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di Aldo Natoli

ISOLE EOLIE Terme di San Calogero – Illusioni e delusioni!
“IL PAESE DEI VULCANI e LEGENDE LIPAROTE”

ANNO 1965. “Noi ci proponevamo un programma molto esteso: migliorare, trasformare, perfezionare, ingrandire tutto lo Stabilimento, provvedendo, fin dal primo anno a tutte quelle opere che la scienza Balneoterapica moderna imponeva ed esigeva; un po’ di eleganza e comodità in tutte le sale; comodità e completa aereazione nei camerini da bagno, nella sala per le docce e nella stufa; trasformazione delle vasche, poiché quelle esistenti erano veramente un’ironia, costruendole molto meno profonde e se non del tutto di porcellana, almeno a smalto di porcellana, e ciò non per lusso, ma perché la porcellana è cattiva conduttrice del calore e conserva a lungo la temperatura dell’acqua, e poi la superficie levigatissima dello smalto
permette di lavarle e disinfettarle bene dopo ogni bagno, cosa che non si può fare con le vasche di marmo, a causa della superficie porosa.

Ci proponevamo di impiantare una sala elettroterapica, applicata alla idroterapia, modesta subito da svilupparsi poi, aggiungendovi la kinesiterapia, con l’obbiettivo di impiantarvi qualche altro ramo di terapia fisica, e tutto ciò oltre le modifiche, secondo le esigenze dell’igiene moderna, che si rendono necessarie ed indispensabili ad ogni stabilimento termale.

Tutto avremmo voluto fare non lesinando spese diventare l’isola nostra una stazione climatica di prim’ordine. Nulla avremmo trascurato, affinchè lo stabilimento diventasse graditissimo non
solo ai forestieri, ma anche agli stranieri, traendo appunto dal contrasto colla sua solitudine le maggiori possibili attrattive. Ora ben s’intende, che, per attrarre un programma così vasto e complesso, occorre tempo, capitali immensi, e una somma di sacrifici personali, che può saper
compiere chi non è esclusivamente animato dal sentimento del guadagno pecuniario, ma chi desidera, per quanto può rendersi utile a contribuire all’incremento ed al progresso del proprio paese.

Dopo parecchi anni l’indefesso lavoro, dopo l’impiego di capitali non indifferenti, lo Stabilimento, sarebbe stato in grado, secondo le nostre idee, di rendere qualche cosa; ma allora
noi avremmo guadagnato cinque, il Comune avrebbe incassato per dieci, e il paese avrebbe guadagnato per cento. Ecco perché noi abbiamo chiesto la concessione per tren’anni, illudendoci di arrivare a tutto, di contentar tutti e niente pensando a noi stessi; anna nostra professione che
necessariamente si abbandonava, alle nostre famiglie che con noi dovevano sacrificare, partecipando esse stesse al nostro lavoro, col conforto e coll’incoraggiamento, soffrendo con noi, poiché il soffrire è pane cotidiano… Meglio sarebbe stato che non avessimo assunto tale impresa
che ci arrecò gravi amarezze, più di quanto in realtà si può da tutti pensare, e da tutti credere…
(SEGUE)

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