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di Riccardo Vescovo

Dovevano promuovere la Sicilia suddividendola in zone ideali, omogenee, ognuna accomunata da risorse naturali, storia, siti culturali, sfruttando i fondi comunitari a disposizione.

In dieci anni invece i distretti turistici, consorzi di Comuni e imprese, si sono rivelati un flop clamoroso: ne sono nati addirittura 25, una decina non ha prodotto alcun progetto, 12 milioni sono rimasti nei cassetti mentre gli unici soldi spesi, poco più di 12 milioni, sono serviti soprattutto per iniziative «autoreferenziali», «locali», che hanno «penalizzato l'Isola in termini di visibilità e di mancata sinergia nell'impiego delle risorse».

A metterlo nero su bianco è la Regione stessa, che ha deciso di cambiare rotta riducendone il numero e riformandone il modello. E nel progetto di riforma fa il punto della situazione spiegando che nella storia dei distretti «emergono periodi di inattività prolungata, irregolarità nel funzionamento o nella gestione, difformità sostanziali delle attività realizzate rispetto al programma di sviluppo».

Così l'assessore regionale al Turismo, Anthony Barbagallo ha provato a rivedere tutto il sistema, li ha ridotti a sette denominandoli «Dmo», sigla che in inglese sta per «destination management organization» e puntando a migliorare la promozione del marchio Sicilia grazie alla collaborazione tra enti pubblici e privati.

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