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di Marcello Acunto

I RIFIUTI SOLIDI URBANI A PANAREA
Scongiurato il pericolo della raccolta e lavorazione dei RSU nella straordinaria vallata residenziale del torrente Urio a Panarea, nelle foto sono rappresentati i luoghi in cui dovranno essere eseguiti i lavori del progetto già approvato e finanziato.
Si tratta della località in prossimità di "filo liscio", nei pressi dell'eliporto privato, con accesso dalla strada comunale panoramica percorsa da tutti coloro che amano visitare l'isola da terra oltre che da tutti quelli che amano salire fino a "Timpone Corvo" per poi scendere da "Punta Milazzese" alla "baia degli zimmari" o "sotto castello".

Il progetto tratta l'argomento come se si trattasse di una semplice villetta residenziale che non dispiace molto vedere. A mio parere il tutto poteva rimanere meglio nascosto spostandolo più a Nord-Ovest e interrandolo maggiormente.

Segnalo che occorrono controlli continui e accurati perché si tratta di zona archeologica.
Quando molto più in alto fu "distrutta" la precedente zona di deposito e tentativo di distruzione dei rifiuti dandoli alle fiamme, veniva prodotta una discreta quantità di diossina e, prima, come molti sanno, venivano trafugati un'infinità di reperti.
La mia proposta è sempre stata: enorme chiatta di raccolta ancorata al largo, a conveniente distanza dalle coste.
BUON LAVORO

NOTIZIARIOEOLIE.IT

Panarea - Località Urio
Questi sono i siti in cui "menti eccelse" avevano progettato di fare stoccaggio e lavorazione dei rifiuti di Panarea.
 
La "guerra" è stata vinta grazie all'indispensabile aiuto dell'On. Stefania Prestigiacomo, dell'On. Raffaele Ranucci, dell'On Dalia, pur appartenendo a partiti politici diversi.
 
Mi corre l'obbligo di precisare che la "guerra" contro l'inquinamento della centrale elettrica ENEL è stata vinta dal solo sottoscritto con regolare Sentenza (Avvocato Rosa Maria Acunto) - ciò senza falsa modestia, visto che diversi cercano di prendersene i meriti.
 
L'INTERVENTO
 
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di Gianni Iacolino*
 
Premesso che un RTI di imprese ha proposto, al Comune di Lipari, ai sensi dell’Art. 183 comma 15 del ex Dgls 50/2016 e s.m.i., una progettazione preliminare, per la costruzione e la gestione di un impianto per la raccolta e la riduzione volumetrica dei rifiuti differenziati da realizzarsi in località punta Palisi nell’Isola di Panarea, in adiacenza all’attuale parcheggio dei mezzi della ditta che esegue il servizio di raccolta dei rifiuti.
 
Successivamente la Giunta Municipale nell’anno 2021, ha inserito nel Piano Triennale delle Opere pubbliche tale iniziativa, oltre a tale intervento è stato finanziato in seguito all’interno del PNRR isole Verdi, per un importo di €. 1.000.000,00 circa per la realizzazione di un centro comunale di raccolta nell’isola di Panarea, per tale opera gli uffici del Comune stanno redigendo apposita proposta progettuale che sarà sottoposta a pareri previsti per legge.
 
*Assessore

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NOTIZIARIOEOLIE.IT

21 NOVEMBRE 2021

L’intervista del Notiziario a Marcello Acunto, il progettista di Panarea

3 MARZO 2023

Eolie, oltre 200 pratiche di condono edilizio bocciate dalla Soprintendenza. La nota

13 MARZO 2023

Eolie, dopo la Soprintendenza anche il Comune di Lipari boccia 120 pratiche di condono edilizio. A Salina sono 25...

16 MARZO 2023

Condono condom...inato

18 MARZO 2023

GDS.IT

Condoni edilizi bocciati alle Eolie, il legale Leone: «Cresceranno i contenziosi»

Lipari, è deceduta la signora Aurora De Lorenzo vedova Saltalamacchia. Il cordoglio 

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Aveva 91 anni
 
Ai familiari le condoglianze di Gennaro, Salvatore, Bartolino Leone e famiglie
 
IL CORDOGLIO 
 

Il Direttivo ed i Soci del Centro Studi e Ricerche di Storia Eoliana partecipano con grande affetto al dolore del proprio Presidente, il carissimo Nino Saltalamacchia, per la dipartita della madre, Signora Aurora De Lorenzo vedova Saltalamacchia, e porgono alle figlie Cettina e Giovanna e alla Famiglia tutta le loro più sentite condoglianze.

Ufficio Stampa Centro Studi

di Mirella Fanti*
ALLA CARA DOCENTE E AMICA CETTINA, AL CARO AMICO NINO ALLA VOSTRA FAMIGLIA

Tutta la comunità scolastica dell'IC ISOLE EOLIE si unisce al vostro dolore per la perdita della carissima mamma.
Molti di noi hanno già conosciuto questi tristi momenti, la dolcezza
e l'affetto dei nostri bambini riescono a lenire le ferite e farci sorridere.
Insieme ai suoi alunni della VB noi tutti aspettiamo Cettina a scuola per abbracciarla forte forte forte !!!

*Dirigente IC Lipari

Bartolo Zagami insieme ai collaboratori e alle maestranze della SEL partecipano commossi al dolore del caro Nino Saltalamacchia, delle sorelle Cettina e Giovanna e dei parenti tutti, per la triste scomparsa della madre Sig.ra Aurora De Lorenzo vedova Saltalamacchia

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Lipari - Si trova presso "Infinity H24" di fronte l'Istituto "Isa Conti".
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Pepsi Mango è una nuova variante di Pepsi che è stata lanciata sul mercato nel 2021. Si tratta di una bevanda gassata con un sapore di mango dolce e rinfrescante, che si sposa perfettamente con il gusto della cola. Pepsi Mango è stata creata per soddisfare i gusti dei consumatori che cercano una bevanda più esotica e fruttata rispetto alla classica cola. Pepsi Mango è stata introdotta negli Stati Uniti e non è ancora disponibile in tutti i mercati internazionali.
Dunque che aspetti a provarla? 

 

Panarea by night (Los Angeles si sta vergognando), illuminata a giorno, da Punta Milazzese a Punta Calcara, per festeggiare un amico.
 
Solo un piccolo, improvviso rinfresco con due amici incontrati per caso.
La cosa sarebbe passata inosservata se il chiarore della luna piena non avesse svelato i più reconditi particolari.
CARI AUGURI AL FESTEGGIATO!

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(Continua ' u SCUOGGHIU a SICCA) ‘U SCUOGGHIO A SICCA - I PIPITUNI
In primo piano, guardando la foto, enormi macigni posti a protezione della costa sud ovest del porticciolo di Panarea. Esisteva un terrapieno che era all’altezza della stradella che porta al faro e che confina con il “RAYA”. Detto terrapieno protendeva, a nord, verso la banchina d’attracco. Nello specchio di mare antistante esisteva un piccolo isolotto semisommerso che ci raccontava se era “a china”, “a china a scattari”, se rimaneva sott’acqua per più di 50 cm., a “sicca” o “a sicca a scattari se l’isolotto rimaneva fuori acqua fino a 50 cm..
Certo questo enorme scoglio, o piccolo isolotto, rappresentava un pericolo per gli sprovveduti ma tutti lo conoscevamo e lo ritenevamo un amico.

I soliti ben pensanti d’accordo con quelli che sogliono fare ”gemellacci” perché non prendono le pillole protettive (evidentemente non hanno fatto studi e ricerche) un bel giorno decisero di togliere l’isolotto-scoglio di protezione e le conseguenze oggi sono evidenti .
MAREE
C’erano una volta in un paese, allora, molto lontano che si chiamava Panaria, due Sirene. Una molto alta che si chiamava Marea Alta e l’altra un po’ più bassa che si chiamava Marea Bassa. Erano due Sirene bellissime. Noi bambini le conoscevamo perché di tanto in tanto andavamo nel promontorio soprastante dove abitavano “Gnomi” piccolissimi verdi con copricapi a forma di primo quarto di luna, lunghi circa tre centimetri, che questi gnomi ci regalavano perché bacche succose molto saporite.

Noi li chiamavamo “PIPITUNI” e li trovavamo su tutta “Punta Peppemaria” fino alla casa lato “Caletta” di Antonino Picone che noi chiamavamo Nino Pipitone.
A noi bambini era consentito vedere e parlare con tutti.
Alta Marea e Bassa Marea vivevano felicemente nello SCUOGGHIU A SICCA curavano la costa, il terrapieno e, forse ci coltivavano i “pipituni” a nostra insaputa.
Dall’autunno alla primavera venivano a trovarle i loro “Marosi” e passavano giornate meravigliose.

Manco a farlo apposta uno si chiamava Tramontana e uno Ponente. Uno veniva da Berlino e l’altro da Torino , o Genova (non l’ho mai capito) fatto è che in Lombardia erano conosciuti come “MOROSI”, poi passavano da Roma e, per quella nomea, erano costretti a pagare per poter proseguire. Arrivando a Napoli, specialmente in gennaio e febbraio, s’infuocavano, diventavano MAROSI ( avevano pagato a Roma ma ..non si sa mai) e, in men che non si dica, raggiungevano l’isolotto abitato da Alta e Bassa Marea. Li si fermavano, senza arrecare fastidi.
Un brutto anno, all’inizio dell’inverno, Tramontana e Ponente partirono, come al solito ma portandosi dietro un loro caro amico straniero “Grecale”.

Grande fu il loro dispiacere nel non trovare più né l’isolotto, né Alta e Bassa Marea delle quali persero ogni traccia.
Si scatenò tutta la loro furia moltiplicata per 10, cento, mille con una forza che raggiungeva otto e anche nove, si sbattevano contro costa, terrapieni, muri e muraglioni, i loro frantumi arrivavano ad altezze inverosimili tanto che il negozio di Anna deve chiudere e le cisterne di Bruno conservano acqua salmastra.
Da allora questa cosa si ripete anno dopo anno.
RISPETTIAMO LA NATURA! MEDITATE GENTE MEDITATE.

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Penso a tutti i GEMELLACCI fatti da nostro "padre adottivo LIPARO" (senza usare la pillola degli anni prima e degli anni dopo), dilapidando capitali a destra e sinistra, e a noi, suoi figli legittimi, cotanto padre adottivo ecco cosa da: "l'insegnamento di un nuovo meraviglioso passo di danza" della durata di mezz'ora da utilizzare per l'estate trascorsa e farsi bastare fino alla prossima. Grazie.

Io ritengo che bisognerebbe esaminare attentamente i DNA di tutti questi "GEMELLACCI" perché appartengo alla categoria delle migliaia di persone (forse qualche milione) di nati nel comune di Lipari che, per raggiungere il proprio paese, deve pagare il biglietto da turista. È UNO SCHIFO!!!
Faccio solo il mio esempio:
Nato a Lipari e costretto ad emigrare per motivi di studio (la pregiata "SUTTA O'PALU University " non mi ha voluto), proprietario immobiliare, da sempre vissuto a Panarea, da dove vado e vengo in continuazione, alcuni anni or sono, per casi miei, decido di risiedere a Catania come prevede la costituzione.

Oggi per venire a Panarea, dove mi trovo dal mese di Giugno, devo pagare tariffa intera sia pure con le agevolazioni del CASO.

N.B.: papà Liparo incassa oltre due milioni già solo di tassa di sbarco.
In questo mese dall'Australia sono venute 80 persone per un matrimonio a Panarea.
Per settembre 2024 hanno già prenotato per 200 persone e 300 per l'anno successivo. È tutta gente attaccata al paese dei propri avi e che arrivando in Italia e a Panarea "NON LASCIA BRUSCOLINI MA QUATTRINI". Meditate gente meditate

VIDEO

 

I MURISTI
Camminavi incantato per i lindi sentieri di campagna di Panarea, attentamente tenuti percorribili da tutti gli abitanti. Ovunque ti trovassi vedevi mare, sole, luna e ogni altra cosa immersi nell’infinito. Ti percorreva un brivido perché non potevi condividere tutto questo con chi amavi o volevi che ti amasse, soffrendo per la paura che l’Infinito finisse. A cosa servono gli averi se no ne gode nessuno? A cosa serve una sorgente di amore se no ne attinge nessuno?
In ogni caso era bene godere di questi doni da conservare e tramandare amorevolmente ai posteri.

Nel frattempo, all’imbrunire, al calo del canto delle cicale e con l’inizio del concerto dei grilli, le comari si incontravano sui “bisuoli” delle abitazioni confinanti per parlare piacevolmente dei piccoli avvenimenti locali e familiari. Intanto, in attesa dei congiunti, a questi dialoghi, a tempo debito, spesso partecipavano il sole calante o la luna crescente
Poi industriali, politici, grossi professionisti, affaristi ed altri, cominciarono a girare e a visitare posti più o meno sconosciuti. Furono chiamati TURISTI.
Questi TURISTI, un bel giorno, cominciarono a sbarcare anche a Panarea, qualcuno si accorse dell’incommensurabile patrimonio naturale e vide che era cosa buona e conveniente. Difatti, approfittando della bontà, ristrettezza economica, assenza ed ingenuità degli abitanti cominciò a comprare e ad usucapire case e terreni.

Si iniziò a disporre di liquidità, benessere, indipendenza e di tutto quanto una certa agiatezza comporta. La gente disse: “TURISTA” cosa buona.
Ben presto si sentì parlare bene della “Prima C”, alcuni ragazzi già studiavano a Lipari e a Milazzo e si pensò che si parlasse della loro difesa.
Si trattava della “PRIVACY” che consisteva e consiste nell’alzare muraglioni tra abitazione ed abitazione, tra terrazza e terrazza, tra terreno e terreno, tra giardino e giardino, tra case, terrazze, giardini terreni - e strade e luoghi pubblici.
Sembra che cicale, grilli, uccellini ed altre popolazioni sfrattate, irritate, abbiano esclamato: “ma andate a fare in c..lo” e se ne sono andate. L’estate scorsa non ho sentito (non sono sordo) né una cicala né un grillo (è vero).
Purtroppo il cemento è portatore di questa terribile malattia: “IL MURISMO” ed infetta il TURISTA che a Panarea si ferma e acquista diventando MURISTA.

 

1) IL PIANO REGOLATORE E PANAREA – BUONA PASQUA -
Nei primi giorni del corrente mese, a Lipari, l’ottimo Sindaco dott. Riccardo Gullo e i tecnici incaricati della redazione del Piano Regolatore del Comune di Lipari hanno voluto incontrare e sentire la popolazione per raccogliere ogni problema che potrà essere oggetto di studio e prossimo sviluppo.
Complimenti a tutti per l’alto senso di democrazia, pacatezza, competenza e civiltà dimostrati durante le varie esposizioni.
Di Panarea, per ovvi motivi, non c’era nessuno e si è fatto cenno alla sola sentieristica.
Collegandosi al “Notiziario delle Isole Eolie” di Bartolino Leone è possibile ripercorrere l’intero incontro.
Nel porgere a tutti i più cordiali e sinceri Auguri di Buona Pasqua, mi affretto a divulgare la notizia perché fino a giorno 16 aprile i Tecnici incaricati sono disponibili per accogliere i validi veri problemi che interessano la collettività, in primo luogo, ma Tutti (siamo tutti cittadini del mondo).

Cercando di essere “breve, succinto e compendioso”, come dico sempre, accenno all’argomento STRADE, la cui insufficienza rende l’isola mal vivibile da Giugno ad Ottobre. Si tratta di un argomento non indolore che dovrà essere affrontato. Occorre una valvola di sfogo.
I meno giovani certamente ricordano che il lungomare costruito negli anni ’60 doveva partire dall’imbarcadero di Punta Peppemaria e proseguire verso nord, oltre il molo d’attracco, fino all’attuale centrale elettrica (centrale elettrica: altro problema).
La popolazione si oppose e fu realizzata solo la parte di lungomare che conosciamo.
Oggi la situazione è diventata insostenibile per cui sarà indispensabile procedere in quella direzione e l’isola ritornerà a respirare.

La patata bollente passa in mano ai progettisti del Piano Regolatore i quali avranno il compito di progettare un “sottilissimo tappeto volante”? Una struttura “trasparente” tale da armonizzarsi con la natura? Una struttura mimetizzata con mare e scogli che preveda il transito solo durante il bel tempo?
Oggi la tecnologia può tutto, sicuramente sarà trovata la più valida delle soluzioni e ne sono certo.

2) GUTTA CAVAT LAPIDEM (Il ritorno) OVVERO “ANCHE IL LIMITE HA UNA PAZIENZA” (Totò) OVVERO ANCHE GLI SCOGLIONI SI SBRICIOLANO
Mi giungono molte domande e considerazioni, pregherei di superare la timidezza e di pubblicarle direttamente, tanto le leggiamo in pochi e, credo, ce ne freghiamo tutti.
Certo, domande come se il “CAVATAPDIDEN” serve per togliere i tappi alle bottiglie o è un ferro del dentista, è meglio che vengano rivolte solo a me.
Trovo sensate tutte le altre domande e considerazioni inerenti il Condono Edilizio e le ripropongo nella speranza che qualcuno le legga e voglia darci risposte altrettanto sensate.
- Molti cittadini, fidandosi delle Leggi vigenti, hanno presentato domande di sanatoria edilizia corredate di tutte le ricevute dei versamenti richiesti, degli elaborati tecnici, di dichiarazioni, di quant’altro indicato a corredo delle pratiche e hanno assunto tecnici che sono stati regolarmente retribuiti.

Spesso sono state eseguite opere murarie di completamento.
SONO TUTTE OPERAZIONI CHE NON AVREBBERO FATTO NON AVENDO ALCUNA INTENZIONE DI AUTODENUNCIARSI, MOLTO SPESSO, PER BANALI OPERE INTERNE.
- D’accordo la Regione Sicilia promulga una Legge Regionale di Sanatoria Edilizia che trascende le proprie competenze;
- D’accordo la Corte costituzionale emana la Sentenza n. 252/2022 e dice chiaramente, secondo me, “nelle aree sottoposte a vincolo, sono sanabili soltanto gli interventi edilizi di minore importanza (restauro; risanamento conservativo; manutenzione straordinaria; manutenzione straordinaria; opere che non comportino nuovi volumi o superfici);

- D’accordo, esiste il periodo successivo: “per gli interventi che rientrano in tali tipologie, la sanatoria edilizia richiede il preventivo parere favorevole della competente Soprintendenza e ciò, come avvertito dalla stessa Corte Costituzionale (Sentenza n. 39 dell’ 8 febbraio 2006), anche se l’abuso sia stato realizzato prima dell’entrata in vigore del vincolo (art.32 comma 2.1.47/85 come modificato dall’art. 32, comma 43 l. 326/2003);
In data 20/12/2022 viene emessa la Circolare n. 02 Dip. Dei Beni Culturali – Servizio Tutela, prot. 62212 del 30/12/2022.
CON ENCOMIABILE SOLERZIA VENGONO EMESSE UNA MIRIADE DI ORDINI DI DEMOLIZIONI E RIMESSA IN PRISTINO DEI LUOGHI a tutte le pratiche che, si capisce, non sono mai state esaminate.
SI CHIEDE:
NON SAREBBE STATO E SAREBBE Più OPPORTUNO PROCEDERE CON LA RESTITUZIONE INDOLORE DELLE STESSE PRATICHE SPIEGANDONE I MOTIVI?
Con quanto si è fatto e si sta facendo si aggiunge la beffa al danno perché bisognerà attendere le Sentenze del Giudice.
AVVOCATI E TECNICI RINGRAZIANO
Altre domande:
- Le demolizioni e le messe in pristino significano anche che i Bar, le Trattorie le Boutique e quant’altro dei lungomare devono tornare ad essere magazzini-ricovero dei vecchi gruppi elettrogeni ormai dismessi?
- Nessuno ha più i vecchi Gruppi elettrogeni : Li devono comprare nuovi?
- I fumi di scarico si possono scaricare liberamente, come prima?
Molti dicono che i propri si sono sfrantumati sotto e insieme agli scoglioni e aspettano valide, serie e legali soluzioni.

 

 

Panarea, due puzzle per i bambini dai "Giovani Eoliani"

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Il gruppo Giovani Eoliani ha fatto recapitare due puzzle per i bambini di Panarea. Questo grazie alla raccolta fondi partita qualche settimana fa a cura della scuola di ballo "New Angel's Dance" gestita da Ugo Biviano.
 
Ringraziamo tutti quelli che con un piccolo gesto stanno realizzando questo, per i bambini e per l'intera comunità. Nei prossimi giorni ci saranno nuovi aggiornamenti per l'isola di Filicudi.
 
Domenico Palamara (rappresentante del gruppo) Ugo Biviano (rappresentante scuola di ballo)

I MURISTI
Camminavi incantato per i lindi sentieri di campagna di Panarea, attentamente tenuti percorribili da tutti gli abitanti. Ovunque ti trovassi vedevi mare, sole, luna e ogni altra cosa immersi nell’infinito. Ti percorreva un brivido perché non potevi condividere tutto questo con chi amavi o volevi che ti amasse, soffrendo per la paura che l’Infinito finisse. A cosa servono gli averi se no ne gode nessuno? A cosa serve una sorgente di amore se no ne attinge nessuno?
In ogni caso era bene godere di questi doni da conservare e tramandare amorevolmente ai posteri.

Nel frattempo, all’imbrunire, al calo del canto delle cicale e con l’inizio del concerto dei grilli, le comari si incontravano sui “bisuoli” delle abitazioni confinanti per parlare piacevolmente dei piccoli avvenimenti locali e familiari. Intanto, in attesa dei congiunti, a questi dialoghi, a tempo debito, spesso partecipavano il sole calante o la luna crescente
Poi industriali, politici, grossi professionisti, affaristi ed altri, cominciarono a girare e a visitare posti più o meno sconosciuti.

Furono chiamati TURISTI.
Questi TURISTI, un bel giorno, cominciarono a sbarcare anche a Panarea, qualcuno si accorse dell’incommensurabile patrimonio naturale e vide che era cosa buona e conveniente. Difatti, approfittando della bontà, ristrettezza economica, assenza ed ingenuità degli abitanti cominciò a comprare e ad usucapire case e terreni.
Si iniziò a disporre di liquidità, benessere, indipendenza e di tutto quanto una certa agiatezza comporta. La gente disse: “TURISTA” cosa buona.
Ben presto si sentì parlare bene della “Prima C”, alcuni ragazzi già studiavano a Lipari e a Milazzo e si pensò che si parlasse della loro difesa.

Si trattava della “PRIVACY” che consisteva e consiste nell’alzare muraglioni tra abitazione ed abitazione, tra terrazza e terrazza, tra terreno e terreno, tra giardino e giardino, tra case, terrazze, giardini terreni - e strade e luoghi pubblici.
Sembra che cicale, grilli, uccellini ed altre popolazioni sfrattate, irritate, abbiano esclamato: “ma andate a fare in c..lo” e se ne sono andate. L’estate scorsa non ho sentito (non sono sordo) né una cicala né un grillo (è vero).
Purtroppo il cemento è portatore di questa terribile malattia: “IL MURISMO” ed infetta il TURISTA che a Panarea si ferma e acquista diventando MURISTA.
Continua

 

IL "COMODO SOCCORSO"
Panarea è l'Isola in cui si può, anzi SI DEVE "schiattare" di ottima salute. Lipari le sta col "fiato sul collo" e la eliminazione dell'Ospedale lo testimonia. Il popolo subisce e tace tanto crepa di ottima abbronzata salute.

Capita così che una signora necessità di PRONTO soccorso, "ma come si permette? "...
Tra immani sofferenze sarà soccorsa "comodamente" DOPO QUATTRO ore.
E l'ambulanza? Come non abbiamo l'ambulanza!?...ha pure le ruote!...non cammina!?...che si arrangi!...si faccia spingere o trainare da qualche asino o mulo licenziato dai dismessi e coloratissimi carretti siciliani!
...TUTTO TACE...

 

Eolie, una preghiera per la pace nel mondo 

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di Peppino Mirabito

Su invito della Conferenza Episcopale Europea per la Festa della Esaltazione della Croce, in molte Chiesa vi è stata l'adorazione Eucaristica per chiedere al Signore il dono della Pace.
Vogliamo unirci a questa incessante preghiera anche se nelle Parrocchie non dovesse esserci, sostiamo davanti al tabernacolo e preghiamo per questo fine.

Parrocchia San Giuseppe in Lipari

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Poveri milionari a Panarea.
Ormai da oltre trenta anni, nel centro abitato di Iditella dell'isola di Panarea, esiste un fabbricato, poi rudere e oggi topaia appartenente ai Principi del Belgio. Confinanti e isolani hanno sempre sperato e sembra che continuino a sperare. Ma, si sa, "chi di speranza vive disperato muore" e già gli uni e gli altri ci sono.

I confinanti sono di tutto rispetto: lato mare c’è la villa dei Visconti di Modrone che forse speravano che il loro "biscione" notoriamente ghiotto di topi, facesse pulizia, Lato monte c’è la villa della Principessa Alessandra Borghese per cui tutti speravano che il Vaticano dichiarasse guerra al Belgio, ma nemmeno questo è avvenuto. L’isolano, infine, visto che nessuno spende, costruisce e risana l'ambiente assurdamente maleodorante, pieno di topi e deturpato e vorrebbe decidere di dichiarare guerra al Belgio e vorrebbe depositare la dichiarazione nelle mani del Console Belga.

Ci chiediamo, col dovuto rispetto, se non si vergognano di tenere quello sconcio nell'isola mantenuta curata e immacolata quale è Panarea. Chiediamo cosa succederebbe a un cittadino Italiano se si permettesse minimamente di osare altrettanto in Belgio. Ci chiediamo perché nessuna autorità locale, provinciale, regionale e nazionale nuova un dito per evidenziare e risolvere il pluridecennale problema.
Ora basta!!! Che facciano qualcosa e che siano i primi a rispettare le regole.

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LIpari, per Andrea Licciardi anche la nuova cover di Mario Rosini

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di Andrea Licciardo

"FUORI ORA"È uscita la mia nuova cover di Mario RosiniTwo Sei la vita mia

 Andate ad ascoltarla e lasciate un like e commento e fatemi sapere cosa ne pensate.

https://youtu.be/9X3_bYfk0iY

 

Questa è la "Falcona" a Panarea che sovrasta tutta la zona cimiteriale. Di tanto in tanto si stacca qualche macigno che, fin ora non ha danneggiato alcuno, vogliamo aspettare che succeda?

I macigni sono stati bloccati sempre dalla vegetazione che non deve essere distrutta ma aumentata. Se qualcuno vuol verificare non ha che da recarvisi e, se rimarra' vivo, potrà testimoniare.

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A Zimmari tutto bene...

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LA MEDICINA A PANAREA
Come molte isole del Comune anche Panarea, avevo sette o otto anni, aveva una “buona facoltà di medicina”.
Si sa che tanti sono i mali che affliggevano l’isola: mal di testa, mal di denti, piccoli dolori alle ossa, dolori al cuore degli innamorati.

Pochi erano i medici per cotanti ammalati ed io a sette anni mi iscrissi a medicina e quasi subito mi laureai con grande merito e soddisfazione dei miei “professori” (Ninu ‘a Mariatedda e u ‘zu Salvatore Gullo, nonno di Maria Pia e bisnonno di Francesco e Salvatore (da Francesco)). Quest’ultimo, ad onor del vero, proveniva dall’ “Ateneo” di Santa Marina Salina.
La specializzazione era in “malocchio”, “fatture”, fattucchierie varie e affini.

Durante il praticantato notavo, annotavo e imparavo, quindi state attenti e non vi distraete.
Il paziente o la paziente si rivolgeva al “professore” che recatosi al domicilio si accomodava. Si scambiavano quattro chiacchiere (anche otto se era carnevale), poi un caffè, un bicchierino e poi, come da consuetudine il professore si faceva portare tre fondine di porcellana ben pulite, una tazza con olio extravergine d’oliva, una tazza di sale, una caraffa con acqua di cisterna, piovana, limpida (quasi acqua distillata).

Il prof. Confermava che si può usare anche un solo piatto fondo ma che, per sicurezza, all’inizio è meglio adoperarne tre. Poi, poggiato un panno rosso di cotone sull’infermo che reggeva anche il piatto, iniziavano le operazioni ma non prima di aver assicurato l’ammalato che il malocchio gli sarebbe sparito in poche sedute.
(ora non vi distraete perché non ripeto):

1) Versare l’acqua nel fondo del piatto e fare una sorta di croce con poca acqua rimasta 1, 2, 3 e 4
2) Prendere una manciata di sale e ripetere l’operazione 1, 2, 3 e 4;
3) Prelevare dell’olio con il dito mignolo della mano destra e far gocciolare sull’acqua, 1, 2, 3 e 4.
4) Se le gocce dell’olio restano gocce intatte, il paziente non è affetto da malocchio o è stato già tolto,
5) Se l’olio si spande per la superficie dell’acqua il malocchio c’è e si deve ricorrere alla lettura del quadretto formatosi sul medaglione. In questo caso il “dottore” può mostrare tutto il suo genio poetico per poi sentenziare sul numero di sedute necessarie per far sparire il maleficio.
In una delle sedute successive il professore decide che invece di sporcare tre fondine è meglio adoperarne una sola. Come per incanto alla seconda o terza prova, al massimo, le gocce d’olio galleggiano perfettamente nitide, intatte, meravigliose.
Il malocchio è sconfitto.

Devo dire che da “studente modello” mi laureai subito perché, mentre preparavo la tesi mi esercitavo con il tavolo di legno della cucina che era leggermente zoppo.
Approfittando dell’assenza di mia mamma, presi un piatto fondo di ceramica e feci tutte le operazioni descritte. Non ci crederete; il tavolo aveva il malocchio!!! Alla seconda prova glielo tolsi e alla terza, adoperando sempre lo stesso piatto, a momenti trasformo quasi l’acqua in olio extravergine d’oliva…ma mi sarei montato la testa.
(spiego ai bimbi che mi leggono che, perché l’olio non si espanda ha bisogno di trovare l’acqua già sufficientemente oleosa).

 

 

ANNI '58 e seguenti
Mi infastidiscono quelli che meno conoscono i fatti più ne parlano senza preoccuparsi di documentarsi prima. Se poi i racconti vengono custoditi negli archivi storici, a mio parere, si commette un reato grave perché il falso viene tramandato come verità.
Da sempre Panarea è stata abitata da gente civile e di larghe vedute. Negli anni cinquanta si andava verso il famoso boom economico e l'emigrazione si stava annullando e cominciava a verificarsi l'effetto opposto. Sull'isola si produceva di tutto, frumento, cereali, mandorle, capperi, carrube, uva e vino eccezionali, ortaggi eccetera.

La pesca era fiorente, le aragoste si pescavano a bizzeffe come ogni altro pesce. In ogni famiglia non mancavano "cugnetti" e botti pieni di ogni ben di Dio. Ogni casa aveva pollai, conigliere, capre e pecore che, in parte, venivano tenute a Basiluzzo e a Liscabianca. Diversi erano coloro che avevano i buoi e i porcili. Si pescavano un'infinità di totani e calamari che venivano essiccati e conservati per l'inverno. L'esportazione avveniva, per lo più, verso Napoli. Poche erano le donne che andavano ancora a pesca e, in ogni caso, non con i bambini appresso.
Il numero degli abitanti era sufficientemente consistente.
In inverno diminuiva del numero di persone impegnato fuori isola per motivi di studio e/o di lavoro.

(Tutte le Università ed i plessi scolastici erano sempre stracolmi rimanevano solo i posti alle elementari). All'Ufficio postale c'era anche l'unica cabina telefonica funzionante con ponte radio. L'elettricità funzionava con gruppi elettrogeni a nafta, prima e con un piccolo "canadese" poi. Venivano caricati gli accumulatori quando era necessario...
Mi fermo qui giusto per chiarire tutte le cavolate che vengono fatte passare per vere e caricate negli "archivi storici" che poi si va a consultare.

 

 

PRIMI GIORNI DI SCUOLA IN PRIMA MEDIA (SECONDA PARTE)
Alle otto e un quarto, siamo in classe, il mio banco è centrale, penultimo. Davanti a me Trabucchi, al primo banco, davanti alla cattedra Antonio Brandi, poi tutti gli altri Gentile, Conforti, Cicuto, Casamento, Verdura, Carrus, Mariotti, …

Alle otto e trenta, puntualissimo arrivava il professore di lettere Antonio Perrotta, persona alta, sempre in doppio petto bianco e grigio, piuttosto severa e dalle pretese un tantino pesanti. Regola numero uno: stare seduti sulla metà della seduta della sedia staccata almeno venti centimetri dal banco e con la schiena dritta. La posizione serviva a non addormentarsi e a prestare più attenzione. Siccome con lui avevamo quattro ore di fila più volte alla settimana, la cosa risultava piuttosto pesante.
Altra sua prerogativa era quella di girarsi di scatto per le interrogazioni al volo, declinazioni in latino, verbi ed altro.

Essendo io arrivato con un mese e mezzo di ritardo, nonostante le mie profonde conoscenze della lingua, non dimenticate che avevo vissuto anni e anni da chierichetto e per altrettanti anni avevo spiato le risposte dei fedeli in chiesa, nonostante ciò il professor Perrotta mi disse di arrangiarmi perché non poteva ricominciare il programma. Fu così che io aggiunsi alla mia cultura personale le ricerche delle parole sul vocabolario, trascritte tali e quali sui compiti. Per le prime settimane la mia ignoranza migliorò molto.
Nel frattempo sul viale Trieste moto Benelli e moto Morini scorrazzavano con scie di fumi e rumori assordanti. In base al rumore il prof li battezzò “moto Cafone” e “moto Bifolco”. I centauri erano di una bravura pazzesca ed erano persino capaci di stare in piedi sulla moto in corsa. Fu così che fu scoperta la “teoria della non compatibilità moto-gravitazionale” che così testualmente recita: “un sedere che su una moto viaggia a 150 chilometri orari, cadendo, per gravità da 150 centimetri di altezza, non viene accolto dal morbido sedile della moto ma viene avvolto dal duro manto stradale”. Legge che veniva verificata soventemente.

Quando al mattino il prof arrivava, si scattava tutti in piedi e all’ordine - invito di sedere si ubbidiva senza fiatare. Quindi iniziava il rito dell’appello: “Acunto” sempre primo io… “BRAND’ANDO’ – invece di Brandi Antonio - … così il prof continuava fino alla lettera zeta mentre Brandi dal momento in cui veniva chiamato cominciava ad armeggiare, a contorcersi, a rovistare in tutte le sue tasche a cercare sotto il banco, tra i quaderni, sotto i fogli di carta… finito l’appello, il professor Perrotta esclamava: “…e ora interrogh…” non riusciva a finire la parola perché contemporaneamente Antonio Brandi sventolava una enorme bandiera bianca, in segno di resa, e cominciava a soffiarsi rumorosamente il naso ripetutamente e diventando paonazzo mentre Perrotta, per nulla intimorito e infischiandosene della Convenzione di Ginevra finiva le sue parole magiche “…iamo, venga Brand’Ando’ “ il quale, poverino, nulla aveva sentito ma la legge è legge. Ciò si ripeteva sempre e con tutti i prof.

Continua

 

SANTINO 2
Quel giorno era come capitava spesso dopo un inverno freddo e piovoso, durante il quale le tempeste hanno strapazzato ben bene le coste perché l’uomo capisca che conta niente nell’universo.

Si era già in primavera inoltrata, mare piatto, calma assoluta, sole caldo e splendente, bassa marea assoluta “sicca a scattari”. Le grosse patelle attaccate agli scogli si vedevano già da lontano, come pure i grossi “ufali“ che al minimo fruscio si lasciavano cadere dagli scogli in mare rifugiandosi in siti più freschi e sicuri.

Sugli scogli, poco oltre la riva, primeggiavano i “maccarruna ‘i mari” prelibatezza da consumare cruda con abbondante limone. Non vi sembri strano, allora si poteva perché nel mare c’era solo mare.
Chiedemmo a mia mamma di autorizzarci a raccogliere un po’ di queste delizie che avremmo poi portato a casa consumandone parte a pranzo. Sapevamo nuotare e la risposta fu sì a condizione che per le ore sedici si fosse già in ufficio.

Armati di sacchetti di cotone e lame piatte per il distacco delle patelle dagli scogli ed il taglio dei “maccheroni” ci trasferimmo sul tratto di costa Iditella – Punta Sbrigghia.
Punta Sbrigghia era detta così perché la punta, oltre l’attuale centrale elettrica, che si estende verso Basiluzzo e che demarcava località Urio da località Calcara (più a nord) era formata da cinque o sei birilli in pietra (sbrigghia) alti oltre cinque metri. Oggi esistono solo le basi.
Non esisteva la centrale elettrica (1980) né la strada di cemento che dalla “banchinella” porta alla costa Urio. Prima di raggiungere la scogliera e il mare bisognava attraversare circa trenta metri di terreno agricolo.

In riva al mare, su questo terreno agricolo c’erano delle piante “semigrasse” dal fiorellino giallo, il frutto dal sapore piacevole, dolce delicato, aveva una lunghezza massima di due o tre centimetri, era a sezione circolare del diametro di due o tre millimetri. La forma era di cetriolino arcuato. La maggiore produzione di questo prodotto spontaneo (i pipituna) era sulla Punta Peppemaria.
Prima della raccolta di Patelle, “ufali” (chioccioline), “vuccuna” e “maccarruna” con Santino si decise di assaggiare un po' di “Pipituna”, quindi al lavoro!

Riempiti i sacchetti tornammo a casa dove trovammo la tavola apparecchiata, il pane profumato, ancora caldo, faceva bella mostra di sé, un quarto di forma di formaggio pecorino pepato fresco di Vulcano, un piatto con le prime albicocche, una insalatiera con Pere (“peri garofeli”). Nella nicchia, sul muro, un fiasco di vino nero che di tanto in tanto strizzava l’occhio emanando strani riflessi rossi verso la porta aperta che dava sulla terrazza.

Fatta la doccia col solito paio di secchi d’acqua che reciprocamente ci siamo scambiati, iniziamo lo spuntino per ammortizzare il notevole appetito che ormai era diventato fame.
Poiché l’appetito vien mangiando e la sete va via bevendo, immaginatevi cosa si deve fare se la sete diventa arsura e se la fame si deve smorzare assumendo questi alimenti che un buon bicchiere di vino te lo richiedono piangendo. Ogni tanto davamo un’occhiata al fiasco e, alla fine ci siamo commossi…va be’ un goccio, cosa vuoi che sia!?...poi è quello buono, genuino, “da Malfa”, “du zu Felice Taranto” ha portato ieri le botti…chissà se durante il trasporto ha aggiunto acqua di mare…no, non mi pare è buono…assaggia un altro goccio…
Felice Taranto era venuto da Malfa, aveva conosciuto Caterina, figlia “du zu Peppi Coca” e si è fermato a Panarea.

Che buono anche questo formaggio di Vulcano! Si l’ha portato “u Furmaggiaro”… che dorme all’aperto sul “bisuolo” davanti alla porta di zia Marietta, poveraccio!… qua sì che ci sta un altro goccio di questo vino rosso!...
Anche le pere “i peri garofeli” di Pippu di Marianna hanno richiesto un buon goccio di vino rosso.
Pippo di Marianna era Giuseppe Angelini, originario di Salina che, per sbarcare il lunario aveva cominciato portando ceste di frutta che vendeva a Panarea promuovendo il prodotto con la cantilena “peri!...peri garofeli”. A Panarea aveva conosciuto Marianna che aveva sposato.

L’avvertimento per i signori commercianti potrebbe essere: state attenti se andate a Panarea!
Gocci e goccetti, intanto, ad uno ad uno erano diventati migliaia per cui, senza rendercene conto, da affamati e assetati eravamo diventati felici, contenti e di un’allegria straripante che, a zigzag, abbiamo trasportato in ufficio. Il primo a venirci incontro è stato il radiotelegrafista, nostro amico, Stefano Lucchesi al quale Santino così si rivolse “signor Lucchesi Beddu mia” a cui seguì un sonoro ceffone.
Ci volle un po' prima che la “febbre” svanisse.

 

Messina, Pietro Franza è il nuovo presidente di Sicindustria Messina.

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Pietro Franza è il nuovo presidente di Sicindustria Messina. Eletto oggi all’unanimità dall’Assemblea dei soci, guiderà la delegazione messinese per i prossimi quattro anni. Cinquantadue anni, laureato in economia e commercio, Franza è ai vertici del Gruppo imprenditoriale di famiglia (Gruppo Franza), che opera nelle seguenti aree di business: trasporti marittimi, ospitalità, real estate, industria e telecomunicazioni.

In Confindustria è presente dal 1999, quando è entrato a far parte per due mandati biennali consecutivi della Giunta di Confindustria Messina. Dal 2003 al 2009 ha ricoperto la carica di vicepresidente dell’associazione territoriale e dal 2009 al 2015 è stato componente del Consiglio Direttivo di Confindustria Messina.

Con lui sono stati eletti i componenti del Consiglio di delegazione: Francesco Farilla (A2A Energie Future Spa); Nazzareno Foti (Bisazza Gangi Srl); Marco Bommarito (Fire Spa); Mariano Perroni (Gestam Srl); Sebastiano D’Andrea (I.E.E. Iniziative Energetiche ed Edili); Maurizio Rocco Maiorana (Impresa Maiorana Srl); Carmelo Giuffrè (Irritec SpA); Flora Mondello (La Flora Snc); Alessandra Iuculano (Opus Residential Srl); Luca Amoruso (Raffineria di Milazzo Scpa); Mauro Scurria (Sicilferro Torrenovese Srl); Giovanni Vinci (Vinci F.lli & C. Srl).

Pianificazione strategica, sviluppo e promozione del territorio, formazione, attrazione degli investimenti e sblocco delle opere pubbliche anche in vista dei fondi in arrivo del Pnrr, le priorità del neopresidente. Che non ha mancato poi di sottolineare la necessità di riportare in Sicilia i giovani già formati che hanno poi scelto di spostarsi oltre i confini regionali. “Dobbiamo puntare sui nostri giovani – ha sottolineato Franza – facendo rientrare le migliori energie che hanno dovuto lasciare la nostra regione, ma che aspettano solo di avere una opportunità per farvi ritorno”.

Un ringraziamento particolare Pietro Franza lo ha poi rivolto a Ivo Blandina per il lavoro svolto finora alla guida dell’associazione. “Eredito una associazione coesa e piena di energia – ha concluso – e sono davvero orgoglioso di rappresentare una classe imprenditoriale che ogni giorno dimostra di saper andare avanti nonostante le enormi difficoltà”

Congratulazioni a Franza sono giunte da Gregory Bongiorno, presidente di Sicindustria, e da Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia.

Sposi: GAY E MARGHERITA 

Dopo lunghi anni di studi, sacrifici, stenti, patimenti e “chierichettaggio” con Don Gianni, arrivò il tempo della raccolta. Alla veneranda età di anni sette potei ricevere la Prima Comunione. Nella foto con mamma e zio Renato siamo dietro la Chiesa di San Pietro (il colonnato del Bernini non c’era ancora). 

Mio co-festeggiato è stato il mio amico Bruno Natoli, mio compagno di scuola e figlio del mio maestro Giovanni Natoli (suo padre).
Ormai vecchio e cadente io, ad undici anni, padrino Gaetano Tesoriero (Gay), ricevetti la Cresima per mano di Sua E. Bernardino RE (che osò schiaffeggiarmi e io non dissi nulla perché c’era gente). 

Di lì a poco maturò la vendetta contro Gay com’è testimoniato dalle foto in cui mi si vede imbronciato, con lui prima della cresima, e dritto e soddisfatto mentre trasporto le fedi nuziali, per il suo matrimonio. 
Anche il luogo è lo stesso. 
Si tratta del vialetto che collegava la casa del dottor Cincotta alla strada comunale Iditella – Drauth. Allora non esistevano muraglioni e da qualunque punto dell’isola si godeva delle meraviglie che la Natura ci aveva regalato. 
Qualche anno dopo questa casa passò alla Contessa Marisa Betlen e poi all’Avv. Paola Mora, subendo le note trasformazioni.

Don Gianni ce le faceva passare tutte e sapeva impegnarci. Arrivato a Panarea a trentatré anni era proprio un bel ragazzo atletico molto appetito dalle donne.

Quando non si andava a pescare, se non c’era il catechismo, ci si organizzava, per la raccolta dell’olio per le lampade della chiesa, per la raccolta delle uova, per la benedizione delle case, per portare i sacramenti agli ammalati e ai moribondi. In questi ultimi casi non ci permetteva di entrare e ci lasciava ad una opportuna distanza.

Per noi bambini era sempre un gioco che continuava anche quando le cose dovevano essere serie. Certo ormai noi tutti grandicelli sappiamo che cos’è la “TRANSUSTANZIAZIONE” e tutti, tranne me, sanno che significa “…e ce ne imprime il carattere”, allora il problema non ce lo ponevamo e queste cose le accomunavamo al latino maccheronico in uso.

Nel servir messa vedevamo che Don Gianni “abbondava” nel versare nel calice il vino che poi beveva, mentre risparmiava sull’acqua. Così noi “angioletti” facevamo il contrario e come “angioletti”, ammiccanti l’un l’altro con aria candida, versavamo un goccio di vino costringendo il Sacerdote ad abbassare il calice più volte esclamando “ancora!” e a sollevarlo quando versavamo l’acqua per costringerlo a dire “Basta! Basta!”
Saremo perdonati?

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SANTINO (Sgroi)
SANTINO, il piu' alto nella foto di gruppo sulla banchina, era figlio di pescatori di Lipari che venivano a pescare a Panarea e che qui facevano base. I genitori decisero di dargli un futuro più sereno per cui preferirono che andasse a scuola e che passasse le sue giornate all'ufficio postale dove faceva i suoi compiti e, se arrivava qualche telegramma lo portava ai destinatari. Conosceva, più di me, abitudini e segreti degli abitanti. Scopri'che la cagna di "zu" Nicola Fazio aveva una cucciolata e mi invito' per una visita "a domicilio". Tutti sanno che le cagne sono molto gelose e che non desiderano queste visite senza specifici inviti e appuntamenti. L'abitazione di questi nuovi arrivati era a Iditella, dopo casa Urzi' che, dopo qualche anno, d'estate, sarà abitata da Silvia, Clara, Francesco Dotti e famiglia, che saranno cari amici, con Maria e Tindaro Cappelli.

Per arrivare alla cuccia si doveva superare il cancello posto su strada e percorrere circa dieci metri di passaggio compreso tra il prospetto di alcuni piccoli manufatti a sinistra, e il muretto di contenimento del terreno alberato, a destra. Santino aprì il cancello invitandomi a stargli dietro. Eseguii mantenendo una certa distanza di sicurezza. Stavamo quasi per iniziare i convenevoli, certi dell'ospitalità della nostra ospite ma questa, balzata fuori dalla cuccia, si lanciò al nostro inseguimento. Io, sprezzante del pericolo, alla velocità da primato mondiale, oltrepassai il cancello mentre Santino mi urlava "non chiuuaaaai..."("chiudere" stava dicendo il tapino) Troppo tardi, pantaloncini e mutande erano andati...e non solo.
(Santino, da grande, entrerà nella Polizia di Stato e, a Genova riceverà alcuni Encomi Solenni per i suoi costanti eroici comportamenti).

 

Intanto le cose sono un po' migliorate, viaggiare da e per Panarea e più facile è entrata in funzione la "Motonave Lipari", se parto da Pesaro nel primo pomeriggio, passando da Roma Termini, nel pomeriggio del giorno successivo potrò essere a Napoli, mi imbarcherò alle 19,00 e all'indomani, ore 8,00 sarò a Panarea.

Ho nostalgia degli altri miei amici che ho lasciato sulla banchina, di Fido, di casa...ritornerò, non invecchiate troppo...anzi, venite con me.
A Napoli è obbligatorio fare alcune cose: una interessante passeggiata, mangiare una buona pizza e comprare le sfogliatelle. Visto che la stanchezza non si sente? Se si arriva troppo presto si può anche andare al cinema. Attraccate notiamo i transatlantici "Michelangelo" e "Raffaello". Ci dovrebbe essere anche la "Motonave Lipari"...e infatti c'é. Ma non è una scialuppa di uno dei transatlantici... no! è proprio la Lipari, si comincia a leggere bene.

A bordo c'è Giovannino, il Piccolo di bordo, che dopo i numerosi viaggi ormai mi conosce ma non lo dà a vedere. Finalmente andiamo in gabina, depositiamo i bagagli e ci prepariamo per la cena. Nel frattempo le Pilotine accompagnano la nave fuori dal porto e affidano il comando al comandante della nave. La cena è buona, è sana e serve a passare un'ora in relax prima di dormire.

Non sempre il mare è tranquillo, io non soffro il mal di mare e sulle navi ho sempre fatto meravigliose dormite. Certo sono capitate spesso traversate paurose ma basta sapersi contenere. Rimane famosa una traversata del Parroco Don Giuseppe Vanaria che imbarcatosi alla volta di Napoli, ancora c'era la "Eolo", non volle rinunciare alla cena, con la sala al piano più alto e, unico ospite, pretese un abbondante brodo di pollo come prima e ultima
portata. E' facile immaginare che fu necessario raccogliere dal pavimento piatti, posate, sedie e prete.... e il brodo? anche, con una sorta di mocio.
Continua.

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Cari Marines, continua
La gioia del rientro a Panarea è tale che, nonostante la stanchezza, alle 6,30 siamo già svegli. In ogni momento la natura è meravigliosa, i colori cambiano sempre come pure i paesaggi che ti danno in ogni istante informazioni e sensazioni diverse è tutto scritto ma nessuno legge. Ci lasciamo assorbire dai telefonini e non leggiamo la natura, lasciamo che tutto caschi a pezzi e mentre i furbi si arricchiscono gli altri viviamo di illusioni all'interno degli schermi.. Mi rivolgo a quelli che più amo, naturalmente, non voglio fare paternali o insegnare niente a nessuno.

L'alba è meravigliosa, Stromboli, brontolone, ci saluta con i suoi originali fuochi d'artificio. Strombolicchio inizia ad indorarsi. La barca del Rollo accosta, prende merce e passeggeri, si rimane incantati ad ammirare il paesaggio, si comincia ad incontrare gente nota ed amici e si parte per Panarea, finalmente! non si arriva
mai!

Coraggio, Rollo,... "cca sunnu!... Fido mi vede, vuole buttarsi in acqua per venirmi incontro, non vede più nessuno, corre per tre, quattro volte dalla banchina all'imboccatura della via Lani, scendo dalla barca, mi si butta addosso, mi mordicchia, abbaia, mi rimprovera, altra corsetta e non si dà pace.
Alcuni miei amici, nella foto. Il più alto si chiama Santino Sgroi (se ricordo bene). Di lui racconterò qualcosa.
Cari Marines, cominciate a vedere che avete fatto bene a venire. Ciao

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PRIMI GIORNI DI SCUOLA IN PRIMA MEDIA
Dopo i giorni raccontati e la prima notte bianca, o quasi, alle ore sette e trenta suona la sveglia, non vedo Fido ma sento gli “applausi” dell’istitutore che ci invita a prepararci per andare a scuola. Scendiamo, dal secondo piano, per la colazione, si comincia con le presentazioni, gli accenti sono di tutte le città italiane, nell’atrio antistante il refettorio sono schierati Norina, infermiera, altra aiutante. Norina passa i cucchiai, infermiera imbocca un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo, l’aiutante ti porge due o tre mentine, tu ingoi ed entri in refettorio per la colazione. Memorizzo il mio posto e, inquadrati, andiamo in studio – scuola, al primo piano. L’edificio è bellissimo, ubicato sulla spiaggia, lungo il viale Trieste. Abbiamo tutto: due campi da calcio, due da tennis, due da pallacanestro, due da pallavolo, pista da pattinaggio, piscina, pista da allenamento che circonda i campi da tennis, grande palestra attrezzatissima, cinema-teatro e biblioteca.

E’ tutto pronto, noi ragazzi non dobbiamo inventare nulla, per la “campestre”, poi, ci alleneremo sulla spiaggia, per tutti gli sport, poi, disporremo degli impianti sportivi della città. Da un’occhiata in palestra noto che tra l’altro ci sono un “cavallo” e una “cavallina” per cui non ci dovremo mettere “a pecoroni” per recitare velocemente e prima che il “cavallo” si sdereni, s’afflosci e caschi, “Aldu Liottu, scarica a bottu, vaci a Merica ‘nfun ‘nfà”. Sono piccolino ancora, ho nostalgia, ho tutto, mi manca tutto ma decido che “se po’ fa’”. A Pesaro siamo apprezzati, siamo d’esempio, siamo i “ragazzi di Villa Marina” e la cosa ci riempie d’orgoglio.

L’aula scolastica, fino alla terza media, è anche lo studio. Si tratta di un vano da circa metri 12,00 per mt. 12,00 che ospita da 20 a 25 ragazzi che, quindi contiene 25 cattedre con cassettiera, piano da lavoro e da studio. Una cattedra per alunno. L’insegnate ha la sua cattedra sulla predella. Questa è anche la postazione dell’istitutore durante le ore di studio.
Ho più volte riferito che Villa Marina si estende lungo il Viale Trieste che parte dal vicino porto e raggiunge il monte S. Bartolo.
A Pesaro è nata e prospera la Moto Benelli, a Bologna la Moto Morini.
Cosa poteva succedere sul lunghissimo Viale Trieste, allora completamente libero?
continua

 

La casa a Panarera continua
La casa dei nonni, oltre ad essere prestigiosa, era in posizione strategica tanto da essere appetita dagli "Alleati" che la requisirono quando fu affondata la nave "Bolzano" e vi impiantarono il loro quartiere generale.
Intanto dagli USA era rientrato il signor Natoli, papà di Veronica e di molti altri figli. Questi signori costruirono un grosso fabbricato a pianta quadrata, comprensivo di pianterreno e primo piano, con balconi lungo il perimetro del primo piano e, date le sue inconsuete forma e dimensioni fu chiamato il "palazzo" assurgendo a "casa reale". Oggi è la "CASA ELIO" donata in beneficienza da Veronica in ricordo del Caro Elio.
L'era "moderna" a Panarea inizierà all'inizio degli anni sessanta.
Un bel giorno sbarcarono Gianni e Maria Teresa Venbinschak che si innamorarono dell'isola e decisero di costruire l'Albergo Piazza.

Avendo già fatto esperienza a Capri, da qui portarono mastri ed operai specializzati nella costruzione di opere con pietra a "faccia vista". Questa maestranza poneva in opera solo venti pietre al giorno e ogni esperto dell'isola criticava e diceva la sua. L'operazione nel tempo fu portata a compimento e gli ospiti erano eccellenti.
Ancora si costruiva con architettura spontanea e i risultati erano accettabili.
Negli anni 1962,1963, il comune di Lipari decise di fare un regolamento edilizio serio e qui cominciarono i guai. Decisero di permettere di costruire nel "centro urbano" (evito di fornire i noiosi dati tecnici) secondo una raffazzonata perimetrazione, e qualcosina fuori da tale "centro", come sempre sono stato l'unico a far notare che, invece, sarebbe stato molto meglio lasciare molto verde tra le varie case ma senza alcun risultato.

Nel 1963 si cominciarono a realizzare i miei progetti, non c'era obbligo di direzione dei lavori, e, quando rientravo da Milano trovavo vani in più rispetto a quelli del progetto autorizzato. Per tenere la gente "sotto scopa", questa veniva spinta a costruire a volontà perché si sarebbe cominciato con i "condoni edilizi" . Un componente dell'Amministrazione Comunale, dott. Tommaso Carnevale, pensò bene di imporre regole e controlli da parte di una Soprintendenza e, per essere sicuri dell'obiettività, dell'imparzialità e del senso artistico oltre che ecologico, propose e si scelse la Soprintendenza di Catania. a questo punto: Chi vuole schiattare dalle risate ne ha facoltà e ne ha anche ora che dipendiamo da Messina. Gli addetti ai lavori e quelli che hanno avuto esperienza in materia conoscono benissimo ogni particolare.
La stessa cosa succedeva con gli uffici catastali finché non siamo stati "graziati" dalle richieste e presentazioni telematiche. I successivi regolamenti e lo stesso piano regolatore non hanno fatto altro che peggiorare le cose perché il cemento viene versato sempre negli stessi posti e, spesso, illegalmente.

Ho lavorato su almeno l'ottantacinque per cento delle case di Panarea e anche sulle altre ho prestato opera professionale. Ogni incarico, ovviamente, mi faceva comodo ma soffrivo al solo pensiero che scompariva una parte dei miei giochi di bambino.

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PRIMI VIAGGI
Non dico che ricordo perfettamente quanto avveniva intorno a me a partire da quando avevo la “veneranda” età di due mesi perché tanto non ci crede nessuno.
Dopo l’affondamento del piroscafo Santamarina, io avevo solo due mesi e quattordici giorni, nostra mamma ebbe la necessità di ritornare a Panarea, da Lipari, quale coadiutrice di sua mamma, Giuseppina La Cava, Titolare dell’ufficio postale locale, impiantato ed ereditato.

Durante gli anni di assestamento, di tanto in tanto, occorreva viaggiare su certi “pezzi di ferro” arrugginiti e, in qualche modo, galleggianti. Si chiamavano, Pola, Nesazio, Rismondo… Ho memorizzato a tal punto la puzza di olio esausto, nafta, aria oleosa mista a fritture, pesce, aglio, cipolla e quant’altro proveniente da sala macchine, cucina e gabinetti, il tutto naturalmente shakerato, che il solo pensiero, ancor oggi mi fa vomitare. Unite a questo il contorcimento di queste comode navi ad ogni piccolo movimento del moto ondoso. Ricordo mia mamma terrorizzata più per noi tre figli che per sé stessa, le preghiere, le preoccupazioni per qualche capodoglio che spesso si incrociava.

A Lipari, all’alba, Teresa e Stefanino Imbruglia venivano a prenderci in via Roma e, a piedi, ci aiutavano fino a Sotto il Monastero dove ci imbarcavamo per l’irraggiungibile Panarea. Pensate che, mancando la galleria che negli anni sessanta unirà Lipari a Canneto e quasi tutta la viabilità interna, quasi tutte le “navi” dirette a Panarea e Stromboli, prima operavano, con tempi lunghissimi, a Canneto, ad Acquacalda, a Rinella, a Santamarina, a Malfa e, poi, finalmente a Panarea e a Stromboli.

Per i ritorni a Lipari, Duccio non ne voleva sentire e commuoveva tutti dicendo “a Lipari io Muoio”, Rodolfo era in età scolare e quindi era giustificato, io “assurgevo a Capo famiglia e dovevo dare l’esempio” (come tutti coloro che non contano un “c…iccinin”.
Nel 1953 arrivò il momento di frequentare la prima media e tra Catania, Caltagirone, Acireale e Pesaro si optò per Pesaro. Due zii Giuseppe ed Ottavio, dall’età di sette anni si trovavano presso L’Istituto Postelegrafonici (Ottavio ne diventerà il direttore generale). A Villa Marina mi accompagnò mio fratello Rodolfo (anni diciassette) e… che ci vuole! ...via Milazzo?... parti da

Panarea al mattino, con Fido e tanti che ti accompagnano e poi, facendo a ritroso il percorso descritto, da Lipari prosegui per Milazzo. Qui, al porto ci sono le carrozze a cavalli, ne prendi una che ti porta alla stazione, fai il biglietto e aspetti perché, forse, arriverà il treno da Palermo già stracolmo di emigranti per il Nord. (Successivamente il Capostazione mi indicherà il punto in cui si aprirà la porta della mia carrozza). La motrice sarà ancora a carbone o elettrica? La carrozza sarà in legno o con sedili imbottiti?

Saliti in carrozza, a gomitate dobbiamo raggiungere lo scompartimento e se non trovi posto devi viaggiare nel corridoio seduto sulla valigia e li cercare anche di dormire con tutti quelli che continuano a passare per andare in bagno o altro.
Il treno prosegue per Messina e si ferma in attesa delle coincidenze che, forse, arriveranno provenienti da Siracusa, Catania ed altre province siciliane.
I treni si sdoppiano, si ricompongono, con l’aggiunta di nuovi vagoni e finalmente comincia l’entra ed esci sulla nave traghetto che ci porterà a Villa S. Giovanni. Sulla nave puoi scendere e comprare un arancino, un’aranciata, un panino ecc.

La stessa cosa si verificava a Villa S. Giovanni e con il motivetto “ci damo tre belle tre belle banane ci damo” dei venditori di banane, si proseguiva per il Nord. S. Eufemia Lamezia, Salerno, Napoli, Roma Tiburtina, con cambio di treno, Falconara Marittima, Pesaro, carrozza a cavalli o Taxi, mezzanotte ed oltre, del giorno dopo, letto. (Ho sintetizzato perché se mi fanno “santo subito” cominciate a chiedermi i miracoli). I miei vicini di postazione notturna: Mariani, di Orvieto e Luigi Donadoni, di Milano, cugino del più noto giocatore.

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IL "ROLLO" a Panarea
Nel 1965 il servizio "rollo" cambiò gestione ma non mutarono gli autentici comportamenti eroici dei marinai né quelli degli incoscienti viaggiatori.
Nella foto il varo alla banchina e l'imbarco "Sotto Punta Peppemaria". La motonave "Lipari" aspetta ad una considerevole distanza. Le cose non muteranno fino alla fine degli anni settanta.
Mentre con la ottima gestione di Andrea Tesoriero si può dire che il servizio era sempre assicurato, con quella di Salvatore Tesoriero di padron Bartolo, veniva garantita di più la sicurezza dei lavoratori.

Con Andrea, le navi avevano l'obbligo di andare un miglio oltre Basiluzzo prima di rientrare in un porto sicuro e il servizio del Rollo doveva operare da Calajunco a Pietranave. Dopo si pensò all'incolumità di tutti visto che i collegamenti erano notevolmente migliorati e i natanti pure. In verità le operazioni da Punta Peppemaria e da Drauth rimasero sempre garantiti.
Il cinque febbraio 1971 a Panarea era un tempaccio incredibile di Greco e Tramontana, da Drauth ci siamo imbarcati solo due "sconsiderati": "u fuggiascu" così detto perché un giorno disse alla moglie "vado a comprare le sigarette" e (fatto vero) "mancò vint'anni", ed io che dovevo raggiungere "definitivamente" Catania.

Ci siamo sentiti agli antipodi anche se eravamo sulla stessa barca come nella realtà era.
Non si ebbe il tempo o non si pote', o non si volle riflettere sulle coincidenze miracolose, perché la "fifa" era tanta mentre, a remi, cavalcando le onde, inseguivamo la nave che, alla fine, raggiungemmo a Calajunco...eppure io il "coraggio di pregare e di dire: vi supplico torniamo indietro" lo avevo avuto rimanendo inascoltato.
Del "Fuggiasco" mi sono rimasti impressi le sue scarpe da tennis bianche, i suoi pantaloni bianco candido e la camicia gins. Faceva freddo.

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LA PESCA Miracolosa
Ma il mare, il tempo, a Panarea, sono soprattutto quelli dei sei mesi antecedenti lo scorso mese di ottobre 2021.
Da militare rientravo per qualche giorno di vacanza a Panarea.
A Lipari alle due del pomeriggio non c'era nulla che si spostasse compreso le barche dei pescatori che si erano già avviate.
Mio cugino Saverio Camporeale mi aiutava nella ricerca finché ci dissero che forse sarebbe uscito Minicu "u Turdu".

Ci mettemmo un po' ma alla fine, si convinse e partimmo.
La motobarca era piccolina, il mare bianco, piatto, immobile, Panarea a soli 12 miglia, noi tutti giovani, fieri, forti e tenaci non avemmo bisogno di "Vartilizzu". Tempo di navigazione 2 ore e un quarto. Minicu scrutava il mare e noi pure, con scopi diversi, si scherzava. Saverio era un ragazzo simpaticissimo, benvoluto da tutti i Liparesi, sempre gentile e ricercato dalle ragazze di tutte le nazionalità. Da lì a poco sposerà una bellissima principessa Etiope e vivrà tra Lipari e Londra.

Non c'è un Liparese che non sia stato a Londra. Ma questo è un altro discorso.
Siamo ancora in mezzo al mare d' argento, a circa un'ora da Panarea, Minicu ci indica un pezzo di legno galleggiante, tutt'intorno il mare ribolle ci muniamo di lenze e iniziamo a pescare.
È un tira tira generale, con i pesci che letteralmente ci saltano in barca sono "prisintuni", "capuni", "cavagnole", poi Minicu decide di affiancare il pezzo di legno e, sotto, notiamo tonnellate di pesci di ogni tipo, compreso cernie. Dopo un po' Minicu decide di proseguire se no si fa tardi, non vi nascondo che sono stato tentato di imitare mio "compare Salvatore" e camminare sulle acque. Meno male che non l'ho fatto, mi sarei bagnato tutto infatti a Panarea ognuno aveva pescato molto più pesce di noi.

 

Isola di Panarea, si sa, non funziona alcunché. Sono il solo a parlarne, in pochi hanno il coraggio civile di farlo. Comincerei con l'uso delle energie alternative, anticipando i tempi. L'isola è piccola ed è possibile farlo fin da subito senza aspettare il 2035. Quindi tutto elettrico a terra ma anche in mare. I mezzi pesanti elettrici per il trasporto di materiali pesanti e ingombranti si cominciano a vedere e ciò, personalmente, mi fa molto piacere.

Si sa che a Panarea non esiste un distributore di carburanti. Moltissime persone vanno a Lipari e a Salina con natanti privati, prelevano grossi quantitativi di carburante che furtivamente, forse, viene trasportato a Panarea. I contenitori vari, pieni, vengono caricati sulle motoapi e trasportati, alla luce del sole, nei depositi, magazzini, abitazioni e, persino, in mezzo alla macchia mediterranea dell'isola.

È facile capire che viviamo nel cuore di una Santabarbara e che basterebbe un nulla per fare saltare in aria l'intera isola.

Questo mi preoccupa un pochino e non mi fa piacere.
Si comincia a capire perché tutti, quasi, subiscono, stanno zitti e si lasciano ricattare?

 

Ho pubblicato una certa situazione di Stromboli per le operazioni di arrivi e partenze dall'isola. A Panarea era molto peggio perché scogliera, spero di mostrare qualche foto.
Per andare a Panarea, oltre al "vuzzu", ci voleva adeguata attrezzatura: Tre "falanghi", "u sivu" e "u lavuru" oltre a quattro o cinque persone pronte ad acchiappare barca e persone e mettere tutti in salvo. Siccome le operazioni si susseguivano numerose negli anni, Bartolo, Pino, Salvatore, Vincenzo, Mario e i numerosi altri, per il loro altruismo e per la loro generosità, dovrebbero essere considerati degli eroi. Rischiavano tanto per una misera retribuzione. A Stromboli la barca arrivava direttamente sulla spiaggia, al momento opportuno e, agganciata, veniva trainata a terra.

A Panarea c'erano diverse complicazioni perché persone, merci e bagagli si facevano sbarcare, prima, sull'allora piccolo moletto, quando c'era un momento di calma e si prevedeva una giusta durata, mentre gli addetti preparavano la messa in secco del Gozzo "Vuzzu".
I "falanghi" erano dei buoni pezzi di legno lisciati appositamente su cui si passava un'abbondante quantità di grasso, sego, "sivu". "U' lavuru" era formato da due carrucole (iniziale e finale) dentro le quali veniva fatta scorrere " 'a corda i Lubanu " (corda di canapa fortemente intrecciata - probabilmente il materiale proveniva dal Libano). Una carrucola si fissava in un paletto piantato all'inizio della spiaggia, l'altra finiva con un cappio che agganciava le "corna" della barca.

Scaricati passeggeri, bagagli e merci "u vuzzu rollu" si staccava dalla banchina aspettando la "calmaria" giusta per avvicinarsi il più velocemente possibile allo "scariu" (sede della barca - parcheggio" ) dove i baldi eroi, giovani e meno, la facevano volare sul sicuro puntellandola e tenendola pronta per la prossima battaglia.

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L'ENERGIA ELETTRICA (seguito)
La gente rimase estasiata dal miracolo televisivo e successe quel che già succedeva nelle città italiane che utilizzavano l'elettrodomestico. I soliti "pappagalli" deliziavano ripetendo le battute "simpatiche" che avevano ascoltato le sere prima.
 
Il dottor Cincotta, che intanto era diventato operatore turistico, sulla ventosa Punta Peppemaria, si munì di ventola, batterie e televisore facendo "concorrenza" a Padre Vanaria. Gli abitanti furono ben contenti perché, dividendosi, stavano tutti più comodi. Ora, come si sa, l'"ospite dopo tre giorni" se non "puzza" "maleodora" e ci furono i fautori dell'uno o dell'altro. Trascorse qualche anno e si cominciò a lottare per avere l'energia elettrica nazionale anche a Panarea (Lipari è stato uno dei primi Comuni italiani ad avere l'energia elettrica fornita da una società privata che a Lipari costruì la sua centrale). Lipari, con le sue cave di pomice e non solo, era uno dei Comuni più ricchi d'Italia, era sempre in positivo perché non investiva. Ha avuto sempre amministrazioni Comunali incapaci, specialmente negli ultimi decenni....ma questo è un altro discorso.
 
Si cominciò a richiedere con insistenza che si provvedesse e, per parecchi anni ancora si fece orecchie da mercante. Poiché, come tutti sanno, "chi fa da sé fa per tre" chi aveva la possibilità cominciò ad impiantare il proprio gruppo elettrogeno personale.
Cominciarono a farsi vedere "Italia Nostra" e i vari ambientalisti, veri o falsi che fossero, perché Panarea rimanesse nello stato brado in cui si trovava. Nessuno sembrava rendersi conto che l'evoluzione é inarrestabile e che, se civile, è da incoraggiare. Qualcuno arrivò persino a scrivermi di spargere la voce che " i pali portano il malocchio ". Conservo ancora la lettera, non gli risposi, né parlai ad alcuno di questa lettera. Panarea doveva essere la prima ad avere l'energia Elettrica su pali e cavi volanti, vi rinunciammo, favorimmo Stromboli e pretendemmo l'impianto sotto traccia.
 
Passavano gli anni, l'elettricità non arrivava, il numero dei gruppi elettrogeni aumentava a dismisura e l'inquinamento aereo ed acustico pure. Non si sapeva dove andassero a finire gli oli esausti ed il rumore dei motori era divenuto insopportabile, specialmente di notte.
Feci presente l'essenzialità di un'unica centrale (possibilmente ecologica) perché Panarea aveva raggiunto una potenza tale, con tutti quei gruppi elettrogeni, per cui piano piano stava lasciando la sua sede geografica naturale per avvicinarsi sempre più a Lipari.
L'allora Sindaco Tommaso Carnevale appoggiò molto le nostre richieste e tutti, piano piano cominciarono a capire le nostre ragioni.
 
Nel 1979, stanchi di aspettare, chiedemmo udienza al Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella che ci fissò l'appuntamento per il pomeriggio di un giorno di ottobre.
Giulio Contarini ed io partimmo da Panarea, passammo per alcune televisioni, prima Milazzo e ci recammo all'appuntamento, con diffidenza. Adesso che tutti conoscete il grande Presidente Piersanti Mattarella, crederete che non si fece attendere, ci ricevette immediatamente promettendoci che entro Dicembre 1980 Panarea sarebbe stata elettrificata. Ebbi la sfrontatezza di chiedere la sua parola d'onore (cose da ragazzi cretini) mi disse "promesso! " e mi strinse la mano.
NEI PRIMI DI DICEMBRE 1980 PANAREA FU ELETTRIFICATA.

 

L'illuminazione a Panarea. 1° puntata
Farò un cenno a quelle intermedie con l'era moderna di Mastro Cicciazzo e Mastro Ciccio (nomi d'arte perché l'ultimo all'anagrafe era Francesco Trimboli). Ora però voglio accennare di come avuta, finalmente, la luce, rimanemmo al buio.

Andando per le strade di Panarea, questa mattina, notavo e documentavo i supporti in ferro, ancora esistenti, murati nella chiesa di S. Pietro, all'angolo di "Claudia", alla "casa Bianca" e alla casa del "Salinaro", a Drauth. Questi supporti sostenevano delle lampade, prima ad olio e poi a petrolio, che illuminavano le impervie stradine. Ciò è avvenuto fino ai primi degli anni '50. C'era un impiegato che aveva la manutenzione ed il compito di accendere e spegnere le luci. È evidente che la gente aveva con sé anche le lanterne a petrolio per spostarsi di notte (se non c'erano gli "spiriti").

Poi cominciò il rientro degli emigrati che insieme a "ccionche" e "sienny sienny" cominciarono a portare lampadine tascabili a batteria ed altro. Con l'arrivo del gas cominciò l'uso di cucine e frigoriferi a gas insieme alla fortissima illuminazione a gas delle case. Non ci fu, quasi, più bisogno della luce per le strade che rimasero a disposizione degli "piriti".
Prossimamente fornirò l'energia elettrica.

 

Allora le funzioni, in chiesa, erano in latino. Lingua che conoscevano tutti perché andando in chiesa non si poteva fare altro che imparare. Il prete dava le spalle ai fedeli che rispondevano immediatamente...ma la faccio breve perché devo chiudere.
Dlen, Dlen, Dlen! entrava il parroco, genuflessione, si girava verso i fedeli: - In nomine...
Ammenni... (subito i fedeli e fin qui ci siamo)
Dominu papiscu (capiva l'assemblea)
Etta u spiritu tua ( rispondeva mettendo le mani avanti)
Lignu unni mmesti mmesti (evidente punizione corporale)

così si andava avanti per tutta la "santa" messa.
le litanie (non so come si chiamano):
Mianu macella (Miano era il macellaio di Panarea)
Vasci ndria e ci insigna a ducazioni;
Lo vermo peloso se spassa co' nno (qua è storpiato pure il dialetto ma sono rispettate le assonanze);

Evidentemente era un formulario magico che serviva per ottenere cose su questa terra ma anche nell'altra vita.
Mi sfuggono moltissime di queste espressioni ma noi ragazzini ci divertivamo a ripeterle e tendevamo l'orecchio per carpirne quanto più possibile.

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Nella foto: Bernardino RE Vescovo di Lipari

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"Panarea la più piccola delle Isole Eolie"
Qualche correzione alla quasi perfetta descrizione, solo perché intanto le cose oggi sono leggermente cambiate.

Oggi le abitazioni sono circa 900, alberghi compresi. Il numero degli abitanti, in inverno, non raggiunge i cento ed io mi ritrovo proprietario di oltre nove abitazioni (media di Trilussa). In estate queste case le riempiamo tutte, con almeno 25 persone per fabbricato e, sempre con la media di Trilussa, il numero dei presenti diventa di circa 22.500, a cui si devono aggiungere le migliaia di persone che vivono sulle grosse imbarcazioni che stazionano al largo e le oltre diecimila persone "mordi e fuggi" che sbarcano a Panarea dalle otto alle 18. Poi ci sono i discotecari che passano solo la notte.

Tutto questo ad onor del vero ed è per questo che l'isola è invivibile nei mesi di luglio e agosto.
Se poi qualcuno vuole continuare a sostenere che le presenze giornaliere non supera il numero di duemila...

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