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“Il caso Ciancio” è il titolo del libro pubblicato di Enzo Basso, il famoso giornalista siciliano. 

Un giornalista smaliziato che già minorenne bazzicava le redazioni delle testate a Milano, racconta le vicende umane e giudiziarie del più importante editore del Sud. Dopo cinque anni di indagini incrociate, il 12 novembre del 2012 la Procura di Catania, chiede l’archiviazione dell’inchiesta che vede l’editore indagato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La decisione non convince il giudice dell’udienza preliminare che chiede un ulteriore supplemento di indagini. Inizia così un valzer giudiziario ancora in corso. Il primo giugno 2017 dal tribunale di Catania il rinvio a giudizio. Il 20 settembre 2018 la sezione misure di prevenzione del foro etneo, dichiara Mario Ciancio “socialmente pericoloso”e confisca il patrimonio stimato 150 milioni di euro.

Uno choc per i catanesi, un terremoto per il mondo della carta stampata considerando che l’ex presidente della Federazione degli editori controlla “La Sicilia” di Catania, “Gazzetta del Mezzogiorno” a Bari,  ha partecipazioni negli altri due quotidiani siciliani “Giornale di Sicilia” e “Gazzetta del Sud”.  Il libro di Basso parte proprio da questo evento, ripercorrendo in maniera puntuale le tappe di una inchiesta lunga dodici anni , caratterizzata da un bizzarro tennis da tavolo di provvedimenti giudiziari che annullano e fanno riaprire indagini su un fronte lungo mezzo secolo.

La questione amletica è una: l’impero dell’editore etneo è stato realizzato con il contributo della mafia o grazie all’intuito di un imprenditore protagonista di una clamorosa ascesa nel pantheon dell’economia italiana? Già perché Mario Ciancio è stato un uomo tra i più importanti della nostra nazione, al punto tale da essere stato scelto dai servizi segreti britannici come ospite dei  principi del Galles. Così il 30 aprile 1985, Carlo e Diana  nella tenuta “ Il Cardinale” si destreggiano a meraviglia davanti ad un buffet a base di pasta con le sarde, maccheroni alla Norma e  spiedini di carne avvolti in foglie di limone . Il principe ammira il giardino che profuma di gelsomini , la principessa in tailleur rosa e scarpe bianche, riceve in dono da un contadino un fiore di zagara, Mario e Valeria Ciancio impeccabili padroni di casa.  Enzo Basso racconta con tatto e destrezza le vicende umane, le peculiarità caratteriali intrecciandole con le traversie legali, passando dalla passione di Ciancio per l’archeologia ai “quattro o più… pentiti per strada”. Il giornalista narra i fatti che scaturiscono dalle carte processuali rendendoli comprensibili grazie alla sua conoscenza dei meccanismi che muovono cose e persone.

L’ironia di Basso nel “Caso Ciancio” fa riflettere,  così come la sua considerazione finale : “ Oggi la lotta alla mafia passa anche e soprattutto dalla certezza del diritto. C’è bisogno di un giudizio sereno e scevro da condizionamenti e veleni. Il verdetto di un tribunale terzo servirà anche a questo. Poi ci saranno comunque altri due gradi di giudizio, se necessario. Ma si partirà da dati certi. Non falsati da contrapposizioni, come oggi. Il rischio di chiusura dei giornali, così diversi tra loro, come è successo già per “Centonove” e come è opportuno non succeda per “La Sicilia” e “Gazzetta del Mezzogiorno”nelle democrazie compiute, si scongiura anche così. Con le ragioni del diritto. Per un delitto già avvenuto, con il bollo dello Stato, evitiamo se ne aggiunga ora un altro. Nella stessa direzione.”(tempostretto.it)

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