di Enza Scalisi
Lui era in agguato: ottuso, crudele, subdolo, senza un criterio, unico obiettivo colpire, a caso.
Come in un buco nero il mondo di prima è risucchiato, il tempo si ferma per riavvolgersi su se stesso e torna la memoria della vita normale. Qual è l'istante della demarcazione tra il prima e il dopo, tra il non ancora, ora sì, il perché che dilegua senza risposta, nelle giornate scandite dalle cure?
La grandezza si manifesta nella tempesta, lì emerge la dignità, il coraggio, la determinazione. La forza si alimenta dello sguardo forse ignaro dei bambini: “giochiamo papà?” Allora inizia la guerra, dura determinata, con tutte le armi a disposizione, senza cedimenti contro il mostro.
Alla domanda retorica, involontariamente inopportuna, “come stai?” rispondeva “bene”. Mai un lamento, un cenno di sconforto, di vittimismo. Ha sopportato tutto, accondiscendente: farmaci invasivi, trattamenti bugiardi…con ostentata fiducia, ma con la malcelata consapevolezze della loro impotenza.
Restava a lungo in balcone, si lasciava accarezzare dal sole e avvolgere dal fresco delle serate. Aveva bisogno di luce, di spazi, di immenso.
Alla fine raccoglieva le forze residue per una stretta di mano, una carezza.
Ha vinto il mostro sul suo corpo martoriato, ma non ha intaccato il coraggio e la dignità che fanno la grandezza dell’uomo.
La sua sdraio è sempre lì, sul balcone, tra i fio
Gennaro, Salvatore e Bartolino Leone partecipano al dolore delle famiglie