di Michele Giacomantonio
Lettera aperta a S. Santità Papa Francesco sulla vicenda del Vescovo Francesco Micciché
Santità,
Lei conosce la vicenda di monsignor Francesco Micciché già Vescovo di Trapani inopinatamente e traumaticamente deposto, proprio al culmine della sua azione pastorale, con grande sconcerto di un grande numero di cittadini e cristiani. Cittadini e cristiani che hanno avuto modo di conoscere il Vescovo Francesco prima nella Arcidiocesi di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela come vescovo ausiliare e poi in quella di Trapani. Nelle isole Eolie ha lasciato un ricordo forte ed indelebile contribuendo significativamente al rinnovamento religioso di queste isole ed al passaggio da una religiosità legata alle feste ed alle tradizioni popolari ad una fede adulta capace di misurarsi sui problemi sociali e politici.
Non spetta a me entrare nel merito dei fatti accaduti e sindacare i comportamenti delle autorità ecclesiastiche in questa vicenda, anche se le notizie che sono trapelate creano sconcerto e grande tristezza. Dov’è la Chiesa profezia di un mondo caratterizzato dalla fraternità e dall’amicizia civile? Dov’è la Chiesa che non giudica e sa ascoltare tutti a cominciare da chi è impegnato in situazioni difficili? Quella che si intravvede, in questa vicenda, è invece una chiesa dell’omertà e del silenzio, una chiesa che si chiude a riccio e crede di potere risolvere tutto al proprio interno senza dare conto a nessuno. Una chiesa che non ha capito come oggi l’opinione pubblica non è un male ma un valore. Altrimenti non si è una comunità ma un regime.
Santità,
l’impressione che si ha è che i comportamenti di questa vicenda siano tutti in controtendenza non solo rispetto alla Sua azione pastorale che il mondo intero ha imparato a conoscere ed apprezzare in questi ventuno mesi del Suo pontificato, ma anche con la Chiesa emersa dal Concilio Vaticano II.
Lei non ha pensato due volte a compiere scelte coraggiose e fortemente innovative con grandi ripercussioni a livello mondiale. Certo questa vicenda ha dimensioni al più regionali eppure ci sembra che non sia meno importante per la Chiesa ed il popolo di Dio. Dissolvere le ombre che si sono formate, ricostruire con coraggio e carità la verità dei fatti, ripristinare la giustizia, non è cosa da poco anche se riguarda solo una diocesi.
Santità.
Lei ci insegna che il fare un passo indietro, il tornare sui propri passi non sempre è segno di debolezza, ma molte volte è dimostrazione di forza. Quella forza che ci viene dal Signore che fa nuove tutte le cose, anche i comportamenti tradizionali, anche le prassi consolidate.
Ecco Santità, rinnovi il comportamento della burocrazia vaticana, chieda che si riverifichi tutta la vicenda e se non ci sono, come in molti crediamo che non ci siano, responsabilità del Vescovo Francesco Micciché gli si dia la possibilità di riprendere la sua azione pastorale. E così si darà anche al Popolo di Dio che è in Sicilia, e che da questa vicenda è rimasto ferito, la gioia di far parte di una comunità viva dove si può anche sbagliare ma dove non si ha paura di verificare i propri passi ed, eventualmente, di riconoscere gli errori.
Con infinita umiltà da un cristiano come tanti che, giunto a settantaquattro anni, ama la Chiesa ogni giorno di più.
I COMMENTI.
di Aldo Natoli*
Ho avuto modo di conoscere S.E. Mons. Francesco Miccichè durante la permanenza a Lipari come Vescovo, e di apprezzare
la Sua grande dote di umanità, di Pastore e di Guida della Chiesa eoliana. Condivido pertanto la lettera inviata a PAPA FRANCESCO e sono pienamente convinto che la richiesta verrà pienamente condivisa.
*Geometra
Egregio Direttore,
desidero affiancare un mio pensiero alla iniziativa del Dott. Giacomantonio di scrivere al Papa una lettera riguardante il Vescovo Miccichè, pubblicata dal Suo giornale online. Un pensiero che non vuole avere il sapore di "memoria aggiuntiva di difesa", ma essere l'estrinsecazione di sentimenti di quella parte di Eoliani che si preoccupavano e si preoccupano per le nuove generazioni con la lungimiranza del domani, in una società così incerta nella quale tutti noi, oggi, viviamo. Già negli anni Ottanta arrivando come pastore nella comunità eoliana, Mons. Miccichè avvertì le carenze strutturali, sia esse religiose che sociali, di questo popolo di Dio a lui affidato. Carenze esistenti non certamente per trascuratezza della prelatura locale, quanto per l'opulenza crescente che andava disgregando il territorio e distraeva i suoi abitanti in consumismo e altre forme dispersive di vita. Il Vescovo, con l'entusiasmo e il vigore della sua giovane età, si prodigò affinché maturasse - da un lato - la consapevolezza che l'essere cristiani non coincide con l'apparenza o la partecipazione a riti pagani, ma si attua attraverso la costante formazione interiore del singolo,con la capacità d'incidere, poi, nel contesto in cui vive. D'altro lato, Mons. Miccichè indicava come fosse necessario intervenire nel sociale per correggere le storture, assicurare a tutti pari dignità e una sana convivenza civica. Con questi intenti, Lipari ebbe il privilegio di ascoltare la voce di una scuola di pensiero e di formazione civica, attraverso illustri oratori periodicamente chiamati a Lipari da Mons. Miccichè,che spaziavano dalle tematiche religiose ai problemi sociali e politici. Gli uomini di quel tempo - che vedevano minato il loro orticello da questa azione pastorale - spesso gli furono ostili o tiranni, accusando il Vescovo di "fare il politico" e non il pastore di anime. Questa è la storia dell'ultimo Vescovo con sede di dimora a Lipari, che il territorio ha avuto dopo l'accorpamento di alcune diocesi di area. Storia vissuta da chi, non più giovane come me, vuole ricordarla alla nostra società contemporanea al fine di recuperarne i valori e trasmetterli alla nuova generazione, per un futuro migliore. In altra occasione ho avuto modo di ricordare un pensiero scritto da Mons. Miccichè e che mi piace qui ripetere: "nella fede sappiamo che l'alba verrà e sarà giorno". L'iniziativa del Dott. Giacomantonio è encomiabile e quindi non può che essere condivisa. Grazie per l'ospitalità. Cordiali saluti.
Dottor Antonino Costa