alice-pomiato-lipari-3-1024x714.jpg

di Cristina Diana Bargu

Si chiama Alice Pomiato, è originaria di Treviso e due anni fa ha lasciato il proprio lavoro come social media strategist per partire alla volta dell’Australia con un biglietto di sola andata. Rimpatriata da pochi mesi, Alice ha coniugato le competenze già maturate nell’ambito della comunicazione con le nuove consapevolezze acquisite durante i suoi viaggi, interiori quanto esteriori, di questi ultimi anni dando il via al progetto “vedere verde” – su Instagram @aliceful – dove racconta i vari volti della sostenibilità, dal minimalismo ai green jobs, dalla spesa all’economia circolare. Ecco la sua storia.

Raccontaci un po’ di com’era la tua vita prima della partenza. Qual è il contesto in cui sei cresciuta? Che cosa facevi nella vita?
Sono cresciuta in provincia di Treviso con la mia famiglia, che è un po’ una famiglia da Mulino Bianco. Dopo essermi laureata in comunicazione, a 22 anni, sono uscita di casa e ho avviato la mia carriera nell’advertising industry lavorando come social media strategist. Non ero una di quelle persone che odia il proprio lavoro, che ha bisogno di evadere, anzi, lo trovavo molto stimolante.

Che cosa ti ha portato a lasciare la tua vecchia vita per comprare un biglietto di sola andata per l’Australia?
Già allora seguivo con interesse i temi legati all’ecologia e quando la comunità scientifica ha detto nel 2018 che fra 12 anni senza cambiare rotta avremmo raggiunto il punto di non ritorno, mi sono chiesta se avrei voluto continuare a vivere come stavo facendo, sapendo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato.....

Allo stesso tempo, riflettendo, mi sono resa conto che in piena crisi climatica l’essenza del mio lavoro consisteva nello spingere le persone ad acquistare prodotti di cui non avevano davvero bisogno. Questo perché lavoravo per un’agenzia di comunicazione, quindi non ero io a scegliere i miei clienti, a me spettava solo gestire quanto arrivava, mentre sarei stata felice di lavorare per aziende/enti/brand che supportano cause sociali e ambientali.

Scaduto il contratto di affitto e sorta la necessità di cambiare una macchina, dunque, mi sono ritrovata davanti a due opzioni: o acquistarne una nuova dando il via così a una catena di impegni che mi avrebbero legata alla vita che stavo già facendo, o cogliere l’occasione e partire. E ho scelto la seconda, senza darmi tempi e scadenze precise per il rientro.

Com’è andato il viaggio? Quali esperienze – esteriori e interiori – sono emerse lungo il tuo percorso?
Ottenuto il Working Holiday Visa, il visto che consente ai giovani di lavorare e vivere legalmente in Australia per un anno, sono partita per Melbourne con l’idea di alternare il viaggio al lavoro, che lì è facilissimo da trovare ed è pure ben pagato. Poco dopo l’arrivo, trovato un compagno di viaggio, sono partita in moto facendo la costa fino a quando non ho trovato una bella farm nella quale fermarmi a lavorare, aprendomi così alla possibilità di estendere il visto qualora lo volessi.

Lì, la prima settimana, il farmer mi ha portato su una collina di meli, dicendomi che in una settimana andavano tutti potati. Su quella collina, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sono ritrovata senza musica e senza smartphone, sola con i miei pensieri. È stato allora che mi sono resa conto di quanto la nostra – o almeno la mia – vita fosse talmente in corsa, come quella di un criceto su una ruota, da non darmi il tempo di accorgermi di essere ferma. Avevo sempre la testa piena di qualsiasi cosa, e me la riempivo continuamente di stimoli e di impegni. Le mie agende erano anch’esse piene perché per me avere un’ora di vita vuota, sola con i miei pensieri, era una perdita di tempo.

Nel corso del viaggio, poi, mi sono accorta sempre di più di quanto la mia mentalità fosse frutto della cultura nella quale sono cresciuta – quella del profondo veneto – improntata sul lavoro, sulla carriera, sul raggiungimento di nuovi traguardi, e questo mi ha fatto considerare nuovi aspetti. Per esempio mi sono accorta che fare un lavoro fisico, seppur faticoso, lascia spazio libero alla percezione di sé e al pensiero, mentre i lavori d’ufficio mirati sempre a fare uno switch di carriera, ad arrivare sempre più in alto, richiedono un sacrificio mentale, psicologico, sociale e personale molto impegnativo. Capisco dunque perché tante persone, oggi, stiano rivalutando l’ipotesi di tornare alla terra o ai lavori manuali e oggi sono felice di essermi liberata un po’ dall’ossessione per la carriera.

Com’è proseguito il tuo viaggio? Cosa ti ha portata a tornare in Italia?
L’Australia è piena di viaggiatori. Si conoscono molte persone, con cui a volte percorri dei pezzi di strada e condividi delle esperienze molto forti. E anche se viaggi da sola, sola non ti senti mai. Lì fuori ci sono tanti viaggiatori in solitaria ed è facile fare conoscenza e condividere un pezzo di strada.

Dopo l’anno in Australia ho continuato a viaggiare, questa volta andando in Asia, poi sono tornata a casa due mesi e ripartita alla volta di Vietnam e Cambogia, per trasferirmi infine in Nuova Zelanda. Per me era un sogno – sia a livello paesaggistico che umano. È un paese dove i fiumi sono soggetti giuridici, dove c’è una gentilezza, un’umanità indescrivibile.

Il piano era che la mia ragazza mi raggiungesse lì dov’ero a marzo, ma con la pandemia i confini sono stati chiusi e lei non è mai riuscita a partire. Quando mi sono resa conto, in autunno, che la situazione non sarebbe migliorata in tempi brevi, sono dunque rimpatriata e l’ho raggiunta.

Come e dove avete passato questi mesi?
Poco dopo il mio rientro abbiamo trovato l’annuncio, diventato virale, di Luigi di “Al Numero Zero” che cercava delle persone che lo aiutassero con gli animali, l’orto e la manutenzione in cambio di vitto e alloggio. Gli abbiamo scritto, ci ha risposto, e da novembre ci siamo trasferite sull’Isola di Lipari nell’arcipelago delle Eolie. È stata – quella “Al Numero Zero” – un’esperienza molto bella. Ci siamo messe alla prova con il lavoro agricolo, con gli animali e con le autoproduzioni, e nel frattempo abbiamo continuato a dedicarci ai nostri lavori – Monia continua con il suo lavoro di communications strategist freelance ed io sto scrivendo il libro che sarà la raccolta dei miei diari di viaggio, mentre continuo a seguire il progetto “vedere verde” dedicato alla sostenibilità.

Perché hai dato vita a @aliceful? Come vorresti proseguire il tuo cammino?
Ho deciso di aprire questo canale perché in Italia di persone che parlino in questo modo di sostenibilità ce ne sono ancora pochissime. Credo che la comunicazione sia fondamentale per dare veicolare dei messaggi. Poi sono consapevole del fatto che pur leggendo tantissimo non ho competenze specifiche rispetto ai vari aspetti della sostenibilità, ed è per questo che sento il bisogno di tornare a formarmi in un ambiente accademico – in particolare mi attrae il master “Futuro Vegetale” di Stefano Mancuso.
Allo stesso tempo mi piacerebbe anche tornare a lavorare. Monia, la mia compagna, si è posta come obiettivo 2021 quello di seguire solo la comunicazione di aziende green e bcorp e anche a me piacerebbe avventurarmi come freelance, continuando a viaggiare, magari facendo scambio-lavoro, e nel frattempo curando la comunicazione delle aziende che portano avanti un impegno in ambito ambientale e sociale. Anzi, ne approfitto per dire che se qualcuno lì fuori avesse piacere di collaborare o fare uno scambio-lavoro, noi siamo felici di valutare ogni proposta.
Ad ogni modo, come questa pandemia ci ha insegnato, possiamo avere sì dei propositi, ma siamo chiamati a vivere il presente.(italiachecambia.org)

pluri-impresa.jpg