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di Leonardo Dini *

Dalla drammatica serata del 22 c.m. a Mosca, con il devastante attentato nella più grande sala concerti della capitale russa, sulla base delle prime ricostruzioni dei fatti si può tentare, con beneficio d’inventario, una prima analisi, per approssimazione. Come è noto, già a inizio marzo in Russia era stato preventivamente impedito un tentativo di assalto armato da parte di elementi dell’Isis K afghani a una sinagoga di Mosca. Un attacco deliberatamente antiebraico dunque in diretta simbiosi con la crisi in corso a Gaza tra Israeliani e Palestinesi. Già da novembre erano in preparazione a Mosca ben due attentati dunque quello alla sinagoga e quello alla sala concerti, entrambi organizzati nella fase più acuta dei combattimenti in Medio Oriente a Gaza e in diretta correlazione con essi. Indirettamente o direttamente tutto il mondo Islamico Jihadista Sunnita è collegato e agisce coordinatamente da Hamas a Isis a Isis K. I finanziamenti al terrorismo e i mandanti occulti o dichiarati sono gli stessi. Dunque l’attacco a Mosca è una risposta vendicativa per la guerra a Gaza promossa da un premier e da un governo sostenuto da Putin in luoghi dove molto numerosi sono i russi residenti e cittadini di Israele.

La coincidenza inoltre col voto della Russia all’Onu sulla tregua a Gaza considerata da Hamas una linea rossa invalicabile così come la sicurezza della zona sud della Striscia di Gaza, luogo delle prossime avanzate finali israeliane. Nell’attentato a Mosca è emerso il collegamento con la rete internazionale del terrorismo islamico mediante una base in Bielorussia e verso la Bielorussia non verso l’Ucraina, fuggivano gli attentatori catturati in collaborazione tra le Forze Speciali russe e bielorusse. Uno degli attentatori catturati ha ammesso di essere arrivato dalla Turchia e di essere stato retribuito e arruolato da predicatori integralisti islamici. Passaporti Tagiki sono stati trovati nell’auto usata per la fuga dai terroristi arrestati nell’Oblast russo di Berdyansk: gli attentatori erano tutti stranieri di origine asiatica forse afghani e tagiki. L’Isis K, branca asiatica del Jihadismo, ha formalmente rivendicato l’attacco contro una moltitudine di Cristiani. Al riguardo dispiace constatare che, a mille anni dalle Crociate a Gerusalemme, a 500 anni dalle scorrerie arabe nel Mediterraneo, con la strage di Otranto, a venti anni dalla seconda guerra in Cecenia dei russi, nulla sembra essere cambiato, l’odio fratricida di tutti contro tutti, l’odio tra religioni, il massacro perenne fra popoli che credono in un unico Dio monoteista : Ebrei, Islamici,Cristiani, continua. La conversione forzata, l’ossessione degli Infedeli, la lotta sfenata per creare Califfati e zone integraliste continua. Addirittura l’Isis K è in lotta contro il governo Talebano Afghano e contro i governi Islamici di Pakistan e ex Repubbliche sovietiche Caucasiche.

Si aggiunge a questo la diatriba secolare fra Sunniti e Sciiti che ricorda quella antica e superata fra Protestanti e Cattolici e quella in corso in Ucraina tra Ortodossi di Kiev e di Mosca. Anche tra gli ebrei esistevano suddivisioni ma non di contrapposizione quanto di zona geografica fra Askenaziti e altre culture ebraiche. Dunque a fronte della ennesima tragedia che segue stragi analoghe in Iran, in Afghanistan, rimane aperto il problema non,banalmente, della repressiome del terrorismo ma del come mettere pace tra le religioni e tra le civiltà. Non si tratta di reprimere ma di comprendere: comprendere che la lotta tra Oriente e Occidente, tra mondo Cristiano e Islamico, tra Nord e Sud del mondo, non si risolve con ulteriori guerre, massacri e persecuzioni, ma restituendo alle religioni, oltre gli integralismi, il loro senso di umanità originario, presente non nel fondamentalismo ma nei fondamenti, sia dell’Islam, che del Cristianesimo, che dell’Ebraismo. Il messaggio di Gesù, del Profeta Islamico e del Dio Ebreo è un messaggio di pace, fraternità e libertà, non di violenza, di integralismo e di conversione violenta. Comprendere che l’azione di terrorismo in stile neomilitare a Mosca non nasce solo dalla guerra dei russi, più o meno Cristiani, contro gli integralisti islamici nell’Africa SubSaheliana, in Siria, in Cecenia, in Afghanistam e nelle repubbliche caucasiche postsovietiche: nasce come vendetta diretta nello stesso giorno per i tanti miliziani di Hamas colpiti a Gaza dall’esercito Israeliano in uno scontro a Gaza e per il responso di ieri, nel Consiglio di Sicurezza Onu, col voto polemico e autolesionista, di Russia e Cina, contro la proposta occidentale americana di tregua a Gaza. Voto che ha toccato e infranto la linea rossa di Hamas sulla tregua provocando una risposta coordinata fra Isis K e Hamas. Al riguardo proprio oggi il Segretario Onu Gutierres ha dichiarato che la tregua a Gaza è indifferibile e indispensabile subito: due milioni di Palestinesi civili sono a rischio. Il mondo islamico è pieno d’ira verso Nethanyau basti pensare alllo sfogo del Presidente turco Erdogan di ieri contro Nethanyau per il quale invoca la vendetta divina. La strage di Mosca inoltre nasce come vendetta Islamica sui civili russi, vendetta contro le infinite e disumane stragi a Gaza, che durano da 5 mesi,di Palestinesi civili: donne, bambini, vecchi, malati, operate in modo del tutto asimmetrico, rispetto aimassacri di Hamas del 7 ottobre, dal governo estremista di Nethanyau.

Non possono esistere vittime di serie A e di serie B: come le vitttime russe e ucraine, della guerra, meritano uguale rispetto umano, e appunto, interreligioso, oltre che laico, così le vittime palestinesi e ebraiche non possono considerarsi differenti, oltre le religioni, la politica, gli interessi finanziari e le egemonie di matrice militare, esiste un’unica specie, quella umana. Le stragi in Europa del terrorismo islamico di anni fa furono precedute dai bombardamenti indiscriminati americani e europei e israeliani sui civili di etnia Islamica e su quelli afghani e iraqueni e siriani e libanesi…Oggi, in conseguenza, accade lo stesso e le stragi di Palestinesi causano direttamente le stragi in Europa. Non è più tempo per usare la legge del Taglione dell’occhio per occhio, dente per dente, ma per riprendere e ampliare il dialogo tra le civiltà, che non può non passare da una rinuncia all’idea folle di un califfato mondiale o europeo e di una Sharia universale, e non può non passare, dall’altra parte, dal rispetto di tutti gli arabi, di tutti i Palestinesi civili e della religione e cultura Islamica. Ma prima ancora dal rispetto di donne, bambini, malati, che a Mosca come a Gaza, in Europa come in Iraq e Siria, non sono oggetti da distruggere ma esseri umani e anime, in senso teologico, da rispettare e amare. Non esistono gli occidentali e gli asiatici, gli europei e i medioorientali e gli africani, se non per il Velo di Iside della strumentalizzazione di civiltà e religioni e popoli, al servizio di una globalizzazione della violenza e della guerra. L’odio distruggerà il pianeta, il dialogo, nel rispetto reciproco, lo salverà.

*Filosofo 

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Speciale Ucraina. L’intervista del Notiziario al prof. Leonardo Dini, il filosofo in zona di guerra

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