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di Salvatore Iacono

IMMAGINI DALLO SPAZIO PROFONDO
I telescopi spaziali ci danno una visione dettagliata del Cosmo sino a pochi decenni fa inimmaginabile.
Nel mese di marzo del 1610, Galileo Galilei pubblica a Venezia, in latino, un volumetto di argomento astronomico intitolato Sidereus Nuncius che in italiano suona Il Messaggero delle Stelle. Così scriveva Galileo: «Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all’osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l’eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso». Alcune delle grandi cose a cui fa riferimento Galileo sono le montagne della Luna, i satelliti di Giove e la differenza tra stelle e pianeti; e lo strumento che gli ha consentito di vederle è stato il telescopio.

A partire da quel rudimentale telescopio, nel corso dei secoli si sono avuti notevoli progressi tecnologici che hanno ampliato la nostra visione dell’Universo. Ma una innovazione significativa si è avuta in questi ultimi decenni allorché è stato possibile portare i telescopi al di fuori dell’atmosfera, eliminando molti dei disturbi che ne limitavano l’impiego, e integrando la componente ottica con dispositivi elettronici che consentono una elaborazione digitale dell’immagine. Un esempio di questa innovazione tecnologica sono i telescopi spaziali Hubble e Webb.

Il telescopio Hubble è stato portato in orbita intorno alla terra il 25 aprile del 1990, ad un’altezza di 600 km, ha uno specchio di 2,4 metri di diametro e un peso complessivo di 11 tonnellate. Il telescopio Webb è, invece, posizionato nel secondo punto di Lagrange a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra e scruta l’universo nella lunghezza d’onda dell’infrarosso. Questa sua caratteristica gli permette di vedere stelle e galassie anche attraverso la polvere interstellare e intergalattica.

Vediamo alcune delle immagini inviate da questi telescopi.
Le stelle nell’universo non sono distribuite a casaccio ma sono raggruppate in strutture che chiamiamo “galassie”. A loro volta le galassie si aggregano in “gruppi”. Uno di questi gruppi è il “Gruppo Locale” che comprende più di 80 galassie e ha un diametro di circa 10 milioni di anni luce (ricordo che un anno-luce è uguale a 9 mila e 461 miliardi di chilometri). La nostra galassia, la Via Lattea, fa parte del Gruppo Locale e, con i suoi 250 miliardi di stelle, è la seconda come dimensioni (la prima è la galassia di Andromeda). Nel Gruppo Locale, la galassia più vicina alla nostra, ad appena 200 mila anni luce è la Piccola Nube di Magellano. Costituita solo da alcune centinaia di milioni di stelle, è una galassia satellite della Via Lattea e si trova nella costellazione del Tucano.

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Nella parte settentrionale della Nube vi è un ammasso stellare denominato NGC346 di cui la NASA ha fornito un immagine spettacolare (foto 1). Si vedono pennacchi e strutture gassose di colore violaceo, costituite essenzialmente di gas e polveri che daranno origine a milioni di nuove stelle e nuovi pianeti, mentre i filamenti rossastri in alto a sinistra son i resti dell’esplosione di una “supernova” cioè di una stella supermassiccia che ha finito il suo ciclo di vita. Altri filamenti sono formati da materia espulsa dalla superficie di giovani stelle calde e massicce, dando origine a dei “venti” di particelle nucleari.

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La foto 2 è la straordinaria immagine, ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble, di una coppia di galassie, NGC 7469 (la più grande, in basso a sinistra) e IC 5283 (la più piccola, in alto a destra), che interagiscono tra di loro mediante la forza gravitazionale. Questo sistema, denominato Arp 298, si trova a 200milioni di anni-luce dalla Terra, nella costellazione di Pegaso. La più grande delle due – NGC 7469 – è una galassia a spirale barrata, con un diametro di circa 90mila anni luce la quale, con il suo campo gravitazionale, aspira gas e polveri dal disco di IC 5283 creando una coda lunga decine di migliaia di anni luce. Al centro ospita un buco nero supermassiccio con una massa stimata di 13milioni di volte la massa del Sole (in astrofisica, come unità di misura della massa si usa quella del Sole, pari a circa 2 seguito da 30 zeri chilogrammi).

L’eccezionale luminosità della zona centrale è dovuta alla luce emessa dalle polveri e dai gas interstellari mentre cadono nel buco nero. Ma la caratteristica peculiare di questa galassia è la presenza di un anello che circonda il nucleo della galassia ad una distanza di appena 1.500 anni luce. Questa caratteristica ha indotto gli astrofisici a studiare questa galassia con il telescopio spaziale Webb. È stato possibile vedere con un dettaglio senza precedenti che l’anello che circonda il nucleo è sede di ammassi stellari, contenente ciascuno un alto numero di stelle in formazione. Il telescopio Webb ha osservato circa 30 ammassi stellari ognuno dei quali ha una massa compresa tra 500mila e 10milioni la massa del Sole. E’ stato comunque calcolato che la massa totale dell’anello nel suo insieme non supera i 3,5 miliardi di masse solari.

L’alto tasso di formazione di giovani stelle (da 40 a 80 masse solari per anno) sembra essere il risultato dell’interazione con la galassia più piccola (IC 5283). L’immagine della foto 3, ripresa dal telescopio spaziale Webb, mostra, con dettagli mai visti prima, la galassia Ruota del Carro insieme a due galassie compagne più piccole. La galassia Ruota del Carro, situata a circa 500 milioni di anni luce di distanza dalla Terra nella costellazione dello Scultore, è una galassia dalla struttura piuttosto rara. Il suo aspetto, molto simile a quello di una ruota di un carro, è il risultato di una collisione ad alta velocità, avvenuta circa 400 milioni di anni fa, tra una grande galassia a spirale e una galassia più piccola non visibile nell’immagine. Questa galassia mostra due anelli: uno interno luminosissimo che contiene un'enorme quantità di polvere calda e giganteschi ammassi di giovani stelle e un buco nero al suo centro; l’anello esterno è formato da singole stelle (i puntini blu) mentre i punti più luminosi di colore rosato sono stelle in formazione e supernove (una supernova è l’ultima fase di una stella morente che esplode emettendo tutta o quasi tutta la materia di cui è formata). Le striature visibili tra l’anello interno e quello esterno hanno origine dai bracci della galassia a spirale iniziale, prima della collisione, e formano i raggi della “ruota”.

La loro luminosità rossastra, presente anche nella galassia più piccola in alto a sinistra, è causata dalla polvere e dalle molecole di idrocarburi che avvolgono l’intera galassia. Entrambi gli anelli si espandono dal centro della collisione e quello esterno, penetrando nel gas circostante, innescando la formazione di nuove stelle.Il campo visivo di questa immagine è di 340mila anni luce. Per concludere questa carrellata tra alcuni degli oggetti che formano l’Universo voglio sottolineare che tutto ciò che vediamo (ammassi di galassie, che contengono ammassi di stelle e buchi neri, nubi di polveri e gas) formano solo una quantità compresa tra lo 0,5 e l’1% del totale di ciò che si trova nell’Universo. Tutto il resto è formato da energia e materia di cui ignoriamo quasi tutto e di cui riusciamo solo ad analizzarne gli effetti, e per questo la chiamiamo “ energia oscura” e “materia oscura”.

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GUARDATE E STUPITEVI. Il Telescopio Spaziale James Webb, posizionato nel punto di Lagrange L-2, a circa un milione e 500mila chilometri dalla Terra, sta inviando immagini con una risoluzione spaziale estremamente elevata, mai raggiunta prima da un qualsiasi strumento per l’osservazione dell’Universo.
Una delle prime immagini è stata quella del Quintetto Stephan, situato nella costellazione di Pegaso, scoperto dall’astronomo francese Éduard Stephan nel 1877.
 
Si tratta di un gruppo di 5 galassie, ciascuna formata da centinaia di miliardi di stelle e, sebbene venga definito un “quintetto”, solo quattro delle cinque che lo compongono sono effettivamente vicine tra loro. La quinta galassia, quella più a sinistra del gruppo (NGC7320), si trova a una distanza di 40 milioni di anni-luce dalla Terra mentre le altre quattro distano da noi circa 290 milioni di anni-luce.
 
L’interesse del Quintetto di Stephen risiede nella possibilità di fornire agli astrofisici l’osservazione diretta dell’interazione gravitazionale tra le galassie e di studiare la formazione, al loro interno, delle nuove stelle che hanno origine da tale interazione. Mediante lo spettrografo nel vicino infrarosso e quello nel medio infrarosso, Webb ha potuto studiare in dettaglio il nucleo della galassia più in alto del gruppo (NGC7319) che ospita un buco nero supermassiccio, con una massa pari a 24 milioni di volte la massa del nostro Sole. Questo buco nero sta attirando e assorbendo sia le stelle più vicine sia il gas interstellare, emettendo un’energia luminosa equivalente a 40 miliardi di Soli. I dati forniti da Webb aiuteranno gli scienziati a valutare la velocità con cui i buchi neri supermassicci si nutrono e crescono.

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Questa immagine, ripresa dal telescopio spaziale Hubble, mostra un ammasso di galassie ognuna delle quali contiene miliardi di stelle.

L’ammasso, situato nella costellazione dell’Orsa Maggiore a una distanza di circa 4,6 miliardi di anni luce, sembra formare un volto con occhi, naso e una bocca sorridente.

In realtà, gli occhi sono galassie molto luminose mentre gli archi, che disegnano il sorriso, sono dovuti ad una forte lente gravitazionale.

*Specialista in Microelettronica e Componenti Elettronici per Applicazioni Spaziali Ingegnere Nucleare

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Lipari, un viaggio "inaspettato" tra check in e file 

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di Graziella Bonica

Lipari 01. 08.2021 Ore 20 e 10. Siamo appena ripartiti da Lipari, alla volta di Milazzo.
In realtà il nostro primo imbarco coincide con lo scalo di Filicudi porto .
L' aliscafo delle 18 e 35 è partito da li' con un "accettabile' ritardo di circa un 10 minuti, e sin qui ,"nulla questio".
In agenzia, però, ci era stato comunicato che questa ultima corsa prevedeva il trasbordo a Lipari. Nonostante ciò, facciamo il check in e ci imbarchiamo.
Arrivati al porto della maggiore isola, ci viene indicato di metterci nuovamente in coda alla fila già pronta ,a Lipari, per l' imbarco sull' aliscafo che ci avrebbe portati Tutti a Milazzo.
A questa notizia alcuni passeggeri, hanno chiesto le ragioni di tale evenienza.
La risposta dell addetto al check in è stata di tutto rispetto e molto chiarificatrice : " vi dovete mettere in coda perché ve lo dico io".
A questo punto le lamentele e rimostranze da parte dei passeggeri di Filicudi nn si sono fatte attendere.

Ora, chiedo al Sindaco,all' Assessore ai trasporti, agli AGENTI delle locali AGENZIE : " ma chi ha accettato questa follia DI FARCI SUBIRE IL DISAGIO DEL TRASBORDO DALL' UNICO ALISCAFO del tardo pomeriggio ALLE 19 E 30 , nello SCALO DI LIPARI?
A Chi È SEMBRATO GIUSTO GRAVARCI DI UN ALTRO CHECK IN E DI UN 'ALTRA FILA ?
Sono le ore 21 e 15. Siamo entrati adesso al porto di Milazzo. Da Filicudi è tutto.

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