di Silvia Mazza
Proprio un anno fa, il 12 luglio, con l'inaugurazione della mostra «Eolie 1950-2013. Mare Motus. L'isola nell'arte contemporanea dalla Sicilia al Cile», a cura di Lea Mattarella e Lorenzo Zichichi, si completava il progetto per la realizzazione del Centro per l'arte contemporanea presso le ex Carceri del Castello (2,43 milioni del Po-Fesr 2007-2013), promosso dall'Assessorato regionale ai Beni culturali e dell'identità siciliana e dal Museo archeologico Luigi Bernabò Brea con un progetto di Michele Benfari, dal 2009 al 2010 direttore del Museo. Le ex carceri erano state appositamente allestite in un site specific di grande impatto e con nomi di fama internazionale: Mitoraj, Plessi, Pizzi Cannella, Paladino, de Conciliis, Botta, Grudda, Borondo, Monachesi, Ben Jelloun, Savini, Giovannoni, Caminiti, Hassan, Basilè, Yrarrazaval, etc. Opere rimaste, però, subito dopo l'inaugurazione, a marcire nelle celle, come a suo tempo i confinati politici, tra cui Ferruccio Parri, Carlo e Nello Rosselli, Emilio Lussu e con diversa destinazione Curzio Malaparte e Edda Ciano. Sorte condivisa anche dalla vicina ex chiesa di Santa Caterina, recuperata con destinazione espositiva. Si tratta di opere che, con questo progetto, sono diventate di proprietà del Museo e quindi del demanio della Regione Sicilia. Tutto in abbandono, insieme all'impianto di videosorveglianza e agli apparati didascalici progettati ad hoc.
Permanendo la situazione, sembrerebbe configurarsi un cospicuo danno erariale e un'offesa alle migliaia di turisti che ogni giorno chiedono del perché non sia possibile vedere le opere, né la chiesa restaurata, né ancora di fruire degli spazi del piano terra dell'ex ostello, appositamente recuperato con un allestimento dedicato ai 50 anni di scavi da parte di Bernabò Brea e Madeleine Cavalier nell'arcipelago delle Eolie. Contiguamente sono stati realizzati un Museo della memoria, sempre dedicato agli scavi, un teatrino al chiuso per 50 persone, attrezzato con tutte le mirabilie della tecnologia contemporanea, nonché una piccola biblioteca con i primi 200 volumi dedicati all'arte. Neanche a dirlo, «tutto gelosamente sprangato», commenta Benfari, oggi trasferito alla Soprintendenza del mare. Nell'incomprensibile silenzio dell'Assessorato.
Ma c'è dell'altro. Un secondo progetto condannato anch'esso alla segregazione: quello per la valorizzazione dei percorsi delle aree archeologiche e il potenziamento delle aree espositive del museo Bernabò Brea. Un milione di euro dello stesso canale di finanziamento. Lavori ultimati e collaudati nel maggio 2015. È ancora Benfari a dirci come stiano le cose: «Fiore all'occhiello dell'intervento, oltre ad una serie di sistematici scavi archeologici nell'area di Filobraccio a Filicudi, il nuovo allestimento del padiglione delle "Isole minori" non è mai stato aperto al pubblico. Il progetto oltre alla reinterpretazione in chiave contemporanea degli spazi e degli allestimenti con nuove vetrine e modernissimi apparati didascalici, è munito d'impianti di videosorveglianza e di condizionamento dell'aria. Per non parlare della collezione appena restaurata e di una tazza, unica al mondo, risalente all'Età del bronzo, esposta per la prima volta in una teca appositamente realizzata. Recentemente arrivata a Lipari, Cavalier ha apprezzato il metodo e la scientificità dell'intervento di valorizzazione dei reperti. Piccola vetrina di qualche ora, poi silenzio e tutto sprangato a doppia mandata!».(ilgiornaledellarchitettura.com)