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di Alessio Pracanica

IL LUNGO ADDIO DELL'OSPEDALE DI LIPARI

Nei giorni scorsi, il megadirettoregenerale dell'azienda sanitaria di Messina ha deciso di accorpare i reparti di medicina, chirurgia, pediatria e ostetricia dell'Ospedale di Lipari.
Decisione quantomeno bizzarra, che porrebbe, per esempio, un bambino con la rosolia a contatto con una partoriente o un malato di polmonite accanto a un paziente operato all'addome.
Senza dimenticare che la gestione, anche psicologica, di determinate categorie di pazienti, come i neonati o gli anziani allettati, necessita di personale esperto.

Situazioni che normalmente, non troverebbero posto nemmeno negli incubi di un no vax ubriaco.
Ma che invece il supermanager dell'azienda sanitaria di Messina considera ovvie e normali. In nome di una sanità più economica e di un'economia più giusta.
Portando come giustificazione "la carenza di personale". Come se le assunzioni all'ospedale di Lipari, dipendessero dal Congo Belga o dal Principato di Ruritania e non da quella stessa azienda da lui diretta.
Allo stesso modo, lui e i suoi predecessori hanno considerato normale in tutti questi anni, in nome del risparmio, spendere centinaia di migliaia di euro per trasferimenti elicotteristici dall'isola verso la terraferma, che sarebbero stati evitabili assumendo qualche specialista (ortopedici, ginecologi) in pianta stabile.

Allo stesso modo, l'azienda ha sempre adottato la simpatica politica di trattare a pesci in faccia quei pochi che, amando quest'isola, erano disposti a viverci e sacrificarsi, magari facendo turni di 48 o 72 ore (com'è più volte successo al sottoscritto). Colmando invece di coccole i raccomandati di ferro che arrivavano a Lipari per qualche mese, in attesa di trasferimento verso altro, più prestigioso incarico.

A scanso di equivoci, quanto dico non è mosso da interessi personali. Avendo scelto, da sempre, di anteporre la mia dignità personale allo stipendio e alla carriera, ho lasciato l'ospedale nel 2011.
La decisione del direttoremegagalattico dunque, si inserisce in un percorso che dura da molti anni. Un meccanismo molto semplice, volto a depotenziare sempre più l'ospedale, sminuendone la valenza e l'efficacia agli occhi dei cittadini, per poterne poi effettuare indisturbati la tanto sospirata chiusura.

Perché quello sarà il destino dell'ospedale di Lipari. Essere chiuso, prima o poi. A malincuore, si capisce. Con l'occhio triste e l'animo addolorato, ma millantando le ricadute e i vantaggi ricavati da sì sofferto sacrificio.
Non ci illudiamo. Domani toccherà a Lipari, ma dopodomani potrebbe essere il turno di Barcellona, Patti, Milazzo, Mistretta...
Chissà.
Perché nella regione in cui una siringa costa il 20% in più rispetto al Veneto, dove nella sola Enna si spendono 56 milioni di euro l'anno per i pannoloni, dove si trova più economico far viaggiare decine di volte un elicottero, che assumere un ortopedico, l'unica cosa su cui si può davvero risparmiare è la nostra salute.

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20 DICEMBRE 2020

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