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di Carlo D'Arrigo*

Scuola, genitori e coltello

I ragazzi vanno a scuola col coltello, i fatti si riportano giornalmente. Credete che se lo siano immaginato questo comportamento o lo stanno semplicemente emulando? Hanno visto la televisione spazzatura, quella che fa “audience”, quella vista anche dai genitori su tutte le tevisioni pay-per-view dove invece di cultura è distribuito solo ciò che fa soldi. Cioè spazzatura. Scarichi affettivamente, i giovani cercano assurdo rifugio nella violenza e nella morte, per proteggersi da un mondo che fa loro paura.

La Scuola, assolutamente impreparata, è invocata come alter ego di genitori distratti e stanchi di una vita mai affrontata. Le agenzie educative come televisioni e altri media sono, sovente, più dannosi. Le immagini di violenza non sfuggono agli occhi dei più giovani. Durante i telegiornali, che sono visti da grande e adolescenti, l’immagine di esseri umani che muoiono ammazzati è consueta. Non ci si rende conto del dolore che trasmettono, dei drammi familiari, che quel morto è una persona con la sua storia e i suoi affetti. Le scene di violenza, viste e riviste nei film, nelle fiction e persino nei cartoni animati sembrano non fare impressione ma lasciano una traccia indelebile di abbrutimento.

Nati deboli da famiglie che hanno demandato alle agenzie di socializzazione il loro compito istituzionale di educatrici si sono formati all’ombra della baby sitter e del circolo sportivo. Per di più i giovani, spesso, portano alle spalle un vissuto tormentato da genitori separati e in eterna guerra. Ancora una volta è chiamata a rispondere la famiglia con tutta la sua intrinseca funzione e i genitori e sono la fonte primaria della stabilità dei giovani.

Da loro deve (o dovrebbe) scaturire la maturità affettiva, la tolleranza e la ragionevolezza. Certa politica è interessata a far voti, o a far votare leggi che interessano a piccoli corpuscoli societari come le Lgbt e che, se applicate in pieno non possono che enfatizzare i disastri che ho novellato. Una vergogna per la politica al Governo e per quella che attende, in panchina, per governare. Per governare meglio? Ho seri dubbi. Fin oggi è stato fatto vedere il Mondo secondo il Mito della Caverna di Platone. Un mondo falso, che non c’è e, soprattutto, che non c’era fino a pochi decenni addietro. C’è da sperare che i danni creati da anni di falso benessere non procurino altre vittime.
*già docente di Fisica Acustica – Univ. di Messina

 

 

Pearl Harbor sette dicembre 1941, infamia per l’umanità

Il 7 dicembre 1941 gli Stati Uniti sono vittima di uno dei peggiori disastri militari della storia. La base navale di Pearl Harbor, nelle Hawaii, è attaccata a sorpresa dall’aviazione giapponese. Sono distrutte decine di aerei e imbarcazioni e migliaia di soldati perdono la vita. Il giorno dopo, l’8 dicembre, Franklin Delano Roosevelt Presidente degli Stati Uniti, pronuncia al congresso il celebre discorso in cui riferisce dell’attacco giapponese come una “data che vivrà nell’infamia”, perché lanciato senza previa dichiarazione di guerra.

La sua proposta di dichiarare guerra al Giappone è approvata all’unanimità. Il Giappone mirava all’espansione territoriale come unico mezzo per combattere la crisi economica del paese mentre gli Stati Uniti limitavano gli scambi commerciali e, soprattutto, energetici. Ciò spinse il governo nipponico a “inventare” un piano per creare un impero nel sud-est asiatico che gli avrebbe assicurato le risorse naturali di cui aveva bisogno. Per impedire la reazione degli Stati Uniti l’ammiraglio Isoroku Yamamoto, comandante della Marina giapponese, appronta un’operazione tanto rischiosa quanto disumana.

A sorpresa 350 aerei attaccano la flotta statunitense del Pacifico, di stanza a Pearl Harbor. Alle ore 7,53 del 7 dicembre 1941 parte l'attacco aereo nipponico contro le unità militari statunitensi di stanza a Pearl Harbor, nelle Hawaii. Un paio di ore di bombardamento bastano per creare l’inferno e colorare di rosso il mare delle Hawaii. Un attacco inaspettato mentre la dichiarazione di guerra giunge alla Segreteria di Stato americana solo ad attacco iniziato. Il Giappone, già alleato delle forze dell’Asse Nazi-Tedesco, contando sull'iniziale superiorità, estende il proprio dominio sul Sud-est asiatico e sulle sue preziose materie prime fino alla primavera del 1942 quando gli USA, recuperato lo sbandamento morale e materiale, reagiscono cruentemente con le battaglie di Midway (4 giugno 1942) e di Guadalcanal (12 novembre 1942).

Tuttavia, l’asprezza della resistenza giapponese, che ricorre anche al gesto estremo dei kamikaze che sacrificano la loro vita buttandosi in picchiata contro l’obiettivo, e la necessità di lanciare un segnale su scala planetaria a tutte le potenze belligeranti europee e d’oltre oceano, conduce gli Stati Uniti alla scelta di bombardare Hiroshima e Nagasaki con la bomba atomica rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945. Le atomiche convincono il Giappone a chiedere la resa il 2 settembre 1945, mentre la riorganizzazione degli assetti geopolitici mondiali viene definita nella conferenza di Yalta da Churchill, Roosevelt e Stalin tra il 4 e l’11 febbraio del 1945. Ma al di là del racconto storico, quanto accaduto ottant’anni fa non ha insegnato nulla all’Umanità che rimane cieca e sorda. Dopo ottant’anni i telegiornali risuonano di parole come invasione, espansione, occupazione, distruzione.

E, ovviamente, morti, morti contati in maniera sommaria e in seconda battuta dopo aver mostrato le distruzioni materiali e territoriali. E, immancabilmente, non manca la minaccia nucleare come se questa potesse “finalmente” risolvere la follia omicida fra i popoli. Ancora oggi una vergogna per l’Umanità, un’infamia oggi come allora, per chi programma e comanda la morte del Genere Umano.
*Già docente di Fisica Acustica – Univ. di Messina

“So di non sapere”: una frase per pochi eletti

Saggio è colui che sa di non sapere. Per Socrate solo chi vive nel dubbio può dire di sapere. Dubbio perenne, in attesa di comprendere e cioè di sapere. Non esistono verità assolute e credo che nessuno possieda verità assolute, salvo la gente politicante di sinistra che si ritiene depositaria della saggezza, del sapere e del “sapere unico”. La sinistra, nostrana, europea e mondiale, si è appropriata di un modo singolare di concepire le cose, in maniera univoca. Il cosiddetto “Pensiero Unico”, unico perché concetto più stupido non c’è e, quindi, è unico. Unico e frutto del non sapere.

Se non la pensi come me non sei nel giusto, anzi sei Fascista. Dare del fascista sta sempre bene. “Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. Tale citazione, presente anche in altre formulazioni, è solitamente attribuita allo scrittore Voltaire, ma è stata usata per la prima volta da Evelyn Hall, biografa e saggista britannica. E’ la definizione per eccellenza della tolleranza. E a proposito di fascista c’è stato chi ha professato veramente il pensiero unico, ma è morto ottant’anni fà ed è proprio quello che i sinistri combattono anche da morto, ed è Benito Mussolini.

Chi ha letto qualcosa di quel periodo buio, e dominato da un folle e ignorante dittatore, ricorderà che non si poteva pensare diversamente dal “Testone”. Guai a farlo, altrimenti l’OVRA, l’Opera Vigilanza Repressione Antifascismo, ti portava dritto in carcere. E oggi che avviene? Beh, in carcere non vai ma sei escluso dai programmi televisivi che non la pensano allo stesso modo e sei attaccato brutalmente dagli avversari. Come nel ventennio fascista, o quasi. E’ proprio quest’atteggiamento, tra altri, che ha ispirato il Generale Vannacci a scrivere Il Mondo al Contrario, quel libro che tanti hanno attaccato come blasfemo ma che novella ed espone cose assolutamente ovvie e condivisibili.

Ma negare il pensiero unico e “attaccarsi” alla logica è vietato. Chi non sa presume di sapere e insiste nella sua ignoranza. Se ti permetti di esprimere il logo “Dio, Patria e Famiglia” sei un fascista irrecuperabile, e non importa che il motto sia di Mazzini, e persino De Gasperi ha posizionato la sua vita di statista all’interno del triangolo virtuoso Dio, Patria e Famiglia. Ma per la sinistra nostrana questa triade di parole è pericolosa per il pensiero unico, il pensiero di sinistra. In definitiva sei fascista sempre ed in ogni caso, a meno di essere dichiaratamente di sinistra. Di quale sinistra è poi tutto da capire.

Anche il termine “nazionalista” è sinonimo di fascista, anche se non sarebbe proprio la stessa cosa. E ciò che ne scaturisce è odio, ideologia, stupidità e ipocrisia. Un mix infernale. Il patriottismo è visto come sinonimo di fascismo, così come studiare la Storia Romana o le origini della Società organizzata. Io non me la prendo, ragiono con la mia testa e credo che essere criticato da tante teste diverse significa essere nel giusto.

*Già docente di Fisica Università di Messina

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