Al tribunale di Messina sono stati assolti perchè il fatto non sussiste Luca Barbareschi, Adolfo Sabatini e Giuseppe Faranna. Assolti anche perchè il fatto non costituisce reato Anna Piccione e Antonino Greco. Oltre che di abusivismo edilizio, Barbareschi, Piccione e Spanò Greco erano accusati di abuso d'ufficio in concorso tra loro e nelle rispettive qualità; mentre Barbareschi, Sabatini e Faranna di falso ideologico nelle loro rispettive qualità di committente per Barbareschi e di professionisti redattori di planimetrie Sabatini e Faranna. Ad essere tirata in ballo era stata sempre la piscina della villa Barbareschi di Filicudi, per la quale era stata concessa sanatoria basata su relazioni tecniche che erano servite a contrastare le contestazioni della Procura.
- Assolto a Messina, perché il fatto non sussiste, l'attore e regista Luca Barbareschi, accusato di abusivismo edilizio e falso ideologico per una piscina realizzata nella sua villa di Filicudi, nelle Eolie. Con Barbareschi erano imputati per gli stessi reati i tecnici Adolfo Sabatini e Giuseppe Faranna. Assolti, perché il fatto non costituisce reato, i dipendenti della Soprintendenza Anna Piccione e Antonino Greco. (ANSA).
---di Leonardo Orlando
L’attore Luca Barbareschi, 60 anni, ex deputato di An, è stato assolto ieri dal giudice monocratico del Tribunale di Barcellona Fabio Processo dai reati di abusivismo edilizio. Al centro dell’inchiesta i lavori per la realizzazione di una piscina e per l'ampliamento di un vano, nella casa delle vacanze di proprietà dell'attore ubicata sull'isola di Filicudi, nell’arcipelago delle Eolie. L’assoluzione è stata decisa dal giudice Fabio Processo (lo stesso magistrato che ha già condannato l'attrice Naomi Campbell) con la formula perché “il fatto non sussiste”. Assieme a Barbareschi è stato assolto anche il presidente del consiglio comunale di Lipari, geometra Adolfo Sabatini, progettista e direttore dei lavori, il quale si era poi dimesso dall'incarico nell'ottobre del 2009. Il pm, Silvana Messina, aveva invece chiesto per entrambi gli imputati la condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione ciascuno. L'assoluzione era stata invece chiesta dai difensori, avv. Romeo Palamara per Barbareschi e dall'avv. Rosario Venuto per Sabatini. Barbareschi ha dovuto affrontare un processo durato anni. La residenza di Filicudi è stata eletta dall'attore come casa esclusiva delle vacanze. La Procura contestava all’attore tre ipotesi di reato, perché in qualità di proprietario e committente, in assenza della necessaria concessione edilizia e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico del Comune di Lipari , nell'isola di Filicudi «costruiva una piscina di mt. 5,50 x 3,4 x 1,2 di profondità, nonché‚ realizzava un ampliamento del vano tecnico con creazione di due finestre e una diversa distribuzione planimetrica del vano scala con creazione di una nuova porta di ingresso e di una nuova finestra». All’attore si contestava inoltre di avere realizzato le opere «abusive in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza avere previamente ottenuto il nulla osta della competente Soprintendenza ai beni paesaggistici». Altra contestazione mossa a Barbareschi era riconducibile alla realizzazione «delle opere in zona sismica e in assenza del necessario preavviso e della preventiva autorizzazione rispettivamente da inoltrare e da ricevere dal Genio civile». L'avv. Palamara, in particolare, ha fatto valere la sentenza della Cassazione relativa al casa del senatore Domenico Nania, anche lui accusato all'epoca di illecito edilizio, con la quale si annullava la condanna del senatore per violazione delle garanzie riservate ai parlamentari. Infatti adesso come allora non sarebbe stata chiesta l'autorizzazione a procedere nei confronti di Barbareschi che fu parlamentare fin al 2013. Barbareschi dovrà ancora affrontare un secondo processo al Tribunale di Messina, assieme a funzionari della Soprintendenza per abuso e falso in relazione al visto di compatibilità paesaggistica rilasciata per la sanatoria.
Il gup Salvatore Pugliese, su richiesta del pm Matteo De Micheli, ha rinviato a giudizio Enrico Reitano 65 anni di Lipari, perché quale datore di lavoro e committente dell’opera dovrà rispondere – nel processo che inizierà il 26 giugno – di omicidio colposo per l’infortunio sul lavoro in cui, il 28 settembre del 2013, perse la vita l’operaio Bartolomeo Todaro di 39 anni.
La vittima dell’infortunio, padre di due bambini, perse la vita a seguito del crollo di un muro di un vecchio fabbricato che stava per essere ristrutturato con opere risultate abusive. I familiari di Bartolomeo Todaro si sono costituiti costituiti parte civile con l’avvocato Rosario Venuto; mentre l’imputato è difeso dall’avvocato Giambattista Freni.
Il tragico incidente è avvenuto la mattina del 28 settembre 2013 in un cantiere della frazione Quattropani, in località Chiesa Vecchia. Le indagini stabilirono che le opere di ristrutturazione di un rudere di proprietà dello stesso datore di lavoro stavano per essere realizzate abusivamente, tanto che è pendente – sempre nei confronti di Reitano – un altro procedimento per illeciti edilizi.
Inoltre sono state rilevate nel cantiere edile numerose violazioni delle norme per la prevenzione degli infortuni addebitabili allo stesso Reitano che nel crollo del muro, di cui non era stata valutato il potenziale rischio di crollo, rimase ferito.
Lo stesso muro sarebbe stato reso a rischio a causa dei fori praticati alla base allo scopo di creare l’appoggio di travetti in cemento armato per la successiva realizzazione del solaio di copertura del piano terra.
--I carabinieri dell'isola di Vulcano, nella serata di venerdì, hanno arrestato sul molo, allo sbarco dall'aliscafo, un noto ristoratore dell'isola, Cosimo Serio di 56 anni, perché trovato in possesso di sostanze stupefacenti. I militari dell'Arma che stavano vigilando sugli sbarchi, hanno notato Cosimo Serio che confabulava a gesti con un turista, al quale successivamente consegnava un involucro che successivamente gli stessi carabinieri hanno scoperto conteneva sostanza stupefacente e precisamente cinque grammi di cocaina. Insospettiti i carabinieri avevano tentato di fermare sia il gestore del ristorante che il turista.
Serio, invece, approfittando della piccola folla di passeggeri presenti sul molo si dava alla fuga per tentare di sottrarsi ai controlli. Inseguito per circa 200 metri i carabinieri riuscivano a fermarlo e immobilizzarlo, e per l'uomo scattava l'arresto. Ultimate le formalità di rito e constatato il contenuto dell'involucro consegnato al turista che invece non aveva tentato di sottrarsi ai controlli, al ristoratore veniva contestata anche la resistenza a pubblico ufficiale e le lesioni aggravante ad un carabiniere (dieci giorni di prognosi per il militare) in quanto all'atto del fermo l'uomo aveva opposto resistenza e reagito con violenza ai militari che lo avevano braccato.
Ieri, in mattinata, Serio, difeso dall'avvocato Gaetano Pino, è comparso in Tribunale per l'udienza di convalida dinanzi al presidente Giovanni De Marco, il quale ha posto l'uomo agli arresti domiciliari con il "braccialetto elettronico" e ciò fino al processo per direttissima che, su richiesta dell'avvocato Pino il quale ha chiesto un termine a difesa, si svolgerà il prossimo 16 agosto.
---I militari della guardia di Finanza di Milazzo sono riusciti ad individuare e arrestare nell'area portuale della Città del Capo un turista toscano d'origine siciliana diretto alle Eolie con quasi 100 grammi di hascisc e 3 grammi e mezzo di cocaina custoditi nel marsupio.
Per l'uomo, Mirko Bilardo, 41 anni, piccolo imprenditore edile di Lasta a Signa in provincia di Firenze, che viaggiava a bordo della sua auto in compagnia della fidanzata e di una coppia di amici per ricongiungersi con i suoi familiari che già avevano raggiunto Lipari, sono subito scattate le manette.
Il sostituto procuratore Alessandro Liprino aveva chiesto per l'uomo, che ha poi trascorso una nottata ai domiciliari, la custodia cautelare in carcere. Infatti il turista toscano aveva precedenti specifici per droga per fatti che risalivano al 1996, tanto che nel 1998 per la precedente disavventura aveva patteggiato la pena.
Al termine dell'udienza di convalida, tenutasi in tarda mattinata dinanzi al presidente del Tribunale Giovanni De Marco durante la quale il pm d'udienza Francesco Cannavò aveva ribadito la richiesta del carcere per l'imputato, era stata disposto in un primo tempo – quale misura cautelare – il divieto di dimora in provincia di Messina.
Il legale dell'imputato, avv. Sebastiano Campanella che già si era opposto alla richiesta di carcerazione, ha poi avanzato richiesta di patteggiamento ad 1 anno, un mese e 10 giorni.
Richiesta che è stata accolta in quanto dal primo episodio sono trascorsi 10 anni.
All'imputato – così come chiesto dal legale – è stata concessa la sospensione condizionale della pena e la remissione in libertà.
Bilardo ha potuto così raggiungere le Eolie dove era diretto, senza però la "scorta" estiva di droga che aveva portato con se dalla Toscana in auto fino al porto di Milazzo dove ha avuto al sfortuna di incappare nei finanzieri che hanno organizzato una rete di "filtraggio" per quanti sono diretti alle Eolie.
---Il giudice monocratico del tribunale di Barcellona Fabio Processo, ha assolto dall'accusa di omissione colposa per il rischio di aver fatto insorgere nel 2008 un pericolo di frane nell'area di estrazione delle cave di pomice gestite dalla fallita società “Pumex Spa” di Lipari, l’industriale Enzo D’Ambra, in qualità di presidente e amministratore delegato dell'impresa e il direttore tecnico di cava e di stabilimento della Pumex Francesco Galvagno.
I giudici del Tribunale di Barcellona hanno condannato alle pena di un anno e sei mesi di reclusione, pena sospesa, il milazzese Antonino De Gaetano, 63 anni, titolare di una impresa di rimessaggio, la “Palnautica” di Milazzo, imputato di naufragio colposo, per un incidente navale verificatosi nelle acque antistanti il lungomare Garibaldi di Milazzo il 30 dicembre 2012 alle 8,30 circa del mattino. L’imputato, difeso dall’avvocato Fabrizio Formica, transitando nelle acque antistanti al lungomare di Milazzo, entrò in collisione con l’aliscafo di linea “Tiziano” della Siremar, rischiando di affondarla con 41 passeggeri e sei persone di equipaggio a bordo.
Il fatto si verificò pochi minuti dopo che l’aliscafo aveva mollato le cime uscendo dalla rada del porto di Milazzo e si dirigeva verso le isole Eolie con direzione Capo Milazzo: giunto nello specchio di mare antistante al litorale della Marina Garibaldi, il comandante dell’aliscafo “Tiziano”, il cap. Carmelo Maimone ed il personale di bordo, notarono una barca di circa 10 metri di lunghezza che procedeva con direzione identica, parallelamente all’aliscafo. Il capitano, preoccupatosi perché il natante stava intralciando la rotta dell’aliscafo di linea, iniziava a dare segnalazioni acustiche ripetute per fare allontanare l’imbarcazione privata. Il diportista, invece di cambiare direzione, dopo avere ripreso ulteriore velocità, eseguiva una inspiegabile virata a dritta e quindi finiva per urtare violentemente contro l’aliscafo affondando con il proprio natante a picco. De Gaetano comunque riusciva, pur in circostanze drammatiche, a salvarsi miracolosamente ancorandosi all’ala dell’aliscafo e subito dopo veniva prelevato dai marinai del “Tiziano” che lo tirano a bordo prestandogli i necessari soccorsi.
Tanta la paura tra i passeggeri per l’improvviso boato causato dal violento urto udito a bordo mentre l’aliscafo era in piena navigazione. Fortunatamente, anche in considerazione della vicinanza al porto di Milazzo, scattarono subito i primi soccorsi che consentirono rapidamente di riportare a terra tutti i passeggeri che successivamente, superata la paura, poterono ripartire con una corsa successiva per le Eolie. Tuttavia le cause della dinamica a seguito del dibattimento sono rimaste incerte in quanto le perfette condizioni meteo del giorno e la perfetta visibilità del tratto di mare non lasciavano comprendere le cause di un impatto così anomalo.
---Un carabiniere di 40 anni, Nunzio Fanelli, all'epoca dei fatti in servizio sull'isola di Panarea, è stato condannato ad un anno di reclusione (pena sospesa) per le lesioni causate ad un giovane di Patti in vacanza alle Eolie. Il giudice monocratico del tribunale di Barcellona, che ha riconosciuto colpevole l'imputato, lo ha anche condannato, assieme ai ministeri dell'Interno e della difesa, al risarcimento dei danni e delle spese in favore del giovane di Patti, Renzo Orlando, che nel processo si è costituito parte civile con l'avvocato Filippo Barbera. Il carabiniere ed i due ministeri, infatti, sono stati condannati in solido ad una provvisionale di 10.000 euro sul risarcimento dei maggiori danni che saranno successivamente determinati in sede civile. La vicenda che ha portato al processo risale all'estate del 2008 a Panarea, dove il giovane ad altri due amici di Patti si era recato per trascorrere una breve vacanza. Secondo quanto emerso al processo, una notte, al ritorno da una serata trascorsa in una discoteca, i due amici della vittima sarebbero precipitosamente rientrati nell'abitazione presa in affitto, inseguiti da tre carabinieri con i quali poco prima vi sarebbe stato un diverbio. Al termine dell'inseguimento i militari avrebbero fatto quindi irruzione nell'abitazione imbattendosi in Renzo Orlando, rientrato in casa prima degli amici. Secondo il racconto della vittima, una volta fatto ingresso nella casa, uno dei carabinieri lo avrebbe colpito con un violento schiaffo, arrecandogli danni all'udito. Successivamente i carabinieri avevano tratto in arresto per resistenza a pubblico ufficiale ed altri reati i due amici, nel frattempo barricatisi dentro il bagno dell'appartamento, conducendo poi tutti i giovani in caserma. Nei confronti dei due giovani era poi scattata una perquisizione che aveva portato al rinvenimento di una modica quantità di stupefacente, tanto che in primo grado entrambi sono stati condannati.
---La terza sezione della Corte di Cassazione ha annullato la condanna a 7 anni e 6 mesi di reclusione, inflitta il 29 maggio del 2008 con sentenza di primo grado del Tribunale di Barcellona, per una triste storia di presunte violenze sessuali avvenute sull'isola di Salina e che avrebbero avuto come protagonista un padre, G. L., 38 anni, che all'epoca, tra il 1998 e il 2000, risiedeva alle Eolie e che adesso invece vive a Milazzo.
L'annullamento della Suprema Corte è stato deciso su ricorso degli avv. Tommaso Calderone e Francesco Certo che hanno eccepito un errore procedurale della Corte d'Appello di Messina che lo scorso anno, con notevole ritardo, aveva confermato la sentenza di condanna decisa in primo grado, tanto che la parte civile con gli avv. David Bongiovanni e Filippo Barbera aveva sollecitato il giudizio di secondo grado. L'imputato era stato, infatti, riconosciuto anche in Appello colpevole di abusi sessuali sui due figli minorenni, una bambina e un bambino che adesso sono adulti. I giudici della Cassazione hanno infatti riconosciuta la violazione del diritto di difesa in quanto i difensori, avv. Calderone e Certo, hanno eccepito che in Appello era stata respinta una richiesta di rinvio dell'unico difensore dell'epoca, avv.Certo, per legittimo impedimento. I Giudici dell'Appello hanno poi dichiarato contumace l'imputato senza aver nominato prima un difensore. Adesso per decisione della Cassazione il processo dovrà nuovamente iniziare in Appello a quasi 15 anni dai fatti. L'uomo fu arrestato infatti il 14 febbraio del 2001. In primo grado il Tribunale aveva mitigato la pena qualificando il reato più grave di violenza sessuale nell'ipotesi assai meno grave prevista dall'art. 609 quater. Ipotesi questa che prevede la condanna per coloro che si macchiano di abusi sessuali come palpeggiamenti e manipolazioni. Lo stesso pm Francesco Massara che aveva chiesto la condanna dell'imputato a 6 anni, con la concessione delle attenuanti generiche, aveva escluso – sulla base di quanto era emerso nel corso del dibattimento – la violenza sessuale, ipotizzando prove certe solo due episodi manipolazioni escludendo fatti più gravi.
---Revocato il concordato preventivo. Il Tribunale di Barcellona ha dichiarato fallita per insolvenza la Pumex Spa, l'azienda che si occupava dell'estrazione e della lavorazione della pomice dalle cave bianche di Porticello e Aquacalda di Lipari. I giudici del Tribunale (presidente Michele Galluccio) nel sciogliere la riserva, hanno accertato debiti scaduti e non pagati per oltre 30 milioni di euro. Ordinata – entro il termine di tre giorni – l'apposizione dei sigilli agli immobili industriali di Porticello e Acquacalda che dovevano essere trasformati in strutture turistiche di attrazione internazionale, grazie all'ipotizzata partecipazione di una società mista pubblico-privato, progetto che non ha convinto i giudici.
La richiesta della risoluzione del concordato e del fallimento della Pumex era stata presentata da uno dei creditori, Maurizio D'Este, il 10 novembre del 2014. Lo stesso giorno il commissario giudiziale, prof. Massimo Galletti, presentava una relazione dalla quale emergeva lo stato di insolvenza. La proposta di concordato prevedeva l'integrale cessione dei beni ai creditori, in particolare il pagamento per intero delle spese della procedura; il pagamento integrale dei crediti privilegiati, mediante due rate di 950.000 euro cadauna, la prima delle quali doveva essere pagata decorsi 6 mesi e la seconda decorsi 12 mesi dall'omologa del concordato stesso. Previsto, inoltre, il pagamento integrale dei crediti chirografari al 100% del capitale entro 48 mesi dall'omologa con il versamento della III, IV, V e VI rata di 1.218.666 cadauna e della VII rata, a saldo, di 2.437.336 euro.
Il piano comportava, inoltre, la ripresa dell'attività produttiva mediante la commercializzazione del prodotto di cava movimentato in esubero, l'attività di messa in sicurezza dell'intera area di cava e la riconversione dell'intero sito industriale ad attività turistica-ricettiva e di servizi al turismo. Nello stesso piano si prevedeva la dismissione, in prima battuta, dei beni patrimoniali non strategici; la creazione di una provvista finanziaria attraverso la dismissione degli immobili di titolarità della società "Italpomice Spa", debitrice per la somma di 1.500.000 euro della stessa Pumex. Nello stesso piano si prevedeva che nel caso di insufficienza della provvista ricavata dalle dismissioni, la vendita in blocco o frazionata degli immobili facenti parte del complesso industriale in disuso, prospiciente la cosiddetta "spiaggia bianca" di Lipari ed oggetto del progetto di riconversione in struttura turistica. In alternativa alla vendita in blocco di quest'ultimo complesso industriale, l'ingresso in società di uno o più partner per un prezzo non inferiore all'intero onere concordatario.
Alla luce della relazione depositata dal commissario giudiziale, prof. Massimo Galletti, e sulla scorta dello sviluppo della procedura descritta dal liquidatore nelle relazioni periodiche, il Tribunale ha preso atto che sono stati venduti solo gli immobili di Milano, dove erano ubicati gli uffici della Pumex. La società poi non ha pagato neanche una delle sette rate semestrali previste. Dalla stessa relazione del commissario emerge altresì che il tanto decantato progetto di "partenariato pubblico-privato" indicato dalla Pumex come ulteriore strumento per la dismissione o riconversione di alcuni beni strategici «non è compatibile con i tempi del concordato».
Quanto, infine, al progetto di un accordo con enti pubblici per la riconversione di alcuni beni strategici, ribadito dalla società in sede di udienza, il tribunale ha condiviso il parere espresso dal commissario giudiziale: infatti – si spiega nel decreto di revoca del concordato – «trattandosi di progetti ancora allo stato embrionale non si sostanziano in una proposta concreta e tale da assicurare una pronta e celere» risposta ai creditori.
UNA DOCCIA GELATA.
Un provvedimento articolato quello dei giudici, con alcuni passaggi importanti. Uno, in particolare, per certi versi smaschera un percorso – la riconversione delle aree pomicifere – che invero rappresenta una scommessa di sviluppo per Lipari. Il Tribunale ha infatti evidenziato la lunga durata della procedura di concordato – 6 anni dal ricorso introduttivo e quasi 4 dal decreto di omologazione – affermando che la proposta del progetto di «partenariato pubblico-privato» per la trasformazione degli immobili di Porticello e Acquacalda appare «piuttosto uno strumento per procrastinare sine die la liquidazione dei beni e quindi frustrare le ragioni dei creditori.