di Pino Grasso*
L'acidificazione degli oceani, fenomeno dovuto all'aumento delle emissioni di anidride carbonica (CO2) di origine antropica in atmosfera, può influenzare la riproduzione di specie ittiche.
Un recente studio condotto da un team internazionale di ricercatori nell'Isola di Vulcano (Isole Eolie) e coordinato dal professor Marco Milazzo del Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare dell'Università di Palermo, ha infatti dimostrato che livelli di anidride carbonica disciolta negli oceani previsti per la fine del secolo in corso determinano effetti evidenti sulla riproduzione di un comune labride costiero (Symphodus ocellatus).
Questa specie ha un complesso comportamento riproduttivo in cui diverse tipologie di maschi competono per la riproduzione. Un maschio dominante costruisce nidi con frammenti di alghe dove diverse femmine depongono le uova, e dove altri maschi – chiamati sneakers – cercano di fecondare le uova in modo opportunistico. Maschi satelliti invece aiutano il maschio dominante nella protezione del nido, ricevendone in cambio una quota di uova da fecondare.
Gli autori dello studio, pubblicato dalla rivista Royal Society Proceedings B, affermano che mentre precedenti esperimenti hanno dimostrato effetti negativi della acidificazione degli oceani sulle funzioni sensoriali dei pesci, i risultati appena pubblicati sono i primi a mostrare come alte concentrazioni di CO2 negli oceani previste per la fine del secolo in corso possono modificare il comportamento riproduttivo di specie ittiche.
«Dalle osservazioni è emerso che i maschi dominanti si riproducono meno – di circa due terzi – nelle aree con alte concentrazioni di CO2, seppure successive analisi genetiche in laboratorio dimostrano che mantengono un livello di paternità simile alle condizioni attuali, lasciando ipotizzare un possibile meccanismo di compensazione che contrasta gli effetti negativi sul comportamento» spiega il dott. Carlo Cattano, dottorando in Scienze della Terra e del Mare.
«La ridotta capacità del maschio dominante di accoppiarsi in condizioni di alta CO2 è un motivo di preoccupazione – afferma il Professore Marco Milazzo dell'Università di Palermo – data l'importanza che i pesci rivestono per l'alimentazione umana e per la stabilità degli ecosistemi marini. I nostri risultati evidenziano la necessità di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, come proposto dalla recente conferenza COP21 di Parigi e nello stesso tempo di condurre ulteriori ricerche sulle complesse risposte degli organismi marini all'acidificazione degli oceani».
*Responsabile Comunicazione Istituzionale Unipa e direttore di Ateneo News