di Irene Salpietro*
In cima ad un’isola buona, dove i rumori si smorzano per amore, vive una grande casa, un terrazzo baciato dal vento, un giardino invecchiato che ancora difende i suoi fiori. Dal sentiero di sassi, sbirciando, un piccolo gatto su un grande letto. Mi chiedo se arriveranno due amanti. Ne dubito. Dai buchi della solita zanzariera ora filtra un’insolita malinconia che una donna anziana ha nascosto in quella stanza, insieme al gatto, che ha paura che scappi, insieme alla malinconia.
Sì, un’anziana, non due amanti. Forse due amanti ci sono stati, anni fa, su quel letto, ma io credo che il loro fosse al piano di sopra, per arrivarci una scala e all’angolo della scala solo una cinquantina dei grandi classici che avevano coltivato come piantine su tutti gli scaffali.
E a quel tempo i gatti erano una decina, non uno, e liberi. Giocavano tra le piante del giardino ancora giovane. Ma questo è un altro tempo, è un’altra estate, perché ora, mentre io sbircio dalla zanzariera e di là l’anziana cucina in fretta per ospiti che ama, una ragazza della mia età sta seduta da sola su un gradino della scala, davanti ai libri, e da troppo tempo fissa il corrimano e assiste immobile e curiosa al dolore che in lei provoca un normalissimo pensiero: il tempo; il viaggio attraverso cui la vita si sfuma; la metamorfosi di due amanti in un’anziana ed il suo gatto, in una ragazza sulle scale.
Comunque non è mica solo sofferenza, e infatti prima che sia pronto a tavola la ragazza gioca a mescolare il tempo, chiedendosi, inventandosi, cosa potessero essersi detti quella volta i due amanti, prima che la pipa, il mare e quella giornata in barca diventassero una bella fotografia.
*Nipote