Dopo Francesco Toldo e Claudio Marchisio in arrivo Leo Messi.
Naviga intorno alle acque di Capri il «Givi», il lussuoso yacht di 60 metri con a bordo l'attaccante del Barcellona e capitano della nazionale argentina Lionel Messi. Ieri sera sosta a sorpresa al porto turistico di Capri per lo yacht: Leo Messi e famiglia che, dopo aver visitato il borgo marinaro di Marina Grande, hanno proseguito la serata nella movida caprese. Il «Givi» ha lasciato il porto questa mattina poco dopo le 8 per un'escursione nelle acque dell'isola ma il comandante ha riconfermato l'ormeggio al direttore tecnico anche per la prossima notte, ultima tappa nel golfo di Napoli prima di continuare per le Eolie. A pochi metri dal «Givi» era ormeggiato ieri sera anche il Pershing «Angel and demons» del Pocho Ezequiel Lavezzi. A bordo ci sono solo alcuni amici di Lavezzi, ma non il calciatore che, contattato telefonicamente da Armando Fiorentino, uno dei responsabili tecnici del porto turistico di Capri, si è detto rammaricato di non poter essere a Capri con il compagno Leo Messi. Messi è giunto in Italia ieri con un volo privato all'aeroporto di Salerno-Pontecagnano, smentendo quanto riportato da alcuni siti spagnoli che lo davano già a Barcellona. Si ipotizzava una sua sosta in costiera amalfitana, invece il campione ha preso tutti in contropiede scegliendo di partire via mare per Capri (Corriere.it).
----A Marina Lunga si è ormeggiato "GiVi", di 60 metri.
di Alex D'Agosta
Eleganza, lusso, ma soprattutto benessere a bordo: sono queste le pietre angolari di ogni nuovo progetto dei cantieri "Crn" di Ancona, che ha varato il superyacht che ha fatto molto parlare di sé per la particolare cura che riserva all'armatore e ai suoi ospiti.
Questa splendida nave da diporto, è la realizzazione numero 120 dal cantiere anconetano e si distingue non solo per le dotazioni interne, ma anche per caratteristiche prettamente nautiche: 10 mila miglia di autonomia, tante per attraverso l'Atlantico e far ritorno, sono da sé la "spia" di tutta una serie di accorgimenti che consentono di sfruttare questo yacht per lunghissimi periodi in totale indipendenza da terra.
Vi sono cinque cabine vip con bagno in marmo e pavimenti alla genovese, e nel ponte più alto il "soggiorno" è formato da un sistema di attività organizzato su quattro spazi dedicati a funzioni specifiche.
Gli intrattenimenti più particolari sono organizzati in una Spa, con sala massaggi e bagno turco realizzati da Starpool e una palestra attrezzata da Technogym. Ma non solo: sul sundeck si trova una grande vasca Jacuzzi con cromoterapia, il massimo del romanticismo e del relax durante la navigazione notturna, e la "sala gioco" panoramica con vetrate tonde apribili.
Nonostante la grande autonomia, non mancano le possibilità di pubbliche relazioni quando si è in porto, grazie a una super accessoriata cucina progettata da Ernesto Meda, che è come un grande laboratorio di altissimo livello, dalla capacità adeguata a realizzare banchetti per 70 persone.
Un ultimo tocco di classe, che rimarca l'appartenenza al gruppo Ferretti, è nel garage di poppa, dove si trova un tender di assoluta eccezione: si tratta un Riva "shuttle", un prototipo da 9,5 metri che deriva dalla linea Sunriva.
CHI E' IL PROPRIETARIO.
Filippo Astone per "Il Mondo"
Per alcuni, quelli che guardano soprattutto all'aspetto esteriore della ricchezza, Gabriele Volpi è una specie di Roman Abramovich italiano, un supericco del quale fino a oggi si è saputo poco e che gira armato di uno yacht di 60 metri (quello del magnate russo è di 120 metri). Per gli intellettuali capitanati da Giulia Maria Crespi e Renzo Piano, che lo detestano da quando i gestori di una parte del suo patrimonio hanno proposto un progetto immobiliare a Santa Margherita Ligure, Volpi è uno stupratore delle coste liguri. Per alcuni blogger addirittura l'incarnazione di tutti i mali del mondo, dallo schiavismo al traffico di armi. Forse addirittura amico del banchiere da crack Giampiero Fiorani, che si è presentato in tribuna alla prima partita della Pro Recco (principale squadra italiana di pallanuoto) gestita e posseduta da Volpi. Per molti altri, infine, Gabriele Volpi, è soprattutto un ricco imprenditore: il giro d'affari della Intels, la sua azienda di logistica petrolifera che dà lavoro a 15 mila addetti, è intorno all'1,4 miliardi di dollari, e il patrimonio personale di cui si favoleggia è di qualche centinaio di milioni, gestito da vari trust. Eppure di lui si sa poco. Per chi lo conosce bene in Liguria è il classico esempio di uomo che, partito dal niente e spaccandosi la schiena, ha fatto fortuna. E ora, giustamente se la gode, con il suo yacht battezzato Givi e con il mecenatismo sportivo. Ma chi è veramente Gabriele Volpi? Per lui, come per tutti, non esiste una risposta definitiva. Il Mondo, per la prima volta ha però raccolto la versione di Volpi. Quella che segue è infatti la prima intervista a 360 gradi che l'imprenditore di origine ligure ha concesso per raccontare la sua controversa storia, l'origine delle sue ricchezze e le sue strategie di business.
Domanda. Iniziamo con le sue amicizie. Alcuni hanno scritto che Giampiero Fiorani lavora per lei. È vero? È un suo amico?
Risposta. Nel 1965 mi sono trasferito a Lodi per ragioni di lavoro e lì sono rimasto per dieci anni, alle dipendenze della Carlo Erba dal 1967, come propagandista medico. Sono sempre stato un grande appassionato di pallanuoto, avendo giocato nella Pro Recco, e mi sono impegnato nella squadra locale, il Fanfulla, per tutto il tempo in cui ho vissuto nella cittadina, prima come giocatore e poi come allenatore della squadra.
In quel periodo ho conosciuto Fiorani, che all'epoca era un ragazzino, aveva 15 anni, appassionato di pallanuoto, e che io allenavo. Dopo quegli anni, non l'ho mai più rivisto. Fino a che, nel 2007, me lo ritrovo sugli spalti di una partita della Pro Recco Pallanuoto. Lo riconosco, lo saluto e lo incontro qualche volta. Tutto lì. E non l'ho più incontrato dopo.
D. Dunque, non è vero che Fiorani, come hanno scritto alcuni giornali, lavorerebbe per lei, magari in Africa.
R. Assolutamente no. Mi sembra una ipotesi assurda, lunare. In Italia ho solo due professionisti di estrema fiducia, noti per le loro competenze internazionali: il fiscalista, ovvero il professor Giulio Andreani, un supertecnico, e l'avvocato, Andrea Corradino, che è uno dei più apprezzati legali italiani, oltre che presidente di Carispezia. E poi ci vengo per trascorrere una parte delle vacanze e seguire qualche partita della mia amata Pro Recco e dello Spezia calcio, ahimè troppo poche.
In primo luogo, vorrei precisare che il progetto di ristrutturazione, ampliamento e rilancio del porto di Santa Margherita Ligure non è mio, ma della società Santa Benessere, che è amministrata da Gian Antonio Bandera. L'azionista di maggioranza della Santa Benessere è una società straniera che fa capo a un trust di diritto inglese, al quale diversi anni fa apportai buona parte del mio patrimonio, come settlor. Da allora non mi sono mai occupato di come il patrimonio è stato investito. Ci pensano i trustee, cioè i gestori del trust, che agiscono in piena autonomia, come gli amministratori delle loro società. Personalmente, devo dire che il progetto del nuovo porto e del centro benessere a me piace molto.
Ma se non si farà, non è un grosso cruccio. Per quanto mi risulta, vale meno del 5% degli investimenti del Trust, che in Italia non superano il 10% del totale. Penso che il nuovo porto sia una grande occasione per riqualificare Santa Margherita e creare qualche centinaio di nuovi posti di lavoro, e credo sia per questo motivo che un sondaggio del professor Renato Mannheimer ha rilevato come la maggioranza della popolazione sia assolutamente favorevole. Ma se non si farà, se vinceranno gli snob ai quali interessa solo la pace delle loro ville, per me non cambierà ovviamente nulla. Anzi, sa che le dico?
D. Che cosa?
R. Se fossi nei panni degli amministratori della Santa Benessere, pur di evitare tutte queste contestazioni, me ne tirerei fuori. Mi hanno riferito che invece Gian Antonio Bandera, l'amministratore delegato della società, si è dichiarato massimamente disponibile ad accettare qualunque proposta di miglioramento e di modifica. La sua porta è sempre aperta, lui è una persona che ascolta tutti. Ma se uno deve sopportare tutti questi attacchi, è meglio lasciar perdere. Tuttavia, mi consenta qualche osservazione, diciamo uno sfogo.
D. Prego...
R. Francamente, non mi spiego tutte queste opposizioni rispetto a un progetto come quello di Santa Benessere. Stiamo parlando di una iniziativa che creerebbe qualche centinaio di posti di lavoro, incrementando i redditi di tutti gli abitanti. In situazioni simili, come ad esempio a Varazze, il beneficio occupazionale si è puntualmente verificato. E a Santa Margherita di che cosa si preoccupano? Delle proteste di qualche radical-chic. Ma le sembra normale? Una situazione del genere fa emergere l'Italia come un Paese che scoraggia gli investimenti e dove per conservare i privilegi di pochi si penalizzano i legittimi interessi di molti e lo sviluppo.
D. Perché investe tanto nello sport? Secondo alcuni lei vorrebbe costruirsi benefici di immagine a vantaggio dei progetti di sviluppo immobiliare dei suoi amici?
R. A me lo sport piace. Le due società che ho deciso di sostenere, seppur da lontano, la Pro Recco e lo Spezia Calcio, godono di erogazioni per una parte davvero minima delle mie disponibilità. L'amore per lo sport nasce dalla mia storia personale con la Pro Recco. Avendo fatto un po' di fortuna personale con i miei affari, e trovandomi in una fase matura della vita nella quale si riflette e ci si può permettere di essere generosi, ho deciso di dare una mano ai giovani.
IL DELTA DEL NIGER
Per questo motivo sostengo la Pro Recco e trovo molto positivo che possa essere costruito, finalmente, un centro completo per la pallanuoto. Ma le pare possibile che la più grande squadra italiana di pallanuoto, nonché una delle maggiori in Europa, non abbia un palazzetto nel quale giocare le proprie partite in casa? Sia chiaro: non ne ho tratto né, tanto meno, ne trarrò dei benefici economici, non svolgo in Italia nessuna attività economica né ho ambizioni politiche. Comunque, le voglio dare una notizia...
D. Prego.
R. Recentemente ho lasciato gli incarichi operativi nelle due società sportive che ho deciso di sostenere: ho troppi impegni in Nigeria che non mi consentono di occuparmene a sufficienza. Per quanto riguarda la Pro Recco, il nuovo presidente sarà mio figlio Simone, affiancato da suo fratello Matteo come vice presidente e dall'amministratore delegato Pino Porzio. Per quanto riguarda lo Spezia Calcio, Matteo Volpi sarà presidente affiancato dai due vice Simone Volpi e Andrea Corradino e dall'amministratore delegato Beppe Spallenza. Gli amministratori delegati, che conoscono veramente bene il mondo dello sport, saranno naturalmente gli operativi.
D. Una fortuna rapida e veloce come la sua desta molti interrogativi. Chi è davvero Gabriele Volpi?
R. Guardi, per spiegarlo le racconterò il mio percorso professionale, che avevo già iniziato a narrare a proposito della domanda su Fiorani. Nel 1976 inizio a operare in Nigeria e in Angola. Le mie strade si incrociano con quelle del mio amico e conterraneo Gian Angelo Perrucci (ex presidente della Pro Recco, ndr), che operava come armatore. Anche io mi dedico anche alla logistica e ai trasporti.
Divento socio di Perrucci. E poi, nel 1981, mi metto in proprio. Mi avvicino al mondo nigeriano e alle sue autorità, e negli anni Ottanta inizio a occuparmi di logistica. All'epoca le perforazioni petrolifere non andavano oltre i 300 metri dalla costa. Io fui tra i primi ad avere l'intuizione, corroborata da adeguate indagini scientifiche, che presto si sarebbero spostate più in là, a 3 mila metri dalla costa. Pertanto, io e miei soci ci siamo adoperati per avere tempestivamente le concessioni in quattro porti: Lagos, Warry, Port Harcourt e Calabar. E le abbiamo ottenute. Dal 1993 a oggi il successo della Intels decolla in virtù di quell'intuizione fortunata. Oltre che, ovviamente, della nostra capacità di svilupparla.
D. Lei è notoriamente vicino all'ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, al suo vice Atiku Abukabar e a diversi altri importanti politici locali. Il regime nigeriano è criticato da molti, anche perché, nonostante le grandi ricchezze naturali di cui dispone, il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Non la imbarazza tale contiguità?
R. Assolutamente no. Anzi, ne vado fiero. Io e i miei figli siamo fra i pochissimi cittadini stranieri (non più di 20 all'anno) ai quali è stata concessa la cittadinanza nigeriana, che è indispensabile per condurre un certo tipo di operazioni.
Questa nazione vive oggi il miglior momento di sviluppo della sua storia, con tassi di crescita che fino a pochi anni prima erano inimmaginabili. E, anche, il tentativo di portare l'industria vera, di andare oltre l'estrazione del petrolio. Con tutto ciò, sarebbe assurdo pensare che arrivino subito prosperità e ricchezza per tutti.
Non ci sono nemmeno in Cina e in India, che tanto spesso vengono citate come esempio di Paesi a crescita forte e veloce. Per quanto riguarda Obasanjo, quello che lei erroneamente chiama regime, è in realtà il frutto delle prime elezioni completamente libere e veramente democratiche nella storia della Nigeria. Non è poco, anche se sarebbe assurdo giudicarlo con gli stessi metri utilizzati in Occidente.
D. Ha mai corrotto esponenti della politica nigeriana?
R. Assolutamente no. Chi lavora bene non ha bisogno di farlo ed è comunque un reato. Come fanno tutti i grandi gruppi industriali attivi nella zona, ho fatto alla luce del sole delle donazioni per le campagne elettorali di alcuni partiti e uomini politici. E talvolta ho organizzato eventi di pubbliche relazioni, come aver portato delle autorità a visitare l'Italia, nella fattispecie Taormina. Non mi dica che in Italia non lo si fa, a favore di partiti di qualsiasi schieramento, così come in altri Paesi democraticamente avanzati.
E, poi, senta: se fossi una persona poco raccomandabile, non farei affari con le maggiori compagnie petrolifere del mondo: Shell, Chevron, ExxonMobil, Total, l'italiana Eni e tante altre, che mi hanno affidato parti importanti della loro logistica. E non sarei in joint venture all'estero con aziende del calibro di Tenaris, Tecnimont, Rizzani De Eccher, Maerks, Bourbon, Saima Vandero.
D. Il sito web della Casa della legalità di Genova sostiene che lei sia un trafficante di armi, e che il suo successo economico, e il finanziamento delle sue attività, si spiegherebbero con l'appoggio di alcune logge massoniche internazionali, in particolare quella inglese guidata dal gran maestro sir Astor Winston Norrish.
R. Di tutte le stupidaggini che ho sentito, questa è una delle più grosse. Conosco Norrish, manager e armatore, con il quale talvolta ho fatto affari. Ma non sono mai stato massone, non ho mai messo piede in una loggia e non so assolutamente niente di questo mondo. Sa qual è il mio problema, ammesso e non concesso che sia un problema?
D. Quale?
R. Che, venendo pochissimo in Italia, frequentando raramente il web ed essendo un uomo abituato a badare al sodo, non mi sono mai curato di far rimuovere tutte le fantasie e le sciocchezze che venivano scritte sui vari siti italiani. A ciò si aggiungano la natura esotica delle mie attività e le problematiche relative ai progetti di Santa Benessere, soprattutto, che oltre tutto non è nemmeno mia, sollevate da ricchi intellettuali che hanno ville e proprietà nella zona. Tutto ciò ha scatenato le malevoli fantasie di quart'ordine che imperversano sui blog. Io finora ho lasciato fare perché non me ne importa nulla. Ma in futuro potrei mettere ordine, usando tutti i mezzi legali a mia disposizione.
Credo che la legge dovrebbe punire più duramente i diffamatori, specie quelli che ne hanno fatto una professione, e tutelare di più le persone dabbene. Io sono completamente incensurato. Non ho mai avuto a che fare con la giustizia, né italiana, né nigeriana, né di nessun altro Paese a nessun titolo. Mai indagato, rinviato a giudizio, citato come testimone o comparso in atti giudiziari che riguardano altri. Assolutamente niente. Tutti nel mio mondo conoscono e apprezzano la mia capacità di onorare i contratti e di far fronte agli impegni. Da solo ho costruito un grande gruppo che dà lavoro a decine di migliaia di persone. Ma di che cosa dovrei preoccuparmi o vergognarmi? Di qualche stupidaggine che esce su internet?
D. Ma allora, come ha finanziato la rapida crescita del suo impero?
R. È semplice: avevo le concessioni in esclusiva per le trivellazioni distanti dalle coste, ottenute anche grazie alla fortunata analisi del futuro dell'industria petrolifera, analisi che ho citato prima. Pertanto, usavo tali concessioni per fornire ottimi servizi ai miei clienti, che hanno finanziato il mio sviluppo. E poi ho lavorato molto: in Africa, dove vivo da oltre trent'anni; non sulla riviera dove stanno comodamente, soggiornano e vagabondano coloro che mi criticano e calunniano, che sono peraltro una esigua minoranza e non rappresentano nessuno. Per fortuna la grande maggioranza dei liguri è gente per bene e vera.
Per "T6", di 49 metri, toccata e fuga. Con una straordinaria gamma di 11.000 miglia nautiche, ha anche un elicottero hangar. Grazie al suo design ha vinto il World Superyacht Awards. "T6" era il sogno di un velista di grande esperienza che ha assemblato il proprio team di progettazione e di costruzione. Pieter Beeldsnijder design è stato l'architetto. Il design è stato realizzato da Flyghtship Construction. Creato dalla Flyghtship nstruction è stato realizzato in Nuova Zelanda. Può raggiungere una velocità massima di 15,5 nodi.