiuscole e minuscole e, soprattutto, senza vocali. 

Si contano circa 450  traduzioni (meglio sarebbe dire "versioni") , tra parziali e complete, dei libri biblici anteriori all'invenzione della stampa (1455), e tutte quante parafrasate sulla falsariga della Vulgata.

La vulgata e' la traduzione che fece San Girolamo all'inizio del V sec, quando per la caduta dell'impero romano occorse una versione latina della Bibbia, e  che, e  sono parole sue,  non opero'   traducendo parola a parola (cosa, come abbiamo visto, impossibile) , ma senso a senso. In  alcuni casi, addirittura, fu necessario " mettersi d'accordo", come successe per la Bibbia dei Settanta (Septuaginta) .                                                                                                                                                                           

Questa e' una delle motivazioni della diversita' tra le varie traduzioni.
 
I libri del Vecchio Testamento furono scritti da decine e decine di autori diversi, anche in tempi di molto successivi ai fatti che descrivono, approssimativamente dal 1400 a.C. al 400 a.C. I libri del Nuovo Testamento furono scritti approssimativamente dal 40 d.C. al 90 d. C, dagli apostoli e loro collaboratori. Così sono trascorsi circa 3400 anni. In questo periodo i manoscritti originali sono andati persi. Essi non esistono più. Inoltre durante questo stesso lasso di tempo i libri della Bibbia sono stati copiati e ricopiati  migliaia e migliaia di volte. Teniamo in conto, anche, che quando si fa una traduzione si possono commettere , e si commettono, errori di tre tipi:  ' Anzitutto c'e' l'errore di copiatura , come ad esempio quando uno scriba attribui'  una maiuscola all'aggettivo lucifero, facendolo diventare nome  proprio, e siccome era riferito a Nabucodonosor (che per gli ebrei rappresentava il male assoluto), fini' per indicare Satana in persona.

Altro errore possibile e' quello della contestualizzazione. La parola "Vergine", per dirne una, che noi intendiamo come "non conosce sessualita' ", anticamente voleva semplicemente dire "non ancora in eta' da marito". E l'ultima possibilita' e' quella della alterazione deliberatamente voluta.     Ed esempio di quest'ultimo caso e' quello della parola "filioque"  che cambio' il Credo Niceno aggiungendo alla famosa frase per cui lo Spirito Santo  "procede dal Padre" quel "filioque " (anche dal figlio), che prima introdotto nel concilio del 589, poi negato in quello del 767, fu riaffermato definitivamente nel 809, e fu la causa ultima dello  Scisma con la chiesa ortodossa d'oriente del 1054. Si calcola che, nel mondo, le lingue importanti siano oltre 2500 (in aggiunta a circa 4000 minori), e che la Bibbia sia stata tradotta, piu' e piu' volte, in tutte quante. 

La prima traduzione in italiano fu del  Malermi (1471), mentre la piu' diffusa fino al 1790 fu quella di Antonio Martini. Quella usata attualmente nel rito liturgico e' quella CEI del 1971, rinnovata piu' volte sino all'ultima del 2008. Alcune traduzioni, in passato, hanno finito per avere larga influenza linguistica nei paesi in cui sono state adottate. Cosi' e' accaduto per la traduzione in tedesco di Martin Lutero (1534), o quella medioevale di John Wycliff, o ancora quella di Re Giacomo (anglicana) o quella di Ginevra (protestante).  La Bibbia ebraica di riferimento per ebrei e cattolici e' oggi la Bibbia di "Stuttgard", copia prima (errori inclusi) dell'antico testo masoretico (quello definito, tra l'ottavo e il decimo secolo d.c., da alcuni ebrei masoreti (letteralmente : custodi della tradizione)). Per la precisione alcune differenze tra le Bibbie derivano dal fatto che non tutti i libri antichi sono sempre accettati al loro interno, ma che spesso, per deliberata scelta, alcuni di essi , per motivi vari, sono deliberatamente omessi.

Tra le differenti religioni e confessioni religiose si trovano notevoli diversità sia sul modo d'intendere l'ispirazione della Bibbia, sia sulle effettive liste dei libri considerati "canonici". Esistono pertanto diversi canoni:                                                                         - canone ebraico;

A grandi linee, c'è una rilevante difformità tra i vari canoni cristiani da un lato e quello ebraico e samaritano dall'altro: questi ultimi due canoni non accolgono i libri del Nuovo Testamento relativi a Gesù. Il libro di Enoch e' accolto solo nella bibbia copta, ecc..

Nell'ambito cristiano le distinzioni sono limitate ai libri dell'Antico Testamento.

I testi che non sono accolti in un determinato canone sono detti "apocrifi".

Alcuni possono considerare la Bibbia  un importante testo di riferimento storico, ma  per i credenti esso e', e resta,  un libro di fede. Detto questo,  pero ', non si  puo' negare che essendo  il libro piu' letto e tradotto di tutti i tempi, non possa considerarsi  , inevitabilmente, anche il piu'  "manipolato " in assoluto.

I MISTERI DELLE CATTEDRALI GOTICHE.

Il periodo che molti considerano "buio", quel Medioevo che per convenzione va dalla caduta di Roma alla scoperta dell'America, prima dell'avvento del Rinascimento, 'in realta' offre uno dei momenti piu' alti dell'arte di tutti i tempi: L'arte Gotica.

La parola "gotico", secondo alcuni, deriverebbe da Goti (barbari) ed avrebbe senso dispregiativo .Secondo Fulcanelli (che scrisse il famoso libro "Le Cattedrali dei misteri"), "art gotique" verrebbe da "argotico" lingua criptica e gergale intesa solo da iniziati.

Lo stile gotico appare "improvvisamente" intorno al 1050, sostituendosi a quello Romanico, caratterizzato da mura pesanti e poderose e da interni bui , "inventando" mura sottili e alleggerite da sontuose vetrate policrome , dove la luce diventa componente essenziale della costruzione e dove il soffitto viene spinto verso l'alto da contrafforti (archi rampanti) che sembrano innalzarlo avvicinandolo al cielo.

Il periodo gotico dura circa 300 anni, lo stesso che vide in auge i cavalieri Templari e che declino' con la loro scomparsa. Alcuni vogliono che siano stati proprio loro ad avere scoperto il famoso manuale che appartenne a Salomone detto "Delle Leggi Divine dei pesi, dei numeri e delle misure" dandolo poi ai costruttori gotici.

Certo che in trecento anni venne utilizzata una quantita' di pietra superiore a quella occorsa all'antico Egitto per costruire le Piramidi.

Ed e' anche vero che da quando si comincio' a costruire la prima cattedrale, quella di Sens , tutta indistintamente la mano d'opera francese disponibile, intendendo tutti fra operai, artigiani, architetti , falegnami e cosi' via, fu impegnata in tali opere (si stima circa 400 grandi chiese e 30.000 chiese parrocchiali) nonostante che nemmeno un solo piano di fabbricazione sia sopravvissuto e sia in nostro possesso. E questo proprio mentre in Europa tutti gli sforzi erano concentrati nell'organizzazione di difficili e dispendiose crociate. Le nozioni che entrano in ballo nella costruzione di una cattedrale gotica sono di una profondita' estrema, perche' implicano la conoscenza di matematica, fisica,statica, resistenza dei materiali, ad un livello che definire "universitario" sarebbe riduttivo. Infatti questo sapere comporta conoscenze esoteriche come la geometria sacra , l'alchimia, l'astronomia, la Cabala. Dal che viene naturale arrivare al concetto di Tradizione, ovvero a quella somma di conoscenze protette da assoluto segreto che legherebbe i relativi associati. Ne consegue la possibilita' di dare alle cattedrali una duplice lettura , quella "letterale" a cui si fermerebbero i comuni fedeli , e l'altra criptica riservata agli iniziati. Da qui il nome dato alle cattedrali di "Libri di pietra", che solo alcuni, pero', sarebbero in grado di interpretare. Le varie parti delle navate, del coro e del transetto, nelle cattedrali, sono tra loro nello stesso rapporto armonico della scala musicale sotto la legge dell'ottava (scala diatonica musicale), tanto che alcuni hanno anche provato a tradurlo in musica ("Le Cattedrali cantano") .I luoghi in cui sorgono le Cattedrali sono sacri e per lo piu' gia' dedicati al culto della "Grande Madre" (allineamenti megalitici), dove si incontrano particolari "forze energetiche" terrestri( "geomanzia"), spesso scelti anche da antiche strutture religiose. Le Cattedrali sono tutte dedicate alla Vergine Maria (San Bernardo, che istitui' l'Ordine dei Templari, era devotissimo alla Madonna), e risultano disposte in modo tale da rispecchiare "esattamente" la disposizione delle stelle della Costellazione della Vergine. Inoltre sono orientate in maniera che chiunque percorra la distanza dall'ingresso all'abside, in realta' si muova verso oriente e verso Gerusalemme. I simboli e le allegorie si sprecano, come i labirinti che rappresenterebbero un percorso di iniziazione, e che adesso spesso, stupidamente, sono nascosti da panche e sedie. I riferimenti alla Madonna sono molteplici e ve ne sono anche a Madonne dal volto scuro (Le Vergini Nere), che tramandano il culto della dea Iside (dea della Terra). A Chartres ve ne sono due. In tutta Europa sarebbero circa 500 (di cui una anche a Tindari). La stessa Madonna sarebbe la cristianizzazione di questa figura troppo radicata nell'immaginario popolare, da poter essere estirpata del tutto. Per questo, i costruttori delle cattedrali gotiche avrebbero colorato in modo diverso il volto della Vergine cattolica, affinché coloro che "sapevano" avrebbero facilmente compreso di chi si trattasse realmente . Curioso l'allineamento tra la Cattedrale di Chartres e la piramide di Cheope, lungo il quale Federico II di Sicilia, volle edificare Castel del Monte, vicino ad Andria e conosciuto come il castello dei misteri.
Ma questo vuol dire che, probabilmente, l'Imperatore conosceva – grazie ai monaci cistercensi – i segreti che la grande cattedrale francese celava. Segreti che, ancora una volta, sembrano richiamare la geometria sacra ben conosciuta dagli architetti dell'Antico Egitto.

Anche i "ritmi dell'universo venivano rappresentati
Ad esempio, attraverso lo sfruttamento della luce del sole in giorni precisi dell'anno. La Piramide di Cheope ha alcuni condotti orientati in modo tale da far entrare all'interno raggi di sole in giorni particolari.
Ugualmente le torri di Castel del Monte proiettano ombre precise in certi giorni
E a Chartres il 21 giugno, a mezzogiorno, un raggio di sole va a colpire una mattonella metallizzata, e la mandorla del rosone, rappresentante la Vergine, ad agosto viene attraversata da un raggio di sole che va a proiettarsi sulla rosa posta al centro del labirinto . Il nome dato alle cattedrali fu di Notre-Dame (Nostra Signora) , mentre in Sicilia le chiese dedicate alla Vergine Madre presero il nome espressivo di Matrici. Al contrario di oggi, , nel Medioevo i numeri rivestivano un'importanza "sacra", e tutta l'armonia della struttura era basata su una " Fisionomia Numerica". La pianta delle cattedrali gotiche e' generalmente a croce latina, incrociando il cammino verso l'altare con l'asse verticale, spirituale, con i bracci orizzontali (la Terra). I costruttori, riuniti in associazioni di "Liberi Muratori" depositari di conoscenze impensabili, erano probabilmente tenuti al segreto e vennero definiti "Compagni di Dovere e Liberta' ". A proposito di questo fatto e' famoso un aneddoto: Tre uomini lavorano la pietra in un cantiere, ed un passante chiede -Che fate?- Mi guadagno il pane-risponde il primo. -Faccio il mio mestiere- risponde il secondo.- Sto costruendo una Cattedrale- dice il terzo. E quest'ultimo e' sicuramente un" Compagno". Si e'detto della luce. E questa ,nelle Cattedrali, si identifica con le vetrate ,esse stesse un mistero nel mistero. Nessuna analisi ha saputo fino ad ora svelare il segreto del vetro , non un semplice vetro colorato, ma un composto capace di trattenere la luce e splendere diventando esso stesso luminoso, a causa di una iridescenza particolare per cui anche colpito dalla luce solare, non trasmette il suo colore , come qualunque vetro tinto, ma solo un chiarore diffuso. Il vero "vetro di vetrata" nasce in Persia nel IX secolo, ma appare in Europa agli inizi del XII , con le cattedrali. La vetrata "colorata" fa la sua apparizione nella Cattedrale di Saint-Denis e tutte le vetrate di questa qualita' furono donate da un certo abate Suger, che non rivelo'a nessuno il segreto della sua arte. Oggi di quelle vetrate ne restano poche. Molte hanno ceduto a incendi e guerre, alcune alla stupidita', come quella di un vescovo che distrusse le vetrate di Notre-Dame di Parigi , per fare " piu' luce". Oggi , per lo piu', si tratta di vetro colorato. E'chiaro che costruzioni del genere richiedevano il lavoro complice di maestri diversi. Dell'astronomo, per studiare i movimenti stellari, del vetraio per sapere dove fare gli opportuni fori, dell'architetto per disporli in maniera adeguata, ecc.. Proprio per questo motivo , per tutti questi vincoli a cui la costruzione "doveva " sottostare, e nonostante il risultato sia evidentemente meraviglioso, molti si chiedono se osservare piu' il concetto di "razionale o di "utile", invece che affidarsi al libero pensiero , possa in qualche modo modificare il concetto di "Arte", cosi' come oggi noi lo concepiamo.

LA "RECONQUISTA" SPAGNOLA .

Alla morte del re visigoto Witica il figlio Agila, per battere il contendente Roderico , chiamo' in aiuto gli arabi nord-africani Omayyadi, diventando cosi' il maggiore responsabile della conquista musulmana della penisola iberica. Infatti, dopo avere riportato l'eclatante vittoria del Guidalete nel 711, gli arabi non consegnarono il regno ad Agila ,ma decisero di proseguire la loro marcia. I Mori, ( intendendo con questo termine gli africani del nord, essenzialmente berberi, mentre gli arabi venivano intesi come Saraceni), conquistarono rapidamente citta' importanti come Toledo, Siviglia, Saragozza, ecc.. ma furono fermati da Carlo Martello nella famosa battaglia di Poitiers, e stabilirono il loro califfato a Cordova, separandosi definitivamente dal califfato di Baghdad.Tutta la zona sotto il loro controllo si chiamo' Al- Andalus (da cui Andalusia). Da quel momento comincio' il lento cammino della reconquista che duro' circa 750 anni e che vide fasi ed alleanze alterne, in cui le stesse citta ' furono perse e conquistate piu' volte. A questo processo si associo' un'idea romantica della storia , anche per il verificarsi di episodi di grande eroismo (non si possono dimenticare, ad esempio, le gesta del Cid Campeador, che pure combatte' anche per i musulmani, o la ben nota imboscata di Roncisvalle, dove peri' Orlando, il migliore dei Paladini di Francia, protagonisti a lungo della famosa "Opera dei Pupi" siciliana). Ad opporsi all'invasione, Inizialmente, furono i piccoli regni pirenaici (Aragona, Navarra, Asturie) , e solo in un secondo tempo entrarono in campo i grandi regni cristiani ( Castiglia , Portogallo, Leon) spesso, peraltro, anche in lotta fra di loro . Negli ultimi anni di al-Andalus, , la Castiglia aveva la potenza militare necessaria a conquistare i resti del Sultanato di Granada, ma i re preferivano incassare i tributi imposti ai musulmani (parias), dal momento che il commercio granadino con il Vicino Oriente islamico e il Nordafrica era ancora florido e costituiva il principale mezzo con cui incassare il prezioso oro africano, che poi si diffondeva nell'Europa medioevale, strutturalmente a corto di tale metallo. Nell'Alto Medioevo, la lotta contro i musulmani in Spagna fu collegata alla lotta dell'intera Cristianità. Gli ordini militari come l'Ordine di Santiago, l'Ordine di Montesa e l'Ordine Militare di Calatrava, vennero fondati e chiamati a svolgere la loro attività militare nella Penisola iberica. I Papi chiamarono i cavalieri d'Europa alle crociate nella Penisola, tanto che navarresi, castigliani e aragonesi si unirono nella colossale e vittoriosa Battaglia di Las Navas de Tolosa (1212). Durante la dominazione araba eccezionale fu il sincretismo, anche culturale, tra cristiani, musulmani ed ebrei (con alcune eccezioni, come il massacro di Granada del 1066 dove vennero uccisi più di seimila ebrei dai musulmani, e le persecuzioni del periodo almohade) . Fondamentale fu l'apporto culturale arabo per quanto riguarda scienze come matematica, astronomia e medicina ,che da li' ebbero modo di diffondersi nel resto d'Europa. Fu solo nel 1492, dopo il matrimonio tra Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia ( Los Reyes Catolicos) che venne portato il vittorioso attacco contro l'ultimo baluardo arabo di Granada. Da ricordare , tra le tante, la battaglia di Collejares, dove per la prima volta i musulmani fecero uso di rudimentali fucili.

Quando i cristiani furono padroni del campo, pero', imposero ad ebrei e musulmani di convertirsi o espatriare lasciando, ovviamente, i loro beni. Molti lo fecero, (detti "conversos" se ebrei, "moriscos" se musulmani) altri finsero solo di farlo ("marranos"). Agli ebrei, in ogni caso, fu imposto di portare un panno colorato al braccio in una sorta di ghettizzazione, per essere "costantemente" riconoscibili. Ed anche qui si apri' la dolorosa piaga dell'Inquisizione, detta spagnola, affidata al tristemente noto Torquemada , che in soli 15 anni istrui' circa 10.000 processi e mando' al rogo oltre 2000 persone. Dopo la traversata di Cristoforo Colombo l' inquisizione si trasferi' anche nel Sud America, causando un numero eccezionale di morti, che si aggiungevano a quelli causati dalle infezioni e dalle epidemie portate dall'Europa e sino ad allora sconosciute.

Con l'espulsione degli Ebrei l'Inquisizione aveva campo libero. Infatti, dato che la sua autorità si estendeva per definizione solo sui Cristiani, ora che ogni Ebreo presente sul territorio era stato battezzato potevano anch'essi, se del caso, venire condannati come peccatori. In 200.000 gli ebrei vennero espulsi, per opera dei Cattolicissimi Reali Isabella e Ferdinando, dal neonato stato spagnolo, disperdendosi in Italia, nel Balcani, e in tutto il bacino del Mediterraneo. I rabbini lanciarono un grave cherem , un anatema, secondo il quale dopo quattro secoli una terribile minaccia fratricida sarebbe gravata sugli spagnoli. Così fu. La guerra civile spagnola con la dittatura franchista sarebbe stata la realizzazione di tale maledizione. Da ricordare il ritrovamento a Compostela (Galizia) nell'anno 813 , da parte dell'eremita Pelagio, di un corpo privo di testa che fu attribuito a S, Giacomo, che si crede abbia combattuto i Mori, e da cui il nome di Santiago Matamoros ("San Giacomo l'uccisore di mori"). Nel luogo venne edificato un tempio meta finale del "Cammino di Compostela".

Questa è la versione ufficiale sostenuta dalla Chiesa Cattolica nel corso dei secoli. Non va dimenticata anche una narrazione alternativa, non meno priva di sostegni storici, ma per ovvi motivi trascurata dalle autorità religiose, secondo la quale in questa Cattedrale è sepolto il vescovo eretico Priscilliano, processato e decapitato a Treviri nel 385, che e' considerato il primo martire cristiano vittima di cristiani.

2) I Cavalieri del Tempio: declino e fine

Filippo II il Bello, re di Francia, avversava profondamente l'Ordine dei Templari. Questo sia perche' gli era stato garbatamente rifiutato l'accesso del suo figlio maggiore che avrebbe dovuto, secondo le sue intenzioni, divenirne Gran Maestro, sia perche', quando fu dai templari salvato dalla folla inferocita per le tasse troppo elevate che aveva imposto, pote' constatare di persona le ricchezze accumulate nella sede parigina del tempio,e infine perche' l'Ordine sfuggiva completamente al suo controllo, essendo dipendente esclusivamente dal Papa. Enormi erano i crediti che l'Ordine vantava verso la casa reale, e del resto i Templari, benche' temuti e rispettati, erano a molti invisi specie da quando, venuti a cadere gli avamposti in Terrasanta, era svanita la motivazione principale della esistenza dell'Ordine stesso. Impadronirsi dei tesori dell'Ordine non era pero' cosa facile. Richiedeva un piano allo stesso tempo astuto e diabolico, proprio quello che il Re mise in atto con la complicita' fondamentale di tre persone. La prima era il guardasigilli Guglielmo di Nogareth, suo consigliere ed anima nera (che accompagno' lo Sciarra Colonna ad Anagni in occasione del famoso schiaffo a Papa Bonifacio VIII) e principale ideatore delle trame che si basarono sulla diffamazione pubblica usata come lotta per un ambizioso disegno di potere. L a seconda, senza la quale nulla sarebbe stato possibile, fu un prelato debole e ricattabile, certo Bertrand de Goth, che riuscì a far diventare Papa. Un Papa talmente asservito ai voleri del Re che acconsenti' anche a trasferire la sede del papato da Roma a Avignone e che, col nome di Clemente V, diede inizio al periodo cosiddetto dei papi "captives " (prigionieri). E l'ultima persona, non meno importante, fu Guglielmo, Grande Inquisitore di Francia e suo confessore personale. Contro i Templari venne preparata una lista di accuse che andavano dalla sodomia alla apostasia, dalla negazione di Cristo alla pratica di riti blasfemi e all'adorazione di idoli (baphomet), ed altre ancora. Tutte quante comportavano l'uso spregiudicato della tortura per ottenere confessioni spesso poi negate e rivolte a singoli templari ma con l'evidente scopo di farle intendere come sistemiche e coinvolgere quindi l'Ordine stesso.

Cosi venerdi 13/10/1307, all'alba, in tutta la Francia, contemporaneamente, i templari furono arrestati e i loro beni sequestrati. Nessuno di loro si oppose, ma In realta' l'operazione era di tale portata che qualcosa dovette trapelare , e si ha notizia di due convogli, formati da carri tirati da buoi e scortati da numerosi cavalieri, che alla vigilia dell'arresto mossero da Parigi l'uno verso i porti pugliesi dove forte era la presenza templare (famosa la torre di Ruvo di Puglia), e l'altro verso il loro porto di La Rochelle. Di entrambi si sono perse le tracce, il che ha dato luogo al fiorire di storie e leggende su tesori e documenti nascosti in luoghi misteriosi (come, ad esempio, a Rennes le Chateau ).

E ad onor del vero, a parte terreni e proprieta' inamovibili, di denaro e documenti, reliquie e vasi sacri, non fu trovato alcunche', con grande disappunto di Filippo. In ogni caso Clemente V , nel 1312, emise la Bolla con cui scioglieva l'ordine dei "poveri Cavalieri di Cristo", e Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro, dopo aver parzialmente ammesso sotto tortura le accuse rivoltegli, e dopo avere ritrattato, il giorno 18/03/1314 fu arso vivo nell'Ile de la Cite' (chiamata allora isola dei Giudei) sulla Senna. Pare che maledicesse sul rogo i suoi persecutori prevedendo per loro una rapida morte. Clemente V mori' dopo un mese e Filippo dopo otto mesi ,paralitico per una caduta da cavallo.

I templari ebbero diverse sorti in Europa. In Portogallo crearono un nuovo Ordine ( l'Ordine di Cristo), in Spagna confluirono nell'ordine di Calatrava , In Inghilterra furono blandamente interrogati e rilasciati. In Germania quasi tutti i processi si risolsero con assoluzioni. In Scozia rinforzarono le truppe di Robert Bruce.

Resta il mistero dei loro tesori perduti e del potere mistico delle reliquie ritenute in loro possesso.

Molte sono le teorie che vogliono i Templari facenti parte di una storia diversa,che li avrebbe portati all'estinzione in quanto si' eretici, ma solo perche' seguaci non di Cristo, ma di S. Giovanni ( Giovanniti, come dimostrerebbe il fatto che avessero rifiutato di prendere le armi contro i Catari), il che li legherebbe in un esoterico fil rouge , partito da assai lontano per giungere sino ai Rosa Croce e ai Liberi muratori (Massoneria) .E quindi, in qualche modo, presenti ancora ai nostri tempi.

Ma questa, appunto, e' un'altra storia.

(I) ASCESA E GLORIA DEI CAVALIERI DEL TEMPIO

I Cavalieri del Tempio, meglio conosciuti come Templari, sono con tutta probabilita' fra le piu' note figure storiche di ogni tempo. Questo perche' la loro immagine pervasa da un'aura di eroismo e mistero tutt'ora affascina e conquista. Certo e' che la loro avventura inizia sin da subito con una "coincidenza" che ha dell'incredibile. Risaliva infatti al 70 d.c., quando fu distrutto il secondo tempio di Salomone, l'impossibilita' di accedere alle sue rovine e ai segreti che si riteneva potesse ancora nascondere. Questa possibilita' si presento' per la prima volta ben 1000 anni dopo (nel 1118, per l'esattezza) , con la conquista di Gerusalemme da parte dei crociati guidati da Goffredo di Buglione, ed improvvisamente, come d'incanto , arrivano in Terra Santa nove cavalieri mandati da Bernard de Clairvaux (Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell'Ordine dei Cistercensi) e guidati da Hugues de Payns, con il dichiarato scopo di proteggere dai briganti le strade percorse dai pellegrini. Essi ottengono da Baldovino II , re di Gerusalemme, di stabilirsi presso il monastero di Nostra Signora di Sion, da lui stesso abitato sino ad allora, che , guarda caso, coincide con quelle che erano state le scuderie del Tempio di Salomone, per poi occupare tutta l'area compresa tra la Moschea della Roccia e la Moschea Al-Aqsa. Orbene, c'e' da dire che nessuno storico, mai, nemmeno il cronista personale di Goffredo di Buglione, ha riportato nelle sue note, che i nove cavalieri abbiano effettivamente svolto il compito per cui si erano proposti e si' che sarebbe stata una notizia da non trascurare. Sembra invece che i cavalieri non siano mai usciti dalla loro residenza e che si siano dedicati a piu' o meno misteriose ricerche.

Sembra infatti strano che Bernardo, come pure uomini come suo zio Andre' de Montbard o uomini facoltosi come il Conte di Champagne abbiano inviato nove cavalieri solo a sorvegliare delle strade. Sembra invece piu' logico credere che dovessero ottemperare ad una missione : la ricerca ed il ritrovamento dell'Arca dell'Alleanza e delle Tavole della Legge. Non sappiamo cosa trovarono i cavalieri durante i dieci anni delle loro ricerche, ma e' praticamente sicuro che qualcosa dovettero trovare. Certo che nel 1128, presso Troyes, su diretta istanza di Bernardo fu convocato un concilio, a cui parteciparono solo cistercensi e benedettini, appositamente per celebrare la nascita di un nuovo Ordine, cosa mai avvenuta prima, dipendente esclusivamente dal Papa in persona , e di cui lo stesso Bernardo scrisse la durissima "regola". Ogni templare faceva voto di carita' obbedienza e poverta'. Ogni singolo templare non poteva possedere beni materiali, ma l'Ordine invece si. Contemporaneamente,nel giro di pochi anni, l'ordine cistercense , che era sull'orlo della scomparsa, moltiplico' improvvisamente conventi ed abbazie aumentando considerevolmente la sua importanza. Economicamente,il Tempio tra donazioni e decime riusci' ad ammassare una impressionante quantita' di ricchezze tali da rendere l'Ordine in grado di rivaleggiare con re e sovrani. In Francia intere zone dette Balie ( circa 2000) comprendevano varie commende (fattorie) che a loro volta contenevano poderi (granges). Anche a Parigi si dice che arrivassero a possedere interi quartieri. Introdussero la "lettera di cambio" evitando cosi' il trasporto del denaro che allora era solo in forma metallica. Strettamente legate a loro sono le costruzioni delle cattedrali gotiche , di cui avremo modo di parlare. La loro potenza divenne tale da suscitare inevitabili gelosie ed invidie che ne causarono la decadenza. Il mito della cavalleria si diffuse con la"chanson de geste " che contribui' a trasformare la "cavalerie" in "chevalerie".Dal punto i vista militare divennero l'esercito piu' organizzato in assoluto. Erano fortemente determinati ; i primi ad entrare in battaglia e gli ultimi a ritirarsi ; Il loro vessillo bianco e nero (beauceant) incuteva timore assoluto. La loro vita era ispirata ad un rigore completo (non potevano baciare nemmeno la madre). Quando venivano catturati per loro era morte certa , non potendo pagare riscatto alcuno. Avevano una organizzazione perfetta e disponevano di porti e flotte. La loro nave " Fauchon" era la piu' grande che solcasse il Mediterraneo. Il loro motto era :"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam".I Cavalieri del Tempio hanno incarnato l'ideale della Cavalleria ed i nobili facevano a gara per entrare nell'Ordine. L'ultima grande battaglia in Terrasanta fu a San Giovanni d'Acri , dove gli ultimi 150 cavalieri furono trucidati da forze enormemente soverchianti. Da allora si ritirarono a Cipro e in Europa. Ma la rossa croce patente era ben lungi dallo scomparire....

LA CROCIATA CONTRO I CATARI ( 1209-1229).

L'eresia catara e' l'eresia medievale per eccellenza .In un periodo in cui la corruzione della chiesa dilagava e il dettame evangelico veniva sempre piu' disatteso, sorsero molti movimenti cosiddetti eretici, come ad esempio i bogomili, i pauliciani, i valdesi ecc.. , tutti aspiranti ad una vita fatta di carita' e purezza, che trovarono facile presa in una popolazione stanca di soprusi e angherie e a cui mancavano reali esempi di virtu' . I Catari (dal greco kataros, "puro"), erano un movimento che si diffuse in Europa dopo l'anno 1000 . Ebbe particolare successo nella Linguadoca , in Francia, dove riscosse l'appoggio anche di parte importante della nobilta' locale. Fu Papa Innocenzo III che considerando il catarismo un'eresia particolarmente pericolosa, giudico' che si dovesse estirpare con le armi. In realta' i Catari (o Albigesi, dalla citta' di Albi,) che si autodefinivano "Boni Homines" , professavano un credo dualista. Credevano in una netta divisione tra bene e male (di derivazione manichea ) , tra il re d'amore (Dio) e il re del male (Rex Mundi) , in lotta per contendersi il dominio sulle anime umane e consideravano impuro il mondo materiale e tutto cio' che ritenevano carnale . Si rifugiavano quindi nell'ascetismo ed in una vita vegetariana (mangiavano il pesce perche' non avevano idea di come si riproducesse ). Gesu' avrebbe avuto solo in apparenza un corpo mortale (docetismo) mentre tutto l'universo materiale sarebbe stato una trappola di Satana. Avevano un solo sacramento, detto "consolamentum", per separarsi definitivamente dal mondo terreno, che veniva impartito solo in punto di morte dai "Perfetti" (che vivevano di elemosina e rinunciavano a qualunque proprieta' terrena). Credevano nella reincarnazione. L'eresia catara veniva giudicata pericolosa perche' oltre ad avere una propria chiesa, i catari cercavano un rapporto diretto con Dio, eliminando cosi il ruolo e l'importanza della Chiesa come mediatrice. Persino Domenico di Guzman , futuro fondatore dell'Ordine dei Dominicani, si convinse che, per potere contrastare il catarismo ,la Chiesa dovesse dare l'esempio vivendo in umilta' e poverta' come gli albigesi. Spesso venivano organizzati dei veri e propri dibattiti, da cui la chiesa pero' usciva sempre malconcia. L'assassinio di un delegato pontificio in Provenza fu la goccia che fece traboccare il vaso e Innocenzo III chiese a Filippo Augusto re di Francia di promuovere una crociata contro i Catari, offrendo le stesse indulgenze concesse ai crociati in Terra Santa. Fu cosi' che si venne a compiere un vero e proprio genocidio. In pochi anni le cittadine della Linguadoca vennero prese d'assedio e conquistate una alla volta, cominciando da Beziers e poi continuando con Carcassonne, Albi, Castres , ecc... .A Beziers, nonostante non si contassero piu' di 500 catari, il massacro fu di 20.000 uomini. Il delegato pontificio Arnaud Amaury a chi gli chiedeva come fare ad identificare i catari rispose : "Uccideteli tutti, tanto Dio sapra' riconoscere i suoi" .Si calcola che circa 80.000 uomini siano periti per mano dei crociati , al comando militare del terribile Simone de Montfort , praticamente imbattibile in battaglia e ucciso solo casualmente da un colpo di mangano (specie di catapulta). Con l'assedio di Montsegur, dove i difensori preferirono tutti lasciarsi morire piuttosto che consegnarsi , si considera finita l'unica crociata di cristiani contro cristiani . Fu fondamentalmente per il timore che altre eresie potessero nuovamente radicarsi , ripetendo l'esperienza catara , che Gregorio IX istitui' il tribunale della Santa Romana Inquisizione e ne stabili' una sede ad Albi. Prima di poter riacquistare il rispetto perduto grazie al la creazione degli Ordini Domenicano e Francescano ,la Chiesa dovette pero' ricorrere a misure estreme, come ad esempio vietare il possesso della Bibbia o anche solo di parti di essa, pena la denuncia al tribunale stesso. In altre parti d'Europa, come in Lombardia, l'eresia catara ( i Patarini), venne combattuta tramite processi inquisitori e facendo ricorso spesso a torture e roghi, e si considera definitivamente compiuto il declino del catarismo quando nel 1278 furono portati al rogo 174 Perfetti nell'Arena della citta' di Verona. La fine dei Catari comporto' la fine della civilta' Provenzale e della lingua occitana.

--La storia è, per definizione, la trascrizione cronologica di tutti gli avvenimenti di cui l'uomo si è reso protagonista, sin dall'inizio dei tempi. E' ovvio, naturalmente, che ogni avvenimento è conseguente a quelli che lo hanno preceduto e condiziona in qualche modo quelli che lo hanno seguito.
E' anche vero, però, che alcuni di essi più di altri sono rimasti impressi nell'immaginario collettivo, e questo vuoi perchè più importanti, vuoi perchè più affascinanti, vuoi anche perchè tutt'ora circondati da mistero. Non è quindi, del tutto peregrino proporre di alcuni di questi dei cenni con la segreta speranza che possano, in qualche lettore, fare sorgere il desiderio di "saperne di più".

LA STORIA DELLA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA.

Quando Alessandro il Macedone, durante lo sfolgorante cammino che lo portò a conquistare la maggior parte del mondo allora conosciuto, occupò l'Egitto, fondò una città cui diede il proprio nome, Alessandria, destinata in breve tempo a divenire il porto più importante del Mediterraneo e centro di scambio con il mondo Ellenico.
Alla sua morte, nel 323 a.C., avvenuta quando aveva appena 37 anni, tutto il suo impero venne diviso, in mancanza di eredi, fra i suoi tre generali ( chiamati Diadochi ). L'Egitto toccò a Tolomeo, che così fondò la dinastia che da lui prese il nome e che si concluse con Cleopatra, l'ultima dei Tolomei. Fu proprio con Tolomeo I Sotere e col suo successore Tolomeo II Filadelfo che nacque e prese vigore la biblioteca di Alessandria, anche se alcuni sostengono che l'idea iniziale fosse partita addirittura da Aristotele, maestro di Alessandro.
L'intenzione era quella di rendere la biblioteca il centro assoluto dello scibile di allora, detentrice e distributrice di tutto il sapere in forma scritta mediante un uso sapiente delle copie dei manoscritti.
A dirigere la biblioteca furono chiamati i più colti e rispettati saggi dell'epoca ( il primo sovrintendente, nominato direttamente dal re, fu Zenodoto di Efeso ).
Svariate decine di scriba vennero inviate laddove erano custodite opere e manoscritti di ogni genere, per farne copie da riportare nella biblioteca, ed ogni nave che gettava l'ancora nel porto era obbligata a consegnare ogni manoscritto che si trovasse a bordo, di cui peraltro riceveva una copia. In breve tempo fu incredibile il numero di papiri e codici che trovarono posto nella biblioteca. Le stime sono variabili, ma alcune arrivano a contarne fino a 750.000, un numero assolutamente enorme.

Nella biblioteca si adottò un sistema di catalogazione che non è dissimile da quelli in uso tuttora.
I rotoli di papiro ( si ricorda che la lunghezza di un rotolo doveva, per convenzione, essere talmente lungo quanto bastava a contenere un dialogo di Platone ) venivano raggruppati per argomento e conservati in appositi fori nelle pareti, mentre dopo che l'Egitto vietò l'esportazione del papiro, la necessità di trovarne un succedaneo portò all'uso della pergamena ( nome derivante dalla città di Pergamo, in Turchia ), di origine animale. Quest'ultima condusse alla scrittura su fogli e pagine, impilati e rilegati come i volumi di oggi, e chiamati codici. Per questi vennero adottati, per la conservazione, degli appositi armadi, suddivisi per argomenti e stanze.
All'interno della reggia il tempio delle Muse ( Museion ) comprendeva la biblioteca, oltre ad un osservatorio astronomico ed uno zoo, ma non era ammesso il pubblico. Al contrario nel tempio dedicato a Serapide ( il Serapeo ) erano custoditi circa 50.000 manoscritti di libera consultazione. Durante la direzione di Eratostene di Cirene si cominciarono a raccogliere scritti di carattere scientifico, mentre fino ad allora gli argomenti erano stati di carattere religioso o filosofico.
ricordiamo che Eratostene calcolò il diametro terrestre in 12629 Km, valore straordinariamente prossimo a quello ricavato con i metodi moderni.

Dato l'intenso traffico col mondo ellenico, la biblioteca sentì la necessità di tradurre in greco anche i manoscritti relativi al credo ebraico. Vennero convocati 6 saggi per ogni tribù ebraica, notoriamente 12, che concordemente approvarono una stesura della bibbia in greco che da loro prese il nome di "Bibbia dei Settanta". Per secoli la biblioteca di Alessandria fu riferimento per tutte le altre biblioteche esistenti. Incerte sono le cause della sua fine.
Un duro colpo lo ricevette dalla spedizione di guerra di Giulio Cesare, durante la quale furono incendiati diversi magazzini che si trovavano lungo la cortina del porto, ma alcune fonti storiche sostengono che il "Bruchion", il quartiere che conteneva la biblioteca, sia stato distrutto nella guerra che verso il 270 a.C. oppose l'imperatore Aureliano a Zanobia, regina di Palmira, che aveva osato impadronirsi dell'Egitto. Altre fonti riportano come fine della biblioteca la conquista araba nel sec. VI.
Sembra che a chi gli chiedeva cosa fare di tutti quei rotoli ritrovati, il califfo Omar rispondesse: "Se ciò che si trova nei rotoli esiste anche nel Corano, allora è inutile, se non è nel Corano, allora non serve". E fu così che per mesi gli arabi riscaldarono l'acqua per le truppe bruciando tutto il sapere accumulato sino ad allora.

La biblioteca di Alessandria, oggi, esiste nuovamente ed è un concentrato stupefacente di moderne tecnologie, ma naturalmente nulla a che vedere col fascino della biblioteca di una volta.

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