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di Ennio Fiocco

La fune della salvezza.

Nell'età dei Lumi sono state poste le basi per un concetto moderno ed europeo del sapere che ha oltrepassato i confini politici e geografici creando uno stile proprio avanguardistico, tanto che gli autori settecenteschi hanno ricostruito con la scrittura e il viaggio una propria personalità letteraria incontrando nuovi mondi fisici e ideali. In questo contesto si inserisce lo scienziato Lazzaro Spallanzani (1729 + 1799), biologo e fisiologo, che si interessò di geologia, mineralogia, chimica e fisica ed ebbe una grande preparazione letteraria. Gli intellettuali del tempo lo descrivono come un abate coltissimo, dedito alla ricerca, alle collezioni del suo museo e ai viaggi scientifici. Una delle sue famose opere è “Viaggi alle Due Sicilie e in alcune parti dell’Appennino”. Il viaggio nel Sud inizia nel 1788 con l'arrivo a Napoli e poi con un bastimento francese si dirige a Messina.

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Per lo scienziato la natura rappresenta (come afferma S. De Giorgi in Natura Società Letteratura, Atti del XXII Congresso dell’ADI anno 2018) una “officina scientifica”, mentre “l’oggetto da esaminare sono i fenomeni dell’ambiente, tra cui gli spazi marini ricchi di esseri ancora sconosciuti, le montagne, sulle quali è possibile leggere i segni del tempo e i vulcani, immense fucine di lava” e “la natura dei luoghi visitati diviene anche fonte di emozioni... il turbamento dinanzi alla potenza di una natura sublime”. Afferma Piero Gribaudi in una pubblicazione del 1930 che “Pur studiando in particolar modo i fenomeni naturali, egli non trascurò nelle sue perenigrazioni l'osservazione dei fenomeni umani, ed alla descrizione fisica delle isole Eolie aggiunge pagine interessantissime sulla loro popolazione.

“L'indole ed i costumi di quegli abitanti, scrive Spallanzani, la loro popolazione, l'agricoltura, il commercio, e gli altri rami d'industria, erano oggetti da non lasciare senza disamina e tanto di più notevoli d'esser notati e descritti da un Italiano, quanto che meno alla sua nazione sono cogniti”. Quando arriva alle Eolie prenderà “stanza a Lipari, dove fa frequenti gite nelle altre isole vicine. Particolarmente notevole fu l'esplorazione da lui compiuta il 13 settembre 1788 del cratere di Vulcano: solo un ardito calabrese, relegato in quell'isola per delitto commesso a Napoli, osò, dietro promessa di largo premio, accompagnare il grande naturalista in questa sua pericolosa escursione.

Anche lo Stromboli è attentamente studiato e descritto, e non manca di esplorare i minori scogli di Basiluzzo e Panaria, e di portarsi in barca fino alle lontane Filicudi ed Alicudi scampando per miracolo dal pericolo di essere travolto da una tempesta, mentre cercava di approdare in quest'ultima isola”. Con questa mia ulteriore pubblicazione intendo approfondire la parte “letteraria” degli scritti e l'aspetto umano di una società non certo facile a causa della forte insularità.

“Il giorno 13 di ottobre, spuntato appena il sole, partii per Alicuda, valendomi di una barchetta a quattro remi, il cui timoniere era il Parroco di Felicuda, uomo che nella sua Isola era in fama di prode marinajo. Un discreto levante...ci conduceva dirittamente verso la prefissa meta...Ma fatta appena la metà del cammino il vento cominciò a rinforzare, e a caricar troppo gagliardo: cosicché pericoloso essendo il tenere l'intiera vela spiegata, convenne collarla a mezz'asta....Ma il soffiar del levante fatttosi anche più impetuoso, e spingendoci a tutta forza a fil diritto verso di Alicuda, alla quale eravam già dappresso ci metteva nel maggior rischio di naufragare....

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Intanto il mare cominciava a divenir fortunoso, e que' marosi, che a un naviglio d'alto bordo non avrebbero data gran pena, si rendevano formidabili al nostro, cavalcandolo or dall'un fianco all'altro...e il pericolo di perderci divenia sempre più imminente per accostarci ad ogni momento più all'Isola, a dispetto del continuo sforzo dei remi alla parte contraria...In questa disperata circostanza ecco apparirci cinque uomini, che con piè frettoloso discendendo da Alicuda avviansi verso di noi, e in pochissimo d'ora giungono alla spiaggia, uno de' quali con voce altissima che si fa udire attraverso il fragore dell'onde agitate, ci avvisa a non ismarrire, e a cercare di star fermi ivi stesso dove eravamo, ch'egli impiegherà tutta l'opera sua per tentare di trarci dalla traversia del mare, e metterci in salvo.

Questi era...il Parroco di Alicuda, che veduta da lungi la gravezza del periglio nostro, accorso era con quattro de' suoi Isolani, premurosissimo...di liberarci da quelle ambasce. Aveva egli...una robusta carrucola, che fissata sul lido ricever doveva nella sua scanalatura una fune, la quale a gran forza tirata a se dagli uomini...Noi intanto a 15 piedi circa da terra coll'incessante remigare si faceva ogni sforzo per non avvicinarvisi di più.

Era però necessario per non affondare il liberar con pale la barca continuamente dall'acqua...Una fune...in rotolo avvolta, e in una estremità tenuta stretta da un marinajo si lancia a tutto potere alla spiaggia: e dopo l'averla due o tre volte inutilmente lanciata, viene finalmente presa da uno degli accorsi Isolani...tirata subitamente dai cinque Isolani la corda, siamo con la barca in un baleno portati sul piano inclinato...lo zelante caritatevole Parroco si batte con la mano la fronte, e la costernazione nostra fu estrema...ajutati a discendere a terra dal buon Parroco, e da que' suoi Diocesani, a cui sentirò grazie, e riconoscenza finché avrò spirito e vita. Inoltre col più vivo sentimento di tenerezza, e di ospitalità egli ci accolse; e presentata...una lettera circolare del Vescovo di Lipari, che caldamente mi raccomandava...di prestarmi le maggiori assistenze nelle filosofiche mie ricerche durante il mio soggiorno in quell'Isole, raddoppiò le sue premure per me...

Innanzi la metà del mattino approdammo...ma per l'abbattimento sofferto non mi trovai in voglia di far nulla nel restante di quel giorno, che anzi la...notte dormj dentro la barca tirata già sopra il lido, nella quale il mio liberatore (che così chiamar posso il Parroco di quest'Jsola ) aveva fatto mettere un materasso, è al di sopra coprirla d'una tela, per guarentirmi dalla notturna umidità, giacché per me allora troppo faticoso stato sarebbe l'ascendere fino alla sua abitazione situata al di sopra la metà dell'altezza dell'Isola.

Volle anche generosamente farmi partecipe di quanto poteva concedergli la sua frugal mensa pure di qualche bottiglia della dilicata e spiritosa malvasia di Lipari, che mi confortò, richiamando gli abbattuti miei spiriti al primiero vigore”. Molto interessante è lo scritto dello Spallanzani, che appare accurato, ricco di notizie e implementato da da una vena, oserei dire, quasi letteraria, dove le emozioni si mescolano con i momenti difficili della tempesta in atto e dove emerge la figura del Liberatore che lo ha messo in salvo.

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