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di Felice D’Ambra.

Lipari & “Turi Alivu” il Mattatore di Marina Corta.
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Leggendo la bellissima poesia dell’amico Nello Raffaele, pubblicata su Notiziario Eolie online di Bartolino Leone, che ha vissuto mezzo secolo e oltre di pura storia fotografica Eoliana e non solo, senza volerlo, mi ha catapultato in un ritorno al passato a ricordate quell’autentico personaggio di Marina Corta, comunemente chiamato “Turi Alivu”.

Il territorio dell’Arcipelago Eoliano non era ancora assurto a “Patrimonio Mondiale Umanità Unesco”. Il turismo era agli albori, pochi ma buoni, oggi mordi e fuggi e medio basso, tranne che a Panarea, considerata l’Isola elitaria per eccellenza. Allora anche se non fa testo, fra i frequentatori turisti  c’erano anche i confinati, e l’economia era basata sull’industria della pomice ed anche dall’economia locale, condotta dalle micro imprese.

Erano i primi, anni del novecento e anche subito dopo la prima e seconda guerra mondiale, quando si ebbe la grande emigrazione di numerose famiglie di pescatori provenienti dalla magnifica Riviera dei Ciclopi, trascritta nell’Odissea dall’ Poeta Omero: Acireale, Acitrezza Aci Castello, Aci Sant’Antonio. Gli acitani di allora, grandi pescatori, avevano appresero sin dai tempi remoti che il mare delle Isole Eolie, era il più pescoso della “Magna Grecia” e Mediterraneo.

Uniti in gruppi di famiglie, si organizzarono e decisero di abbandonare i loro paesi. Esperti di mare e con grosse barche colorate a festa, cariche di attrezzi e delle poche cose e senza mai voltarsi indietro, solcarono la costa del Tirreno, verso lo Stretto di Scilla e Cariddi. 

Dopo il Capo di Milazzo, puntarono la prua dritta sulle Eolie, sbarcando a Marina Corta e sulla spiaggia di Portinenti. Essi furono ben accettati dai liparoti, e s’insediarono nel rione chiamato “Sup'a terra”, quasi abbandonato. Famiglie come: i Greco, Costanzo, Puglisi e tanti altri, lì crearono il loro mondo, il luogo ideale, esclusivo, dove, elessero la loro residenza., continuando il loro modo di vivere.

Oggi quel lembo di terra di vecchie case basse di pietra, grazie a loro, è irriconoscibile poiché dalle ceneri di quelle case rase al suolo, nacquero bellissime ville, dimore moderne, confortevoli, piazzette, giardini fioriti e murales. Una nuova località tanto bella, che riesce ad affascinare, visitatori e turisti che la visitano come un antico importante sito turistico.

Tanti erano a quei tempi i personaggi che popolavano Marina Corta, punta di diamante e cuore pulsante dell’economia locale, anche se non è mai stata come si dice “Il Salotto di Lipari”.

 Un luogo incantevole, un piccolo paradiso affacciato sul mare, fiore all’occhiello soltanto per i visitatori che sanno apprezzare più dei locali, ciò che è, veramente fascinoso ed esclusivo.

Tra questi uomini bruciati dal sole e dalla salsedine, dediti alla pesca, a cucire le reti, gli attrezzi della loro sopravvivenza, come le barche che durante le tante burrasche, erano tirate a secco sulla piazza; che faceva da cartolina e cornice folclorica, spiccavano tante figure che hanno fatto la storia di Marina Corta.

Ma, fra queste persone di Marina Corta, spiccava in modo espressivo, una figura, stravagante  carismatica, al tempo stesso, quella di un pescatore solitario. Uno strano individuo, anche lui venuto giovanissimo dal mare di Acireale, che si faceva chiamare col nomignolo di “Turi Alivu”. Un personaggio particolare, estroverso, che senza volerlo, sarebbe potuto nascere dalla penna del grande Giovanni Verga, scrittore del romanzo “I Malavoglia” che racconta le vicissitudini catastrofiche di una povera e disgraziata famiglia di pescatori di Acitrezza. 

Dal tragico romanzo “ I Malavoglia” di Giovanni Verga, il “Grande Regista” Luchino Visconti ha fiutato la grande opera e ne ha tratto un film veritiero dal titolo “La Terra Trema”, dove gli interpreti e forse anche Turi Alivu hanno avuto una parte in questo film eccezionale. Quasi tutte le scene cinematografiche furono girate ad Acitrezza e dintorni, era interamente parlato in dialetto siciliano di quei posti, e fu presentato per la prima volta a Parigi.

Il film Ebbe un grande successo, soprattutto  per l’autenticità, crudezza delle scene e il tipico linguaggio del luogo. Turi Alivu era un uomo fiero, sicuro di se, era e si sentiva anche, uno dei più abili pescatori di Lipari. Egli era anche un affabile“Cicerone” e come un autentico condottiero, egli si sentiva anche il “principe” di Marina Corta, quasi come Don Fabrizio Corbera, il vero Principe di Salina, il personaggio storico e figura autobiografica del “Gattopardo”, famoso romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ricordo ancora con nostalgia quel passato, quando noi ragazzi di Marina Corta: Gilormino Casali, Stefano Russo, Vittorio Restuccia, Felicino Monte, Angelino D’Ambra, Bruno Persiani, Giovanni Travia, Luigi Pastore, Gianni Merlino, Antonio Bernardi, Bartolo Merrina, Benito Mirabito, Salvatore dalla Chiesa, Carmelino Salmieri e tanti altri, lo vedevamo passeggiare con aria sorniona e con sempre la testa coperta dal berretto di lana azzurro sbiadito, anche se eravamo in piena estate.

Noi tutti ragazzi eravamo incuriositi da questo strano personaggio, che col suo modo di fare, quasi come un attore dell’allora Compagnia teatrale di Angelo Musco, attore “purosangue” catanese  che fu definito il genio mondiale della comicità. Egli si faceva chiamare da tutti e tutti lo conoscevano come “Turi Alivu”. Per Marina Corta e non solo, egli era un autentico personaggio, che usava sempre dire: “Sugnu ‘nciuriatu Turi Alivu e a mia mi piaci”. U cunfinatu ca si chiamava Curziu Succhiti, giornalista impurtanti e uomu di pinna, era ‘nciuriatu Curziu Malaparti e si firmava accussi puru “inti” e libri ca scrissi”.

Egli fra gli altri pescatori di supa a terra e non solo, era unico, stravagante, di solito era sempre scalzo, inquieto, sognante che come “Cicerone” e come un attore della commedia pirandelliana. Ma, nonostante questo suo modo di fare, Turi Alivu era una gran brava persona, sempre disponibile anche se, spesso urlava come un forsennato, ma in fondo, lui voleva bene a tutti e tutti gli volevano bene, soprattutto quando interpretava canzoni napoletane e opere liriche, con la sua voce incantava tutti, e tutti l’ascoltavano in assoluto silenzio, come “l’Idolo di Marina Corta” e di Piedigrotta.

Turi Alivu remando come un matto e in tutta segretezza, andava a pescare sulla costa ionica calabrese, a Brancaleone, dove egli, accompagnato solo dai suoi inseparabili attrezzi del mestiere”  “specchio e fiocina”; restava a pescare quasi due giorni. Quando al ritorno a Lipari  si fermava sulla banchina di  Marina Corta, gongolante come un fanciullone” e come da trionfatore, mostrava con orgoglio a tutti la sua barca carica del pescato. I pescatori meravigliati, ignoravano, dove andasse a pescare e come facesse con il solo specchio e fiocina, a prendere tanto pesce.

Nonostante la sua grande forza di pescatore incallito ma, uomo di fede, Turi Alivu usava recarsi a ringraziare San Bartolo Protettore. Poi seduto sugli scalini, ai piedi della statua, stremato, si assopiva, mentre sulla sua testa sempre coperta dal berretto azzurro sbiadito, fra grandi occhi da bambino sognante, sulla sua faccia olivastra, appariva, un lungo solco, come una specie di sorriso beato. I suoi occhi castani stranamente chiari in un viso la cui pelle olivastra e i suoi lineamenti, degni di un nobile saraceno d’altri tempi, avrebbero potuto accendere l’estro artistico di un pittore dell’antica Pompei. 

Il giovane Turi Alivu che isolano di Lipari non era, se non per adozione, era una delle figure più caratteristiche dell’Arcipelago Eoliano. Erano molti i turisti e soprattutto turiste affascinati dal folcloristico personaggio che desideravano incontrarlo a Marina Corta, davanti ai Bar Il Gabbiano du ‘zù Minicu Ziinu, al Pescatore di Teresa e Federico Finocchiaro,e davanti alla chiesa di San Pietro, davanti al Bar di Angelo Sardella, rinomato per le sue impareggiabili granite, e anche per chiacchierare con lui, il mitico Turi Alivu; che come ogni mattina usava sorseggiare mezzo bicchiere di birra, per darsi che la carica di grande anfitrione, e con fare allegorico a raccontare la sua storia di pescatore e soprattutto grande fiocinatore e amante della musica.

Di mestiere faceva il pescatore come centinaia di suoi paesani, ma egli era un caso unico, poiché Turi Alivu era veramente un pescatore di classe, e non solo, se si pensa che con il suo specchio, tenuto con la mano sinistra e usare la fiocina con la mano destra, mentre il suo corpo immerso nell’acqua, era totalmente appeso alla barca solo con i piedi. Incredibile ma vero, Turi Alivu con la fiocina era ineguagliabile, tanto bravo da essere persino odiato dagli altri pescatori. Era terribilmente geloso della sua fiocina, ed era tanta la paura che gliela potessero rovinare, che durante la notte se la portava persino a letto. Di fatto Turi Alivu, all’Anagrafe era Salvatore Di Mauro, e, forse non tutti sanno che il suo cognome, apparteneva anche alla moglie dello scrittore Giovanni Verga, anche se lui era fiero di essere conosciuto più col soprannome, che col suon nome anagrafico.

Turi Alivu paragonando il suo caso a quello di Curt Erich Suekert, noto nel mondo letterario con lo pseudonimo di Curzio Malaparte, considerava il suo soprannome come un nome d’arte. L’aggiunta del titolo di zio “zù”, quando la parola precede un nome proprio – sta a indicare il rispetto con cui gli si rivolge la parola, soprattutto per noi ragazzi di Marina Corta, abituati all’educazione e a portare rispetto ai genitori parenti, adulti e son solo. Alivu nel dialetto di Lipari e in quelli di gran parte della Sicilia, significa “ulivo”, e l’ulivo, fin dall’antichità, è presente nella simbologia e nei miti della preistoria, L’ulivo è la pianta Mediterranea più antica per eccellenza, oltre ad essere oggi emblema di forza, fede,è anche, un ramoscello di pace. Nell’antica Grecia era considerata una pianta sacra al punto che chiunque fosse sorpreso a danneggiarla, era punito con l’esilio. Anche Omero nei suoi poemi citò l’ulivo e lo assurse a simbolo di pace e di vita.

Non ci sarebbe da stupirsi, se si apprendesse che proprio “u zù Turi Alivu, avesse suggerito a Romano Prodi, il ramoscello d’ulivo, designato per il suo rampante raggruppamento politico. Fra l’altro il Professore era un assiduo frequentatore dell’Isola di Panarea e del famoso “Ristorante Da Pina” che recentemente ha scritto che egli era sempre un ospite fisso, come tanti altri politici, di passaggio. Secondo il mio parere credo che nessuno abbia ancora oggi, dimenticato che egli sia stato l’autore della funesta entrata in vigore del caro "Euro", che ha dimezzato e ridotto in povertà le popolazioni del nostro “Bel Paese”.

Robusto anche quando aveva un’ottantina d’anni; Turi Alivu era un uomo che si direbbe scolpito nel bronzo e il colore dei suoi occhi castani stranamente chiari in un viso la cui pelle ricorda quella di un nobile saraceno d’altri tempi, mentre i suoi lineamenti avrebbero potuto accendere l’estro artistico di un pittore dell’antica Pompei.. I risultati delle sue giornate di pesca sono rimasti memorabili nella mente dei rigattieri di allora e degli imprenditori della Ristorazione: Trattoria Da Bartolo, Ristorante Filippino, Ristorante Al Pescatore, E Pulera, Al Pirata e non solo, che facevano incetta del suo pescato. 

Erano i tempi di quando il turismo era un’altra cosa, anche se a Lipari c’erano solo pochi alberghi: Carasco, Meligunis, Augustus, Locanda Salina, l’Hotel Europeo e della Regione. Turi Alivu inoltre possedeva doti canore paragonabili a quelle voci dei più famosi cantanti partenopei dell'epoca d’oro che partecipavano al Festival della canzone napoletana di Piedigrotta, hanno fatto di lui, che isolano di Lipari non era, se non per adozione, una delle figure più caratteristiche dell’Arcipelago Eoliano. 

Erano molti i turisti e soprattutto forestiere, amanti del folclore che incontravano a Marina Corta, davanti ai Bar Il Gabbiano di ‘Minicu Ziinu, Al Pescatore di Teresa e Federico Finocchiaro e non solo. Come accadeva spesso Turi Alivu sostava anche davanti alla chiesa di San Pietro, al Bar di Angelo Sardella, rinomato per le sue impareggiabili granite, e come ogni mattina usava sorseggiare mezzo bicchiere di birra che le dava la carica di grande anfitrione, e raccontare la sua storia di pescatore e soprattutto di fiocinatore.

Turi Alivu narrava spesso che nei giorni di festa, calzava un paio di scarpe imbottite di stoffa, che sua madre gli aveva fatto confezionare molti anni prima, di dimensioni enormi, perché potessero essere usate anche quando con l’avanzarsi dell’età, i piedi gli si sarebbero allungati e ingrossati.

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