Il 30 marzo 2022 mentre scendevo con gli sci dalla cima del monte Baset, il più alto della regione di Van in Turchia, sono stata travolta da una grande valanga. Quello che è successo è stato molto pubblicizzato dalle televisioni e media turchi, ma per fortuna in Italia non è arrivata la notizia se non alle nostre famiglie. Pubblico questo post solo ora che sono tornata perché non volevo creare preoccupazione o idee distorte. Ho deciso di farlo per due importanti motivi: il primo per dire grazie a Qualcuno che mi ha protetto da lassù e a Mario Vielmo che con la sua preparazione e competenza mi ha salvato la vita, e per ringraziare anche gli altri amici che si sono adoperati per diseppellirmi e portarmi in barella, all'esercito turco che è intervenuto con un elicottero per portarmi all'ospedale e ai medici che mi hanno curato e controllato. Il secondo motivo, non meno importante, è che credo che ogni esperienza ci deve insegnare qualcosa e ci deve rendere migliori.
Tralascio qui gli aspetti più personali ed interiori per dire che sono viva grazie all'arva e alla capacità di Mario Vielmo di usarlo bene e di intervenire nel modo più rapido ed efficace possibile. Io ero stata trascinata dalla valanga per 250/300 metri di dislivello e giacevo sotto un metro di neve completamente sommersa a testa in giù. Mario dopo aver trovato con l'arva un altra persona mi ha agganciata, ha capito dove avevo la testa, l'ha disseppellita scavando con le mani e mi ha aperto la bocca liberandola dalla neve, e nonostante sembrassi priva di vita mi ha dato dei colpetti alla nuca ed ho ripreso a respirare! Io mi sono svegliata solo dopo vari minuti, quando mi avevano già disseppellita e avvolta nei teli termici, ho visto i volti chini su di me e sentivo lui dire non mollare.
Quello che è accaduto, che oltre a me ha coinvolto altre persone, fa capire quanto importante sia avere l'arva e saperlo usare bene, e come questo possa davvero fare la differenza tra la vita e la morte... Troppe volte siamo superficiali, non facciamo aggiornamenti e prove, e pensiamo che basta non cercare le situazioni a rischio...ma la neve è davvero un elemento imprevedibile, e c'è sempre margine perché accada l'imprevisto. Al mio post seguiranno report più precisi e tecnici per aiutare a comprendere: io posso dire che la perizia di Mario mi ha salvata e che una buona stella ha fatto si che sia ancora qui, e incredibilmente non abbia riportato alcun danno fisico, nonostante l'ampiezza della valanga ed i minuti passati senza respirare priva di conoscenza. Solo grazie.
Lettera firmata
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«È stata una esperienza indescrivibile. Ero solo, in vetta al Broad Peak. Sono rimasto per mezz'ora a guardare incantato il mondo attorno a me. Una distesa di cime a 360 gradi. Altissime. Tutte lì, a portata di mano, a cominciare dal K2. Un momento bellissimo, l'ho assaporato fino in fondo. E l'ho dedicato ai miei quattro amici che non ci sono più ma che mi hanno accompagnato per tutta la scalata, ne sono sicuro: Cristina, Stefano, Michele, Daniele...».
Mario Vielmo ce l'ha fatta. Ieri pomeriggio alle 16 ha raggiunto la dodicesima perla alla sua già preziosissima collana di 8 mila. Un risultato straordinario: diversamente non si può definire l'impresa di chi, senza l'uso di ossigeno supplementare, pianta i ramponi sul tetto del mondo e riesce poi a scendere e a tornare sano e salvo con i piedi per terra.
La guida alpina di Lonigo è ora al sicuro al campo base e da lì ha voluto dare la notizia del successo all'amico giornalista e alpinista Claudio Tessarolo. Lo ha fatto parlando al telefono satellitare con voce pacata, incredibilmente rilassata nonostante cinque giorni vissuti nella zona della morte e culminati con la conquista della cima principale del Broad Peak, a 8.047 metri, dopo una salita durata 24 ore.(ilgiornaledivicenza.it)