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Il sindaco di Brolo Giuseppe Laccoto torna all’Assemblea regionale siciliana. Lo ha sancito la prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo, presidente Antonio Novara, che ha respinto in via definitiva il ricorso dell’attuale deputato del Pd, Francesco De Domenico, che al momento della candidatura all’Ars non si era dimesso dall’incarico direttore generale dell’Università di Messina entro i termini previsti dalla legge.

Nell’ottobre 2018 il tribunale di Palermo, in primo grado, aveva dichiarato ineleggibile De Domenico, seppur con una sentenza non esecutiva. Nel giugno 2019 la Corte costituzionale aveva stabilito l’ineleggibilità di De Domenico, sancendo la sostituzione all’Ars con Giuseppe Laccoto. De Domenico si era nuovamente appellato e oggi è stata notificata la sentenza che ha rigettato il ricorso condannando lo stesso De Domenico alle spese processuali e a liquidare 15 mila euro a ciascuna delle parti costituite in giudizio.

«Ho sempre avuto massima fiducia nella giustizia - commenta Laccoto -. Nei due anni che mancano alla fine della legislatura sono pronto a spendermi da parlamentare regionale al servizio della comunità di Brolo e dell’intera Provincia di Messina».

L'onorevole Franco De Domenico era ineleggibile.

all'Ars secondo i magistrati dovrà lasciare il posto all'Assemblea Regionale all'attuale sindaco di Brolo Pippo Laccoto che dal Pd sta per passare con Matteo Renzi (Italia Viva).

Così potrà rientrerà a Palazzo dei Normanni e continuare ad essere il sindaco del piccolo Comune dei Nebrodi. Il tribunale di Palermo ha accolto le ragioni dei ricorrenti.

A GIUGNO LA CORTE COSTITUZIONALE AVEVA DATO RAGIONE A LACCOTO

E’ stata dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1-bis, della Legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n.29 sollevata dal Tribunale di Palermo. La decisione conferma di fatto l'ineleggibilità di Franco De Domenico, eletto all’Ars nelle liste del Pd, e determina il subentro al Parlamento siciliano del compagno di partito Giuseppe Laccoto.

Contro l’elezione di De Domenico fecero ricorso gli aspiranti deputati Giuseppe Pietro Catanese, Paola Iacopino e Giuseppe Ruffino e Giuseppe Laccoto, primo dei non eletti nella lista del Pd che lamentarono l’ineleggibilità del politico che, all’epoca del voto, era direttore generale dell’Università di Messina. Solo successivamente al voto De Domenico si mise in aspettativa. Secondo i ricorrenti, invece, in base alla legge regionale si sarebbe dovuto dimettere dal ruolo di DG sei mesi prima delle elezioni. Su questo punto però la normativasiciliana diverge da quella nazionale: da qui la scelta dei giudici palermitani, che pure avevano accolto i ricorsi e la tesi dell’ineleggibilità, di rimettere gli atti alla Suprema Corte per vagliare la costituzionalità della normativa locale.

La scelta di rivolgersi alla Consulta aveva causato la sospensione della decisione sulla decadenza del parlamentare regionale e del subentro di Giuseppe Laccoto nel seggio all’Ars attribuito al Partito Democratico.

Il procedimento giudiziario ha avuto un iter piuttosto lungo. Ma la Suprema Corte non solo ha dichiarato «manifestamente inammissibili» le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Palermo, ma ha anche sancito la competenza esclusiva della Regione Siciliana a legiferare in materia di ineleggibilità.

Gli atti torneranno adesso al Tribunale di Palermo che dovrà dichiarare la decadenza di De Domenico ed il subentro di Laccoto.

 

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