STORIE POSITIVE

Eolie: a Salina la prima moschea in un'aula di scuola

È l'unica in Italia, ospitata dentro un istituto statale. L'ha voluta una preside intraprendente per favorire l'integrazione delle tante famiglie marocchine presenti a Salina. “È una semplice stanza. Ma è anche il simbolo di nuovi rapporti”. E i buoni effetti riguardano soprattutto gli studenti e le donne

di Anna Maria D'Alessandro

Eolie: a Salina la prima moschea in un'aula di scuola
 

A Salina, nelle Eolie, esiste da qualche anno la prima e unica moschea italiana ospitata da una scuola statale. Pare incredibile: a meno di 400 chilometri in linea d'aria da Lampedusa, con gli sbarchi in massa e le oscene morti in mare di tanti stranieri, si sta consolidando un esperimento di convivenza e integrazione che porta una decisa impronta e responsabilità femminile. Quella di Mirella Fanti, 58 anni, romana, preside delle scuole materne, elementari e medie delle Eolie. Una realtà articolata: scuole nelle sei isole e la dirigente che gira, per visitarle, un po' come la Madonna Pellegrina. Ma soprattutto una realtà profondamente segnata dall'emigrazione: a Salina, la seconda isola dell'arcipelago, i marocchini sono quasi 200 su 2mila abitanti, i bambini stranieri in aula sono il 15 per cento.
Mirella Fanti (nella foto) arriva nel 2009, ha insegnato nelle scuole italiane di mezzo mondo, Uruguay, Grecia, Turchia. “Sapevo che imparare in una lingua diversa da quella parlata in casa è difficile, ho chiesto dei fondi UE per corsi di italiano destinati agli adulti marocchini, ai genitori dei nostri ragazzi. Erano un gruppo chiuso, gli uomini lavoravano tutti, prevalentemente nei campi, le mogli stavano per lo più in casa. Ma hanno raccolto l'invito: sono venuti ai corsi tenuti nella scuola di Salina, 60 ore, due alla settimana, per tutto l'anno scolastico, le signore di pomeriggio, gli uomini la sera. Lezioni pratiche, dialoghi sul fare la spesa, andare dal dottore o in farmacia. In alcuni casi avevamo davanti anche degli analfabeti, perché la scolarizzazione in Nordafrica non è diffusa, specie fra le donne”.
A fine corso gli uomini si fanno coraggio e chiedono alla scuola uno spazio per continuare le lezioni di italiano, ma non solo. Volevano anche lezioni di arabo, specialmente per i figli, che conoscono la lingua parlata ma non quella scritta. E collegano l'idea di scuola a quella di formazione religiosa, secondo il modello della Madrasa, la scuola coranica. Dunque, spazio anche per pregare. Alla preside l'idea piace, dei locali vuoti, un tempo uffici, la scuola ce li ha, il Sindaco di Salina accetta. “È una semplice stanza, che noi chiamiamo pomposamente moschea. Ma è anche il simbolo di una nuova era, di nuovi rapporti”, sintetizza la Fanti.
Il corso 2009-2010 si conclude con una grande festa, enormi vassoi di cous cous e fiumi di te profumato e gli stranieri dichiarano che, per la prima volta, si sentono accolti davvero, non solo chiamati a lavorare ma integrati in una rete di amicizia. L'anno dopo il Sindaco propone una Festa Marocchina a settembre, che si è istituzionalizzata ed è un richiamo turistico.

Un'associazione maltese tiene a Salina concerti d'estate e corsi di italiano in inverno, per le “signore”, come la preside Fanti ripete spesso. Perché non "donne"? “Non so, mi viene istintivo, chiamo signore tutte quelle che non conosco personalmente. È una forma di rispetto, credo, un modo di non considerarle solo per la loro variabile sessuale, ma per la loro umanità. Comunque, hanno cominciato venendo a scuola tutte insieme, organizzando dei te, vere e proprie cerimonie di amicizia. Ora è arrivata la richiesta di uno spazio di preghiera anche per loro, che non possono stare in contemporanea in quello degli uomini”.
Per gli stranieri una bel modo di integrarsi, ma gli Italiani, gli abitanti di Salina, la scuola che cosa ci hanno guadagnato? “La scuola ci guadagna sul piano didattico perché ha studenti con meno difficoltà, che frequentano più volentieri e studiano meglio e ha migliori rapporti con le famiglie, quindi è più facile proporre obiettivi educativi e condividerli. Anche la comunità ci guadagna, la festa marocchina è un'attrazione turistica e, più in generale, Salina si accredita come “piccolo paradiso”: isola verde, sostenibile, dove tutti possono vivere e convivere. Io, nomade indefessa, ho visto farsi carne la mia idea guida: lo scambio tra culture è sempre un arricchimento per tutti”.

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