I capi d'accusa riguardano appalti a Riposto (Catania), Lipari (Messina), Mazara del Vallo (Trapani) e Sciacca (Agrigento), ma la guardia di finanza ha ipotizzato che ulteriori illeciti possano essere stati compiuti anche in altre località, come le note mete turistiche Salina e Favignana
Insieme a Ricciardo e Fusco, sono indagati imprenditori e professionisti, e poi ancora un dipendente regionale – sottoposto gerarchicamente a Ricciardo – e un funzionario del Comune di Riposto. Per i pm, tra mazzette incassate e altre promesse a ballare sarebbero stati oltre 130mila euro. In cambio sarebbero stati garantiti favori di diverso tipo: dall’omissione nei controlli al condizionamento delle aggiudicazioni dei lavori. In un caso le Fiamme gialle della Compagnia di Riposto ritengono di avere ricostruito il meccanismo con cui Ricciardo avrebbe pilotato la fase di selezione delle imprese da invitare pur mantenendo una facciata di neutralità: il dirigente, sostiene la procura, dopo avere utilizzato un generatore di numeri automatici in uso alla Regione Emilia Romagna, per sorteggiare le ditte fortunate tra quelle che avevano risposto a una manifestazione d’interesse, avrebbe accoppiato manualmente i numeri estratti alle singole imprese senza tenere conto dell’elenco costituito dall’ordine di arrivo delle istanze di partecipazione. In altre parole, per gli inquirenti la lista degli inviti, lungi dal garantire l’imparzialità delle scelte, avrebbe soddisfatto esigenze diverse.
Per questo intervento, la ditta aggiudicataria avrebbe promesso a Ricciardo e Fusco una mazzetta da 47mila euro. La somma – secondo la ricostruzione dei magistrati – non sarebbe arrivata da liquidità a disposizione dell’impresa, ma ricavata dallo stesso quadro economico dell’appalto. Attraverso una perizia di variante da 37mila euro giustificata con i maggiori costi di trasporto dei massi da depositare sui fondali a protezione del porto turistico, che a Riposto accoglie spesso yacht di lusso, e la previsione di un “accordo bonario” da 10mila euro. In pratica, a pagare la mazzetta sarebbe dovuta essere la stessa Regione.
L’inchiesta, che è chiusa da mesi, a gennaio aveva portato la procura a chiedere l’arresto dei principali protagonisti. La gip del tribunale di Catania, però, aveva rigettato le richieste sostenendo che dall’ampia mole di intercettazioni raccolte non emergevano elementi tali da ricondurre in maniera inequivocabile le parole degli indagati ai fatti contestati.
La stessa giudice, tuttavia, ha affermato che “non v’è dubbio che dal contenuto delle conversazioni emergono elementi significativamente indicativi di una gestione clientelare e spregiudicata delle procedure di affidamento degli appalti di opere pubbliche da parte di Ricciardo, nell’esercizio della pubblica funzione dallo stesso svolta come pure degli stretti rapporti di collaborazione fra quest’ultimo e Fusco, il quale risulta pienamente coinvolto nelle vicende relative all’aggiudicazione di una serie di appalti in corso nella Regione Siciliana pur non rivestendo alcun ruolo istituzionale”.
In ogni caso a determinare l’epilogo di questa storia non sarà l’autorità giudiziaria catanese. La scorsa settimana, è stato disposto il trasferimento del fascicolo d’indagine alla Procura di Palermo per competenza territoriale. Saranno i magistrati del capoluogo a decidere se chiedere il rinvio a giudizio. “Siamo convinti che, una volta esaminati gli atti, appureranno come nessun reato sia stato commesso e chiederanno l’archiviazione”, dichiarano intanto i legali di Ricciardo e Fusco, gli avvocati Angelo Tudisca ed Enrico Sanseverino.(ilfattoquotidiano.it)