di CarIo D'Arrigo*
Mi sono lasciato prendere da una frase che mio figlio Massimo, qualche giorno fa, appena avuta la residenza a Lipari, ha lasciato su Facebook: "Ufficialmente cittadino Liparoto! Per qualunque diffida, richiesta danni, lasciate una lettera sugli scogli. Sono a giocare con la Chitarra e la Canna da pesca".
Come si fa a descrivere il fascino di un'Isola? Credo sia impossibile, come impossibile è dire perché si ama una donna. Il fascino delle Eolie conquista il cuore di chi viene a scoprirle per la prima volta ma anche chi, come me e i miei cari, vive Lipari da quindici anni. Lipari, ma anche le altre Isole sorelle, regala emozioni indescrivibili in tutte le stagioni, 365 giorni l'anno. Chi viene per un giorno sogna di tornare.
Panorami, odori, sensazioni che non possono tradursi in nessuna lingua, nemmeno nell'odierno "linguaggio digitale". Una volta nelle piccole città vi era la Piazza del Paese, l'Agorà che racchiudeva il cuore sociale, politico, economico e amministrativo. Lì i nobili si riunivano per contrattare e decidere. Lì, sovente, il Sindaco o il Maresciallo prendeva la parola. Lì, a quei tempi, il mare era meno importante, era lontano, era solo dei pescatori. L'Agorà era solo delle persone importanti. Adesso l'antica piazza non c'è più, l'Isola è tutta un'Agorà. Ci vediamo sul corso o sulla spiaggia o nella pista della discoteca o seduti al ristorante: qualunque luogo trasmette la stessa emozione, quella di vivere un luogo unico, irriproducibile e regalatoci dalla natura.
Lipari come una qualunque delle altre sorelle. Qui un'espressione primeggia in bella vista sul fronte di un negozio sul Corso "mollo tutto e vivo a Lipari". Come si fa a spiegare uno stato d'animo che si può comprendere e accettare solo per fede? si, perché ogni "scoglio" custodisce una sua storia e trasmette una magia che non ha nulla di razionale. La chiameremo "follia" di vivere alle Eolie.
* Fisico, Consulente di Acustica del Comune di Lipari
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Musica, ritmo e rumore; una rivisitazione antropicaTutta la vita è regolata da ritmi "vitali" che ordinano l'interagire con le persone e le cose che ci circondano. Ciò avviene sia in modo cosciente sia inconsapevolmente con movimenti involontari. Mentre respiriamo i polmoni si espandono e si contraggono, e la stessa cosa fanno altri organi del nostro corpo. Lo stesso meccanismo coinvolge tutti i muscoli, compreso il più importante che è il cuore.
Naturalmente, tutti i ritmi vitali passano attraverso fasi di massima e minima attività, come avviene in ogni fenomeno dell'universo. Il giorno e la notte, la luce e il buio, il caldo e il freddo, la parola e il silenzio....la vita e la morte. Migliaia di anni fa, in Cina, il saggio Lao-Tzu espresse con una figura, il Tao, lo Yang (energia positiva) e lo Yin (energia negativa), il concetto dell'avvicendarsi dei fenomeni attraverso il movimento o il "vibrare" della vita. Le due gocce, la nera e la bianca, esprimono il buio e la luce, il maschile e il femminile, che si inseguono in modo armonico nell'infinito, simboleggiato dal cerchio che le racchiude. Il simbolo del Tao rappresenta la manifestazione della vita sulla terra ed è applicabile a tutti i fenomeni, compreso il funzionamento ritmato del nostro corpo. Il ritmo è l'anima della vita.
Tutta la vita è "vibrazione", e tutte le forme di differenziazioni della vita sono generate e si evolvono con diverse velocità di vibrazione. Il concepimento è vibrazione, la vita si svolge mediante cicli vibrazionali. Il ritmo è giorno e notte, vita e morte. La vita è mantenuta dalle radiazioni (solari) che attivano fenomeni vibrazionali (ondulatori) elettrici e magnetici. Le vibrazioni creano perturbazioni nello spazio, si muovono sotto forma di onde. Ascoltando un brano musicale in cui il ritmo prevale sulla melodia abbiamo l'esperienza del ritmo che, in modo irrefrenabile, stimola a muovere le membra seguendo il "ritmo" stesso e spronandoci al ballo. Si può presumere che le primissime forme di musica siano nate dal ritmo: magari per imitare, battendo le mani o i piedi, il cuore che batte o il ritmo cadenzato dei piedi in corsa, o del galoppo; o magari alterando le fonazioni spontanee (ad esempio eh!, ah!) durante un lavoro monotono come, ad esempio, il pestare il grano o il chinarsi per raccogliere i frutti delle piantagioni.
Per queste assonanze è probabile che i primi strumenti musicali siano stati strumenti a percussione e varianti di forme di tamburo. Ma che c'entra tutto ciò con la musica, fortissima, che sentiamo per strada nelle nostre isole? beh, non avete notato che tutto è cadenzato da un ritmo "basso" fortissimo e onnipresente ...che spesso non ci fa dormire? E allora accettiamo che la vita sia musica, purché il ritmo non superi i limiti della tollerabilità, tanto da farci perdere "il ritmo". Rimaniamo nei livelli sonori espressi dalle normative e dalla decenza. Accanto a chi ritma la vita c'è chi sente la necessità di alimentare la stessa vita con un salutare riposo. Altrimenti non è "ritmo" ma fracasso. Anzi è reato, e insalubre disturbo alla quiete pubblica.
Leggere allunga la vita
Quanti libri hai letto? è la domanda. Dove a scuola? è la risposta. Si, perché da anni si legge e si scrive 'solo' a scuola, oppure su whatsApp e su Facebook. Qui si scrivono, spesso, cose senza senso e sempre con un italiano scorretto. Leggere un libro? Un romanzo di fantasia o un racconto storico? No! È fatica. Salvo, poi, ad avere difficoltà nella "comune" conversazione. Si, perché leggere scioglie il linguaggio attiva le aree centrali deputate alla formazione della parola e migliora il coordinamento cerebrale. Immergersi in un racconto è ampliare le prospettive, viaggiare nel tempo e nello spazio della fantasia.
Da tempo si sa che leggere stimola il cervello: attiva i distretti cerebrali di Broca e Wernicke, che sono deputate alla comprensione del linguaggio. I ricercatori hanno persino scoperto che se si legge il nome di un fiore o di una pietanza non si attivano solo le aree verbali, ma anche quelle dedicate al riconoscimento degli odori. E' un insieme di attuazioni corporali che formano e prolungano la nostra interfaccia con la natura e con gli altri. Leggere è un piacere che non tutti conoscono. Non si legge per mancanza di tempo, dicono i più attempati, o perché non mi va o, persino, perché i libri costano troppo dicono i giovani. Sempre alibi e poche volte realtà. E, quanto al tempo, se c'è quello per nutrirsi deve essere altrettanto importante alimentare il cervello.
Leggere apre la mente a mondi sconosciuti, aiuta a conservare i sogni e stimola il dubbio sul significato dell'esistenza. Quando si apre un libro si accendono emozioni sempre nuove. Leggere è importante non solo per ricevere buoni voti a scuola o fare bella figura a cena con gli amici, ma anche per essere artefici della propria vita. Quando leggi sei solo in mezzo al resto del mondo, e il resto del mondo può essere qualsiasi cosa ti parli con il linguaggio della parola scritta. Leggere è terapeutico. I ricercatori dell'American University, con sede a Washington, non hanno dubbi al riguardo, leggere e confrontarci con i problemi dei personaggi è una terapia che può aiutarci a superare gli ostacoli sociali. Da alcuni anni esiste la biblioterapia per aiutare chi è in difficoltà relazionale a star meglio grazie alla lettura.
Uno studio ha dimostrato come la mente dei lettori declini più lentamente di quella di coloro che non si sono mai dedicati a questa attività. E ancora sembra che leggere contrasti l'Alzheimer perché fortifica la memoria, aiuta a dormire meglio a rilassarci e a staccarci dalle preoccupazioni quotidiane. E se la mancanza di tempo è la scusa per preferire smartphone e social network a un buon vecchio volume si sappia che esistono anche libri da leggere in una manciata di minuti. Ancora non avete preso in mano un libro? Leggete almeno le video pagine che avete davanti. Ogni giorno, naturalmente.
Alla luce del sole, ma con cautela
La pratica di sfruttare la luce del sole a scopi terapeutici ha origine molto antica; in tutte le culture il sole rappresenta energia, calore e vita. D'altronde, sin dalle sue origini l'uomo ha empiricamente compreso gli effetti dei fattori climatici sulla propria salute; potremmo quindi affermare che l'elioterapia è una pratica che da sempre appartiene alla medicina. Gli antichi Greci si avvalevano di questa tecnica naturale per curare le piaghe cutanee ed altre malattie della pelle. L'elioterapia è stata utilizzata in India, Cina ed Egitto come terapia di guarigione per diverse malattie, tra cui la psoriasi. Anche gli antichi Romani utilizzavano l'esposizione del corpo al sole e all'aria per goderne i benefici. All'inizio del Novecento alcuni scienziati assegnarono alla cute il ruolo di organo multifunzionale e non unicamente di "involucro" protettivo del nostro corpo, e quindi era necessario proteggerla e curarla. L'elioterapia era la terapia per eccellenza che il regime fascista proponeva per il benessere dei piccoli "balilla" e delle "piccole italiane".
Si stima che durante il ventennio siano state costruite ben 4400 colonie sparse su tutto il territorio nazionale ospitando oltre 800 mila bambini che alternavano alla radiazione solare esercitazioni ginniche e giochi. Tra i più importanti effetti che l'elioterapia favorisce a livello cutaneo va ricordata la trasformazione della vitamina D nella sua forma attiva (D3). L'attivazione della vitamina D nel suo componente attivo sta alla base della cura contro il rachitismo, causato appunto dalla carenza di tale vitamina. Ma i suoi effetti si estendono alla cura della tubercolosi, infatti i raggi solari rappresentavano l'offerta per eccellenza dei sanatori antitubercolari, strutture sanitarie che accoglievano malati affetti da tale malattia o da sindrome polmonare. Ma attenzione, accanto a tanti benefici il sole può anche far male. L'esposizione eccessiva ai raggi solari è un rischio per la pelle, e non solo per questa. L'abbronzatura, che fa tanto piacere a grandi e piccini, è in effetti il modo con cui il nostro corpo si difende dal sole.
E ciò grazie alla melanina, un pigmento che viene prodotto quando siamo colpiti dal Sole e che ha il compito di proteggerci dalla radiazione Ultravioletta del sole (Uv). Il 10% della radiazione è riflessa, ma il resto dell'energia viene assorbita dalle cellule epiteliari passando agli strati sottostanti dell'epidermide. Ed è qui che cellule particolari producono la melanina. Questa è importante per l'equilibrio della pelle, le dona il caratteristico colore ed è in grado di assorbire i raggi Uv, attenuando l'energia assorbita. Più la melanina è scura, più è in grado di svolgere il suo compito: l'abbronzatura è proprio il risultato di quest'operazione di difesa.
L'eccessiva esposizione ai raggi Uv è uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di particolari forme tumorali. Per il melanoma i fattori di rischio sono conosciuti solo in parte. Alcuni sono legati alla predisposizione familiare, alla presenza di nei e lentiggini e al fototipo e, cioè, alla colorazione degli occhi, dei capelli e della pelle. Per tali soggetti l'esposizione al sole, senza adeguate protezioni, è particolarmente pericolosa, sebbene il sole rappresenta in questo caso solo il fattore scatenante.
Ma allora dobbiamo evitare l'esposizione al sole? Non è necessario; per evitare rischi eccessivi è sufficiente non avere fretta a diventar "neri" e dare all'organismo il tempo per produrre la melanina. Indispensabile proteggersi con una crema solare adeguata ed evitare di esporsi nelle ore centrali del giorno, fra le 11 e le 15 circa. Chiaramente è fondamentale proteggere gli occhi con opportuni occhiali scuri, meglio se avvolgenti per limitare la visione laterale degli occhi. Inoltre un cappello a tesa larga è sempre utile oltre che a proteggerci a donarci un'immagine accattivante nell'allegro scenario delle spiagge eoliane.
La fisiologica perdita dell'udito. Ti sento ma non capisco
La cecità allontana le persone dalle cose, la sordità allontana le persone dalle persone. Con "presbiacusia" si indica un deterioramento della sensazione uditiva che si verifica in tarda età.
La presbiacusia rientra nel capitolo delle labirintosi nell'adulto, cioè nelle patologie degenerative dell'orecchio interno. E' questo un fenomeno complesso che lentamente conduce ad un deficit sensoriale di tipo quantitativo e qualitativo: il primo legato alla riduzione quantitativa delle strutture che portano informazioni acustiche alle aree della corteccia, il secondo legato ai fenomeni regressivi a carico delle aree cerebrali, cui spetta il compito di decodificare e interpretare le informazioni ricevute. Il deficit quantitativo comporta la difficoltà nel percepire i suoni acuti, quello qualitativo la difficoltà nel comprendere i messaggi verbali, che possono essere compresi solo quando i centri lavorano in condizioni ottimali e, in specie, quando l'informazione non è inquinata da altre informazioni presentate contemporaneamente (più persone che parlano rendono difficile l'ascolto selettivo, cosiddetto fenomeno del cocktail-party).
Il presbiacusico sente meglio in genere le frequenze gravi, pertanto l'anziano risente maggiormente l'effetto "mascherante" del rumore ambientale e, sovente, dice di sentire ma non capire. La genesi della presbiacusia è legata a diverse cause. Fra queste sono l'esposizione al rumore (ad esempio nei luoghi di lavoro), l'utilizzo di sostanze ototossiche come alcuni antibiotici, il fumo e la dieta carica di grassi. Cause cliniche possibili sono le malattie cardiovascolari e circolatorie, come la pressione alta che può alterare il microcircolo dell'orecchio interno. In linea di massima la presbiacusia interessa gli over 60, ed è quindi un problema di età e di invecchiamento. Ma, come ho cennato, il declino uditivo può avere genesi diversificata, sia personali sia ambientali. Solitamente si inizia con un deficit uditivo limitato, quando il soggetto inizia a sentire male solo le frequenze alte, e cioè i suoni acuti come il trillo del telefono, il campanello o gli acuti di un violino. Questo primo tempo potrebbe passare inosservato ma, successivamente, possono subentrare altri sintomi come la necessità di dover "alzare" il volume del televisore e la richiesta sempre più frequente di far ripetere le parole.
A ciò, in certi casi, si aggiunge la presenza di acufeni, cioè la percezione di suoni inesistenti, e la sensazione di orecchie tappate. A questo punto risulta evidente la difficoltà a distinguere le parole, soprattutto in situazioni rumorose, e a localizzare la fonte dei suoni. Tutti sintomi che compromettono la qualità della vita perché inizia la fase in cui la persona si sente isolato dagli altri. Anche per questo è fondamentale la diagnosi precoce che si attua mediante l'esame "audiometrico e impedenzometrico". Due accertamenti semplici, non invasivi e quasi "divertenti". Alla presbiacusia non bisogna arrendersi perché esistono tante soluzioni. La funzione uditiva migliora sensibilmente, e spesso in modo risolutivo, con l'utilizzo degli apparecchi acustici o protesi acustiche che, rispetto a un tempo, non sono più dispositivi invasivi, visibili e scomodi ma, al contrario sono ausili ipertecnologici. Frutto dell'ingegneria informatica, questi micro gioielli elettronici elaborano i suoni offrendo benefici un tempo impensabili. Sicuramente l'udito, la comunicazione, riveste importanza fondamentale per l'autonomia di una persona donando la possibilità di poter interagire con il mondo esterno e, infine, di essere felici nel nostro ambiente sociale.
---Arriva l'estate. Caldo, freddo, caldo umido....facciamo chiarezza
Siamo in prossimità della stagione calda e, come ogni anno, nel linguaggio televisivo si sente parlare di temperatura reale, temperatura percepita e umidità dell'aria. I valori diffusi sembrano essere rilevati da complesse macchine termometriche ma, al contrario, dipendono solo da calcoli previsionali che considerano, oltre al valore termometrico rilevato e misurato, l'umidità dell'aria e la velocità dei venti. I valori che vengono diffusi al grande pubblico sembrano infondere certezza quando, invece, non sono altro che il risultato del fattore combinato di temperatura reale sommata all'umidità e alla velocità del vento. In modo, spesso, empirico. Le temperature cosiddette percepite non sono valori strumentali e dipendono solo da condizioni soggettive che, in linea di massima, possono cambiare da persona a persona e da uno sito ad un altro.
Ma cosa vuol dire temperatura percepita? se la temperatura reale è pari a 30°C in corrispondenza di una umidità del 70%, ci dicono che la temperatura percepita è di 35°C"... ma in corrispondenza di quale ipotetico tasso di umidità? Questo rimane un mistero! Percepita sì ma, ripeto, con quale tasso di umidità? Passando dall'oggettività della misura alla soggettività della sensazione avvertita dal nostro corpo, bisognerebbe specificare anche a quali "ulteriori" parametri si riferisce questa temperatura percepita. Una persona ferma all'ombra o a uno che corre al sole? A un soggetto sdraiato sulla spiaggia o a uno che cammina o che corre? Percepita sì, ma da chi? E durante lo svolgimento di quale attività?
Alla luce di quanto ho recitato si conclude che la temperatura percepita è solo un numero privo di riscontro fisico e utile solo a creare confusione mediatica. In condizioni di caldo umido, per esempio, il sudore prodotto dall'organismo non ha modo di evaporare nell'aria, perché questa è già satura di umidità. Quindi, senza più l'apporto refrigerante dell'evaporazione, la temperatura del corpo tende a salire, provocando, nei casi più gravi, il "colpo di calore". L'aria secca ha un piacevole effetto rinfrescante perché favorisce la traspirazione, soprattutto se accompagnata da una debole corrente d'aria. In inverno l'aria umida viene percepita più fredda rispetto a quella secca perché la traspirazione, o sudorazione, è quasi azzerata ed è presente solo la conduzione termica del nostro corpo con l'aria che ci circonda, attivando un processo che tende a raffreddare il corpo.
Tale fenomeno è accentuato se l'aria è carica di umidità che accentua la conducibilità termica dell'aria stessa. In definitiva possiamo dire che un'alta percentuale di umidità nell'aria funziona da "amplificatore" della temperatura percepita. Le reazioni del corpo umano non sono pertanto influenzate unicamente dal caldo o dal freddo, ma anche da altri fattori come l'umidità e il vento. È appunto grazie alla combinazione di questi che si determina il livello di disagio con cui le persone reagiscono alle condizioni meteo. In condizioni di caldo umido sentiremo più caldo, in condizioni di freddo umido sentiremo più freddo. E' questa la temperatura percepita.
Stiamo precipitando nel megabyte
Ricordo un’espressione di papà mio “il mondo non è più mio”. Eravamo a fine anni ’60 (molti di oggi non c’erano), ma questo semplice concetto si può ripetere ad ogni cambio generazionale. E, con il passar del tempo e delle innovazioni, con intervalli sempre più frequenti. Cosa si cela dietro “il mondo non è più mio”. Sicuramente un insieme di cose; un coacervo di pensieri, significati e…delusioni. Si, perché ad un certo punto della vita si cominciano a rifiutare tanti e così veloci cambiamenti al ritmo della vita che ci ha accompagnati fino ad allora. Ma può configurarsi una forma di depressione? Non credo, è solo un difficile adattarsi velocemente all’innovazione e a tutto ciò che, probabilmente, può persino migliorare la vita.
Un’innovazione molto appariscente degli ultimi anni la stiamo assistendo nel linguaggio comunicativo, divenuto sempre più informatico. Nel 1835, con l’alfabeto Morse, eravamo stati costretti a traslare il linguaggio comune in una serie di punti e linee. Era stato fatto per necessità; il codice con punti e linee era indispensabile per poter trasmettere la parola, il pensiero, a distanza con l’elementare “mezzo elettromagnetico” allora disponibile del Telegrafo. Oggi possiamo inviare scrittura in chiaro, voce, musica, foto e video ma sentiamo la necessità di abbreviare le parole e contrarre a poche sillabe discorsi che, se fossero per esteso, potrebbero rendere più vicini le persone e i sentimenti che le accompagnano. E’ una necessità o una stupidata? Io propendo per la seconda ipotesi, scusandomi con i patiti della comunicazione digitale e del telefonino in ogni dove. La conversione in digitale del pensiero formatta il linguaggio. Il mezzo di comunicazione modifica sempre il messaggio; lo è stato per la scrittura, per la stampa e tutte le altre rivoluzioni comunicative. Si acquista qualcosa e, inevitabilmente, si perde qualcos’altro. Se devo far entrare tutto nei 140 caratteri di twitter la riduzione a monosillabe è d’obbligo. Quello che preoccupa è la possibile, progressiva, digitalizzazione della mente. Cliccare, resettare, zippare, account, nickname hanno invaso il nostro sentire. Nostro Signore ha creato l’uomo con caratteristiche analogiche; i nostri sensi, la vista, l’udito, il tatto, il gusto e l’olfatto seguono regole rigorosamente analogiche, sebbene qualche ricercatore tenti di vederci forme (inesistenti) di quantizzazione digitale.
Le tecnologie digitali dei nuovi media hanno spazio sempre maggiore nella nostra vita comunicativa. La maggior parte della comunicazione interpersonale avviene ormai attraverso il supporto diretto o indiretto di tecnologie digitali. L’e-mail, la posta elettronica, sta per sostituire totalmente quella cartacea; la telefonia su rete mobile e il VOIP (Voice Over IP, cioè telefonia attraverso rete Internet) tendono a sostituire la telefonia su rete fissa che, a sua volta, è sempre più gestita con traslazioni digitali. Persino la lettura del quotidiano o di un libro, rimasti i più coracei alle trasformazioni, aprono oggi a News via rete
(come quello che state leggendo) e ad e-book o libro elettronico. Chiaramente il mezzo non è il contenuto del messaggio, ma sicuramente ne influenza la forma e, spesso, il significato semantico del messaggio. Pertanto non sorprende che questa evoluzione nei media abbia effetti significativi sulle sue forme linguistiche. Ma ciò che più preoccupa di tanta trasformazione è la “piattezza” mentale di chi la usa in modo esclusivo. Si tratta sempre più spesso di soggetti assenti alla vita reale, dediti al gioco elettronico e incapaci di mettere insieme più parole a senso compiuto o, addirittura, incapaci di scrivere con carta e penna. Non sono per “l’antico”, ma ogni innovazione, ogni passaggio, va fatto con carattere di compatibilità con ciò che già esiste e che, tutto sommato, fin oggi è andato bene.
----Quando si andava a fare i "raggi", oggi un'espressione desueta
La chiamavamo tutti Radiologia, oggi è “Diagnostica per Immagini”, termine attuale che richiama la formazione delle immagini biomediche utilizzate a scopo diagnostico e terapeutico. E’ la radiologia, la tomografia computerizzata (tac), la pet, l’ecografia, la risonanza magnetica, le procedure di tipo terapeutico-radiologico guidate e chiamate con il nome di radiologia interventistica. Madre della disciplina, e prima tecnica per immagini, è stata la radiologia, la cui nascita è dovuta a Wilhelm Conrad Röntgen l’otto novembre 1895, grazie alla proprietà dei raggi X (chiamati così all’esordio perché ne erano sconosciute l’origine e la natura) di attraversare il corpo umano e impressionare una lastra fotografica. Secondo la storia più diffusa quel giorno Röntgen stava facendo esperimenti con un tubo a gas fluorescente in cui veniva fatta passare corrente elettrica, una sorta di antenato della lampada al neon.
Durante il suo esperimento Röntgen si rese conto che stava accadendo qualcosa di strano. Distolse lo sguardo dall’apparecchio e con la coda dell’occhio notò che uno schermo cosparso di una sostanza fluorescente, sistemato a breve a distanza dal tubo, stava brillando fiocamente. Fu per caso che sua moglie mise la mano davanti al tubo luminoso e le ossa della mano apparvero sullo schermo fluorescente. Era la prima radiografia della storia. L’evidenza radiologica delle strutture del corpo umano, e di eventuali loro condizioni patologiche, si basa sull’esistenza di differenze di contrasto tra tessuti diversi, cioè sul fatto che i vari tessuti hanno caratteristiche di trasparenze diverse al passaggio dei raggi X. Le tecniche diagnostiche per immagini utilizzano l’interazione fra l’energia dei raggi X e l’organo bersaglio di cui si desidera ottenere un’immagine. Quando l’energia radiata dalla sorgente incontra l’organo bersaglio, una parte è riflessa (all’indietro) e una parte si propaga attraverso il bersaglio modificando le sue caratteristiche. L’elaborazione, oggi computerizzata, delle caratteristiche dei suddetti fenomeni fisici (riflessione e rifrazione) che variano al variare dei mezzi (cioè dei tessuti) permette la creazione dell’immagine su una lastra e, oggi, su un video.
Dal 1895, in pochi anni “le foto dell’invisibile ai raggi X” diventano uno strumento diagnostico cui l’umanità deve tanto. I nuovi raggi avviano un filone di ricerca con la scoperta della radioattività naturale dell’uranio da parte del fisico francese Becquerel nel 1896 e, due anni dopo, l’identificazione del radio da parte dei coniugi polacchi Curie. Le foto dell’invisibile furono subito usate per ottenere immagini delle fratture di ossa e di ferite d’arma da fuoco. Le applicazioni dei raggi X in medicina sono troppo numerose per poterle elencare. La radiografia ha consentito la diagnosi precoce della tubercolosi che fino al secolo scorso falcidiava intere generazioni così come ha contribuito fin dall’inizio alla lotta contro i tumori. Con tecniche quali la risonanza magnetica nucleare (NMR) o la tomografia a emissione di positroni (PET) è possibile oggi
studiare le malattie metaboliche dei muscoli, e farlo già nei primissimi stadi quando la distrofia muscolare non dà altra notizia di sé. La risonanza magnetica, unitamente ai metodi ecografici, rappresenta un vantaggio non indifferente rispetto alla radiologia e alla tomografia computerizzata, che fanno uso di raggi X, perché non usa radiazioni ionizzanti e sono pertanto prive di effetti biologici. Non comportando quindi alcun rischio per il paziente e possono essere utilizzate anche nei primi anni di vita e in gravidanza. Si può affermare che la diagnosticaper immagini rappresenta un settore insostituibile dell’odierna diagnostica medica. E’ significativo ricordare che almeno un decimo dei pazienti che consultano un medico ricevono una prescrizione per una diagnosi per immagini.
Chi vive alle Eolie sa quanta importanza riveste la diagnostica precoce per decidere velocemente se trattenere il paziente nell’Ospedale Eoliano o trasferirlo. L’Unità di Diagnostica per Immagini del Nosocomio Liparese, mirabilmente diretta dal Dott. Giovanni Noto, assolve a questo delicatissimo compito. Sarebbe da irresponsabili limitare o bloccare l’attività ospedaliera a Lipari per misere ragioni economiche. Le Eolie vivono per sei mesi l’anno una stagione turistica intensa e gli interventi sanitari presentano un rapido incremento con l’arrivo dei vacanzieri. La sanità deve essere di tutti e in tutti i luoghi comunemente abitati.
Vivere in un'isola, la Spa migliore del mondo
Negli anni ’70 i Dik Dik, un gruppo musicale che ha fatto storia e che ancora fa capolino in televisione, cantavano “L'isola di Wight”, “Io mi fermo qui” e tante altre canzoni che han fatto innamorare i giovani di allora. Nel 2011 Jovanotti con “La notte dei desideri” , cantava “….una musica mi chiama verso sé come acqua verso il mare….” Questi titoli richiamano, nel mio fantastico, il modo di vivere di un’Isola, e visto che la mia isola è Lipari non posso che associare il significato di queste canzoni proprio a “Lipari”. Certo ci sono le altre Isole dell’Arcipelago, e non solo dell’Arcipelago Eoliano, altrettanto belle ma passando parte della mia vita nella casa a Lipari sono affezionato a questo pezzo di terra.
La sensazione che da l’Isola è differente da quella del paesino di mare, o di montagna, di cui sono piene le coste della Sicilia. L’Isola apre la fantasia, ti da la sensazione di esserti smarrito nel tempo e nello spazio; vivere l’Isola è sentirsi piacevolmente soli e in compagnia delle cose che più ci fanno piacere. Basta avere saggezza e, torno a dire fantasia, sconnettersi dal mondo e dalla memoria storica e dai pensieri, come bambini. E poi, come si dice, “una vacanza vicina al mare è salute e rinnova lo spirito”; ma altre motivazioni affondano le radici nella scienza.
Torno alla canzone dei Dik Dik: Sai cos’è l’isola di Wight è per noi l’isola di chi ha negli occhi il blu della gioventù.… Già, dimenticavo, il blu. All’isola il colore blu è di moda; moda statistica, la cosa che si presenta di più sotto gli occhi lungo i confini del lembo di terra. E’ il colore del mare, soprattutto quello d’estate. A tal proposito, secondo una ricerca effettuata in Canada presso la British Columbia University, il colore blu marino, associato all’oceano e al cielo e quindi a spazi infiniti, trasmetterebbe il senso di calma e di tranquillità alle persone esposte. Per Jordan Grafman, direttore del centro di ricerca sui traumi cranici della Kessler Foundation nel New Jersey, “l’aria di mare fa bene all’umore, alle ossa, alla tiroide, alla pelle e ci fa respirare e pensare meglio”. E poi il “bioclima marino” è sedativo e utile per risolvere nevrosi depressive. E volendo restare nel mondo scientifico, o quasi, ricordiamo che lo iodio che, sebbene sia presente in diversi minerali, è abbondante nell’acqua di mare e la sua funzione nell’uomo è determinate. La maggior parte di esso è concentrata nella tiroide dove è indispensabile per la sintesi degli ormoni da questa prodotti.
Senza tema di smentito si può affermare che l’Isola è la SPA migliore del mondo. SPA, Salus per Aquam o salute per mezzo dell’acqua. Il richiamo ancestrale di uno specchio d’acqua senza confini dona un senso di libertà che non si controlla, è l’origine e la fine di tutto. Il significato dell’acqua ha legami con l’inconscio, con la stessa esistenza e con il ciclo della vita. Ippocrate, illustre medico greco, quattrocento anni prima di Cristo magnificava le virtù dell’acqua. Quella di mare, in specie, è davvero un toccasana per tantissime patologie e problemi: è la più completa acqua minerale esistente in natura, possedendo quasi tutti gli elementi presenti nel nostro corpo, come la vitamina E, il potassio, il magnesio, il ferro e alcuni microorganismi che rilasciano sostanze antibatteriche. L’acqua è il nostro stato naturale; gli esseri umani vivono per nove mesi in acqua nel ventre della madre e il corpo umano è composto per il 65% circa di acqua.
Il caratteristico rumore delle onde che si infrangono sul bagnasciuga è una melodia naturale che rilassa il cervello. E infine “last but not least” (ultimo ma altrettanto importante) il sole è indispensabile per la produzione di vitamina D, per il sistema immunitario e per l’assorbimento del calcio nelle ossa. L’odore di salsedine, il senso di piccolo dell’Isola e di immensità del mare in cui è immersa simboleggia quiete, ispirazione, incontri romantici e un legame inscindibile con il senso della vita. Posso dire, come i Dik Dik, “Io mi fermo qui”.
* Carlo D'Arrigo, fisico, Consulente di Acustica del Comune di Lipari
carlodarrigo47@gmail.com