di Angelo Pajno
Serpeggia al di là ed al di qua delle poppe del Monte Rosa nostrano una crescente preoccupazione per la situazione di profondo disagio in cui, giorno appresso giorno, sono sprofondate le nostre isole.
C'è chi si indigna per lo stato vergognoso della nostra sanità pubblica, chi si spertica nel vaticinare Cassandre per i nostri trasporti, cordone ombelicale con la terraferma, chi si straccia le vesti per gli ombrelloni negati sul corso principale o per la musica fracassona sottratta manu militari ai padiglioni auricolari dei nostri amati figli, figliastri e nipoti, chi non dorme oramai più la notte per le vicende del terminal aliscafi di Milazzo, chi fa i conti in tasca all' amministrazione comunale stropicciandosi le mani dalla soddisfazione, chi si indigna navigando nauseato,
suo malgrado, nel mare di immondizia che ha sommerso le nostre isole, chi lamenta spese e giornate di lavoro andate a ramengo per essersi dovuto recare a Barcellona per rendere una testimonianza visto che il nostro tribunale oramai boccheggia per mancanza di ossigeno nel disinteresse generale delle istituzioni locali, chi osserva con scoramento il maggior costo di merci e carburanti che dovrebbe invece essere calmierato proprio per la nostra insularità, chi va a caccia
di lucertole, convinto di salvare il mondo, con i soldi dell' Europa ( che, in definitiva, escono dalle nostre tasche) per poi strepitare dal cocuzzolo di uno spuntone roccioso in mezzo al mare invocando aiuti celesti, chi tristemente osserva, con occhio lucido, l' emigrazione dei propri figli verso altri lidi che assicurino loro un futuro che non sia un lavoro precario di poche settimane nel periodo estivo. E chi più ne ha più ne metta.
Io mi limito ad osservare e, sommessamente, a riflettere.
Penso infatti che l' orgoglio di noi eoliani è finito ormai sotto le ghette usate dai nobili di un tempo durante le loro passeggiate pomeridiane impugnando il bastone con il pomolo d' argento e sbirciando il tempo che scorre tirando fuori dal panciotto, di tanto in tanto, il loro pregiato orologio da taschino con relativa catenella, anch'essa, ovviamente, rigorosamente d'argento.
Cianciamo infatti di sanità negata, ma ci affidiamo all' impegno di pochi (che non basterà il mondo per ringraziare) ma vigliaccamente ci adagiamo sul principio dell' "armiamoci e partite" ( tanto prima o poi qualcosa succederà).
E non credo sia sufficiente, con il dovuto rispetto, affidarsi al Santo Patrono.
In altri tempi ci sarebbero stati moti popolari, occupazioni di navi di linea con conseguente blocco dei trasporti, eclatanti ribellioni alla c.d. "Autorità costituita" mostrando impavidi il petto al nemico.
Oggi siamo solo delle gelatinose amebe, degli gnomi frignanti.
Ci lasciamo voluttuosamente avvolgere dalle spire di una mediocrità allarmante cullando la speranza che prima o poi.....qualcosa cambierà; intanto chi può si gode l' effimera soddisfazione di veder crescere il proprio conto in banca a fine stagione pronto ad entrare in letargo come gli orsi nelle loro caverne.
E le isole si svuotano, i giovani partono, le mamme piangono ( e forse anche i papà, ma cercano di non darlo a vedere), le vie dei nostri centri e dei borghi si spengono, i locali chiudono, le strade si svuotano, i negozi - peraltro oramai ridotti al lumicino - abbassano le serrande in attesa della prossima stagione estiva ove tornerà ad imperare un florilegio di offerte per le gite in barca per ammirare "Stromboli by night".
Eppure gli stimoli ci sarebbero tutti per creare nuove iniziative di sviluppo che non facciano rimpiangere la Pumex et similia.
L' agricoltura ad esempio, curata con i mezzi e le tecnologie che sono oggi a disposizione e che hanno messo in pensione zappe, vanghe e picconi, la cantieristica ed il ricovero navale che potrebbero attirare clientela anche dalla terraferma.
Ma per fare ciò si dovrebbero istituire aree di sviluppo agricolo ove far nascere capannoni, depositi e laboratori di lavorazione e trsformazione dei prodotti, strutture portuali con propaggini a terra per alaggio, manutenzione e varo di imbarcazioni da pesca, diporto e traffico e tanto altro ci sarebbe da proporre per solleticare l' interesse dei nostri giovani e di quegli imprenditori capaci di investire.
Ed invece non si fa altro, a tutti i livelli, che creare vincoli, divieti, limitazioni che vanno esattamente nella direzione opposta e ciò nel disinteresse, almeno apparente, della nostra politica locale che non ritiene, evidentemente, di propria competenza battere i pugni sul tavolo laddove e qualora necessario.
Si va, trotterellando allegri e felici, verso la mummificazione del territorio ed il depauperamento irreversibile della sua componente antropica
Cari amici eoliani, in tutta sincerità vi dico:
a me stanno proprio.... centrifugando gli zebedei.
Ed a Voi?