Si preannuncia un autunno "caldo" al Giornale di Sicilia, dove l'azienda ha deciso di licenziare 12 giornalisti piu' tutti i collaboratori fissi con contratto, per l'effetto della crisi che attraversa il quotidiano di Palermo. La società editrice che fa capo al maggiore azionista, Antonio Ardizzone, che è pure il direttore politico del giornale da 34 anni, avrebbe già disdetto alcune locazioni che ospitano gli uffici di corrispondenza del Giornale di Sicilia. Così dopo la chiusura della redazione di via Gorizia di Catania, sono in bilico quelle di Ragusa, Siracusa e Caltanissetta. Quella di Messina è chiusa ormai da tempo remoto.
Il Comitato di redazione appare agguerrito per difendere posti di lavoro e professionalità. In una nota il sindacato interno scrive che " se le cose vanno così male la responsabilità è dei vertici del giornale". Il Cdr scrive anche i nomi del direttore Ardizzone e del condirettore Giovanni Pepi: " Entrambi sono responsabili al 100 delle sorti dell'azienda, nel bene e nel male".
LA NOTA DEL NOSTRO DIRETTORE INVIATA AL CONDIRETTORE GIOVANNI PEPI
Caro dottor Pepi,
sono contento che il “Giornale di Sicilia” sia tornato in edicola, anche se dopo oltre 43 anni senza la mia firma. Ricorderà che dopo circa 30 anni di corrispondenza dalle isole Eolie ed essere diventato professionista Le scrissi due righe e Lei mi rispose “solo per il garbo vieni a Palermo e mi propose l’Art 12, ma dietro transazione all’Ufficio Regionale del lavoro (alla presenza di mio fratello Salvatore, avvocato e del Vostro legale Equizzi, lo stesso che oggi ha definito il mio licenziamento…!!!), io accettai, firmai e…ora il licenziamento, nonostante uno stipendio mensile di circa ...... euro.
Ironia della sorte: l’email dell’Ufficio Personale mi era sfuggito perché mi trovavo all’estero. Ho appreso del licenziamento la notte del mio compleanno a Bali dal gruppo degli ex Art12 che si era formato sul telefonino. Questo solo per la storia.
Un caro saluto
Bartolino Leone
I COMMENTI
di Eleonora Iannelli
Lettera al presidente Matteo Renzi su drammatica situazione giornalisti siciliani.
Caro presidente,
non è il solito piagnisteo da meridionali, ma un’informativa per Sua conoscenza e una proposta concreta. I giornalisti siciliani stanno vivendo una drammatica situazione senza precedenti. I tre quotidiani regionali tirano avanti a stento, con contratti di solidarietà e cassa integrazione (l’ultima misura è scattata nei giorni scorsi, al Giornale di Sicilia, per 16 corrispondenti delle province, quasi tutti dipendenti da oltre 20 anni, me compresa).
Gli uffici stampa di Regione ed Enti locali sono stati azzerati da alcuni anni e non ancora ripristinati, o riaperti con personale interno, con tesserino di pubblicista (per esempio, ex vigili urbani al Comune di Palermo), senza esperienza di comunicazione istituzionale, né di redazioni. Alla Regione, il governatore, al momento del suo insediamento, ha chiuso l’ufficio stampa con grande clamore, mandando a casa, d’emblée, 21 colleghi, alcuni contrattualizzati da 22 anni, con motivazioni che sono ancora oggetto di causa giudiziaria. Aveva annunciato un concorso pubblico, che però non è mai stato bandito. Risultato? La Sicilia è l’unica Regione d’Italia a non essere dotata di ufficio stampa e quel poco di comunicazione avviene col “fai da te” dello stesso presidente e degli assessori, più volte diffidati dall’Ordine dei giornalisti.
Anche le televisioni private e i giornali “on line” subiscono gli effetti devastanti della crisi. Crescono la precarietà e lo sfruttamento dei giornalisti, pagati quanto le vittime del caporalato, per le quali, oggi, grazie alla nuova legge, potranno scattare sacrosante misure di tutela. Per gli editori non chiediamo l’arresto, ma un freno alle ciniche strategie aziendali: si licenziano i dipendenti e/o si decurtano gli stipendi, per ricorrere sempre di più a giornalisti non contrattualizzati, privi di qualsiasi tutela, pagati 4 o 5 euro ad articolo, in barba alla legge sull’ “equo compenso” che ancora giace in Parlamento. Uno sfruttamento che mortifica la dignità umana e professionale, argomento sul quale anche papa Francesco è intervenuto recentemente. Oltre Stretto i Giornali nazionali hanno ridotto i costi, tagliando i corrispondenti dalla Sicilia e da altre regioni.
Tutto paralizzato, niente concorsi, niente di niente. Cosa dovremmo fare, noi giornalisti ultraquarantenni o cinquantenni, dopo anni di onorata professione e con curricula di tutto rispetto? Forse come quel fattorino di “Foodora”, che ha rivelato, con grandissima dignità, di essere un ingegnere, ex direttore d’azienda licenziato, ora costretto a fare lo schiavo per tre euro a consegna?
Presidente, non chiediamo assistenzialismo e incarichi diretti, né tanto meno benefit e privilegi. Chiediamo concorsi da espletare in base ai titoli, trasparenti e con procedure veloci. Chiediamo un Suo intervento per sensibilizzare gli Enti pubblici a bandirli. E nuove opportunità. Per esempio, in tutti i Musei e le Soprintendenze d’Italia, dove la comunicazione è inadeguata, affidata all’improvvisazione e alla buona volontà di alcuni direttori, potrebbero essere istituiti uffici stampa. Sarebbe una rivoluzione. Si creerebbero centinaia di posti di lavoro per dare ossigeno ai giornalisti e, al contempo, si migliorerebbe l’offerta turistica e culturale.
Anche nel mondo della “Buona Scuola”, dove occasionalmente vengono espletate selezioni pubbliche per progetti di giornalismo e/o scrittura creativa o giornali d’Istituto, si potrebbero prevedere incarichi di insegnamento annuali: un giornalista per scuola, o per una rete di scuole, da selezionare di anno in anno, con bandi pubblici degli Istituti.
Sono soltanto due idee estemporanee, che forse meriterebbero di essere approfondite per ridare dignità a tutti i giornalisti precari e sfruttati, siciliani e non, e per migliorare la comunicazione pubblica, della quale proprio Lei ha sottolineato l'importanza in occasione della sua recente visita a Palermo.
Parlo e firmo a nome mio personale, ma sono sicura di interpretare le preoccupazioni e le legittime istanze di tutti i colleghi che vedono un futuro "nero".
di Emilio Pintaldi
IL GIORNALE DI SICILIA TORNA IN EDICOLA MA SENZA I CORRISPONDENTI. GIORNALISTI INVISIBILI...
Per gli amici come Connie e Totò sono felice. Per il resto provo solo tanto sconforto. Non leggo nessun commento. Nessuna parola di solidarietà per quelle 16 persone articoli 12 e articoli 2, i corrispondenti, che sono state "liquidate" dopo 20 anni di lavoro con una cassa integrazione a zero ore di cui nessuno conosce nè si è preoccupato di quantificare l'importo. L'unico a farmi una telefonata il caro Giovanni Villino. Nessuna parola da chi ci rappresenta. Siamo invisibili. Come invisibili sono le nostre storie. Eppure abbiamo scritto pagine e pagine di giornale. Abbiamo raccontato omicidi, alluvioni, terremoti. Abbiamo trascorso nottate intere con vecchi sistemi o attaccati ad un telefono. Finiamo in archivio senza un file che ricordi il nostro passaggio. Che tristezza. NON sono felicissimo.
di Michele Sequenzia
Caro Direttore, cio' che sto leggendo è orribile. Mi fa male .Non mi sembra affatto che al presidente del consiglio Matteo Renzi interessi sommamente la vita della Stampa e dei giornalisti italiani. Ne dubito assai. Da quanto vedo il suo governo non ha la minima simpatia per il dialogo, e per la critica. . Non ama l'opposizione, rifiuta il dialogo. Stop.
Mi associo con tutta la mia simpatia ad Eleonora Iannelli per aver denunciato l' arretratezza culturale, la crescente immoralità, il falso " compromesso"..che sommerge da nord a sud questo Paese Italia.
La nostra Stampa, come la RAI Tv di Stato finanziata e asservita al " Dominus" ....ordina, comanda, impone , punisce, arresta..e caccia via..ignorando principi costituzionali.
Si rottama chi non serve. Solo per pura brutalità..
Si diventa " invisibili" solo perchè si parla chiaro, si difende la Libertà di opinione...non ci si piega,..si esercita la critica....
Chi fa buon giornalismo non dorme la notte. Rischia il posto ogni giorno.. A che cosa serve essere " giornalista professionista" se nessuno ti difende? Chi scrive liberamente , senza libro paga,è accusato di ogni delitto.
Chi poi si permette di criticare , esprimere il proprio dissenso, segnalare abusi, errori, mancanze...mettersi contro...è visto come un nemico del Popolo. I migliori giornalisti sono fuggiti via. Come i migliori cervelli. Da noi vige il conformismo piu' abbietto.
Chi resta sprofonda nella miserevole palude dei mezzi uomini o omminicoli, gente di bassa moralità .E tutta la Societä ne soffre. Ci si impoverisce, giorno dopo giorno.
I partiti al governo proteggono l'ignoranza, se ne fanno paladini. Piu' sei stupido, piu' sei un Yes Man..piu' fai carriera..
Ed il governo , delle maggiori lobby, rimpinzate da milioni di euro, spinge le masse allo scontro politico solo per poter dominare la miseria delle masse che cresce ogni giorno. Perpetuando al crisi si domina il popolo. .
Grazie Eleonora, ti abbraccio, per la tua vigorosa protesta.
La Sicilia tutta ti abbraccia, quella che è sana, libera, indipendente, quella che ha saputo esprimere il miglior pensiero politico e filosofico..quella dei sommi artisti, dei filosofi, dei leader politici, dei lavoratori, degli emigrati,..degli amministratori...degli scrittori..quella che produce idee, cresce e vuole vivere libera.
Spesso i nostri " giornalisti" vivono in una condizione di uomini " non liberi". Lo leggo dal web.
"La Nuova Compagnia Teatrale diretta da Enzo Rapisarda ha portato in scena a Verona lo scorso settembre 2016.., in seno alla rassegna “Il Teatro è Servito sotto le Stelle” con un testo scomodo ma di un’attualità folgorante. L’onorevole, scritto da Leonardo Sciascia nel 1964 per il Teatro Stabile di Catania fu poi ritirato dal cartellone della stagione per le imbarazzanti somiglianze con un potente politico del partito di maggioranza del tempo.
Si tratta di una parabola sulle diaboliche dinamiche del potere in Italia...e sulle connivenze tra politica, criminalità organizzata e istituzioni religiose che pare scritta oggi e che costituisce una denuncia lucida e spietata, con tratti di quell’ironia grottesca tanto cara a Sciascia.
In tutti questi anni il testo è stato portato in scena solo tre volte e abbastanza in sordina: è un testo di grande effetto, su cui è necessario riflettere e far riflettere e che la Nuova Compagnia Teatrale di Verona ha allestito con la determinazione di inserirlo in progetti a favore della legalità da presentare anche nelle scuole e all’estero .
Attraverso il percorso in tre atti di crescente intensità drammaturgica, narra la vicenda di un modesto e onesto insegnante di liceo, il professor Frangipane, consacrato e moralmente dannato da una repentina elezione al Parlamento.
Egli cede alle lusinghe del mellifluo e insinuante monsignor Barbarino e di un notabile della zona, che lo convincono a candidarsi alle elezioni politiche del 1948.
In seguito alla sua elezione, si assisterà alla scalata al potere di Frangipane che abbandona la sua passione per i classici e per le humanae litterae e con loro ogni resistenza verso compromessi che un tempo riteneva ripugnanti.
Ambientata dall’autore in una Sicilia del dopoguerra, ma come scrive lo stesso Sciascia nella prefazione, opera che si può estendere a qualsiasi ambiente e a ogni colore politico, L’onorevole è quasi un “morality play” sancito da una chiusa beffarda dove Pirandello sembra incontrare Brecht.
Lo scrittore sembra volerei dire, attraverso i continui richiami al Don Chisciotte, che chi detiene il potere non può mai essere innocente, ma deve comunque prendere su di sé questa colpa e cercare di uscirne nudo alla maniera di Sancio che chiude il suo governatorato con le seguenti parole “Andandomene nudo, come me ne vado in effetti, è chiaro che ho governato come un angelo”.
Parole di grande efficacia che più che mai al giorno d’oggi, nell’assenza totale di qualsivoglia pudore o remora in chi fa politica, dovrebbero essere scolpite nella mente di tutti.
Magistrale l’interpretazione del cast della Nuova Compagnia Teatrale, in cui viene evidenziata la metamorfosi dei personaggi attraverso gli anni che vanno dal 1947 al 1964. La scalata al potere del professor Frangipane che passa da una condizione di umile insegnante, che vive con passione il suo ruolo di educatore cercando di trasmettere il suo amore per i classici e soprattutto per il Don Chisciotte, a una carriera politica fatta di intrighi e meschinità.
La sapiente regia di Enzo Rapisarda conduce lo spettatore ad una visione strettamente focalizzata sui personaggi, attraverso opportuni e geniali effetti di luce e musiche incisive e fa risaltare in uno spiazzante finale metateatrale, il naufragio della morale e dei suoi detrattori in una passerella di protagonisti imbellettati e compiacenti che evidenzia il carattere di amara profezia del testo.
Sciascia commentava con parole amare l’insuccesso di questo testo, parole che contengono però una grande verità che chi fa teatro deve sempre tenere a mente:”È vero che L’onorevole è una piccola cosa, valida più ‘sul terreno della provocazione che su quello del! ‘arte, ma l’essenziale funzione del teatro, dico io, non è quello della provocazione?” Intervistato il regista Enzo Rapisarda , si dichiara pronto a portare nelle piazze europee che ne fossero interessate questa opera che ben rispecchia gli intrighi ed intrecci ancora attuali del mondo politico in generale. "
Giuseppe De Siati
Quanti sono attorno a noi "...i mezzi uomini, gli ominicchi, i piglianculo e i quaquaraqua. Pochissimi gli uomini; i mezzi uomini pochi, che mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezzi uomini.
E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.
E ancora più in giù: i piglianculo, che vanno diventando un esercito.
E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere,
chè la loro vita non ha più senso e più espressione delle anatre" *
* Il giorno della civetta, Leonardo Sciascia
di Gianfranco Criscenti
Da lunedì i giornalisti del Giornale di Sicilia, contrattualizzati con gli articoli 2 e 12, saranno posti in cassa integrazione a zero ore. Tra questi ci sono anch'io. La cosa più grave, tuttavia, non è questa: la direzione del quotidiano, contrariamente al passato, in caso di querele che riguardano solo i cronisti (e non anche il condirettore responsabile) non assicura ai collaboratori un'assistenza legale. Una condizione, questa, che mi ha spinto, nello scorso mese di settembre, a mettermi in aspettativa in attesa di un eventuale ripensamento dell'azienda sulla questione. Mi astengo da ogni commento. Il mio contratto risale al 1990.
(Per fortuna che collaboro con l'Ansa).
Ho denunciato - su segnalazione della sezione di Trapani dell'Assostampa - che un paio di redattori del Giornale di Sicilia, dopo che 16 collaboratori sono stati messi in cassa integrazione, hanno invitato alcuni colleghi a collaborare a tre euro a pezzo. Sul caso è intervenuto, sulla mia bacheca, Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti.
Iacopino ha affermato, tra l'altro:" Invito questi redattori a prendere atto che lo sfruttamento (3 euro a pezzo) viola le norme deontologiche dell'Ordine e che non esiterò, davanti alla documentazione di questi comportamenti, a chiedere ai consigli di disciplina di fare pulizia di questi "caporali" che disonorano, con le loro complicità con gli editori, la nostra professione"
Che un editore cerchi di sbarazzarsi di giornalisti contrattualizzati non lo condivido ma posso capirlo, in un periodo di crisi; ma che colleghi redattori vadano a caccia di ''biondini'', da pagare a tre euro, per sopperire alla mancanza di cronisti (messi in cassa integrazione) non lo accetto e non lo tollero.
Invito questi redattori, se iscritti all'Assostampa, a dimettersi oggi stesso. Vergognatevi!
FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA ASSOCIAZIONE SICILIANA DELLA STAMPA SEZIONE DI TRAPANI
di Giovanni Ingoglia*
La crisi che attraversa la stampa siciliana, se da un lato rischia di compromettere fortemente un’informazione libera e democratica al servizio dell’opinione pubblica, dall’altro sta creando sacche di disoccupazione tra i giornalisti incrementando, allo stesso tempo, uno sfruttamento professionale che non trova, in tutto il resto del paese, riscontri analoghi.
Se “La Sicilia” ha tagliato l’edizione trapanese dalle sue pagine, interrompendo un rapporto di lavoro con una fitta rete di collaboratori, il “Giornale di Sicilia” sta facendo di peggio mettendo in cassa integrazione, a ore zero, diversi colleghi contrattualizzati. Se da oggi le firme di Andrea Castellano, Gianfranco Criscenti e Luigi Todaro, cassaintegrati, spariranno dalle pagine del “Giornale di Sicilia”, il giornale che non intende rinunciare a fornire ai suoi lettori informazioni “attente e puntuali” è alla ricerca di nuovi collaboratori per lo sport, la cronaca giudiziaria e nera offrendo loro un compenso che non raggiunge i 4 euro ad articolo. La prima a ricevere una simile proposta da parte della responsabile della redazione trapanese de “Il Giornale di Sicilia” è stata la collega Ornella Fulco che ha rifiutato in segno di solidarietà con i colleghi messi in cassa integrazione e ritenendo, sotto il profilo remunerativo, indecente l’offerta lavorativa,
Ora, se consideriamo che dietro la stesura di un articolo ci sono ore di lavoro il compenso offerto non supera i 30/40 centesimi di euro l’’ora, un vero e proprio sfruttamento ancora più cruento rispetto a quello inflitto agli immigrati indiani di etnia sikh che nell’agro pontino vengono schiavizzati, nella raccolta di pomodoro, con un compenso di 3,50 euro l’ora. Se lo sfruttamento degli immigrati ha imposto al Governo di adottare strette misure nei confronti degli agrari sfruttatori, la legge dell’equo compenso per i giornalisti non contrattualizzati resta nel limbo poiché è così controversa e discussa da impedirne l’applicazione.
La segreteria provinciale dell’Associazione Siciliana della Stampa nell’esprimere la piena solidarietà ai colleghi Castellano, Todaro e Criscenti si impegna a seguire la loro vicenda sotto il profilo normativo e sindacale e rivolge un appello a tutti i giornalisti della provincia affinché l’operato della collega Fulco diventi una linea guida e non un episodio isolato.
*Segretario Provinciale
---"Sulla intenzione dell'editore del Giornale di Sicilia di licenziare 12 giornalisti ex articolo 1 e di azzerare tutti gli altri contratti ex articolo 2 e 12, seguendo una strada del tutto estranea alle procedure proprie del contratto di lavoro giornalistico", l'Associazione siciliana della Stampa conferma, in una nota, il giudizio di "irricevibilità" dato dal Cdr. "La comunicazione dell'editore del Gds, infatti, non tiene in alcuna considerazione il mantenimento di un livello di qualità e di contenuti che garantisca al giornale la sua stessa sopravvivenza.- prosegue la nota - E la pretesa di fare lo stesso giornale con una forza lavoro quasi dimezzata assomiglia più a una mera e vana esibizione di muscoli da parte datoriale che a un concreto piano di ristrutturazione che sia funzionale a un vero e proprio rilancio. L'Associazione siciliana della Stampa "come sempre nelle precedenti vertenze - è al fianco dei colleghi del Cdr e della redazione che, nonostante la disponibilità a una trattativa seria e basata per prima cosa sull'analisi dei bilanci della società (come prescrive la stessa legge 223), continuano a ricevere dall'editore solo dinieghi e ultimatum". "I giornalisti non vi si piegheranno certamente ma, condividendo un'unica linea col sindacato che ha sempre inteso dialogare pur nelle difficoltà causate da una crisi senza precedenti - continueranno a ricercare una soluzione la più possibile condivisa - conclude la nota -. Che tenga conto della storia del Gds e della professionalità e della dedizione dei suoi giornalisti e, soprattutto, dei posti di lavoro".
---Il Cdr del Giornale di Sicilia ha proclamato altri 3 giorni di sciopero. «In questi giorni - si legge in una nota - il comitato di redazione come al solito ha formulato proposte e avviato contatti per risolvere la vertenza. È intervenuto perfino il sindaco di Palermo Leoluca Orlando che ha anticipato all'azienda una comunicazione da parte del segretario dell'Assostampa, Alberto Cicero, con il quale siamo in costante contatto. Ma la direzione, dopo avere ottenuto la firma della cassa integrazione, sembra essere decisa soltanto ad aumentare i carichi di lavoro già pesantissimi. In sostanza per la direzione dovremmo lavorare un quinto di più, pagati un quinto di meno. In assenza di un piano di organizzazione del lavoro, e senza alcun preventivo reale confronto con il Cdr, non possiamo che opporci a questo disegno autoritario, privo di contenuti professionali e continuare a lottare per il rispetto delle regole e per la nostra sopravvivenza».
IL BOTTA E RISPOSTA TRA IL COMITATO DI REDAZIONE E L'EDITORE
Caro Lettore, il Giornale di Sicilia non è stato in edicola per una settimana. Ti spieghiamo il perché. Questo quotidiano con 156 anni di storia sta attraversando una crisi grave di copie e di pubblicità, come tutti gli altri giornali d'Italia. Ma a differenza degli altri, in questo c'è una direzione che si ostina a non confrontarsi con il futuro, a non volere affrontare le sfide della modernità.
Una direzione in carica dal 1982, quando gli azzurri di Bearzot e Paolo Rossi vinsero il mundial in Spagna e in Italia il presidente della Repubblica era Sandro Pertini. Un'era geologica fa.
Adesso, sempre la stessa direzione, deve affrontare la crisi epocale della carta stampata . E come? Tre anni fa ha chiesto alla redazione e al Cdr, l'organo sindacale di base, 13 prepensionamenti. Che sono stati concessi. Poi non ha rimpiazzato quelli che sono andati in pensione per conto loro. E nessuno ha protestato. Poi ha ridotto compensi a collaboratori e fotografi. E va bene. Poi ha chiesto la cassa integrazione, oppure in alternativa il licenziamento di 12 colleghi redattori e la fuoriuscita di 16 collaboratori contrattualizzati. Ok per la cassa integrazione e una riduzione di quasi il 20 per cento dello stipendio. Alla fine così è rimasto un organico all'osso. Non importa, stringiamo i denti e avanti a testa alta.
Poi però anche la direzione, oltre a tagliare, ha dovuto proporre qualcosa. E cosa ha fatto? Ha ridotto l'organico nella cronaca di Palermo, proprio nell'area core business del giornale. E poi ha tagliato tutte le edizioni della Sicilia orientale e mascherato l'aumento dei carichi di lavoro con una strampalata teoria ragionieristica di numeri di titoli per ogni pagina, priva di alcun fondamento professionale, che - caro Lettore - Ti risparmiamo volentieri.
Tra l'altro, ma questo in fondo è solo un dettaglio, tutto ciò è avvenuto senza alcun reale confronto con il Cdr, rimasto nella stanza del direttore 5 minuti e alla prima obiezione è stato invitato ad andare via. Ma non importa, abbiamo le spalle larghe.
Ma alla fine cosa è rimasto? Un giornale più povero, senza alcuna sinergia con internet dato che il sito Gds.it non è realizzato dai giornalisti del giornale, caso più unico che raro, ma da un service esterno. Senza alcun collegamento con la tv, la nostra Tgs, che un tempo, faceva più ascolti della Rai. Non va bene, non può andare bene. Sappiamo meglio del direttore e del condirettore che bisogna fare sacrifici, li abbiamo fatti. Li faremo.
Ma non possiamo rassegnarci alla mancanza di idee, di progettualità , di uno sguardo fresco, aperto e lucido verso il futuro. Vogliamo lavorare, informare, vivere. Per questo siamo stati costretti a fare sentire le nostre ragioni con uno sciopero lunghissimo e senza precedenti in Italia. Per fare sentire la nostra voce, per non avallare un progetto che non ci convince e mortifica le professionalità. E siamo pronti a rifarlo, se azienda e direzione si ostineranno a non ascoltare le ragioni di chi vive di questo giornale più di loro.
IL COMITATO DI REDAZIONE
Il Comitato di redazione, non avendo argomenti per sostenere uno sciopero del tutto immotivato, sceglie la strada dell'insulto. Non merita risposta. Che è dovuta, invece, ai lettori che ci seguono. E rispondo per quello che sono, l'editore di maggioranza assoluta, il titolare delle decisioni, il direttore politico di questo quotidiano e l'ultimo discendente della famiglia che ha fondato questo giornale 156 anni fa, che è una azienda privata, gestita da me, insieme ai soci, e che ha sempre vissuto, decidendo da sola, senza sostegni esterni, senza contributi pubblici né partecipazioni di alcun genere.
Mi trovo nella stessa condizione in cui si trovano tutti gli editori di carta stampata di questo Paese e, come tutti loro, sono impegnato nelle stesse scelte che gli altri hanno fatto o stanno facendo. Si è proceduto ad inevitabili restrizioni, in questi nove anni di crisi gravissima: prima i soci (da 9 anni senza dividendi), poi gli amministratori (80 per cento in meno di emolumenti), ancora i poligrafici (salari ridotti del 42 per cento) ed in ultimo i giornalisti (retribuzioni ridotte del 18,50 per cento).
L'obiettivo cruciale, oggi, è quello di sopravvivere tentando di riportare nell'azienda quell'equilibrio tra costi e ricavi che la crisi ha travolto. È questo che i componenti del Comitato di redazione non accettano, chiudendo gli occhi davanti ad una realtà che non si vuol vedere. Peggio per loro. Io ho il dovere di andare avanti.
I lettori avranno un giornale nuovo, che in parte possono già leggere. Un giornale che si ammoderna e si adatta ai tempi. Nel momento in cui la carta stampata è spiazzata dai tempi della cronaca, vogliamo in edicola un quotidiano che spiega meglio e di più i fatti per far sapere cosa è successo ma pure perché è successo.
Raggiungiamo questo obiettivo ristrutturando tempi di produzione, accorpando edizioni, rivedendo formule e modelli consolidati nel passato. Questo non comporterà maggior lavoro per i giornalisti, ma certamente più estro, più impegno facendo cadere, forse, confortevoli abitudini e certezze trascorse.
È questo che spaventa? Ma non ci sono alternative. Io credo in questo giornale. Ho sostenuto con la mia famiglia e gli altri soci i deficit costanti registrati negli ultimi nove bilanci, impegnando tutte le risorse accumulate in anni di gestione accorta.
Non ci siamo fatti fiaccare dalla crisi, guardando al futuro. Abbiamo realizzato il sito on line che è ora nettamente leader in Sicilia, raggiungendo, con una gestione esterna alla redazione, risultati di gran lunga migliori, e a costi nettamente più bassi, di quanto non fossero quelli ottenuti quando il sito era gestito dai nostri giornalisti. Non si capisce perché dovremmo tornare indietro, riportando la sua produzione in redazione, quando il Cdr diceva e dice che si devono sopportare, ieri come ancora oggi, carichi di lavoro insostenibili già per fare il giornale di carta stampata. Tutto questo è stato possibile, dosando con rigore tagli e investimenti.
E, quanto ai prepensionamenti, questi non sono stati concessi dal Cdr, ma decisi dagli editori titolari del potere di farvi ricorso. Questi i fatti che il Cdr travisa. Ma nessun Cdr può fermarmi nel proposito di salvare una azienda che deve lottare per la sopravvivenza.
I lettori vedranno, con i fatti, che il Cdr mente perché proprio io, da editore insieme ai soci, e da direttore insieme al condirettore, sto lavorando per il futuro. E sono certo di avere da chi ci legge e ci segue, come sempre in 156 anni, comprensione e attenzione. Per questo non posso rinunciare alle mie scelte rispettando, come sempre, leggi, contratti e accordi. I giornalisti dicono di volere proseguire nello scontro avviato.
Facciano pure. Io resto fermo. Fino alle estreme conseguenze.
ANTONIO ARDIZZONE
direttore ed editore del Giornale di Sicilia
LE NOTE DEL LICENZIAMENTO