di Giuseppe Cirino
"Dall'Isonzo al Piave" è il titolo dei volumi della commissione d'inchiesta che descrisse i tristi eventi di Caporetto e il disperato sforzo del nostro esercito per evitare la disfatta totale.
Se per la Russia nel 1917 ottobre si tinse di rosso, per l'Italia fu l'autunno nero del primo conflitto mondiale. Lo sfondamento tra la conca di Plezo e il Tolmino da parte dell'esercito austro tedesco, portava sul nostro fronte una guerra nuova e sconosciuta di "movimento" a cui un'Italia impantanata ormai da due anni nelle trincee del Carso era del tutto impreparata. Nella notte del 24 ottobre, un bombardamento praticato con una concentrazione di fuoco di medi e grossi calibri e con l'impiego di proiettili al gas, creava una breccia nella linea di attacco della II Armata italiana, favorendo la penetrazione di piccoli gruppi di infiltrazione tedeschi che in poche ore riuscirono a seminare il panico nelle retrovie. Eroica fu l'agguerrita resistenza del regio esercito che solo per sfinimento cedette al nemico nelle montagne intorno Caporetto. Dopo due giorni di dura lotta, il capo di stato maggiore generale Luigi Cadorna fece diramare un ordine generale di ripiegamento dietro il Tagliamento.
Nella giornata del 4 novembre del 1917 anche se in modo disordinato e sbandato il grosso dell'esercito riuscì a raggiungere le posizioni stabilite. Ma non potendole mantenere venne diramato un ordine del giorno che prevedeva la distruzione di tutti i ponti sul Tagliamento ed il ripiegamento sull'improvvisata linea difensiva del Piave. Da li non sarebbe più stato possibile retrocedere o il nemico avrebbe dilagato nella Pianura Padana. In quelle giornate di disperazione e sconforto, segnate da gesta eroiche compiute da uomini comuni a cui si alterno' l'incompetenza di comandanti latitanti, sul patibolo della storia furono ingiustamente sacrificate le truppe meridionali ree per gli ufficiali di essere indisciplinate e bollate di codardia di fronte al nemico. Come monito suoneranno la parole di Cadorna: "Sappia ogni combattente qual'è il suo sacro dovere... resistere, combattere non retrocedere...".
Le abbondanti piogge di quell'autunno ingrossarono i letti dei fiumi rallentando l'avanzata austro tedesca, consentendo all'esercito una disperata resistenza ad oltranza. Per la prima volta in quell'assurdo conflitto, comparve un senso di italianità e di dovete che mai la nostra nazione aveva conosciuto. Non si combatteva più per territori da occupare ma per la difesa del sacro suolo della patria. Sul finire di quel tremendo 1917 nasceva l'Italia del Piave, l'Italia dei ragazzini della classe 99 e del 98 (quasi o poco più che diciottenni) che immolarono la loro vita per salvare l'onore della nostra nazione.
Le loro gesta ed il loro valore, verranno celebrati dal canto "La Leggenda del Piave", scritta da Giovanni Gaeta Ermete che con lo pseudonimo di E.A. Mario a bordo dei treni postali attraversava lo stivale per portare con le sue canzoni un po' di ristoro e sostegno ai giovani soldati.
Caporetto non rappresenta in senso assoluto una sconfitta ma bensì il punto di ripartenza per la vittoria che di li ad un anno esatto avrebbe portato alle giornate del "Solstizio" e alla battaglia di Vittorio Veneto con l'armistizio del 4 novembre.
Mai! mai! Le Eolie dimentichino: Rosario, Mariano, Giuseppe, Felice, Bartolo e tutti gli altri giovani provenienti dalle nostre isole morti a vent'anni per la Patria.
In particolar modo, voglio ricordare in questa giornata tutti quei giovani eoliani finiti prigionieri a Caporetto che la nazione troppo frettolosamente bollo con il marchio di traditori. Per la maggior parte di essi la vita finì nei campi di prigionia in Slovenia, in Cecoslovacchia e in Germania, dove vennero lasciati morire di stenti e malattie. Un ordine non scritto del nostro Comando impose alla Croce Rossa Italiana di non fornire ai prigionieri italiani alcuna forma di sussistenza. Per i sopravissuti il ritorno in patria fu infelice, fatto di interrogatori emarginazione e disprezzo.
Il mio appello va alle famiglie e soprattutto alle scuole perché sappiano infondere e trasmettere alle nuove generazioni il valore storico del 4 Novembre e il senso profondo dell'Unità Nazionale.
Il mio grazie infinito alla mia maestra Maria, per avermi insegnato il rispetto per gli uomini che per la nostra patria donarono la vita.
I COMMENTI
di LIna Paola Costa
La festività nazionale commemora quanto avvenuto il 4 novembre 1918, ovvero un anno dopo di ciò di cui si parla in questo articolo. Occorre rileggere con maggior precisione le pagine della nostra storia.
di Gianluca Veneroso
CHI DIMENTICA IL PASSATO...PERDE IL SENSO DEL PRESENTE
A distanza di un secolo dalla fine di un conflitto che ha messo in ginocchio l'umanità intera, il cordoglio per i nostri caduti in guerra ancora suscita silenzio e rispetto, scuotendo coscienze di piccoli e grandi...indistintamente. Questa mattina, il parco giochi di Canneto, dove si erge una delle monumentali lapidi ad memoriam, ha ospitato l'annuale celebrazione AI CADUTI, presieduta da Don Lillo e omaggiata da Istituzioni e Forze dell'ordine. Un meritevole tributo di presenze per una ricorrenza a cui siamo legati da un terribile sacrificio di vita e di sangue che non è umano cancellare. Valore aggiunto di questo toccante matiné: la presenza dei nostri alunni di Scuola Primaria di Canneto, pronti a sventolare il tricolore di una patria "guadagnata" anche con la disperazione di troppe trincee; emozionati a canticchiare un inno che, oltre ai fasti calcistici, affonda le sue radici in ben altri campi; intensamente concentrati a leggere e declamare frasi, poesie, riflessioni che demonizzano il male della guerra, sublimano nel rispetto il dolore per tante vittime al fronte....consegnano a un OGGI di tanti agi un CI FU che, tra sospiri e trombe, risuona stenti e privazioni! Un "C'era una volta" tutt'altro che fiabesco, ma dignitosamente NOSTRO....insito in una memoria collettiva che mai svilirà!