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Dettagli...

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A Lipari vince Forza Italia. Francesco Rizzo 686 voti.

I PARTITI. Forza Italia 1009, Fratelli d'Italia 844, Lega 680, 5Stelle 570, Pd 312 e La Sinistra 93.

CANDIDATI: Rizzo Fratelli d'Italia 686, Musolino Forza Italia 485, Salvini Lega 405, Corrao 5Stelle 145, Bartolo Pd 190. 

IL PUNTO E VIRGOLA

 

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Il voto libero alle Eolie ha dimostrato, ancora una volta, che fuoriesce dalle regole del gioco e dai controlli sistematici degli uomini vestiti di partitismi e patitismi politici. Quando non ci sono competizioni con interessi di parte, gli isolani si sfogano alle urne e creano un movimento di ribellione democratica che sovverte ogni previsione. Questo va tenuto in considerazione dalla comunita' eoliana, che a prima vista, elimina responsabilita' di appartenenza e nello stesso tempo incapsula la politica come vuoto a perdere nella forma irriciclabile. Al momento.

LA DICHIARAZIONE DI FRANCESCO RIZZO

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di Francesco Rizzo*

Abbiamo i dati definitivi e voglio scrivere una breve riflessione.

Grazie innanzitutto a chi mi e ci ha sostenuto, riconoscendo nella mia candidatura una storia di militanza che viene da lontano.

Abbiamo migliorato di circa 1000 voti il risultato di 5 anni fa raggiungendo l’obiettivo minimo che ci eravamo prefissati dentro la Comunità politica che ha espresso la mia candidatura.

Abbiamo contribuito alla riunificazione della destra rispondendo - anche come MNS - “presente” alla chiamata di Giorgia Meloni.

Il partito nella Città di Messina è andato benissimo ed in provincia pure.

“In Sardegna le oltre 800 preferenze che ho conseguito sono un risultato più che lusinghiero.

Un pensiero di “cuore” ai cittadini delle Eolie che ancora una volta sono stati al nostro fianco.

Il “Cateno pensiero” non convince.

C’è un mondo che vuole altro. C’è voglia di Politica e di militanza. Avanti così!

La Destra si è rimessa in cammino.”

*Candidato Fratelli d'Italia

ELENCO DEI VOTI AI CANDIDAT.pdf 

ELENCO DEI VOTI AI PARTITI.pdf

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SICILIA A CHI VANNO I SEGGI

Tre seggi al Movimento 5 stelle, due alla Lega, uno al Partito democratico, uno a Forza Italia e uno a Fratelli d'Italia. La ripartizione dei seggi non è ancora definitiva, ma questo è il primo degli scenari possibili post Elezioni europee 2019. Quando il calcolo matematico avrà lasciato il posto alla certezza dei dati definitivi, si saprà se al Partito democratico di seggi ne spettano due (a dispetto dell'unico di Fratelli d'Italia, che andrebbe perduto), oppure se la situazione rimarrà uguale alle ipotesi che l'hanno fatta da padroni per tutta la notte. Quel che è certo è che le Elezioni europee 2019 si chiudono consegnando ai pentastellati la deputazione più ampia nella circoscrizione Italia insulare, seguito dal gruppo di eurodeputati che porterà il vessillo del ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Ai vertici delle liste è un testa a testa ovunque la si guardi: i pentastellati Dino Giarrusso e Ignazio Corrao si distanziano di appena un migliaio di voti (116.776 contro 115.365), mentre Alessandra Todde, la super-professionista scelta dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio, li guarda da lontano (88.206 preferenze). Nella Lega il nome di Matteo Salvini, candidato anche nelle Isole, è il traino più forte che c'è: 239.026 preferenze, tra i suoi è un plebiscito. Immaginando che scelga il seggio corrispondente a uno di quelli vinti nel Nord Italia, l'elezione a Bruxelles scatterebbe, oltre che per l'avvocata licatese Annalisa Tardino (32.767 voti), anche per la leader dell'associazione Eurexit, l'antieuropeista avvocata palermitana Francesca Donato (28.067).

I suoi 135.037 voti garantiscono al medico lampedusano Pietro Bartolo non solo l'elezione, ma anche una invidiabile posizione di forza all'interno del Partito democratico. Eletto anche nella circoscrizione Italia centrale, dovrebbe optare per la sua Sicilia. Ventiquattromila voti dopo spunta Caterina Chinnici (112.459), eletta anche lei nel caso di una favorevole ripartizione dei seggi. Meno della metà delle preferenze le ottiene Michela Giuffrida (52.185) - nel 2014 ne prese oltre 90mila - mentre sorprende il risultato ottenuto dalla candidata outsider in quota Siamo europei Virginia Puzzolo, che ottiene 13.522 voti e si piazza quinta.

La sfida interna a Forza Italia, infine, si risolve con una vittoria per Gianfranco Micciché. Che, pur non candidato, segna un punto di tutto rispetto nella battaglia sulla leadership del partito in Sicilia. Il leader Silvio Berlusconi ottiene 90.271 voti, seguito dal deputato all'Ars Giuseppe Milazzo (74.624). Il suo ingresso in lista, al posto dell'ex alfaniano Giovanni La Via, aveva portato alla fuoriuscita da Fi del sindaco di Catania Salvo Pogliese in polemica proprio con Micciché. A distanza di millecinquecento preferenze (73.093) si piazza l'ex ministro Saverio Romano, guardato con benevolenza dagli ex governatori Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo. La candidata del sindaco di Messina Cateno De Luca, Dafne Musolino, guarda la partita da lontano con 47.097 voti ottenuti.

In Fratelli d'Italia, infine, l'ultimo dubbio sul seggio. Se il calcolo lo permetterà, una poltrona per il parlamento europeo dovrebbe aggiudicarsela l'ex sindaco di Catania e senatore, ribelle di Diventerà bellissima Raffaele Stancanelli. I suoi 30.293 voti gli valgono il secondo posto dopo la leader di partito Giorgia Meloni (63.360). Terzo in linea di successione il sindaco di Avola, ex Forza Italia, Luca Cannata (20.028). Determinante sembra essere stato per Stancanelli e Cannata l'appoggio esterno garantito dal primo cittadino Pogliese, che ieri sera seguiva lo spoglio al Mercure hotel di piazza Verga fianco a fianco con il suo predecessore sulla poltrona più alta di Palazzo degli elefanti.(catania.meridionenew.it)

Elezioni Europee 2019.  Il voto nazionale. La Lega trionfa: è il primo partito con il 34,40%. Il Pd è al 22,88%, M5S al 16,90%, Forza Italia al 8,71%, Fratelli d'Italia al 6,43%, Più Europa al 3,10%, Europa Verde al 2,31%, La Sinistra all'1,74%, il Partito Comunista allo 0,88.

Europee, a Messina M5S è il primo partito. Forza Italia supera Lega e Pd

Il dato messinese consegna la vittoria al Movimento 5Stelle che ha retto l’ondata leghista che ha travolto il resto d’Italia. Il risultato che esce dalle urne messinesi non rispetta il trend nazionale che ha visto dominare la Lega, seguita dal Pd e solo al terzo posto M5S e poi Forza Italia.

I 5Stelle hanno ottenuto oltre il 25% delle preferenze, nonostante non ci fossero neanche candidati messinesi in lizza in queste europee. Dietro i 5Stelle si è piazzata Forza Italia con il 19.58% e la candidatura messinese dell’assessore Dafne Musolino voluta da Cateno De Luca. La Lega di Salvini al terzo posto e con il 18.27% supera il Pd che a Messina scivola e si attesta come quarto partito con il 17.39% dei voti. Sotto il 10% Fratelli d’Italia che correva con due i candidati messinesi Ciccio Rizzo e Maria Fernanda Gervasi, sotto il 5% Più Europa che invece aveva schierato il messinese Giuseppe Sanò.

Ecco nel dettaglio i voti, partito per partito, a Messina:

MOVIMENTO 5 STELLE - 50.442 - 23,91%

FORZA ITALIA - 50.085 - 23,74 %

LEGA SALVINI PREMIER - 43.061 - 20,41%

PARTITO DEMOCRATICO - 33.429 - 15,85%

FRATELLI D'ITALIA - 18.374 - 8,71%

+EUROPA - ITALIA IN COMUNE - PDE ITALIA - 4.807 - 2,28%

LA SINISTRA - 2.428 - 1,15%

POPOLARI PER L'ITALIA - 1.993 - 0,94%

EUROPA VERDE - 1.869 - 0,89%

PARTITO ANIMALISTA - 1.482 - 0,70%

PARTITO COMUNISTA - 1.052 - 0,50%

POPOLO DELLA FAMIGLIA - ALTERNATIVA POPOLARE - 813 - 0,39%

CASAPOUND ITALIA - DESTRE UNITE - 440 - 0,21%

PARTITO PIRATA - 390 - 0,18%

FORZA NUOVA - 282 - 0,13%

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Molti osservatori prevedono che le elezioni europee a fine maggio porteranno un’ondata di rappresentanti populisti al Parlamento europeo. Quali potrebbero essere, dunque, le conseguenze sui mercati finanziari? Nel seguente commento Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet Asset Management, traccia tre scenari.

Il giorno della verità è ormai prossimo: il 26 maggio si vota per le elezioni del Parlamento europeo, la Camera che co-decide in maniera simmetrica rispetto al Consiglio sul 90% della legislazione comunitaria - che incide sul 70% di tutte le leggi nazionali. Un organismo, dunque, con un ruolo tutt’altro che residuale nel funzionamento delle istituzioni comunitarie. Anche in considerazione del fatto che il Parlamento nomina il presidente della Commissione europea e, di conseguenza, influenza le scelte più significative (e delicate) che vengono assunte in seno all’Ue.

Questo appuntamento elettorale, inoltre, è particolarmente importante perché cade nello stesso anno in cui si verifica un evento che ha frequenza quarantennale: ovvero la coincidenza della scelta del presidente della Commissione europea - che cade ogni cinque anni – con l’elezione del presidente della Banca centrale europea, che si effettua ogni otto. In queste nomine si giocano gli equilibri dell’Ue: secondo una regola non scritta, infatti, se a capo della Commissione è eletto un tedesco è altamente probabile che al vertice della Bce venga nominato un rappresentante mediterraneo.

Il posizionamento dei partiti secondo gli ultimi sondaggi 
Il dato più rilevante emerso dagli ultimi sondaggi è che, per la prima volta da venti anni, i Socialisti e il Partito Popolare Europeo, ovvero le maggiori forze dichiaratamente europeiste, non riusciranno a superare il 50% dei consensi. Pertanto, non sarà possibile realizzare la Große Koalition che in questo lungo lasso temporale ha governato il Parlamento Europeo. L’altro elemento rilevante che emerge dai sondaggi è che le forze anti-establishment rappresentano insieme il 22% (in calo nelle ultime settimane) con L'Europa delle Nazioni (Matteo Salvini e Marine Le Pen) a detenere la maggior quota di consensi. Non è atteso un ulteriore rafforzamento dei partiti dissidenti, perché l’analisi diacronica dei dati rivela che, negli ultimi mesi, Socialisti, Liberali e Popolari abbiano guadagnato consensi all'interno dei diversi Paesi europei.

Dunque, anche se è probabile che cristiano-democratici in Germania, Socialisti in Italia, Spagna e  Francia subiranno una sconfitta rispetto alle precedenti europee, il voto di protesta contro i partiti tradizionali non si tramuterà necessariamente in voto anti-europeo. Più probabilmente andrà verso En Marche! Ciudadanos e Verdi che hanno comunque una matrice europeista. Il rimescolamento, dunque, non consentirà al fronte euroscettico di superare soglie tali da condizionare seriamente la governance europea (30-33%). Tuttavia, anche se elezioni proporzionali come quelle attuali lasciano in genere poco spazio a sorprese scioccanti, il successo relativo del blocco tradizionale rispetto alle forze che esprimono posizioni euroscettiche possono determinare scenari più o meno confortanti. Analizziamoli a seguire:

Scenario di Base  
Questo scenario (neutro, probabilità: 65%) è molto vicino a quello descritto dai sondaggi. Ovvero alla condizione in cui Popolari e Socialdemocratici perderanno la maggioranza assoluta delle preferenze e dovranno cercare nuove alleanze, includendo i liberali - ipotesi probabile considerato che le tre forze hanno spesso votato in maniera compatta su dossier chiave o per la nomina di figure istituzionali - o coinvolgendo eventualmente i Verdi.

La seconda ipotesi rappresenterebbe una novità e potrebbe essere collegata a una politica fiscale più permissiva oltre che favorire la nomina a capo della Commissione europea del candidato socialista olandese Frans Timmermans; di converso è più vicina a un’idea di stabilità la soluzione che porta verso i liberali e che confermerebbe a capo della Commissione europea Manfred Weber e un non tedesco come presidente della Bce. Questo scenario potrebbe rivelarsi nel lungo periodo positivo anche per l’Italia, perché l’industria italiana è allineata all'interesse dell’industria tedesca - per il quale si decide in Commissione - e la finanza italiana ha d’altronde bisogno di una banca centrale dovish ovvero a conduzione mediterranea. Si tratterebbe, in tutti i casi, di varianti in uno schema in cui i partiti di governo rimangono quelli tradizionali e i partiti critici non si compattano.

La reazione del mercato sarebbe moderatamente positiva per aver superato un possibile ostacolo senza danni. In conclusione, in questo scenario le attese sono di cautela iniziale per quanto riguarda l’Italia, ma di una reazione positiva per l’Eurostoxx e le borse europee che potrebbero recuperare un pò di terreno dopo aver registrato vendite nette da inizio anno.

Scenario di divergenza 
Lo scenario peggiore per i mercati (negativo; probabilità: 20%) sia italiani sia europei si realizzerebbe con la conquista di 1/3 dei seggi da parte dei partiti non tradizionali. Gli euroscettici hanno scarse probabilità di oltrepassare il 20% anche considerando risultati eccellenti da parte dei favoriti come la Lega: dunque una cattiva amalgama o una perversa collaborazione tra euroscettici e anti sistema (i cosiddetti euroscettici morbidi) in concomitanza con i passaggi cruciali dei prossimi mesi potrebbe creare turbolenze per gli asset periferici. L’avversione al rischio favorirebbe il flight to quality e, dunque, una risalita di tutti i beni rifugio.

Le probabilità di concretizzarsi di questo scenario non sono remote in quanto i partiti di opposizione, tonificati da un buon risultato elettorale potrebbero - pur nella diversità che li contraddistingue - optare per soluzioni opportunistiche, collaborando, per esempio, nel contrastare l’imposizione di un candidato tedesco alla Commissione. Scelta che potrebbe rivelarsi un boomerang: perdendo la Commissione, la Germania potrebbe ottenere la presidenza della Bce in capo all’attuale presidente dalla Bundesbank Jens Weidmann. Uno scenario di contrasto aperto tra periferia ed Europa core costerebbe all’Italia un allargamento dello spread non trascurabile, a ridosso della soglia critica dei 300 punti base. Attualmente, infatti, il nostro Paese, giovandosi di uno spread contenuto, emette debito a un costo medio inferiore al 2%, che è al di sotto del costo storico. Si tratta di un’eredità del regime di tassi bassissimi generato dal Qe e di un effetto collaterale della crescita globale contenuta che, però, avvantaggia (finanziariamente) i debitori e il Belpaese: di fatto man mano che passa il tempo il costo complessivo del debito si abbassa - il che tiene l’Italia al riparo dagli strali europei sulla stabilità.

Se, invece, il costo del debito, per effetto del descritto allargamento dello spread, dovesse aumentare dell’1%, il discorso si capovolgerebbe innescando il movimento al ribasso delle banche italiane, del Ftse/Mib e, a catena, degli indici europei e dell’euro. Effetti negativi che si dispiegherebbero rapidamente, nel giro di pochi mesi.

Scenario convergenza  
Lo scenario più positivo (positivo; probabilità: 15%) per l’Europa e l’Italia in particolare è il meno probabile e anche il più complesso, in quanto implica un probabile cambiamento di governo (e parlamento a seguito di nuove elezioni) nazionale e tempi piuttosto lunghi (non meno di sei mesi) per concretizzarsi in termini di effetti sui mercati. Nella prospettiva di un consolidamento della propria forza relativa, Salvini, in quanto maggior rappresentante della frangia anti-establishment nel nuovo Parlamento europeo, potrebbe assumere un ruolo completamente diverso da quello interpretato fino a questo momento e convergere, sul modello Orban, all’interno del Partito Popolare.

Questa scelta farebbe spostare il leader della Lega su posizioni più moderate, abbandonando le velleità di disgregazione dell’euro, spingendo i Popolari orfani di svariati seggi ad accoglierlo nella coalizione. Di questo scenario al momento non c’è alcun sentore, ma la realpolitik induce a ritenerlo verosimile e, d’altronde, esiste anche un precedente storico rintracciabile nell’operazione simile compiuta con Silvio Berlusconi nel 1997. Se Salvini archiviasse in modo definitivo e convincente le critiche all’euro, la reazione del mercato sarebbe positiva e rilevante. Nella scomposizione dello spread attuale circa 85 punti base (ovvero un terzo) sono ascrivibili al rischio Italexit che implica una svalutazione immediata del 30% e un premio per il rischio più ampio di qualsiasi disobbedienza sul fronte della disciplina fiscale.

Il mercato ha dimostrato di poter sopportare un deficit elevato - anche al 3% in quanto reversibile - ma non lo scenario di uscita dall’euro: pertanto se venisse escluso esplicitamente, o anche solo dimezzato, le attese sono di un rally dei Btp comprimendo lo spread contro il Bund verso l’area 200 punti base che, a sua volta, trascinerebbe al rialzo le banche italiane e, a seguire, il Ftse/Mib e l’Eurostoxx insieme alla moneta unica.(ansa)

 

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