di Massmiliano Cavaleri
La Sicilia dispone del maggior numero di navi antinquinamento presenti in Italia e risulta attrezzata in modo capillare per tutelare il mare ed evitare disastri ambientali: è quanto emerge dall'analisi della convenzione del Ministero dell'Ambiente con il consorzio Castalia. Sono otto le unità navali (due d'altura e sei costiere) dislocate nei porti siciliani e pronte a intervenire in caso di emergenza per disinquinare le nostre acque dal fattore più temibile e rischioso dovuto allo sversamento da idrocarburi per l'intenso traffico petrolifero. Messina in particolare dispone anche di un magazzino scorte con presidi antinquinamento e personale specializzato.
"L'isola siciliana è una delle aree che viene difesa con maggiore attenzione da eventuali impatti ambientali – spiega Salvatore Barone, presidente di Castalia e originario di Messina – un incidente a bordo di una petroliera o piuttosto l'affondamento di una nave che contiene gasolio o altri liquidi o materiali solidi inquinanti, rappresenterebbe una tragedia immane per le coste, il turismo e la pesca locale. La nostra azione mira a ridurre i danni con un intervento immediato espletato su istruzione del Ministero dell'Ambiente e coordinato dalle Capitanerie di Porto e Guardia Costiera".
In casi del genere si procede con il posizionamento a mare di panne galleggianti e assorbenti, in grado di isolare la zona, quindi la dispersione dell'olio rimasto in superficie, e grazie all'utilizzo di apparecchi denominati "skimmer", risucchiare e recuperare le sostanze oleose per lo smaltimento a terra. Operazioni che Castalia svolge da trent'anni in Italia e tavolta all'estero, come nel caso della "Prestige", petroliera affondata in Galizia (Spagna) nel novembre 2002 o della bonifica ambientale della centrale elettrica di Jieh (Libano), bombardata dalla guerra nel luglio 2006.
Messina ("Ievoli Red"), Sant'Agata di Militello ("Recoil IV"), Trapani ("Santangelo"), Licata ("Ecoaugusta"), Pozzallo ("Punta Izzo"), Augusta ("Supergabbiano Sei"), Sciacca ("Supergabbiano Sette") e Termini Imerese ("Leoncillo") sono le location con le navi "gialle" di Castalia, che riunisce 33 armatori specializzati nell'attività di antinquinamento da idrocarburi, recupero rifiuti in mare e nei fiumi (plastica, fusti tossici, legno, ecc.), bonifica di litorali e aree marine, portuali e industriali (soprattutto vicino a raffinerie o centrali termoelettriche), indagini marine di controllo dei livelli di inquinamento o per la posa di cavi sottomarini. Nell'area del messinese il consorzio ha svolto anche azioni di salvaguardia della flora e fauna marina, ad esempio il salvataggio di tartarughe marine, in collaborazione con associazioni ambientaliste.
In Italia la nascita di strutture antinquinamento ha avuto impulso a seguito a un grave incidente avvenuto proprio nello Stretto di Messina: nel marzo 1985 la petroliera ellenica "Patmos" ebbe una collisione con la nave cisterna "Castillo De Monte Aragon" e riversò in mare tonnellate di petrolio. L'anno seguente fu data concreta attuazione alla legge del mare (n. 979 dell'82) e stipulata la prima Convenzione fra Castalia (all'epoca società dell'Iri), e gli armatori operanti nel comparto dell'antinquinamento e off shore, documento affidato a vari tecnici fra cui l'ing. Antonio Caforio, il com.te Filippo Neri (originario di Villa San Giovanni, indicato come responsabile della flotta "ministeriale") e lo stesso Barone. Il giudice Sagone, presidente del Tribunale di Messina, già ufficiale della Capitaneria di Porto, avviò l'iter per il "danno ambientale" (per la prima volta era previsto un risarcimento per lo Stato), riconosciuto con sentenza del 1995 e poi applicato ad altri casi quali il noto naufragio della "Haven" a Genova nel 1991.