Una pioggia di capperi su un’insalata di pomodorini a pennula, olive, cetrioli, alici, cipolle e origano, su una fetta di pane abbrustolito. È il pani cunzato (pane condito), essenza della gastronomia eoliana. Una cucina contadina, fresca e semplice, che porta in tavola, perlopiù, verdure e pesce.
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Capperi e cucunci (i primi sono i boccioli della pianta, i secondi i frutti), spada alla griglia e totani sono i protagonisti nel piatto. Così come la Malvasia delle Lipari Doc lo è nel bicchiere. In quattro delle sette isole dell’arcipelago messinese (Salina, Lipari, Vulcano e Panarea) le vigne sono tornate agli antichi fasti. E i produttori fanno rete: sono una quindicina quelli che partecipano al Malvasia Day, giunto alla sesta edizione. Appuntamento il 9 luglio a Salina sulla terrazza di Capofaro, resort con 20 camere, ristorante e piscina della famiglia Tasca d’Almerita, dove sei ettari di vigneti si tuffano nel blu, all’ombra di Monte Fossa delle felci e Monte dei Porri, due vulcani gemelli spenti (oggi riserva naturale) a cui Salina deve il suo antico nome, Didyme (dal greco dìdymos, gemello). Guarda la gallery Eolie, tra capperi e Malvasia.
SALINA E IL CULTO DEL CAPPERO
Salina è l’isola verde, da sempre la più coltivata. Il suo orgoglio è il cappero, nelle due varietà Nocella e Nocellara. Qui ogni anno, addirittura, lo si celebra con un rito di raccolta. A inizio giugno, nella piazzetta di Sant’Onofrio a Pollara, si è tenuta la XXVI edizione della Festa del cappero. Questo piccolo arbusto, re dei muri scoscesi, spicca nella macchia mediterranea delle Eolie. E luglio è il momento giusto per fare incetta: fiorisce a giugno, il mese in cui si raccolgono all’alba i capperi e i cucunci. Li si stende su teli di juta, poi li si travasa da una tinedda (piccolo tino, ndr) all’altra, con un lungo procedimento di salatura e riposo. Dopo un mese, quindi a luglio, sono pronti per il consumo.
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Alle Eolie i capperi finiscono in ogni piatto. Come nella pasta alle 14 erbe di Mamma Santina, boutique hotel e ristorante con orto di famiglia. Persino nei dessert, grazie alla creatività di Martina Caruso, 26enne chef di Signum, che con le sue rivisitazioni della tradizione eoliana si è appena guadagnata una stella Michelin. Sia Martina Caruso, sia Ludovico De Vivo, chef di Capofaro, sono ambasciatori della migliore cucina eoliana ma anche di tutta la Trinacria: fanno parte dell’associazione Le Soste di Ulisse, che riunisce 32 ristoranti gourmet (tra cui i 13 stellati presenti in Sicilia), 20 charming hotel e 2 maestri pasticceri, oltre a una selezione di cantine, il top dell’espressione enologica dell’isola.
LIPARI, TREKKING TRA I VIGNETI
A una ventina di minuti di aliscafo, ecco Lipari. Sopra Marina Corta si cena a La Nassa per gli involtini di pesce, o si va da E Pulera per i totani ripieni e per i germogli di capperi in insalata con arance, finocchi, cipolla e pomodoro. Anche nell’isola “capitale” c’è una riscoperta della Malvasia. Tenuta di Castellaro ha diversi vigneti nelle varie contrade. Le viti qui succhiano linfa da terreni stratificati di pomice, ossidiana, caolino. Rocce vulcaniche che rendono unico il profilo aromatico dei vini eoliani (per chi vuole approfondire, è appena stato pubblicato Passolina, Uva Passa e Malvasia. L’economia vitivinicola delle Eolie, Giuseppe La Greca, Edizioni del Centro Studi Eoliano).
Vale la pena di incamminarsi sul sentiero di trekking che porta a Punta del Cappero non solo per ammirare i terrazzamenti di viticultura eroica abbarbicati sulla scogliera, ma anche per toccare (quasi) con mano Vulcano. E vedere il sole tramontare alle spalle dei faraglioni.
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